Fabrizio De Andrè

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    Fabrizio Cristiano De André (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999) è stato un cantautore italiano.
    Viene spesso citato anche con l'appellativo "Faber", datogli dall'amico d'infanzia Paolo Villaggio in riferimento alla sua predilezione per i pastelli della Faber-Castell. Tale soprannome godrà di una certa popolarità presso il grande pubblico negli anni successivi alla morte dell'artista.
    In quasi 40 anni di attività artistica, De André ha inciso tredici album in studio, più alcune canzoni pubblicate solo come singoli e poi riedite in varie antologie. Molti testi delle sue canzoni raccontano storie di emarginati, ribelli, prostitute e sono state considerate da alcuni critici come vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche di letteratura. .
    Di simpatie anarchiche, libertarie e pacifiste, è stato anche uno degli artisti che maggiormente hanno valorizzato la lingua ligure; ha esplorato inoltre, in misura minore, altri idiomi come il gallurese e il napoletano.
    La popolarità e l'alto livello artistico del suo canzoniere hanno spinto alcune istituzioni a dedicargli vie, piazze, parchi, biblioteche e scuole subito dopo la prematura scomparsa.

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    Biografia

    L' infanzia e la giovinezza


    Un'immagine giovanile di Fabrizio De André.
    Fabrizio De André nasce il 18 febbraio 1940 nel quartiere genovese di Pegli, in via De Nicolay 12 (dove è stata posta una piccola targa commemorativa) da una famiglia dell'alta borghesia industriale cittadina. I genitori sono entrambi piemontesi. Il padre Giuseppe (Torino, 15 settembre 1912 – Genova, 19 luglio 1985), è stato vicesindaco repubblicano di Genova, amministratore delegato dell'Eridania e ha promosso la costruzione della Fiera del Mare di Genova, nel quartiere della Foce. La madre è Luigia "Luisa" Amerio (Pocapaglia, 26 agosto 1911 – Genova, 3 gennaio 1995).
    Fabrizio vive inizialmente nella campagna astigiana a Revignano d'Asti, luogo dal quale la famiglia era originaria e dove sfollò a causa dei bombardamenti e per rendere meno difficoltosi i contatti con il padre, ricercato dai fascisti per aver impedito la deportazione dei suoi alunni ebrei. Visse, poi, nella Genova del dopoguerra, scossa e partecipe della contrapposizione tra cattolici e comunisti, sovente rigidi e bigotti entrambi.

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    Dopo aver frequentato le scuole elementari in un istituto privato retto da suore, passò alla scuola statale, dove il suo comportamento "fuori dagli schemi" gli impedì una pacifica convivenza con le persone che vi trovò, in special modo con i professori. Per questo fu trasferito nella severa scuola dei Gesuiti dell'Arecco.
    Presso i Gesuiti dell'Arecco, scuola media inferiore frequentata dai rampolli della "Genova-bene", Fabrizio fu vittima, nel corso del primo anno di frequenza, di un tentativo di molestia sessuale da parte di un gesuita dell'istituto; nonostante l'età, la reazione verso il "padre spirituale" fu pronta e, soprattutto, chiassosa, irriverente e prolungata, tanto da indurre la direzione ad espellere il giovane De André, nel tentativo di placare lo scandalo. L'improvvido espediente si rivelò vano poiché, a causa del provvedimento d'espulsione, dell'episodio venne a conoscenza il padre di Fabrizio, esponente della Resistenza e vicesindaco di Genova, che informò il Provveditore agli studi, pretendendo un'immediata inchiesta che terminò con l'allontanamento dall'istituto scolastico del gesuita[16].Studia presso il liceo comunale “Cristoforo Colombo”.

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    In seguito il cantautore frequentò alcuni corsi di lettere e altri di medicina presso l'Università di Genova prima di scegliere la facoltà di Giurisprudenza, ispirato dal padre e dal fratello Mauro (Torino, 26 maggio 1936[17] – Bogotà, 18 agosto 1989[18]), che diverrà un noto avvocato. A sei esami dalla laurea decise di intraprendere una strada diversa: la musica (suo fratello sarebbe divenuto uno dei suoi fan più fedeli e critici).
    Successivamente ad un primo e problematico approccio, determinato dalla decisione dei genitori di avviarlo allo studio del violino, il folgorante incontro con la musica avvenne con l'ascolto di Brassens, del quale De André tradurrà alcune canzoni, inserendole nei primi album. La passione, poi, aveva preso corpo anche grazie alla "scoperta" del jazz e all'assidua frequentazione degli amici Tenco, Bindi, Paoli, del pianista Mario De Sanctis[19] ed altri, con cui iniziò a suonare la chitarra e a cantare nel locale "La borsa di Arlecchino".

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    De André, in questi anni, condusse una vita sregolata ed in contrasto con le consuetudini della sua famiglia, frequentando amici di tutte le estrazioni culturali e sociali. Sovente, con l'amico d'infanzia Paolo Villaggio, cercava di sbarcare il lunario con lavori saltuari, anche imbarcandosi, d'estate, sulle navi da crociera come musicista per le feste di bordo[20].
    La prima moglie di De André fu una ragazza di famiglia borghese, Enrica Rignon detta "Puny", con la quale ebbe il figlio Cristiano, per poi separarsi a metà degli anni settanta.
    In seguito al matrimonio e alla nascita del figlio, Fabrizio fu pressato dalla necessità di provvedere al mantenimento della famiglia e trovò un impiego in un istituto scolastico privato come insegnante[21].

    L' esordio nel 1961 e il periodo Karim

    « Lessi Croce, l'Estetica, dove dice che tutti gli italiani fino a diciotto anni possono diventare poeti, dopo i diciotto chi continua a scrivere poesie o è un poeta vero o è un cretino. Io, poeta vero non lo ero. Cretino nemmeno. Ho scelto la via di mezzo: cantante.[22] »
    (F. De André)


    De André ventenne (1960)

    Nell'ottobre del 1961[23] la Karim pubblica il suo primo 45 giri, con copertina standard forata (la ristampa del 1971 della Roman Record avrà invece una copertina con un disegno anonimo). Il disco contiene due brani, Nuvole barocche ed E fu la notte.
    Secondo quanto affermato dal cantautore in un'intervista al Corriere della Sera, nel 1964 sostenne l'esame di ammissione come autore della parte letteraria alla SIAE di Roma per poter depositare a proprio nome le canzoni (in realtà la data è sicuramente errata, in quanto De André già nel 1961 firmava i testi e le musiche delle sue canzoni, depositandole alla Siae[24]); nel 1997, durante la consegna del Premio Lunezia, confessò di aver utilizzato una buona parte del testo della canzone Le foglie morte di Jacques Prévert nella prova di esame[25].

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    Negli anni successivi De André andò affermandosi sempre più come personaggio riservato e musicista colto, abile nel condensare nelle proprie opere varie tendenze ed ispirazioni: le atmosfere degli storici cantautori francesi, tematiche sociali trattate sia con crudezza sia con metafore poetiche, tradizioni musicali di alcune regioni italiane e mediterranee[26] sonorità di ampio respiro internazionale[27] e l'utilizzo di un linguaggio inconfondibile e, al tempo stesso, quasi sempre semplice per essere alla portata di tutti.[28]
    In questo periodo uscirono i suoi primi 33 giri. La sua discografia non è numerosissima come, del resto, inesistenti fino al 1975 erano i suoi concerti. L'album del debutto è Tutto Fabrizio De André (1966, ristampato due anni dopo con il titolo di La canzone di Marinella sotto un'altra etichetta e con una diversa copertina), una raccolta di alcune delle canzoni che sino ad allora erano state edite solo in 45 giri, seguita da Volume I (1967), Tutti morimmo a stento (1968), Volume III (1968), Nuvole barocche (1969); quest'ultimo è la raccolta dei 45 giri del periodo Karim esclusi da Tutto Fabrizio De André.
    Il brano di apertura di Volume I è "Preghiera in gennaio", una canzone scritta di getto poche ore dopo la morte a Sanremo di Luigi Tenco[29], amico di giovinezza di Fabrizio. Il cantautore, che aveva interpretato la canzone "La ballata dell'eroe" nel film "La cuccagna", perse la vita durante il Festival della Canzone Italiana di San Remo del 1967, appunto a gennaio. Il legame tra Luigi e Fabrizio era fortissimo[30].

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    Fra esistenzialismo e contestazione: dal 1968 al 1973

    Gli anni fra il 1968 ed il 1973 furono fra i più proficui per l'autore, che iniziò la serie dei concept con Tutti morimmo a stento. Quest'album, ispirato alla poetica di François Villon, è il quarto concept album ad essere pubblicato in Italia[31]; il testo del primo brano, "Cantico dei drogati" è tratto da una poesia di Riccardo Mannerini, Eroina. De André incise anche una versione inglese dell'album, oggi esistente in unica copia, che è stata proprietà di un collezionista statunitense e oggi appartiene ad un collezionista pugliese.[32]

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    A Tutti morimmo a stento segue La buona novella; un album importante, che interpreta il pensiero cristiano alla luce di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare, come riportato nelle note di copertina, dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo arabo dell'infanzia), sottolineando l'aspetto umano della figura di Gesù, in forte contrapposizione con la dottrina di sacralità e verità assoluta, che il cantautore sostiene essere inventata dalla Chiesa al solo scopo di esercizio del potere[33].
    Come ha raccontato Roberto Dané[34], l'idea del disco la ebbe lo stesso Dané, che pensando di realizzarla con Duilio Del Prete, la propose ad Antonio Casetta, il quale la dirottò a De André.
    « Nel 1969 tornai da Casetta e gli sottoposi un'altra idea, che avevo intenzione di realizzare con Duilio Del Prete: un disco basato sui Vangeli apocrifi...lui, che era un grande discografico, di buon fiuto, mi ascoltò con attenzione ed alla fine disse: "Ma scusi, perché questa idea non la propone a Fabrizio De André? Sa, è un periodo che è un po' in crisi, non sa cosa fare...". E io che cosa dovevo dire? Con De André c'era sicuramente una maggiore esposizione »
    (Roberto Dané[35])

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    Nel disco suonano, tra gli altri, I Quelli, che nel 1971, dopo l'ingresso di Mauro Pagani, cambieranno il nome in Premiata Forneria Marconi.
    A distanza di anni, De André continuerà a considerare questo disco la sua incisione migliore:
    « "Te la sentiresti di dire quale dei tuoi dischi è il migliore?" "Senza dubbio ti rispondo: La buona novella, è quello più ben scritto, meglio riuscito".
    "Lo sai che ero quasi sicuro che invece mi avresti risposto: Tutti morimmo a stento? Come mai questa scelta?" "No, quello è un disco polveroso, barocco, e non dimentichiamoci che sotto il Barocco c'era il peso della Controriforma ..."[36] »

    Nel 2010 il disco viene reinciso dalla Premiata Forneria Marconi, con nuovi arrangiamenti e l'aggiunta di alcuni brevi intermezzi strumentali; il disco, intitolato A.D. 2010 - La buona novella, viene pubblicato ad aprile.

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    Proprio a questo periodo risale l'amicizia di De André con un altro collega che ha cantato, spesso, gli ultimi e i poveri, Gipo Farassino; anni dopo De André racconterà a TorinoSette, l'inserto settimanale de La Stampa, un episodio successivo (avvenuto dopo un concerto a Torino) riguardante la loro amicizia: "Mi raccolse dopo un concerto ubriaco come un tino di mosto, mi caricò in macchina, mi trascinò in casa sua, mi offrì un cesso per finire di rovesciarmi lo stomaco e un letto per lasciarmi girare la testa fino al sonno. Il giorno dopo, ad evitarmi un treno per Genova con una maglietta vomitata mi regalò una sua camicia[37]". Il racconto di Farassino, pubblicato su La Stampa, differisce nel finale: "Il mattino dopo gli prestai una mia bella camicia, con la raccomandazione di restituirmela. Non l'ho più vista, ma con lui era così..."[38].
    Il disco successivo, del 1971, è Non al denaro, non all'amore né al cielo, libero adattamento (eseguito insieme a Giuseppe Bentivoglio) di alcune poesie della Antologia di Spoon River, opera poetica di Edgar Lee Masters; le musiche sono composte insieme a Nicola Piovani. De André in quel periodo incontra Fernanda Pivano, traduttrice e scrittrice che ha fatto conoscere in Italia la letteratura americana e che ha tradotto l'Antologia sepolcrale cui trae ispirazione l'album. Per rimuovere l'ostacolo della ritrosia del cantautore a concedere interviste, la Pivano nascose sotto il letto un registratore e trascrisse interamente la lunga conversazione che i due fecero su Spoon River e sulle canzoni dell'album. De André accettò con simpatia il "raggiro"[39].
    Nel 2005 il cantante Morgan ha pubblicato Non al denaro, non all'amore né al cielo, un riadattamento dell'album con nuovi arrangiamenti e alcuni intervalli musicali.

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    In questo caso, come ha raccontato Roberto Dané[40], l'idea del disco la ebbe Sergio Bardotti, che infatti lo seguì insieme allo stesso Dané in qualità di produttore.
    Gian Piero Reverberi ha raccontato[41] che in questo caso il progetto era nato per Michele, sulla scia di Senza orario senza bandiera, quindi con i testi elaborati da De André e le musiche di Reverberi; ma il progetto venne poi dirottato su De André e quindi Reverberi (anche per alcuni suoi contrasti con Roberto Dané) non venne più coinvolto e le musiche e gli arrangiamenti furono affidati a Nicola Piovani.
    Il coautore dei testi, Bentivoglio, si era presentato con dei testi scritti da lui, che furono giudicati interessanti[42] e che, dopo una prima collaborazione in Tutti morimmo a stento (in cui scrisse il testo di Ballata degli impiccati), portarono all'affiancamento a De André per i testi in questo LP e nel successivo.
    Nel 1972 la Produttori Associati, senza consultare l'artista, lo iscrive al Festivalbar con il brano Un chimico (pubblicato su 45 giri): De André apprende la notizia dai giornali e convoca una conferenza stampa in cui dichiara che «La casa discografica mi ha trattato come un ortaggio»[43].
    Dopo l'intervento del patron della manifestazione, Vittorio Salvetti, si raggiunge un compromesso: la canzone viene inserita nei juke-box, come vuole il regolamento, ma il cantautore non si esibirà durante la finale di Verona nemmeno in caso di vittoria (l'edizione vede vincitrice Mia Martini con Piccolo uomo)[44].
    Nell'autunno dello stesso anno pubblicò un singolo con due canzoni di Leonard Cohen Suzanne/Giovanna d'Arco (brani che verranno poi inseriti con un arrangiamento diverso nell'album Canzoni del 1974).

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    L'album successivo fu, nel 1973, Storia di un impiegato, un "concept album" in cui Giuseppe Bentivoglio autore dei testi con de André, racconta la vicenda di un impiegato durante il maggio del '68; il disco, a sfondo politico, venne attaccato dalla stampa musicale militante e vicina al movimento studentesco, e così viene recensito, ad esempio, da Simone Dessì:
    « Storia di un impiegato è un disco tremendo: il tentativo, clamorosamente fallito, di dare un contenuto "politico" a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripensamento autocritico: la canzone Il bombarolo è un esempio magistrale di insipienza culturale e politica[45] »
    (Simone Dessì)
    Fra le critiche più accese ricordiamo quella di Riccardo Bertoncelli che definisce l'opera come un disco «verboso, alla fine datato[46]» e quella di Enrico Deregibus anch'essa sostanzialmente negativa:
    « L'album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vena anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l'ultimo episodio della collaborazione tra i due »
    (Enrico Deregibus[47])

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    Un'altra recensione negativa è quella di Fiorella Gentile, apparsa su Ciao 2001:
    « La musica presta il nome a qualcosa che a tratti sembra la colonna sonora di un film sulla mafia (con il sintetizzatore al posto dello scacciapensieri), a volte quella di un thrilling alla Dario Argento (con il basso che riproduce il battito cardiaco), altre recupera i toni alla Cohen e alla Guccini: ma rimane un prodotto scucito, che non ha più il vecchio incanto[48] »
    (Fiorella Gentile)
    Le osservazioni della Gentile, del resto, trovano una conferma indiretta nel fatto che l'autore delle musiche (con De André), Nicola Piovani, componeva già all'epoca colonne sonore, e negli anni successivi è diventato uno dei maggiori autori italiani di musiche da film.

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    De André ha spesso usato sonorità di strumenti mediterranei e medievali
    Proprio in occasione della pubblicazione del disco, Giorgio Gaber polemizza con De André, affermando che quest'ultimo usi un linguaggio da liceale che si è fermato a Dante, che fa dei bei termini, ma non si riesce a capire se sia liberale o extraparlamentare[49]; De André risponderà a Gaber in occasione di un'intervista ala Domenica del Corriere del gennaio 1974 ("Mi spiace che lui, che si dichiara comunista, sia andato a raccontare queste cose al primo giornalista che ha incontrato. Poteva telefonarmi, farmi le sue osservazioni: ne avremmo discusso, ci saremmo confrontati. Così, invece, ha svilito ancora di più un mondo già tanto criticato"[49]).
    Delle canzoni del disco, solo Verranno a chiederti del nostro amore[50] rimane nel repertorio dell'autore dal vivo negli anni a seguire[51]. Gli altri brani vennero eseguiti in concerto solo per qualche anno, ne è un esempio la Canzone del maggio inserita nella scaletta del primo tour del 1975 o ancora La bomba in testa, Al ballo mascherato, Canzone del padre, Il bombarolo e Nella mia ora di libertà che vennero riproposti solo in alcune date del tour del 1976[52].

    La crisi e le esibizioni dal vivo

    La pubblicazione di Storia di un impiegato coincide con un periodo di crisi professionale ed anche personale (nello stesso anno termina definitivamente il matrimonio con Puny ed il cantautore inizierà una relazione con una ragazza, Roberta, per cui scriverà due anni dopo la canzone Giugno '73[53]), e la pubblicazione di un nuovo disco di rifacimenti ad opera di Reverberi di vecchie canzoni incise per la Karim (con 2 nuove traduzioni dal repertorio di Brassens, le due canzoni di Cohen pubblicate nel 1972 ed una traduzione da Dylan opera di De Gregori ai tempi del Folkstudio[54] cofirmata da De André), intitolato Canzoni, darà inizio alla collaborazione con Francesco De Gregori.
    Proprio durante le registrazioni di questo disco, nello studio a fianco sta registrando il suo nuovo disco da solista Dori Ghezzi (in una pausa della sua collaborazione con Wess): è l'ìnizio di una nuova e duratura relazione, che sfocerà nel matrimonio tra i due il 7 dicembre 1989[47].
    Sono anche gli anni in cui De André fa le sue prime esperienze negli spettacoli dal vivo. Lavoratore instancabile e al limite del perfezionismo in studio, Fabrizio non riesce invece ad esibirsi in pubblico. Il suo timore è dovuto anche al suo problema all'occhio sinistro, leggermente più chiuso del destro, a causa di una ptosi palpebrale seguita ad una paralisi del nervo oculomotore, avvenuta in giovane età, e che successivamente tentò di curare con un'operazione chirurgica[55].
    Sergio Bernardini, il patron de La Bussola, comincia a fare delle grosse pressioni perché Fabrizio si esibisca nel suo locale, ed il cantautore chiede un compenso di 300 milioni di lire, che viene accettato[56][57].
    De André mise dunque da parte le sue paure da palcoscenico - paure che supererà solo con gli anni, suonando e cantando sempre nella penombra e con molto whisky in corpo (la sua timidezza fu tra le cause che gli provocarono una seria dipendenza da alcol).[58]

    Dopo l'esibizione dal vivo a La Bussola di Marina di Pietrasanta, inizia un tour con due componenti dei New Trolls, con i quali aveva già collaborato nel 1968 per i testi del loro disco Senza orario senza bandiera (Belleno e D'Adamo), e due dei Nuova Idea (Belloni e Usai).
    Nella parte di tour del 1976 ai quattro si aggiungerà anche Alberto Mompellio al violino e alle tastiere[59].


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    Gli ambienti dell'Autonomia e della Sinistra extraparlamentare, che già avevano attaccato il cantautore per Storia di un impiegato (come già ricordato), lo contestano nuovamente a partire dalle esibizioni dal vivo: ed ecco come viene descritto De André nel volume Libro bianco sul pop in Italia. Cronaca di una colonizzazione musicale in un paese mediterraneo, pubblicato da Arcana Editore (casa editrice vicina alla controcultura) nel 1976:
    « Dall'aria triste e meditabonda, Fabrizio De André ha svolto negli anni passati il ruolo di cantautore impegnato ma non troppo, denunciando situazioni in cui difficilmente si è trovato se non a livello emotivo. Borghese di nascita, di adozione e di intenti, rifiutava di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subito un tracollo: allora si è esibito alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne. Le migliori esibizioni dei suoi pezzi si ascoltano sulle spiagge e sui monti, quando un chitarrista che conosce due accordi vuol consolare l'amico di una sbronza finita male[60] »

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    De Andrè spiato dai servizi segreti

    È in questo periodo (per circa 10 anni, dal 1969 al 1979) che De André viene sottoposto a controlli da parte delle forze di polizia e dei servizi segreti italiani. In base a quanto ricostruito quando questa informazione è stata resa nota negli anni novanta[61], inizialmente i controlli sarebbero stati effettuati dopo che un suo conoscente, simpatizzante del marxismo-leninismo, era stato indagato durante le prime inchieste sulla strage di piazza Fontana (allora ritenuta dagli inquirenti di matrice rossa).
    Negli anni successivi, pur non individuando prove di una sua partecipazione attiva a gruppi politici, extraparlamentari o meno, De André viene ritenuto dal SISDE un "simpatizzante delle BR" , mentre l'acquisto, insieme alla moglie Dori Ghezzi, di un terreno a Tempio Pausania, viene considerato un tentativo di creare un rifugio per appartenenti ai movimenti extraparlamentari di sinistra.
    A rafforzare queste ipotesi, dal punto di vista degli investigatori, il fatto che a Genova De André avesse contatti con persone appartenenti ai gruppi anarchici e filo-cinesi[62][63].

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    Collaborazioni negli anni settanta

    A partire dal 1974, De André iniziò nuove collaborazioni con altri musicisti e
    cantautori. Negli anni settanta De André tradusse canzoni di Bob Dylan (Romance in Durango e Desolation Row), Leonard Cohen ("It seems so long ago, Nancy", "Joan of Arc", "Famous Blue Raincoat" per Ornella Vanoni e "Suzanne") e Georges Brassens (lavoro che porterà all'uscita dell'album Canzoni del 1974).
    Nel 1975 collabora con Francesco De Gregori, che lavora con lui alla scrittura di molti brani dell'album Volume VIII del 1975, album non privo di sperimentazione[senza fonte] in cui sono affrontate tematiche esistenziali quali il disagio verso il mondo borghese e la difficoltà di comunicazione; anche questo disco riscuote critiche negative, come quella di Lello D'Argenzio, che sostiene che De André si sia adattato allo stile del collega anche nel modo di cantare[64].
    Rimini (1978), segna l'inizio della collaborazione, che proseguirà nel tempo, con il cantautore veronese Massimo Bubola. Quest'album fa intravedere un De André esploratore di una musicalità più distesa, spesso di ispirazione americana[65]. I brani trattano l'attualità (il naufragio di una nave a Genova) così come tematiche sociali (l'aborto e l'omosessualità). "Andrea" è uno dei brani più popolari dell'intera produzione di De André, che il suo coautore Massimo Bubola continua a proporre dal vivo durante i suoi concerti; in più di un'occasione l'artista genovese - ad esempio nel 1992, al teatro Smeraldo di Milano - ha eseguito il brano a luci accese, proprio a simboleggiare come l'omosessualità non debba essere motivo di vergogna.[66].

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    Un'altra canzone, "Rimini", lui stesso la accosta alle atmosfere de I Vitelloni di Fellini, uno dei capolavori del celeberrimo regista. Nel successivo disco dal vivo inciso con la PFM, De André incide una gaffe. Al pubblico parla dei "Vitellini" di "Felloni". Ma non è l'unico "errore" del disco. Mentre interpreta "Sally", Fabrizio scambia il verso "mia madre mi disse: non devi giocare con gli zingari nel bosco", cantando "mia madre mi disse: non devi giocare con gli svizzeri nel bosco".[67]
    Nel 1978 la Premiata Forneria Marconi ideò e realizzò nuovi arrangiamenti di alcuni dei brani più significativi del cantautore genovese[68], proponendo a De André, inizialmente restio ad accettare, un tour insieme, che partì il 21 dicembre 1978 da Forlì e continuò per tutto il mese di gennaio 1979[69].
    L'operazione si rivelò positiva, tanto che il tour originò due album live, tra il 1979 ed il 1980, che conobbero un ottimo successo di vendite, anche se il secondo non riuscì a bissare i risultati del primo[70].
    Alcuni arrangiamenti realizzati dalla PFM furono utilizzati dal cantautore fino alla fine della sua carriera, Bocca di Rosa, La canzone di Marinella, Amico fragile, Il pescatore. Nei casi di Volta la carta o Zirichiltaggia del tour Anime Salve e M'innamoravo di tutto (gli ultimi concerti) De André era tornato agli arrangiamenti del disco del 1978.

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    Il sequestro

    Nella seconda metà degli anni settanta, in previsione della nascita della figlia Luisa Vittoria, De André si stabilisce nella tenuta sarda dell'Agnata, a due passi da Tempio Pausania, insieme a Dori Ghezzi, sua compagna dal 1974, poi sposata nel 1989.


    De André con Dori Ghezzi e la piccola Luvi
    La sera del 27 agosto 1979, la coppia fu rapita dall'anonima sequestri sarda e tenuta prigioniera nelle pendici del Monte Lerno presso Pattada, per essere liberata dopo quattro mesi (Dori fu liberata il 21 dicembre, Fabrizio il 22), dietro il versamento del riscatto, di circa 550 milioni di lire, in buona parte pagato dal padre Giuseppe.
    Intervistato all'indomani della liberazione (il 23 dicembre in casa del fratello Mauro) da uno stuolo di giornalisti, De André tracciò un racconto pacato dell'esperienza («...ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo slegati e senza bende») ed ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri («Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai»)[71].
    Pochi mesi dopo De André cedette al settimanale Oggi i diritti per la pubblicazione del memoriale del sequestro[72]: pur essendo la rivista diretta da Edilio Rusconi dichiaratamente con simpatie a destra, De André accettò il compenso per la pubblicazione del racconto[73].
    L'esperienza del sequestro si aggiunse al già consolidato contatto con la realtà e con la vita della gente sarda, e gli avrebbe ispirato diverse canzoni, scritte ancora con Bubola e raccolte in un album senza titolo, pubblicato nel 1981, comunemente conosciuto come "L'indiano" dall'immagine di copertina che raffigura un nativo americano. Il filo che lega i vari brani è il parallelismo tra il popolo dei Pellerossa e quello sardo, entrambi oppressi dai loro colonizzatori.
    Sottili, ma non velate, furono le allusioni all'esperienza del sequestro: dalla stessa ripresa della locuzione "Hotel Supramonte", alla descrizione degli improvvisati banditi cui, comunque, non intese negare note di un certo romanticismo ed una connotazione di proletariato periferico che per questo meritava, coerentemente con le sue tematiche privilegiate, una forte attenzione. Al processo, De André confermò il perdono per i suoi carcerieri, ma non per i mandanti perché persone economicamente agiate[74].

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    Frederic Remington, The Outlier. L'immagine fu scelta per la copertina dell'album conosciuto come L'indiano

    Da Creuza de ma ad Anime Salve: anni ottanta - novanta

    Nel 1980 incide il 45 giri Una storia sbagliata/Titti, i cui brani (editi per la prima volta in CD solo nel 2005), sono entrambi scritti con Bubola. Fabrizio ricorderà in un'intervista a proposito di Una storia sbagliata:


    De André in concerto nel 1980
    « Nel testo di Una storia sbagliata rievoco la tragica vicenda di Pier Paolo Pasolini. È un canzone su commissione, forse l'unica che mi è stata commissionata. Mi fu chiesta come sigla per due documentari-inchiesta sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi. »
    Nel 1982 fonda un'etichetta discografica (appoggiandosi alla Dischi Ricordi per la distribuzione): la Fado (Il nome deriva dalle iniziali del suo nome e da quelle di Dori Ghezzi), con cui pubblicherà dischi di Massimo Bubola, dei Tempi Duri e della stessa Ghezzi.
    Nel 1984 esce Creuza de mä, disco dedicato alla realtà mediterranea e per questo cantato interamente in lingua genovese, con l'importante collaborazione di Mauro Pagani, curatore delle musiche e degli arrangiamenti. Questo disco segna uno spartiacque nella carriera del cantautore: dopo questo album, Fabrizio esprime la volontà di non cantare più in italiano ma di concentrarsi esclusivamente sul genovese[75]. A partire da Creuza de mä De André si concentra in particolar modo sulle minoranze linguistiche (tema che aveva già iniziato ad affrontare con stesura di Zirichiltaggia, sei anni prima). Creuza de mä è oggi considerato di fatto una pietra angolare dell'allora nascente world music, nonché un caposaldo della musica etnica tutta. Ma Creuza de mä è anche l'album che libera De André dalle impostazioni vocali ereditate dalla tradizione degli chansonniers francesi, che gli garantisce la libertà di espressione tonale al di fuori di quei dettami stilistici che aveva assorbito da Brassens e da Brel[76].

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    De André con Francesco Guccini nel 1983
    Nel 2004, ventennale dell'uscita di Creuza de' ma', Mauro Pagani decide di rendere un sincero tributo all'amico scomparso cinque anni prima, reincidendo e cantando egli stesso l'album. Alle sette canzoni originarie del disco, Pagani aggiunge Megu Megun, un brano composto insieme a Fabrizio e inserito nell'album Le Nuvole e due pezzi inediti, "Quantas Sabedes", che non fu inserita in Creuza de' ma' perché "bruciata" dopo l'inserimento nella colonna sonora di un film ("ammenda fatta", commenta Pagani nei credit dell'album del 2004), e "Nuette", tratto da un frammento di lirica greca mai sviluppato nella sua interezza all'epoca da De André.
    Nel 1985 scrive insieme a Roberto Ferri il testo di Faccia di cane per i New Trolls, con cui partecipa come autore al Festival di Sanremo 1985, preferendo però non apparire ufficialmente come autore[77].
    Nel 1988 collabora con Ivano Fossati, cantando nella canzone Questi posti davanti al mare (contenuta nell'album La pianta del tè) insieme a Francesco De Gregori ed allo stesso Fossati.
    Inizia poi la lavorazione del suo album successivo, che viene pubblicato all'inizio del 1990: Le nuvole (1990) titolo che (come in Aristofane) allude ai potenti che oscurano il sole[14], vede nuovamente la collaborazione di Mauro Pagani per la scrittura delle musiche (e di Ivano Fossati come coautore di due testi, Mégu Megún e 'Â çímma, di Massimo Bubola per il testo di Don Raffaé e di Francesco Baccini per quello di Ottocento). Con questo album De André torna in parte al suo stile musicale più tipico, affiancandolo alle canzoni in dialetto e all'ispirazione etnica. Torna anche la critica graffiante all'attualità, in particolare ne La domenica delle salme e in Don Raffaè.

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    Il matrimonio di Dori Ghezzi e Fabrizio De André a Tempio Pausania il 7 dicembre 1989
    Fossati sarà presente, inoltre, nella realizzazione del concept album di De André, Anime salve, pubblicato nel 1996. Incentrato sul tema della solitudine, è l'ultimo album in studio del cantautore.


    Sant'Ilario (quartiere sulle alture di Genova): una crêuza de mä
    Fra il 1990 ed il 1996 collabora con vari autori, sia come autore che come cointerprete, nei rispettivi album: tra essi ricordiamo Francesco Baccini ("Genoa Blues", un appassionato brano per la loro città e la loro squadra del cuore, il Genoa, del quale De Andrè fu molto tifoso), i Tazenda, Mauro Pagani, Max Manfredi, Teresa De Sio, Ricky Gianco, i New Trolls e il figlio Cristiano De André ("Cose che dimentico") Da segnalare la collaborazione con "Li Troubaires de Coumboscuro" nell'album A toun souléi, dove De André partecipa all'incisione del brano in provenzale antico Mis amour, insieme a Clara Arneodo, la cantante solista del gruppo, e a Franco Mussida.
    Nel 1996 De André collabora con Alessandro Gennari alla scrittura del libro Un destino ridicolo, dal quale dodici anni dopo Daniele Costantini ha tratto il film Amore che vieni, amore che vai.
    Il 26 luglio 1997, Fernanda Pivano consegna a Fabrizio De André il Premio Lunezia, mettendo in imbarazzo il cantante parlando di lui come "il più grande poeta in assoluto degli ultimi cinquant'anni in Italia", "quel dolce menestrello che per primo ci ha fatto le sue proposte di pacifismo, di non violenza, di anticonformismo", aggiungendo che "sempre di più sarebbe necessario che, invece di dire che Fabrizio è il Bob Dylan italiano, si dicesse che Bob Dylan è il Fabrizio americano". Un tenero abbraccio tra i due suggellò l'evento[78].

    L' ultima polemica

    Nell'estate 1998 De André si esibisce in una nuova tournée che tocca varie località italiane. Il 14 agosto 1998, durante un concerto a Roccella Ionica (RC), pronuncia la seguente affermazione suscitando i malumori e le proteste dei tremila spettatori presenti[79][80]:
    « Se nelle regioni meridionali non ci fosse la criminalità organizzata, come mafia, 'ndrangheta e camorra, probabilmente la disoccupazione sarebbe molto più alta. Almeno il dieci per cento in più di quello attuale. »
    In seguito al clamore provocato e alle dichiarazioni di protesta e sdegno da parte di vari esponenti sindacali e politici locali e nazionali, De André prima rincara la dose e poi minimizza, cercando di correggere il tiro[79][80][81]:
    « Col cazzo che esagero. È paradossale doverlo ammettere, ma se non ci fossero le strutture organizzate criminali forse la disoccupazione arriverebbe al 25 per cento. »
    « Era una delle mie consuete provocazioni. Volevo dire che paradossalmente la criminalità organizzata diminuisce il tasso di disoccupazione. In realtà accanto alle organizzazioni criminali più vistose metto anche quelle che io chiamo le "spa / ad" cioè Società per Azioni a delinquere, cioè quelle dalle tante attività apparentemente lecite dietro alle quali si muovono affari loschi e sulle quali nessuno si è mai sognato di indagare. Ecco probabilmente senza queste arriveremmo addirittura al cinquanta per cento di disoccupazione. Insomma il sommerso e l'illecito sono da una parte il nostro dramma e dall'altra attenuano in qualche modo il problema della disoccupazione. »
    Retrospettivamente, alcuni commentatori hanno voluto benevolmente inquadrare tale uscita come l'ultimo "scandalo" suscitato da un artista che nel corso della sua carriera aveva spesso sfidato il perbenismo e le "buone maniere" di quella stessa classe borghese di cui faceva parte e che, alla sua morte, lo avrebbe osannato definendolo "Grande Poeta"[14].
    Ciò non toglie, è stato obiettato, che l'affermazione debba comunque essere tacciata di estrema pochezza - se non di totale sconsideratezza - posto che le mafie, con il controllo degli appalti e l'imposizione del pizzo alle imprese, costituiscono il freno più aggressivo alla libertà di iniziativa economica nelle regioni meridionali: per definizione, dunque, non solo non possono "dare lavoro", ma risultano anzi essere la causa principale della depressione economica del meridione[79][80][81].

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    L' addio fra la sua gente

    Nell'agosto 1998, durante la summenzionata tournée del suo ultimo album Anime salve, gli fu diagnosticato un carcinoma polmonare che lo portò a interrompere i concerti.
    La notte dell'11 gennaio 1999, alle ore 02:30, Fabrizio De André morì all'Istituto dei tumori di Milano, dove era stato ricoverato con l'aggravarsi della malattia. Aveva 58 anni.
    I suoi funerali si svolsero nella Basilica di Santa Maria Assunta in Carignano a Genova il 13 gennaio: al dolore della famiglia partecipò una folla di oltre diecimila persone, in cui trovarono posto estimatori, amici ed esponenti dello spettacolo, della politica e della cultura.
    Dopo la cremazione, avvenuta il giorno seguente alla cerimonia funebre, venne sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero di Staglieno accanto al fratello Mauro, al padre Giuseppe e alla madre Luisa Amerio.
    « Io ho avuto per la prima volta il sospetto che quel funerale, di quel tipo, con quell'emozione, con quella partecipazione di tutti non l'avrei mai avuto e a lui l'avrei detto. Gli avrei detto: «Guarda che ho avuto invidia, per la prima volta, di un funerale». »
    (Paolo Villaggio - La storia siamo noi - 4 gennaio 2007)
    « Non doveva andarsene, non doveva. È stato il più grande poeta che abbiamo mai avuto. »
    (Fernanda Pivano - 13 gennaio 1999)


    De Andrè nella memoria collettiva

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    De André in concerto nel 1982
    « De André non è stato mai di moda. E infatti la moda, effimera per definizione, passa. Le canzoni di Fabrizio restano »
    (Nicola Piovani)
    Gli estimatori di Fabrizio De André ammirano il coraggio morale e la coerenza artistica con cui egli, nella società italiana del dopoguerra, scelse di sottolineare i tratti nobili ed universali degli emarginati, affrancandoli dal "ghetto" degli indesiderabili e mettendo a confronto la loro dolorosa realtà umana con la cattiva coscienza dei loro accusatori.[82] Il cammino di Fabrizio De André ebbe inizio sulla pavimentazione sconnessa ed umida del carruggio di Via del Campo, prolungamento della famosa Via Pré, strada proibita di giorno quanto frequentata la notte. È in quel ghetto di umanità platealmente respinta e segretamente bramata che avrebbero preso corpo le sue ispirazioni; di ghetto in ghetto, dalle prostitute alle minoranze etniche, passando per diseredati, disertori, bombaroli ed un'infinità d'altre figure. Nella sua antologia di vinti, dove l'essenza delle persone conta più delle azioni e del loro passato, De André raggiunse risultati poetici che oggi gli vengono ampiamente riconosciuti[14].
    La discografia di De André è ampia, ma non vasta come quella di altri autori del suo tempo; pur tuttavia risulta memorabile per varietà ed intensità.[83] Viene ora riassunta in postume ricostruzioni filologiche, curate dalla moglie e da esperti tecnici del suono che si sono riproposti l'obiettivo di mantenere, nei nuovi supporti, le sonorità dei vecchi LP. Sino ad ora sono state realizzate due raccolte, entrambe in triplo CD, titolate In direzione ostinata e contraria e In direzione ostinata e contraria 2.

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    Il negozio-museo Gianni Tassio, in via del Campo
    Alcuni fra i maggiori cantanti e cantautori italiani, nel marzo del 2000, hanno ricordato Fabrizio De André con un concerto celebrativo, al teatro Carlo Felice di Genova, interpretando i suoi maggiori successi. Di quel concerto è stato realizzato un doppio cd, dal titolo Faber, pubblicato nel 2003, i cui proventi sono stati devoluti in beneficenza.
    La Premiata Forneria Marconi ha eseguito, e tuttora esegue concerti nei quali reinterpreta le canzoni di De André, in cui si ricorda la proficua collaborazione tra il gruppo e il cantautore.
    A Genova, in Via del Campo, dove l'intrico di viuzze si fa congestionato come in un Suq mediorientale, nel negozio di dischi di Gianni Tassio, ora acquisito dal comune di Genova[84], è esposta la chitarra con la quale, probabilmente, De André ha studiato i testi delle canzoni di "Crêuza de mä". Lo strumento, la "Chitarra Estudio" n. 097 costruita dall'artigiano spagnolo Francisco Esteve nel 1983, venne messo all'asta in favore di Emergency dalla famiglia poco tempo dopo la sua morte ed acquistato dai negozianti del capoluogo ligure, dopo una serrata lotta al rialzo con alcuni facoltosi collezionisti: i commercianti genovesi arrivarono a sborsare 168 milioni e 500 000 lire, per aggiudicarsi la chitarra di De André.
    A Sarzana in provincia della Spezia è stata dedicata una piazza al cantautore.
    Il ricavato venne utilizzato da Emergency per la costruzione dell'ospedale di Goderich, località alla periferia di Freetown, capitale della Sierra Leone, struttura sanitaria moderna ed unica in tutto il Paese, dove i pazienti vengono curati gratuitamente e dove un reparto si chiama, appunto, "Via del Campo".
    Ora il negozio di via del Campo, nei luoghi dove il cantautore avrebbe voluto trascorrere i suoi ultimi anni, si è trasformato in una sorta di museo, e chi vi passa davanti può ascoltare sommessamente le note delle sue canzoni; inoltre, vi si trovano esposte in vetrina le copertine originali di tutti i suoi dischi, ma da febbraio 2011 il negozio è chiuso.
    Su iniziativa della moglie Dori Ghezzi e di Fernanda Pivano è nata la Fondazione Fabrizio De André Onlus che si occupa di mantenere viva la memoria del cantautore. Molte sono le iniziative promosse, moltissimi i gesti di stima e di amore che tutta Italia porge ogni anno alla memoria di Fabrizio.

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    Omaggi

    Il primo omaggio "ufficiale" a De André risale al 1995. Da un'idea di Adele di Palma, per festeggiare il decimo compleanno di Crêuza de mä, viene pubblicato l'album Canti randagi in cui undici artisti appartenenti perlopiù all'ambito della musica popolare hanno tradotto e interpretato nelle rispettive lingue regionali altrettanti brani di De André.
    In occasione del concerto in memoria di De André, Roberto Vecchioni ha interpretato Hotel Supramonte che poi sarà incisa, nel 2003, nell'album Faber, amico fragile e nel 2011 in Chiamami ancora amore.
    Nel 1994 Mia Martini incide Hotel Supramonte e Fiume Sand Creek per il suo album La musica che mi gira intorno.
    Luciano Ligabue nel 2003 ha cantato "Fiume Sand Creek" in occasione del cd tributo "Faber amico fragile...Tributo a Fabrizio de Andrè"
    Nel 1999 Franco Battiato nel suo album Fleurs include reinterpretandoli i brani la canzone dell'amore perduto e Amore che vieni, amore che vai, interpretata anche durante il concerto Faber amico fragile a Genova il 12 marzo 2000.
    Nel 2000 Renato Zero nella sua trasmissione "Tutti gli zeri del mondo" ha interpretato La canzone di Marinella, incidendola poi nel CD Tutti gli zeri del mondo.
    Nel 2001 Francesco De Gregori incide "Canzone per l'estate" nel suo album Amore nel pomeriggio.
    Nel 2003 Ornella Vanoni incide Bocca di rosa per il suo album Noi, le donne noi.
    Nel 2004 gli Afterhours includono nell'EP Gioia e Rivoluzione la loro interpretazione de La canzone di Marinella.
    Nel 2005 Loredana Bertè include nel suo album Babybertè la versione live di Una storia sbagliata registrata cinque anni prima al concerto-tributo del Teatro Carlo Felice.

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    Nel 2006 i pugliesi Folkabbestia incidono la canzone di Fabrizio De André Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, includendola nel loro album 25-60-38. Breve saggio sulla canzone italiana.
    Con 2004 Crêuza de mä, rivisitazione di Crêuza de mä (con l'aggiunta di due inediti dello stesso periodo e di Mégu megún, tratto dall'album successivo Le nuvole) Mauro Pagani ha reso omaggio al collega con cui ha spesso collaborato.
    L'anno successivo Morgan ha inciso Non al denaro, non all'amore né al cielo, remake dell'omonimo album di Fabrizio De André pubblicato nel 1971; sempre nel 2006 gli rendono omaggio i Giganti, incidendo per il loro album Mettete dei fiori nei vostri cannoni Il pescatore (con Enrico Maria Papes alla voce solista).
    A dicembre del 2008 Massimo Bubola pubblica l'album Dall'altra parte del vento, in cui rivisita 11 canzoni scritte in collaborazione con il cantautore genovese.
    Nel 2009 il figlio Cristiano De André ha pubblicato l'album De André canta De André, in cui ripropone alcune canzoni del padre con nuovi arrangiamenti.
    Ad aprile 2010 la Premiata Forneria Marconi ha pubblicato A.D. 2010 - La buona novella, una rilettura con nuovi arrangiamenti e l'aggiunta di alcuni brevi intermezzi strumentali del 33 giri La buona novella del 1970.
    Patti Smith, per il nuovo album previsto per il 2010, prepara tre versioni in inglese di canzoni di De André: si tratta di Amore che vieni, amore che vai, Fiume Sand Creek e Una storia sbagliata (queste ultime due scritte con Bubola), e le traduzioni in inglese sono curate da Shel Shapiro[85]. L'ex leader dei Rokes ha già inciso nel 2007 River Sand Creek nel suo album Storie, sogni e rock'n'roll.
    Nel 2011 il cantante Al Bano include nel suo album Amanda è libera la canzone Ave Maria (tratto da La buona novella)
    Tribute band [modifica]
    Oltre agli artisti celebri, anche una lunga serie di cantanti meno conosciuti e, soprattutto, di gruppi giovanili, hanno registrato album composti principalmente o esclusivamente da canzoni di De André, spesso con risultati apprezzabili. Nelle piazze e nei teatri di città e di provincia sono centinaia le rappresentazioni che, ogni anno, vengono dedicate al musicista. Tra i più conosciuti interpreti e tribute band, ricordiamo Giorgio Cordini, i Khorakhanè, i Mercanti di Liquore, tutti comunque con una loro carriera ed un repertorio autonomi, oltre alle cover di De André.
    Premio [modifica]
    In suo ricordo è stato istituito il Premio Fabrizio De André.

    Fabrizio De Andrè e la fede

    Molti sono i brani attraverso i quali De André esprime la sua visione religiosa. Già nel suo primo album Volume I, inserisce brani come Preghiera in Gennaio, dedicato al suicidio dell'amico Luigi Tenco, Spiritual, Si chiamava Gesù. Con il concept album La buona novella (1970), poi, il cantautore dedica un'intera opera alla tematica, umanizzando i personaggi del Vangelo e degli scritti apocrifi. Riferimenti alla fede, alla religione, sono presenti direttamente o indirettamente anche in altri brani, ma risulta difficile descrivere con certezza la visione (probabilmente in continua evoluzione) del cantautore su questi temi, se non attraverso sue esplicite dichiarazioni.
    In ogni caso, l'atteggiamento tenuto da De André nei confronti dell'uso politico della religione e delle gerarchie ecclesiastiche è spesso sarcastico e fortemente critico nel contestarne i comportamenti contraddittori, come, ad esempio, nelle canzoni Un blasfemo, Il testamento di Tito, La ballata del Miché e gli ultimi versi di Bocca di rosa[14].
    « Io mi ritengo religioso e la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perché, secondo me, l'equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in ciò che ci circonda. La mia religiosità non arriva a ricercare il principio, che tu voglia chiamarlo creatore, regolatore o caos non fa differenza. Però penso che tutto quello che abbiamo intorno abbia una sua logica e questo è un pensiero al quale mi rivolgo quando sono in difficoltà, magari dandogli i nomi che ho imparato da bambino, forse perché mi manca la fantasia per cercarne altri »
    Dopo il rapimento, la visione religiosa di De André ebbe una nuova evoluzione:
    « Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità... Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.[86] »
    Qualche mese prima della sua scomparsa, nel concerto al teatro Brancaccio di Roma nel 1998, De André fece le seguenti dichiarazioni riguardo all'album La buona novella[87]:
    « Quando scrissi la Buona Novella era il 1969. Si era quindi, in piena lotta studentesca e le persone meno attente consideravano quel disco come anacronistico [...] E non avevano capito che la Buona Novella voleva essere un'allegoria: un paragone fra le istanze della rivolta del '68 e le istanze, spiritualmente più elevate ma simili da un punto di vista etico-sociale, innalzate da un signore, ben millenovecentosessantanove anni prima, contro gli abusi del potere, contro i soprusi della autorità, in nome di un egualitarismo e di una fratellanza universale. Quel signore si chiamava Gesù di Nazareth. E secondo me è stato, ed è rimasto, il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. Quando ho scritto l'album non ho voluto inoltrarmi in strade per me difficilmente percorribili, come la metafisica o addirittura la teologia. Poi ho pensato che se Dio non esistesse bisognerebbe inventarselo, il che è esattamente quello che ha fatto l'uomo da quando ha messo piede sulla terra »
    « Probabilmente ne La buona novella i personaggi del Vangelo perdono un po' di sacralizzazione; ma io credo e spero soprattutto a vantaggio di una loro migliore e maggiore umanizzazione »

    Paternità delle canzoni


    De André durante un tour nel 1982
    Lungo tutta la propria carriera De André ha collaborato, sia per la parte musicale che per la parte testuale, con altri artisti: le canzoni di cui De André è l'unico autore sia del testo che della musica sono infatti solamente otto. Complessivamente, però, i brani in cui figura come autore, non necessariamente unico, sia del testo che della musica sono 87[88].
    In casi come quello de La canzone dell'amore perduto, interamente accreditata a De André, la musica è quella di un brano del XVII secolo di Georg Philipp Telemann senza che ne venga fatta menzione nei crediti; stesso dicasi per La guerra di Piero e Si chiamava Gesù alla cui composizione ha lavorato anche Vittorio Centanaro, collaboratore di De André non iscritto alla SIAE[89] ma che risultano accreditati unicamente a De André; o ancora Il fannullone e Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, il cui testo venne scritto interamente da Paolo Villaggio[90], che però non ha firmato il deposito SIAE, e Geordie, depositata da De André a suo nome pur essendo un brano tradizionale da lui semplicemente tradotto.
    Analoghe considerazioni, a titolo esemplificativo, valgono anche per brani celeberrimi come Via del Campo, Andrea e Fiume Sand Creek: la prima, accreditata a De André, prende la musica dal brano di Enzo Jannacci La mia morosa la va alla fonte, facente parte di uno spettacolo teatrale del 1965 e che lo stesso Jannacci incluse nel 1968 nell'album Vengo anch'io. No, tu no; la seconda, accreditata a De André e Bubola, riprende il celebre motivo di chitarra collocato tra strofa e strofa dal brano O Comme Histoire d'O, composto da Pierre Bachelet e facente parte della colonna sonora del film Histoire d'O.
    Fiume Sand Creek, accreditata anch'essa a De André e Bubola, è interamente costruita sugli accordi e sulla linea di canto della parte iniziale del brano Summer '68 dei Pink Floyd.
    A tal proposito Francesco De Gregori intervistato da Roberto Cotroneo, ha dichiarato:
    « Fabrizio è stato un grande organizzatore del lavoro altrui, perché le cose che realmente ha inventato, ha scritto, sono percentualmente molto poche rispetto a quelle che lui ha preso, o firmandole o senza firmarle[91]. »
    (Francesco De Gregori)
    Presso l'archivio SIAE, De André risulta accreditato come autore o coautore di tutte le canzoni originali da lui incise, con due sole eccezioni: Le storie di ieri, scritta da Francesco De Gregori (che pure la incise quasi contemporaneamente a De André); E fu la notte con testo di Franco Franchi e musica di Carlo Cesare Stanisci e Arrigo Amadesi.


    DISCOGRAFIA

    1. 1967 - Volume I

    2. 1968 - Tutti morimmo a stento

    3. 1968 - Volume III

    4. 1970 - La buona novella

    5. 1971 - Non al denaro, non all'amore né al cielo

    6. 1973 - Storia di un impiegato

    7. 1974 - Canzoni

    8. 1975 - Volume 8

    9. 1978 - Rimini

    10. 1981 - Fabrizio De André

    11. 1984 - Crêuza de mä

    12. 1990 - Le nuvole

    13. 1996 - Anime salve


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    Edited by belias94 - 4/9/2019, 16:46
     
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    Genova: tra le case chiuse della città di De Andrè



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    A Genova, tra i vicoletti tortuosi, nelle zone del porto è affascinante camminare tra le case chiuse, alla ricerca di Bocca di Rosa, la famosa prostituta della canzone di De Andrè.

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    L’associazione Itineraliguria.it organizza percorsi narrativi alla scoperta della città di Genova. L’idea è di condurre i turisti nella storia del capoluogo della Liguria attraverso aneddoti e curiosità, in modo insolito, divertente e interessante.

    Una delle passeggiate più affascinanti porta i visitatori nel centro storico genovese, tra le case chiuse e i segreti della città, ricordando aneddoti e curiosità sulle regole imposte dalle maitresse. Una guida turistica accompagna i genovesi tra i vicoli, alla ricerca dei vecchi postriboli.

    Via-Garibaldi-Genova



    Il tour tra le case chiuse inizia in via Garibaldi, prosegue in vico Lepre, vico Castagna, per raggiungere Piccapietra, dove, in via Cebà, si trovava la Suprema, un bordello extralusso.

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