Il gigantopiteco, una scimmia gigante ormai estinta, mai apparsa sulla terra

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    Il gigantopiteco, una scimmia gigante ormai estinta, mai apparsa sulla terra



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    Il gigantopiteco (dal greco antico: γίγας/gigas che vuol dire "gigante" e πίθηκος/pithekos ossia "scimmia") è un genere estinto di primate, che visse circa tra i 9 e i 1 milione di anni fa, in quelle che oggi sono le attuali Cina, India e Vietnam. Tale distribuzione geografica e collocazione temporale dimostra che il Gigantopithecus visse insieme ad altri ominidi, come l'Homo erectus. I fossili ritrovati dimostrano che la specie G. blacki furono le più grandi scimmie mai apparse sulla terra, con un'altezza stimata fino a 3 m (9,8 ft) quando eretti, ed un peso di circa 540 kg (1.190 lb). Stime più recenti tuttavia ridimensionano la massa a 204-280 kg di peso circa.

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    Fossili

    I primi resti fossili di Gigantopithecus furono descritti nel 1935 dall'antropologo tedesco Ralph von Koenigswald, che aveva trovato l'olotipo della specie G. blacki (un dente molare) in un negozio di farmacia tradizionale cinese. Infatti, spesso denti e ossa fossili di tali animali vengono macinati in polvere e utilizzati come medicinali. Fu proprio von Koenigswald, ad identificare in quel dente una nuova specie di primate, che egli stesso in seguito denominerà come Gigantopithecus. Le sue ricerche proseguirono per circa quattro anni, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale dove fu fatto prigioniero, dovendo quindi interrompere i suoi studi e tornare in Germania.

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    Da allora, sono stati recuperati pochissimi resti fossili di Gigantopithecus. Negli anni sono stati recuperati numerosi denti, dai negozi di medicina tradizionale cinese, oltre che alcuni molari ritrovati a Liucheng Cave a Liuzhou, Cina sono state inoltre rinvenute alcune ossa mascellari, sempre riconducibili alla specie G. blacki. Altri reperti sono stati rinvenuti anche in Vietnam e in India, suggerendo il Gigantopithecus vivesse in un vasto areale che comprendeva buona parte del sud-est asiatico.

    Nel 1955, un gruppo di paleontologi riuscì a rintracciare una partita di "ossa di drago" (chiamate anche "ossa oracolari"), ovvero fossili di Gigantopithecus, diretta in Cina. Rintracciare il carico permise ai paleontologi di salvare dal mercato cinese ben 1.300 denti più tre mandibole quasi complete. I contrabbandieri rivelarono in seguito che i fossili provenivano da siti di scavo a Hubei, Guangxi e a Sichuan, da magazzini per i prodotti medicinali cinesi, nonché da depositi di grotta. Non tutti i resti risalivano allo stesso periodo storico, e i denti provenienti da Hubei sembrano essere più recenti oltre che ad essere di maggiori dimensioni.

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    Descrizione

    Ricostruzione di un esemplare di Gigantopiteco di costituzione robusta e con una postura simile al gorilla.
    Le stime sulle dimensioni del Gigantopiteco sono altamente speculative in quanto sono stati rinvenuti solo denti e mandibole di questa specie, e spesso la grandezza dei molari e il peso corporeo non sono affatto collegati.

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    Il Gigantopiteco aveva una formula dentaria uguale all'uomo, ovvero di

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    con 2 incisivi, 1 canino, 2 premolari e 3 molari in ogni metà della mandibola per entrambe le mandibole. La lunghezza massima media dei canini superiori è di 21,1 mm per i maschi e 15,4 mm per le femmine con la mandibola degli esemplari maschi grossa il 40% in più di quella delle femmine; ciò implica un dimorfismo sessuale con gli esemplari maschi nettamente più grandi delle femmine. Nel 1946, Weidenreich ipotizzò che il Gigantopithecus fosse grande il doppio di un gorilla maschio, mentre, nel 1957, Pei ne stimò la statura in 3,7 metri (12 '). Nel 1970 i paleontologi statunitensi Elwyn Simons e Peter Ettel stimarono un'altezza di circa 2,7 metri (9') e un peso fino a 270 kg (600 libbre), ovvero circa il 42% più pesante di un gorilla maschio. Nel 1979 l'antropologo americano A. E. Johnson Jr. utilizzò le dimensioni dei gorilla per stimare la lunghezza del femore del Gigantopiteco in 54,4 cm e quella dell'omero a 62,7 cm, circa il 20–25% più lunghi di quelli dei gorilla.

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    Locomozione
    Il metodo di locomozione del Gigantopithecus è tuttora incerto, in quanto non è mai stato trovato un osso pelvico o un osso delle gambe. L'ipotesi più accreditata dai paleontologi è la locomozione quadrupede, in modo simile a quella degli odierni gorilla e scimpanzé, poggiando a terra solo le nocche degli arti anteriori; tuttavia, una minoranza di paleontologi sostiene che l'animale fosse in grado di una locomozione bipede. Tale ipotesi è stata proposta sulla base della forma della mandibola dell'animale che presenta una conformazione a U, come quella umana. Questa conformazione lascia spazio per la trachea all'interno della mascella, permettendo al cranio di posizionarsi esattamente su una spina dorsale completamente eretta come nell'uomo moderno, piuttosto che di fronte ad essa come nelle altre grandi scimmie moderne.

    Tuttavia, l'opinione della maggioranza è che il peso di un così grande animale avrebbe messo in enorme stress gli arti posteriori, specie se la creatura avesse camminato continuamente in locomozione bipede; una locomozione quadrupede, invece, permetteva all'animale di distribuire tutto il suo peso equamente, come i moderni gorilla.

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    Dieta
    La mandibola del Gigantopithecus è molto profonda e spessa, i molari inoltre sono bassi e con una corona piatta, con una copertura di smalto pesante e ramificata. I premolari, invece, sono larghi e piatti con una configurazione simile a quella dei molari. I canini non sono né appuntiti né taglienti, mentre gli incisivi sono piccoli e strettamente allineati. Tutte queste caratteristiche dentarie indicano che la dieta dell'animale era costituita da cibi duri e fibrosi e i suoi denti erano adatti appunto a masticare, tagliare, macinare e frantumare. Ciò indica una dieta quasi esclusivamente vegetariana, nello specifico una dieta a base di bambù. Infatti, nei denti di Gigantopithecus sono state rinvenute numerose cavità, molto simili a quelle riscontrate nei panda giganti, la cui dieta comprende quasi esclusivamente grandi quantità di bambù. È probabile che il Gigantopithecus avesse una dieta simile.

    Oltre a bambù, il Gigantopithecus consumava anche altri alimenti vegetali, come suggerito dall'analisi dei fitoliti aderenti ai suoi denti. L'esame dei graffi microscopici sullo smalto dei denti suggerisce che l'animale si sia nutrito anche di semi e frutti.

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    Il gigantopiteco, la scimmia gigante, si estinse più di 200.000 anni fa



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    Il gigantopiteco, un enorme primate di 250 kg, si estinse tra i 295.000 e i 215.000 anni fa perché non seppe adattarsi ai cambiamenti del clima e dell'habitat. Ci fu un tempo in cui la Cina meridionale era abitata da "King Kong": erano i Gigantopithecus blacki, scimmioni alti tre metri e pesanti 250 chili. Questi giganteschi primati si estinsero molto prima dell'arrivo dell'uomo sulla Terra. Un nuovo studio pubblicato su Nature – che ha raccolto dati provenienti da 22 grotte sparse per la regione Guanxi − ha infatti dimostrato con maggiore precisione il periodo della loro scomparsa: non 100.000 anni fa - come uno studio del 2016 aveva ipotizzato-, bensì più di 200.000. Confermata, invece, la causa: gli scimmioni scomparvero perché probabilmente furono incapaci di adattare la propria dieta e il proprio stile di vita ai cambiamenti che avvennero nell'ambiente circostante.

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    FOSSILI DI GIGANTOPITHECUS. Per datare i campioni raccolti, gli studiosi hanno utilizzato diverse tecniche: la principale è la datazione a luminescenza, che ha stabilito quando i sedimenti che contenevano i fossili sono stati esposti alla luce l'ultima volta: «Datando direttamente i resti fossili abbiamo potuto confermare che la loro età corrispondeva con quella dei sedimenti nei quali sono stati ritrovati, cosa che ci ha permesso di produrre una cronologia affidabile dell'estinzione del G. blacki", spiega Renaud Joannes-Boyau, esperto di geocronologia alla Southern Cross University (Australia).


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    MEGLIO GLI ORANGHI. Secondo quanto scoperto dagli studiosi, i gigantopitechi si estinsero tra i 295.000 e i 215.000 anni fa. Prima di allora, il G. blacki prosperava nelle foreste della zona, ma tra i 700.000 e i 600.000 anni fa l'ambiente iniziò a modificarsi in seguito a un cambiamento del clima e dell'alternanza stagionale. Mentre gli oranghi (nome scientifico Pongo) riuscirono ad adattare la propria dieta, le dimensioni, il comportamento e le preferenze di habitat all'ambiente circostante, i gigantopitechi passarono a una dieta meno nutritiva e meno varia, diventando più stanziali e soffrendo di stress cronico.

    IL PERCHÉ DELLE ESTINZIONI. I ricercatori si sono concentrati soprattutto sullo studio dei fossili dei denti dei primati: «I denti ci danno una chiara visione del comportamento della specie, dei livelli di stress, la diversità del cibo di cui si nutriva, e i comportamenti che adottava», spiega Joannes-Boyau.

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    Ricerche di questo tipo sono importanti per capire in che modo le specie si estinguono, visto che incombe su di noi la minaccia di una sesta estinzione di massa: «Capire i motivi dietro alle estinzioni passate ci permette di comprendere la resistenza dei primati e il destino di altri grandi animali, nel passato e nel futuro», conclude Kira Westaway, coautrice dello studio.


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