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GARCÍA MÁRQUEZ, LE SUE FRASI PIÙ BELLE [BIOGRAFIA E FOTO]
« Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l'amore poteva tutto. È vero le rispose lui ma farai bene a non crederci. »
(G. García Márquez, da Dell'amore e di altri demoni)
Gabriel José de la Concordia García Márquez, soprannominato Gabo (Aracataca, 6 marzo 1927 Città del Messico, 17 aprile 2014), è stato uno scrittore, giornalista e saggista colombiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1982.
Tra i maggiori scrittori in lingua spagnola, García Márquez è considerato uno dei più emblematici esponenti del cosiddetto realismo magico, la cui opera ha fortemente contribuito a rilanciare l'interesse per la letteratura latinoamericana.
Dotato di uno stile scorrevole, ricco e costantemente pervaso di un'amara ironia, i suoi romanzi sono caratterizzati da articolate strutture narrative, con frequenti intrecci fra realtà e fantasia, fra storia e leggenda, con la presenza di molteplici piani di lettura, anche allegorici, tenuti assieme da un sapiente uso della prolessi e dell'analessi.
Il suo romanzo più famoso, Cent'anni di solitudine, è stato votato, durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, tenutosi a Cartagena nel marzo del 2007, come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta, preceduta solo da Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes.
Biografia
Primogenito dei sedici figli del telegrafista Gabriel Eligio García (1901-1984) e della sedicente chiaroveggente Luisa Santiaga Márquez Iguarán (1905-2002), Gabriel García Márquez nacque ad Aracataca, un paesino fluviale della Colombia settentrionale, il 6 marzo del 1927 (sebbene venga spesso erroneamente riportato come anno di nascita il 1928). Dopo il trasferimento a Riohacha, il giovane García Márquez crebbe con i nonni materni: il colonnello liberale Nicolás Ricardo Márquez Mejía (1864-1936) e la sua consorte Tranquilina Iguarán Cotes (1863-1947), una grande conoscitrice di fiabe e leggende locali.
Nel 1937, a seguito della morte del nonno avvenuta l'anno precedente, García Márquez si trasferì a Barranquilla per studiare. Dal 1940 frequentò il Colegio San José e si diplomò al Colegio Liceo de Zipaquirá nel 1946. L'anno dopo, García Márquez si trasferì a Bogotá per studiare giurisprudenza e scienze politiche presso l'Universidad Nacional de Colombia, ma presto abbandonò lo studio a causa dello scarso interesse che quelle materie suscitarono in lui.
L'inizio dell'attività giornalistica (1948-1961)
Dopo i disordini del 1948 (nel periodo detto La Violencia, culminato con la dittatura di Gustavo Rojas Pinilla nel 1953), in cui nel rogo della pensione in cui abitava bruciarono alcuni suoi scritti, si trasferì a Cartagena dove cominciò a lavorare dapprima come redattore e poi come reporter de "El Universal". Alla fine del 1949 si trasferì a Barranquilla per lavorare come opinionista e reporter a "El Heraldo". Su invito di Álvaro Mutis, nel 1954 García Márquez tornò a Bogotá, a lavorare a El Espectador come reporter e critico cinematografico. L'anno successivo trascorre alcuni mesi a Roma, dove segue dei corsi di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, in seguito si trasferisce a Parigi.
Rapporto con Cuba
Nel 1958, dopo un soggiorno a Londra, García Márquez tornò in Sudamerica, stabilendosi in Venezuela. Nello stesso anno, sposa a Barranquilla Mercedes Barcha e, dopo la salita al potere di Fidel Castro, visita Cuba, dove ha modo di conoscere personalmente Che Guevara, e lavora (prima a Bogotà, poi a New York) per l'agenzia Prensa Latina, fondata da Jorge Ricardo Masetti e dallo stesso Castro, del quale divenne un buon amico.
Questa amicizia - che egli definì intellettuale e letteraria, più che politica - con il líder maximo gli fruttò diverse critiche, non impedendogli comunque che venisse stimato anche negli Stati Uniti (ad esempio dall'ex Presidente Bill Clinton, il quale ha dichiarato che è il suo scrittore preferito, e lo ha anche incontrato alla Casa Bianca, rimuovendo il divieto al visto d'ingresso posto sullo scrittore nel 1961, a causa della sua frequentazione di Cuba.) Dalla moglie Mercedes ha avuto due figli, Rodrigo (nato a Bogotá nel 1959) e Gonzalo (che nacque in Messico tre anni più tardi).
Nel 1961 si trasferisce a New York, sempre come corrispondente di Prensa Latina. Sentendosi messo sotto sorveglianza dalla CIA e minacciato dagli esuli cubani anticastristi, decide di trasferirsi in Messico, dopo aver perso l'autorizzazione alla residenza permanente come cronista negli Stati Uniti, in seguito a decisioni politiche.
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foto sul web
Edited by belias94 - 3/5/2016, 22:12. -
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FRASI E CITAZIONI DI GARCÍA MÁRQUEZ
“Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l'avrai mai.”
“Ti amo non per chi sei ma per chi sono io quando sono con te.”
“Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste, perché non sai mai chi potrebbe innamorarsi del tuo sorriso.”
“Non piangere perché è finito, sorridi perché è successo.”
“Per il mondo tu puoi essere solo una persona, ma per una persona tu puoi essere il mondo.”
“La saggezza ci arriva quando non ci serve più.”
“La memoria del cuore elimina i cattivi ricordi e magnifica quelli buoni, e grazie a questo artificio, siamo in grado di superare il passato.”
“Colui che aspetta molto può aspettarsi poco.”
“Era inevitabile: l'odore di mandorle amare gli ricordava sempre il destino dei suoi amori contrastati.”
“Se per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di stoffa e mi facesse dono di un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto ciò che penso, ma penserei a tutto ciò che dico."
"Aveva sentito dire che la gente non muore quando deve, ma quando vuole."
"L'ispirazione non dà preavvisi."
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
C'era una stella sola e limpida nel cielo colore di rose, un battello lanciò un addio sconsolato, e sentii in gola il nodo gordiano di tutti gli amori che avrebbero potuto essere e non erano stati.
Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l'ha catturato per sempre.
Se sapessi che oggi è l'ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri.
Se sapessi che oggi è l'ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle ascoltare una e più volte ancora.
Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi "ti amo" e non darei scioccamente per scontato che già lo sai.
Sempre c'è un domani e la vita ci dà un'altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall'alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Edited by belias94 - 3/5/2016, 22:13.