L'AQUILA CON LE ALI SPEZZATE......by Lorella

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  1. Anthouse*
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    Ricercare foto per montare questo slide...mi ha fatto male al cuore...
    la ferita è troppo grande e profonda per poter rimarginare....sanguina talmente che non c'e' tamponatura che tenga...
    ed anche quando rimarginerà.....se succederà , la cicatrice sarà sempre troppo visibile...
    troppo ingombrante...troppo dolorosa....




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    Edited by Anthouse* - 4/6/2009, 23:15
     
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    Lorella, L 'Aquila ritornerà a volare

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  3. anny#
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    l'aquila è sinonimo di forza tenacia e coraggio e tornerà anche ferita a volare altissima...te lo auguro lorella a te e a tutti i tuoi concittadini piegati e feriti per tutte le vostre grandi perdite ma non vi ho mai visti spezzati e vinti ....volerete ancora....
     
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  4. Anthouse*
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    Rocco non ricordo la formula per mettere lo slide....modifichi tu???grazie!!!! :thanx:
     
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    Fatto :wub: , in Staff c'è scritto come metterlo ( Grazie a Paola )
     
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  6. anto65
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    Lorellina avete insegnato a tutti cos'eè la dignità. Le vostre ali torneranno a volare.


    RAGAZZI MANTENIAMOSTI POST IN RILIEVO, CHE TUTTI VEDANO LA REALE SITUAZIONE.
    NE STANNO PARLANDO TROPPO POCO, SEMBRA CHE TUTTO SIA A POSTO, TG, GIORNALI,DOPO I PRIMI GIORNI ORA SOLO PICCOLI TRAFILETTI E A SCOPO ELETTORALE.
     
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  7. paola02
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    Un abbraccione Lorella.....

    in queste tremende circostanze.... * tempo a tempo * e molta pazienza....non dimenticarlo image



    CITAZIONE
    l'aquila è sinonimo di forza tenacia e coraggio e tornerà anche ferita a volare altissima...te lo auguro lorella a te e a tutti i tuoi concittadini piegati e feriti per tutte le vostre grandi perdite ma non vi ho mai visti spezzati e vinti ....volerete ancora....

    grazie Anny
     
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  8. anny#
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  9. *cesco
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    un forte abbraccio a voi tutti e soprattutto... non stancatevi mai di battere i piedi per pretendere quello che vi è dovuto. chi ha promesso deve mantenere e nei tempi giusti.
     
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  10. giovanni2
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    :abbraccio: :abbraccio: :abbraccio: :abbraccio: :abbraccio:
     
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    Impressionante ...ma L'Aquila è un'aquila...tornerete a volare con fierezza :abbraccio:
     
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  12. Anthouse*
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    Aquilano a tutto tondo (ma anche cittadino europeo a pieno titolo), ho intravisto non solo negli occhi, ma anche nella lacerata anima di un’intera comunità sradicata, i nerastri bagliori di una morte civile annunciata: dai terremoti prima (perché di terremoti si è trattato e si tratta, non già di innocui sciami sismici) e dai rivoltanti spot governativi, poi, lanciati dalle macerie ancora imbrattate di polvere e sangue.

    L’opinione pubblica nazionale ed internazionale, dopo una cinquantina di giorni da quella mortifera notte senz’alba, non conosce né le quotidiane tribolazioni delle decine di migliaia di aquilani ammucchiati nelle tendopoli, né tanto meno la finta tranquillità di quelli approdati, come storditi naufraghi, sulla costa.

    Della disabitata città fantasma – rossa per la vergogna causata dalle manipolazioni massmediatiche sino a qui effettuate da collaudati scudieri televisivi alla B. V. e da prezzolati giornalisti senza alcun pudore – quasi nessuno (aquilani compresi) sa più nulla di quelle disordinate cataste di pietra che “furono”, nel loro inimitabile rosato splendore, chiese, palazzi, case, fontane messe per prime su (nel corso di circa otto secoli) dagli avi provenienti dai 99 castelli, fondatori della prima città federata d’Europa sulla base di un illuminato progetto urbanistico che ne farà una delle “Città ideali” ante litteram . Già!

    Perché L’Aquila sveva di Federico II, divenuta poi angioina e successivamente caduta sotto la dominazione spagnola, ha sempre respirato quell’aria poliglotta “scritta” ancor oggi nelle sue vie e palazzi (Corso Federico II, Via e Piazza Angioina, Via ed Arco dei Francesi, Palazzo di Margherita d’Austria, ecc.) il cui acme, a livello urbanistico-architettonico, può essere ancora individuato nella maestosa, ora sconquassata fortezza spagnola, prezioso scrigno di quell’invidiabile Museo Nazionale d’Abruzzo pressoché distrutto dal furibondo sisma del 6 aprile.


    Le mura medioevali della città, cingenti ancor oggi quello che “fu” uno dei più suggestivi centri storici italiani ed europei, sono anch’esse crollate in più punti, ma il loro ampissimo perimetro (evocato nella pianta cinquecentesca della città disegnata dal matematico-architetto Pico Fonticulano, e che a sua detta superava quello di Napoli) ha, alla fin fine, resistito a quella tremenda botta che non ha risparmiato, extra moenia, gli altri mini-centri storici satellitari delle frazioni, paesi e borghi viciniori, pieni di capolavori su capolavori medioevali, rinascimentali e barocchi messi così duramente alla prova.

    Per capire a fondo la gravità d’una tragedia sino a qui recitata come melodramma dal principale esponente governativo, occorrerà girovagare, all’interno del centro storico, tra le visibili rovine del “centro antico” coincidente grosso modo con il nucleo urbanistico riconducibile alle aree gravitanti attorno alle quattro chiese capo-quarto: in questa nobilissima area urbana quasi nulla è stato risparmiato dalla furia devastatrice scatenata dalla maledetta manciata di secondi scattati alle 3 e 32 e dalla successiva distruzione in progress verificatasi con le reiterate scosse tuttora in corso.

    Quel “centro antico” è irrimediabilmente sfregiato. Le pauperistiche risorse finanziarie messe a disposizione dal governo o le cervellotiche, penalizzanti norme previste nel decreto legge in corso di conversione alla Camera, rischiano di “assassinarlo” una seconda volta.

    Un solo esempio per tutti. A parte le emergenze architettoniche di pregio artistico (basti pensare al numero impressionante di chiese), il tessuto urbano del “centro antico” è costituito da alcune migliaia di palazzi, palazzetti e case costruite nel corso dei secoli senza alcuna soluzione di continuità lungo l’asse portante di vie e vicoli (e perciò ognuna avente i muri comuni con quelle confinanti). Giuridicamente coesistono quasi sempre in una stessa unità architettonica pluriabitativa, appartamenti in cui la proprietà può essere ricondotta, contemporaneamente, “alla prima casa” o “alla seconda, terza, quarta ...”; inoltre il proprietario può essere residente o non residente.

    Aver previsto nel decreto legge approvato al Senato il rimborso a fondo perduto solo per i cittadini aquilani residenti ed unicamente per la prima casa, significa aver “decretato” (questa volta sì) la morte della città, in quanto quelle stesse unità abitative (aventi peraltro un tasso di distruzione differenziato sia interno che nelle facciate e nelle fondamenta), non saranno né giuridicamente, né tecnicamente ricostruibili per le ragioni accennate. Rimetterne in piedi una, confinante con l’altra massacrata, ma non finanziabile, significherà riplasmare in malo modo un “centro antico” che risulterà a groviera: i suoi archeologici buchi costituiranno, forse, un piatto ghiotto per il futuro turista di massa alla ricerca di fasulle emozioni che nulla hanno da spartire con il sublime kantiano suscitato dalle rovine.

    C’è di più. Le risorse finanziarie necessarie per il ripristino integrale del “centro antico”, saranno immani: infatti, una cosa è mettere a norma (antisismica) un appartamento moderno, altra cosa è intervenire sulle stratificazioni architettoniche di un tessuto urbano plurisecolare. Solamente per il consolidamento ed il restauro di oltre 1.000 edifici (1.900 per tutto il circondario) sottoposti ai vincoli delle Soprintendenze, il primo cittadino ha valutato i costi in 3 miliardi.
    Se questo è, come è, l’ancor “traballante” sfondo urbanistico d’una città moribonda, quale sarà il destino finale dei suoi 70.000 abitanti?

    Sfumata nel nulla la berlusconiana boutade della New town, si è via via passati alla promessa sistemazione (entro novembre) di circa 13.000 concittadini in “provvisorie” 3.000 casette lignee, da un giorno all’altro diventate (con un colpo di bacchetta magica) in cemento a due piani o tre piani, disseminate in una quindicina di aree gravitanti prevalentemente attorno alle preesistenti frazioni. Tanto per fare un solo esempio, a Cese di Preturo si passerebbe dagli attuali 300 abitanti a 1.800: quali nuove infrastrutture e servizi sociali saranno messi a loro disposizione? Avremo nell’ultima tornata di questa ipnotica giostra parolaia massmediatica una quindicina di ghetti di sfollati? Per quanto tempo?

    All’appello, comunque, mancano 57.000 abitanti: chi sono ed in quale posto della città vivevano? Dove andranno? Una buona parte dovrebbe rientrare nella case dichiarate agibili (al momento non riguardano il centro storico, né tanto meno il “centro antico”); ad esser ottimisti circa 20-25.000 persone. E le altre 30.000 come, dove e per quanto tempo saranno sistemate in alloggi di fortuna, in residence o in alberghi, in attesa della ricostruzione delle loro abitazioni? Un’ultima domanda per tutte: quale sarà la futura qualità della vita, nell’immediato e nei prossimi anni, di questi 70.000 “sfortunati”, privati oltre che dei loro beni anche del lavoro, dei servizi essenziali legati all’istruzione, alla salute, alla giustizia, al tempo libero e via dicendo?

    Solo un illuminato progetto di lungo, ampio respiro, affidato alla responsabilità creativa di urbanisti, architetti, ingegneri, geologi, sismologhi, storici dell’arte, restauratori ed altre figure professionali di elevata competenza reclutati a livello italiano, europeo ed internazionale (con il concorso di idee delle intelligenze e delle comunità locali, s’intende) potrà garantire un’adeguata soluzione ad un problema di estrema complessità, affrontabile moltiplicando per varie volte le striminzite risorse finanziarie stanziate con il decreto legge.

    Se gli euro disponibili in bilancio per la “posticcia ricostruzione di cartapesta” sono più che scarsi, si istituisca subito un’imposta di solidarietà nazionale (mettendo le mani non già nelle tasche degli italiani, ma facendo leva sui loro pulsanti cuori), coinvolgendo in primis la Comunità europea ben oltre gli interventi finanziari promessi (circa 500 milioni di euro).

    Inoltre (ed è bene che si sappia e traduca in tutte le lingue in un auspicabile sito internazionale da aggiornare on real time), una delle fondamentali parole d’ordine, potrebbe ben essere: L’Aquila città d’Europa / L’Aquila patrimonio dell’umanità e dell’UNESCO. Detto in altri termini, L’Aquila, per quelle che sono “ancora e nonostante tutto”, le sue impareggiabili bellezze naturalistiche, urbanistiche, architettoniche ed artistiche, non appartiene esclusivamente né agli aquilani, né agli abruzzesi, né tanto meno agli italiani, ma all’Europa ed al mondo intero.

    Da qui l’urgenza di una incrociabile solidarietà nazionale ed europea corroborata da risorse aggiuntive provenienti da un gettito fiscale credibile (e non da rabberciati palliativi: il gratta e vinci) e da altri stanziamenti già disponibili in bilancio da dirottare, subito, a L’Aquila (come quelli già previsti per il narcisistico ponte di Messina: è una bestemmia?).

    A nulla servirà l’autarchica, provinciale e fascistoide italietta del “ghe pensi mi”, che ha puntato le ultime fiches d’un rischioso gioco d’azzardo sulla pietas e sull’emozionale partecipazione degli italiani tutti (e non solo!), con le lodevoli iniziative di sostegno sino a qui registrate.

    Le vacanze di massa bussano alla porta; la memoria, nella società occidentale, è sempre corta anche in momenti di crisi. Nel giro di qualche mese gli aquilani usciranno definitivamente dalla scena, ma non da quel tremendo, sfigato, ultroneo girone dell’inferno in cui sono stati, per una cattiva quanto malefica sorte, confinati.

    Al momento, quei terremotati (me compreso) si limitano a tessere storie su storie imbastite con gli spezzoni di confusi ricordi ritmati dal frastuono di una debordante scala Richter marchiata a fuoco sulla loro pelle.

    Se la morte preannunciata della loro (mia) amatissima città dovesse avvenire, la sua fine sarà rispecchiata negli stessi occhi stralunati di Cesare Pavese, riempiti però di sole macerie: «Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi» (“L’Aquila bella mè!”).


    di Antonio Gasbarrini *

    * Critico d’arte– Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988


    ....







    http://video.sky.it/videoportale/index.sht...oID=20158891001

    Edited by Anthouse* - 5/6/2009, 00:24
     
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  13. ROS533
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    Tutto, davvero, e' fragile sotto questo cielo...

    Uno slide...come un "atto d'amore"...
    da cui tutto puo' risorgere...

    Non permettete che qualcuno ne cancelli la memoria...

    :bacetti:
     
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    Juventina nel sangue!!!

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    Lorellina,forse l'Aquila non tornerà mai com'era prima.... ma

    sono sicura che tu e i tuoi concittadini riuscirete a riprendere

    le vostre abitudini e il vostro modo di vivere,anche se la

    memoria non potrà mai essere cancellata.

    Apprezzo è ammiro il tuo modo di essere orgogliosa e ironica,

    anche nei momenti più bui... ormai è tanto tempo che ci

    sentiamo al telefono... non ti ho mai sentita piangerti

    addosso,anche quando mi dici di come stai vivendo

    questo dramma,non sei mai piagnucolona... riesci sempre

    a scherzare e sorridere.

    Vai avanti così,orgogliosa e fiera,sempre e comunque.

    Ti voglio bene :abbraccio:
     
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  15. Anthouse*
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    ieri un collega mi ha fatto vedere delle foto che è riuscito a fare in Comune

    gli uffici anagrafe

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    la sede di Piazza Palazzo dove lavoro io

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    questo corridoio era la mia unica via di fuga :o: :cry:
    [/size]
     
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49 replies since 3/6/2009, 20:27   1353 views
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