I MULINI AD ACQUA, I PIÙ BELLI DI SEMPRE [CURIOSITÁ, FOTO E VIDEO]

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    Un mulino ad acqua o mulino idraulico è un impianto destinato ad utilizzare l'energia meccanica prodotta dalla corrente di un corso d'acqua, condotta alla ruota del mulino tramite opportuna canalizzazione. Nelle regioni costiere anche i movimenti di marea sono stati sfruttati per il funzionamento dei mulini ad acqua.

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    Storia

    Castanet-le-Haut (Hérault) - Mulino di Nougayrol. Notare il deposito di raccolta ed il canale di apporto dell'acqua necessaria al suo funzionamento.

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    L'uso del mulino ad acqua, attestata in Europa fin da tempi molto antichi (è descritto nel Trattato d'architettura di Vitruvio), è antecedente all'utilizzo del mulino a vento. Il suo sviluppo è avvenuto parallelamente alla fine della schiavitù a partire dal IX secolo:

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    l'utilizzo dell'energia idraulica al posto di quella animale o umana permise un aumento della produttività senza precedenti nell'antichità (l'energia prodotta da ciascuna ruota di un mulino ad acqua può macinare 150 kg di grano in un'ora, equivalente al lavoro di 40 schiavi). Il mulino ad acqua, così come il mulino a vento, fu soppiantato nel XIX secolo dall'avvento del motore a vapore e, successivamente, dal motore elettrico.

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    Antica Mesopotamia

    Nell'antica Mesopotamia l'utilizzo di macchine per l'irrigazione è documentato nelle iscrizioni babilonesi, senza dettagli sulle tecniche di costruzione, ma suggerendo lo sfruttamento dell'energia dell'acqua per l'irrigazione. L'uso di primitive ruote ad acqua risale ai tempi dei Sumeri, con riferimenti ad un mese "mese per l'aumento delle ruote idrauliche ", anche se non è noto se queste ruote erano azionate dal flusso di un fiume.

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    Mondo greco e romano

    Macchine per il sollevamento dell'acqua erano comuni durante il periodo romano e venivano utilizzate nelle profonde miniere sotterranee. Diversi dispositivi sono stati descritti da Vitruvio, compresa la vite di Archimede. Molti di questi dispositivi sono stati ritrovati nel corso di scavi presso le miniere di rame del Rio Tinto, in Spagna, e formavano un sistema che coinvolgeva sedici ruote impilate l'una sull'altra in modo da sollevare l'acqua a circa 80 metri dal fondo della miniera.

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    Altre parti di queste ruote sono state trovate nel 1930 a Dolaucothi, una miniera d'oro romana nel sud del Galles, quando la miniera è stata riaperta per un breve periodo di tempo. Il meccanismo è stato trovato a circa 80 metri sotto la superficie, quindi doveva trattarsi di un sistema simile a quello scoperto a Rio Tinto.

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    Una recente analisi al carbonio ha datato i reperti intorno all'80 d.C., e poiché il legno da cui erano composti era più vecchio nelle parti più profonde della miniera, è probabile che i meccanismi ritrovati in profondità abbiano funzionato per 30-50 anni.

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    È chiaro da questi esempi che l'esistenza di sistemi di drenaggio delle gallerie sotterranee, fa suggerire che le ruote idrauliche erano comunemente utilizzate per usi industriali.

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    Antica Cina

    La ruota idraulica è stata utilizzata in Cina fin dai tempi della dinastia Han (202 a.C.-220 d.C.) per azionare magli, mantici per la fusione del ferro e, in un caso, per la rotazione meccanica di una sfera armillare per l'osservazione astronomica.

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    Dinastia Song (960-1127) - Mulino ad acqua a ruota orizzontale per la sbucciatura del grano.



    Sebbene Joseph Needham ipotizzò che i mulini ad acqua avrebbe potuto esistere nella Cina della dinastia Han dal I secolo, non vi sono prove sufficienti per avvalorare questa tesi fino V secolo. Nel 488 d.C. il matematico ed ingegnere Zu Chongzhi costruì un mulino ad acqua che fu ispezionato dall'imperatore Wu (482-493 d.C.).

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    L'ingegnere Yang Su della dinastia Sui (581-618 d.C.) fu incaricato di costruire centinaia di questi mulini all'inizio del VI secolo. Una fonte scritta nel 612 d.C. menziona una lite tra i monaci buddisti per le entrate acquisite dai mulini ad acqua. Un decreto della dinastia Tang (618-907 d.C.), scritta nel 737 d.C., dichiarava che i mulini ad acqua non dovevano interrompere il trasporto fluviale e in alcuni casi il loro utilizzo era consentito solamente in certe stagioni dell'anno.

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    Altre fonti dell'epoca della dinastia Tang (VIII secolo) riportano che tali ordinanze erano prese molto sul serio, ed il governo demoliva molti mulini ad acqua di proprietà di grandi famiglie, commercianti e abbazie buddiste che non rispettavano le ordinanze ed i regolamenti governativi. Un eunuco al servizio dell'imperatore Xuan Zong (712-756 d.C.) era proprietario di un mulino ad acqua dal 748 d.C. in cui lavoravano cinque ruote idrauliche che macinavano 300 staia di grano al giorno.

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    Dal 610-670 d.C., il mulino ad acqua è stato introdotto in Giappone attraverso la penisola coreana. È anche stato utilizzato in Tibet a partire dal 641 d.C.

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    Tecnologia

    In genere, l'acqua viene deviata da un fiume o da un bacino e condotta alla turbina o alla ruota idraulica attraverso un canale o una tubazione. La forza del movimento dell'acqua, unità all'effetto delle pale di una ruota o turbina, determina la rotazione dell'asse che aziona gli altri macchinari del mulino.

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    Ricostruzione di una pompa romana ritrovata durante gli scavi della metropolitana di Londra, Regno Unito.



    L'acqua, lasciando la ruota o la turbina, viene drenata attraverso un canale di coda che può fungere anche da canale di testa per un'altra turbina di un altro mulino.

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    Il passaggio dell'acqua è controllato da paratoie che consentono la manutenzione ed una minima misura di controllo delle inondazioni; grandi complessi di mulini possono avere decine di chiuse di controllo e complicate canalizzazioni interconnesse che alimentano più edifici e processi industriali.

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    In alcuni impianti l'acqua destinata al funzionamento degli stessi era trasportata da un canale e conservata in un serbatoio adiacente al mulino.
    I mulini ad acqua possono essere suddivisi in tre tipi, uno con una ruota idraulica orizzontale, su un asse verticale, e l'altro con una ruota verticale su un asse orizzontale.

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    I più antichi sono mulini orizzontali in cui la forza dell'acqua, colpendo una ruota a pale semplice posta orizzontalmente in linea con il flusso della corrente, faceva ruotare la pietra della macina che era collegata direttamente all'asse di rotazione attraverso un ingranaggio.

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    Il problema con questo tipo di mulino nasce dall'impossibilità di regolare la velocità di rotazione, che dipende direttamente dalla velocità del flusso d'acqua.
    Nella maggior parte dei casi la ruota idraulica è posta verticalmente, con l'asse di rotazione orizzontale:

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    In un mulino a filo d'acqua è la corrente del corso d'acqua che, passando sotto la ruota, ne provoca la rotazione.
    Nel caso in cui l'acqua giunga alla ruota dalla sua parte superiore, la caduta verso il basso dovuta alla forza di gravità, ne provoca la rotazione, in seguito al passaggio attraverso le pale; l'uso di ruote a camere sagomate permette prestazioni superiori.
    L'acqua può anche passare sotto la ruota, trasmettendo parte della sua energia cinetica.

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    A partire dalla rivoluzione industriale, e per tutto il XX secolo, alcuni mulini utilizzavano una ruota orizzontale, con asse verticale, noto come "turbina", in particolare nel caso dei frantoi, che erano di dimensioni più piccole. Il livello dell'acqua era mantenuto ad una quota sufficientemente elevata sopra il mulino da una piccola diga o da una briglia munita di una paratoia.

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    Questo accorgimento tecnico permetteva ai pesci di passare in tutta sicurezza attraverso la ruota, senza correre il pericolo di essere feriti o uccisi. In tutti i casi una griglia proteggeva la ruota o la turbina da rami, tronchi o oggetti portati dalla corrente che potrebbero danneggiare queste parti meccaniche. Lo schermo doveva essere pulito regolarmente.

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    La maggior parte dei mulini ad acqua in Gran Bretagna e degli Stati Uniti aveva una ruota idraulica verticale. Il movimento della ruota attorno ad un asse orizzontale poteva essere utilizzato per sollevare martelli in una fucina, per la follatura e così via.

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    La rotazione orizzontale poteva essere convertita in rotazione verticale per mezzo di ingranaggi. Di solito nei mulini da grano inglesi e americani la ruota idraulica attivava un asse orizzontale sul quale era montata una serie di ingranaggi che permettevano il trasferimento del moto a ruote più piccole, come un ingranaggio per lanterne.

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    Vecchio meccanismo di un mulino ad acqua.



    Utilizzo

    I mulini ad acqua sono stati impiegati per molteplici usi prima dell'era industriale. Alcuni sono:
    per la macinatura dei cereali, l'utilizzo più antico;
    per il funzionamento delle segherie, nel settore forestale;
    per azionare fulloni e telai, nell'industria tessile;
    nella lavorazione dei metalli, per azionare macine, forge e martelli per forgiatura;

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    per azionare delle pompe idrauliche;
    mulino per carta: dal XIII al XVIII secolo l'energia del mulino veniva utilizzata per sfibrare gli stracci e la pasta di legno con l'utilizzo di mazze e martelli dotati di punte.

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    per la produzione dell'elettricità con l'utilizzo di un generatore.
    Alcuni esempi di siti che utilizzano (o utilizzavano) l'energia idraulica:
    la macchina di Marly, che pompava l'acqua della Senna necessaria ad alimentare le cascate, le fontane ed i laghetti dei giardini della Reggia di Versailles;
    la più recente macchina ad acqua di Porcheresse (Belgio), utilizzata per l'approvvigionamento idrico del villaggio.

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    altro qui

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:29
     
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    Mulino di Baresi, Roncobello (Bergamo)



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    Il mulino "Maurizio Gervasoni", situato della frazione di Baresi, è stato costruito nel 1600. Nel 2003 viene segnalato nel primo censimento nazionale i Luoghi del Cuore promosso dal Fondo Ambiente Italiano. È lo stesso FAI, in seguito, ad acquisirne la proprietà, grazie alla collaborazione della famiglia Gervasoni e di Banca Intesa, e a riaprirlo al pubblico nel 2006 dopo i lavori di restauro che lo hanno reso di nuovo funzionante..

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    fonte





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    foto sul web

    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:30
     
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    Il Mulino di Flatford



    Il Mulino di Flatford (in inglese Flatford Mill) è un dipinto (olio su tela) di 101,7 x 127 cm, opera del pittore paesaggista inglese John Constable, datata secondo alcuni al 1811-12, secondo altri al 1817.
    Il mulino di Flatford, caratterizzato da una rappresentazione diretta della vita quotidiana in campagna, è uno tra i migliori risultati della prima pittura di paesaggio dell’autore.

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    La scena è studiata meticolosamente in ogni particolare, osservato dal vero e schizzato in numerosi disegni preparatori. Il fiume, lungo il quale navigano i barconi, occupa la parte sinistra della scena: scorre attraverso la chiusa, poi scende lungo il canale sotto il mulino di proprietà della famiglia del pittore.

    Due barconi stanno facendo manovra: un ragazzo libera il cavo con cui il primo è attaccato al cavallo da traino, mentre un altro fa girare l’imbarcazione con un lungo palo, per permettere il passaggio sotto la passerella di Flatford, le cui travi si intravedono nell’angolo in basso a sinistra. A destra si apre un ampio prato che un contadino sta falciando; lo attraversa un filare di alberi oltre il quale si può scorgere una mandria al pascolo.

    La visione centrale è impostata sulla linea curva del letto del fiume. Il paesaggio tra primo piano e sfondo è guidato da una linea a zig zag, che rivela all’occhio dell’osservatore una quantità di dettagli: dalla varietà dei fiori ai covoni di fieno, fino ai più minuti particolari delle case all’orizzonte. L’uso del colore locale, cioè il colore proprio di un oggetto alla luce naturale, viene qui per la prima volta applicato in una tela di grandi dimensioni.

    Ma l’accuratezza dei particolari, la sensazione di “finito portato al massimo”, come scrive un critico del tempo, fa apparire la scena, al gusto contemporaneo, pericolosamente simile a una fotografia a colori.




    wikipedia.org/

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:31
     
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    Treviso: Molinetto della Croda



    Il Molinetto della Croda è un antico mulino ad acqua ubicato in area paesaggistica di rilievo della provincia di Treviso, nella valle del Lierza, lungo la strada che collega l'abitato di Refrontolo (comune a cui il monumento appartiene) a quello di Rolle.

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    Storia

    Il mulino è sorto nel XVII secolo, con l'aggiunta di poco successiva di un alloggio per la famiglia custode, di una stalla e di un granaio. Sfruttava le acque del torrente Lierza, principale affluente del Soligo, ai piedi di un salto d'acqua di 12 metri; fu dismesso nel 1953.

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    Nella seconda metà del Novecento, dopo aver vissuto anni di degrado, il mulino è stato acquistato dal comune di Refrontolo, che ha proceduto a un accurato restauro e ne ha fatto un museo della molitura, oltre che una sede di esposizioni, tra cui, nel 2009, un'importante retrospettiva del pittore Angelo Lorenzon e, nel periodo invernale, l'annuale Mostra internazionale dei presepi.

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    Caratteristiche

    Esternamente l'edificio è una struttura rurale di piccole dimensioni, fatta di pietra e legno e addossata a un costone roccioso, da cui scendono le acque del Lierza.

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    All'interno del molino si possono visitare l'impianto con la caratteristica macina e i vari piani dell'abitazione, testimonianza dei luoghi ove dimoravano le famiglie che si sono susseguite nella gestione.

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    Influenze culturali

    Molti artisti sono stati affascinati da questo monumento: numerose le rappresentazioni pittoriche di autori veneti, come Angelo Lorenzon[4] e Tiziano D'Agostin.

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    Anche il cinema non ha trascurato il Molinetto: nel 1977 i suoi ambienti e il paesaggio ad esso circostante hanno fatto da scenario al film Mogliamante, con Marcello Mastroianni e Laura Antonelli.

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    wikipedia.org/

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:32
     
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    Veneto: Il Mulino Cervara



    L'Oasi naturalistica del Mulino Cervara è un'area faunistica protetta situata a Santa Cristina di Quinto di Treviso, in Provincia di Treviso. È una delle porte di accesso al Parco naturale regionale del Fiume Sile, rientrando nel SIC IT3240028 "Fiume Sile dalle sorgenti a Treviso Ovest" e nella ZPS IT3240011 "Sile: sorgenti, paludi di Morgano e S. Cristina".

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    Il mulino dell'oasi di Santa Cristina è molto antico. E' stato costruito durante il Medioevo ed era proprietà delle monache benedettine di S.Paolo, un monastero molto importante della città.

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    Ancora oggi esistono gli edifici del monastero proprio sulle rive del Sile. Le ruote del mulino erano alimentate dalle acque del Siletto.
    Il mulino funzionava dal 1325 e funzionò fino al 1900 e poi fu abbandonato. Oggi è un museo.

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    La sua ruota può fare diciotto giri al minuto. La ruota del mulino di Cervara funziona ad acqua con la forza di gravità. L'acqua che passa per il mulino viene regolata da delle chiuse, o boe che vengono regolate dal proprietario del mulino, queste chiuse servivano a far aumentare del doppio la velocità del acqua (quando venivano aperte).

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    Quando un contadino si serviva del mulino del proprietario doveva pagare una tassa e siccome non aveva soldi pagava con i suoi prodotti dandogli il 25%.

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    All'interno del museo ci sono gli ingranaggi del vecchio mulino.
    Sulle pareti ci sono antichissimi affreschi molto rovinati e sbiaditi; comunque si intravede una Madonnina con il bambino e una stella a tante punte.

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    Il mulino è formato da varie parti: le ruote e il fuso, gli ingranaggi, le macine, la cassa e la tramoggia.

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    scuolamediacoletti.org/

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:33
     
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    Mulino di Bert Udine



    Ai margini del Parco Naturale delle Risorgive, in un ambiente caratterizzato da piccoli boschi e corsi d’acqua, sorge un complesso rurale dove ha sede il suggestivo Mulino di Bert o Mulino Zoratto. La strada che conduce a questo abitato si chiama Via Molini, perché oltre a quello citato, troviamo altri quattro mulini.

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    Il mulino di Bert è ancora perfettamente funzionante ed in attività, grazie alla forza motrice dell’acqua della Roggia di San Odorico. Questo canale fu costruito dai conti Cossio nel medioevo, mentre, nel 1450 il primo nucleo del mulino venne costuito da un tale Sior Zorzi (Giorgio), forse capostipite dei Conti Codroipo.

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    Nel Cinquecento poi, una famiglia di mugnai, i “Bert” di San Vidotto (o di Santa Marizza di Varmo), acquistarono la proprietà delle macine. Da essi trae il suo nome attuale. Nel 1637 era proprietà del pievano di Codroipo e vi faceva lavorare dei suoi parenti. Poi, nel 1633, il possesso passò ad un tal Domenico Guatto di Bertiolo, detto “Guat” o “Vuat”. Per circa centoventi anni, un membro di questa famiglia continuò a gestirlo fino a quando, nel 1782 Mauro Zorat di Flambruzzo, anch’egli figlio di mugnai che lavorarono per i Conti Manin, lo ereditò sposando Maria Guatto, figlia di Giobatta.

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    Nel 1870 Luigi Zoratto istallò al mulino delle trebbie per cereali e realizzo una grande ruota in ferro che ancora oggi si può ammirare. Ci furono delle modifiche alla struttura originaria, che tuttavia non stravolsero l’impianto originale. Nel 1945 venne realizzato da esperti Ungheresi un sistema di macine (palmenti) con un laminatoio a quattro passaggi e una copia di macine con mola in sughero utilizzate per decorticare il farro: un autentico capolavoro che a quell’epoca divenne famoso. Tutt’oggi la famiglia Zoratto ha la proprietà del mulino che è gestito dalla signora Teresa Tiburzio.

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    Oggi si lavorano cereali provenienti dall’agricoltura biologica a coltivazione locale, realizzando tutte le produzioni per macine in pietra a bassi giri, come farine integrali per polenta; farine di grano duro per la panificazione; farine di grano tenero e farro; pilatura dell’orzo. Tutti prodotti di notevole qualità, prodotti secondo la regola dell’arte, in un luogo immerso nel verde, dove il tempo si è fermato.

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    Il Mulino di Bert svolge anche una lavorazione del tutto originale. Infatti, qui, oltre alla macinazione dei cereali, e sempre tramite la forza motrice dell’acqua, viene ancora effettuata l’antica battitura dello stoccafisso norvegese, rappresentando l’unica attività di questo tipo in Italia. È così che i durissimi merluzzi essicati delle isole Lofoten vengono battuti da un maglio di legno su una base di pietra, per renderli adatti ad essere bagnati per preparare il baccalà.

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    Nonostante qui ogni cosa guardi al passato, in un locale apposito ci sono comunque i macchinari per garantire moderni imballaggi sottovuoto e una commercializzazione a norma di legge.




    viaggioinfriuliveneziagiulia.it/

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:34
     
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    Valle dei Mulini (Gragnano) Napoli



    La Valle dei Mulini è una valle dei Monti Lattari, ubicata nel territorio del comune di Gragnano, dove per circa seicento anni sono stati attivi numerosi mulini, che, sfruttando le acque del torrente Vernotico, producevano farina e, in minima quantità, pasta.

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    Opera di Antonio Pitloo, Il mulino di Grangano



    Storia e descrizione

    Nella seconda metà del XIII secolo, in particolar modo tra il 1266 ed il 1272, per aumentare la produzione di farina, fu data la concessione di costruzione di alcuni mulini, in una valle nei pressi del piccolo borgo di Gragnano, dominato dall'omonimo castello, lungo una mulattiera che congiungeva Castellammare di Stabia con Amalfi: tali mulini sfruttavano le acque del torrente Vernotico, alimentato dalle sorgenti della Forma.

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    Oltre alla presenza di acqua, che assicurava il funzionamento degli impianti anche quando quelli presenti nella Valle dei Mulini di Amalfi erano impraticabili per siccità, i mulini godettero di ottima fortuna per la vicinanza con il mare: il porto di Castellammare di Stabia era infatti il luogo dove arrivava il grano e da dove veniva esportato il prodotto finito.

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    Con il passare degli anni la Valle dei Mulini e la sua attività divenne la principale fonte di sostentamento per sfamare la città di Napoli ed i suoi dintorni: proprio per la sua importanza la zona fu coinvolta nella rivolta di Masaniello nel 1647 e da diversi attacchi da parte dei francesi. L'apice dell'attività fu raggiunto durante il XVIII secolo, quando i quasi trenta mulini, appartenenti a diverse famiglie, come i Quiroga, gli Scola o alla chiesa, macinavano oltre un milione e centomila quintali di grano all'anno.

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    A partire dalla metà del XIX secolo, la nuova industria della pasta, che utilizzava farina di grano duro, soppiantò i mulini, che invece realizzavano farina di grano tenero: nel 1859 infatti in città si contavano già novantuno pastifici contro i ventotto mulini; ad aggravare maggiormente la situazione, fu un'imposta del 1869 che imponeva il pagamento di una quota a seconda del numero di giri della macina.

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    L'attività cessò definitivamente intorno agli anni quaranta del XX secolo ed i mulini, abbandonati, furono in parte ricoperti dalla vegetazione: la loro particolare architettura ne fa un interessante esempio di archeologia industriale ed a partire dall'inizio degli anni 2000 l'intera valle è diventata oggetto di visite turistiche, anche in notturna, grazie all'illuminazione delle strutture.

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    I mulini di Gragnano si differenziavo da quelli fluviali per la presenza di ruote verticali e non orizzontali, un sistema messo a punto dagli Amalfitani, questo perché il Vernotico era un torrente che aveva un flusso non costante: l'acqua quindi dopo essere stata canalizzata veniva accumulata in una torre e quindi la pressione esercitata e l'energia cinetica permettevano di far muovere la macina; sovente esisteva anche un'altra torre che fungeva da volano.

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    Il grano veniva poi macinato da due ruote in pietra e la farina ottenuta cadeva direttamente nei sacchi, tramite scanalature: la farina inoltre era di ottima qualità, mantenendo intatte tutte le proprietà organolettiche, grazie alla bassa velocità del movimento delle macine e del conseguente scarso surriscaldamento.

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    wikipedia.org/

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    Edited by belias94 - 9/5/2016, 17:35
     
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    BELLISSIME ILLUSTRAZIONI DI MULINI D'ACQUA



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    A vento o ad acqua, i mulini più belli d’Italia



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    Borghetto - Valeggio sul Mincio Verona



    Dalle Alpi alla Sicilia gli esemplari più suggestivi di questi affascinanti edifici rurali. Un tempo i mulini erano un vero e proprio punto di riferimento per le comunità rurali, perché qui si macinavano il grano o altri cereali alla base dell’alimentazione quotidiana. Alcuni mulini erano alimentati a vento, altri ad acqua, a seconda delle caratteristiche del territorio sul quale erano costruiti: molti esistono ancora oggi e sono in attività, altri restano come monumento e testimonianza del passato contadino e spesso ospitano piccoli musei di cultura rurale, oppure sono stati trasformati in residenze affascinanti. Ecco i più suggestivi d’Italia, da scoprire anche per una gita fuoriporta.

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    MULINI DELLE SALINE DI TRAPANI E PACECO - La zona delle saline che si estende da Marsala a Trapani, nella Sicilia occidentale, è dominata dalla presenza dei mulini. Sono tra i pochi elementi architettonici presenti in queste aree naturali, protette perché importanti zone umide che offrono riparo a numerose specie di uccelli migratori.

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    MULINO DI INFERSA, MARSALA – È uno dei più importanti e antichi tra i mulini della regione. Maestoso e suggestivo, risale al Cinquecento ed è completamente funzionante ancora oggi. Si trova all'interno dell'antica casa della salina omonima e viene tutt'ora adoperato per macinare il sale. La sua torre misura circa tredici metri di altezza ed è aperto ai visitatori.

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    MULINO DI MORIGERATI, SALERNO - Sorge in prossimità di una sorgente sul fiume carsico Bussento, all’interno dell’Oasi naturalistica omonima: questo splendido mulino in pietra di fine ‘700, restaurato e funzionante, utilizza il sistema a ruota orizzontale, introdotto dai monaci greci basiliani che, nell’VIII secolo d.C., emigrarono dai Balcani verso il Cilento.

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    MULINO SPAGNOLO, ORBETELLO, TOSCANA – Spunta direttamente dalle acque della laguna e per questo motivo il Mulino Spagnolo è simbolo stesso di Orbetello. Risale al Quattrocento ed è l’ultimo superstite di una serie di nove mulini, costruiti sull’acqua per sfruttare prima la forza della marea, poi il vento per muovere le mole e macinare il grano.

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    MULINO DI ROVEZZANO, FIRENZE - Ha oltre mille anni di storia: qui le famiglie dei mugnai lavoravano il grano ed il farro fin dal IX secolo. Nel 1300 la costruzione ha inglobato un convento ed è stata dotata di torri di difesa. Il mulino è rimasto in attività fino alla fine del 1800 ed è attualmente una residenza privata.

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    MULINO DI RASIGLIA, FOLIGNO, PERUGIA – Siamo nel cuore dell'Umbria, a 648 metri di altitudine, all’interno della valle del fiume Menotre. Il borgo medievale, da molti chiamato "paese delle acque", è attraversato da un intreccio di canali, invasi e cascatelle; ospitava numerosi opifici, soprattutto mulini a grano, lanifici e filatoi.

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    MOLINETTO DELLA CRODA, REFRONTOLO, TREVISO - Un antico mulino ad acqua ubicato in area paesaggistica di grande pregio nella valle del Lierza, in provincia di Treviso. Il mulino è stato edificato nel 1630 ed è ancora funzionante. È stato accuratamente restaurato e ospita un piccolo museo della molitura, con la caratteristica macina e i vari piani dell'abitazione.

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    MOLINO ZORATTO, CODROIPO, UDINE - I mulini non servono solo per macinare le granaglie, ma per molte lavorazioni: una delle più originali, è la battitura dello stoccafisso. In questo mulino, unico del suo genere in Italia, la testa in legno del maglio, battendo 150 colpi al minuto sulla pietra sottostante, sviluppa calore. Il calore è catturato dal pesce, le cui fibre anziché rompersi come avviene nella tradizionale pressatura, si stirano, aumentando la quantità di acqua assimilata dal pesce quando sarà messo in ammollo. Di conseguenza, durante la fase di cottura, assimilerà meglio i condimenti, dando al pesce una straordinaria morbidezza.

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    MOLINO DI GIUSTO, REANA DEL ROJALE, UDINE – Questo piccolo centro sulle Prealpi carniche in Friuli ha un’economia ancora agricola. Nei pressi del borgo si trovano ancora esempi dei caratteristici mulini ad acqua, alcuni dei quali sono ancora funzionanti.

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    BORGHETTO SUL MINCIO, VERONA – È un antico borgo di mulini, costruito sulle sponde del fiume Mincio per sfruttare il moto del fiume e mettere in azione le ruote ad acqua. Borghetto è una frazione di Valeggio sul Mincio e si trova al confine tra Veneto e Lombardia. Il borgo medievale è circondato da boschi e campagne ed è perfetto per una esplorazione in bicicletta.

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    Edited by belias94 - 3/1/2021, 11:28
     
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