Venti Poesie d'Amore e una Canzone disperata...Pablo Neruda

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    Juventina nel sangue!!!

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    --------------------------------------------------------------------------------
    Nel mio cielo al crepuscolo sei come una nube
    e il tuo colore e la tua forma sono come li voglio.
    Sei mia, sei mia, donna dalle dolci labbra,
    e nella tua vita vivono i miei sogni infiniti.
    La lampada della mia anima ti fa arrossare i piedi,
    il mio aspro vino è più dolce sulle tue labbra:
    oh mietitrice del mio canto serale,
    quanto ti sentono mia i miei sogni solitari!

    Sei mia, sei mia, vado gridando nella brezza
    della sera, e il vento travolge la mia voce vedova.
    Cacciatrice del fondo dei miei occhi, il tuo bottino
    ristagna come l'acqua il tuo sguardo notturno.

    Nella rete della mia musica dei prigioniera, amore mio,
    e le mie reti di musica sono grandi come il cielo.
    La mia anima nasce sulla sponda dei tuoi occhi di lutto.
    Nei tuoi occhi di lutto inizia il paese del sogno.


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    Pensando, intrecciando ombre nella solitudine profonda.
    Persino tu sei lontana, oh, più lontana di tutti.
    Pensando, liberando uccelli, dileguando immagini,
    sotterrando lampade.
    Campanili di nebbie, così distante, lassù in alto!
    Soffocando lamenti, macinando oscure speranze,
    silenzioso mugnaio,
    la notte cade bocconi ai tuoi piedi, lontano dalla città.
    La tua presenza mi è estranea, curiosa come quella di un oggetto.
    Penso, cammino a lungo, la mia vita prima di te.
    La mia vita prima di tutti, la mia ruvida vita.
    Il grido di fronte al mare, tra le pietre,
    che corre libero, folle, nel vapore del mare.
    La furia triste, il grido, la solitudine del mare.
    Straripante, violento, teso verso il cielo.

    Tu, donna, che cos'eri lì, quale piega, quale stecca
    di quell'immenso ventaglio? Eri lontana come ora.
    Incendio nel bosco! Arde in croci azzurrine.
    Arde, arde, infiamma, sfavilla in alberi di luce.
    Crolla, crepita. Incendio. Incendio.
    E la mia anima balla ferita da trucioli infuocati.
    Chi chiama? Quale silenzio popolato di echi?
    Ora della nostalgia, ora della gioia, ora della solitudine,
    ora mia tra tutte!
    Conchiglia in cui il vento passa cantando.
    Tanta passione di pianto avvinghiata al mio corpo.

    Sussulto di tutte le radici,
    assalto di tutte le onde!
    Girava, allegra, triste, interminabile, la mia anima.

    Pensando, sotterrando lampade nella solitudine profonda.
    Chi sei tu, chi sei?


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    Qui ti amo.
    Tra i pini scuri si srotola il vento.
    Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
    Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
    Si dirada la nebbia in figure danzanti.
    Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
    A volte una vela. Alte, alte stelle.

    O la croce nera di una nave.
    Solo.
    A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida.
    Suona, risuona il mare lontano.
    Questo è un porto.
    Qui io ti amo.

    Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta.
    Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde.
    A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi,
    che corrono sul mare dove non arriveranno.
    Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.

    Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera.
    Si stanca la mia vita inutilmente affamata.
    Amo quel che non ho. Tu sei così distante.
    La mia noia lotta con lenti crepuscoli.
    Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi.
    La luna proietta la sua pellicola di sogno.

    Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi.
    E poiché io ti amo, i pini nel vento
    vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche.


    --------------------------------------------------------------------------------
    Bimba bruna e flessuosa, il sole che fa la frutta,
    quello che riempie il grano, quello che piega le alghe,
    ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi
    e la tua bocca che ha il sorriso dell'acqua.
    Un sole nero e ansioso si attorciglia alle matasse
    della tua nera chioma, quando allunghi le braccia.
    Tu giochi con il sole come un ruscello
    e lui ti lascia negli occhi due piccoli stagni scuri.

    Bimba bruna e flessuosa, nulla mi avvicina a te.
    Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno.
    Sei la delirante gioventù dell'ape,
    l'ebbrezza dell'onda, la forza della spiga.

    Eppure il mio cuore cupo ti cerca,
    e amo il tuo corpo allegro, la tua voce disinvolta e sottile.
    Farfalla bruna dolce e definitiva
    come il campo di grano e il sole, il papavero e l'acqua.


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    Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
    Scrivere, per esempio: «La notte è stellata, e tremano, azzurri, gli astri, in lontananza.»

    Il vento della notte gira nel cielo e canta.

    Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
    Io l'ho amata e a volte anche lei mi amava.

    In notti come questa l'ho tenuta tra le braccia.
    L'ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.

    Lei mi ha amato e a volte anch'io l'amavo.
    Come non amare i suoi grandi occhi fissi.

    Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
    Pensare che non l'ho più. Sentire che l'ho persa.

    Sentire la notte immensa, ancor più immensa senza lei.
    E il verso scende sull'anima come la rugiada sul prato.

    Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla.
    La notte è stellata e lei non è con me.

    Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
    La mia anima non si rassegna d'averla persa.

    Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
    Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.

    La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.
    Noi, quelli d'allora, già non siamo gli stessi.

    Io non l'amo più, è vero, ma quanto l'ho amata.
    La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.

    D'un altro. Sarà d'un altro. Come prima dei miei baci.
    La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.

    Ormai non l'amo più, è vero, ma forse l'amo ancora.
    È così breve l'amore e così lungo l'oblio.

    E siccome in notti come questa l'ho tenuta tra le braccia,
    la mia anima non si rassegna d'averla persa.
    Benché questo sia l'ultimo dolore che lei mi causa,
    e questi gli ultimi versi che io le scrivo.


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    Emerge il tuo ricordo dalla notte in cui sono.
    Il fiume congiunge al mare il suo lamento ostinato.
    Abbandonato come le banchine all'alba.
    È l'ora di partire, oh abbandonato!

    Piovono sul mio cuore fredde corolle.
    Oh sentina di macerie, feroce covo di naufraghi!

    In te si accumularono le guerre e i voli.
    Da te spiegarono le ali gli uccelli del canto.

    Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
    Come il mare, come il tempo. Tutto in te fu naufragio!

    Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
    L'ora dello stupore che splendeva come un faro.

    Ansia di timoniere, furia di palombaro cieco,
    torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!

    Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
    Esploratore perduto, tutto in te fu naufragio!

    Ti cingesti al dolore, ti aggrappasti al desiderio,
    ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!

    Feci indietreggiare la muraglia d'ombra,
    andai oltre il desiderio e l'atto.

    Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
    te, in questa ora umida, evoco e canto.

    Come un bicchiere ospitasti l'infinita tenerezza,
    e l'infinito oblio ti frantumò come un bicchiere.
    Era la nera, nera solitudine delle isole,
    e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.

    Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
    Era il dolore e la rovina, e tu fosti il miracolo.

    Oh donna, non so come hai potuto contenermi
    nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!

    Il mio desiderio di te fu il più terribile e breve,
    i più inquieto ed ebbro, il più avido e teso.

    Cimitero di baci, c'è ancora fuoco sulle tue tombe,
    ancora bruciano i grappoli sbecchettati dagli uccelli.

    Oh la bocca mordicchiata, le membra baciate,
    oh i denti famelici, oh i corpi intrecciati.

    Oh l'amplesso folle di speranza e vigore
    in cui ci congiungevamo e ci disperavamo.

    E la tenerezza, lieve come acqua e farina.
    E la parola appena iniziata sulle labbra.

    Quello fu il mio destino e con esso viaggiò il mio desiderio,
    con esso crollò il mio desiderio, tutto in te fu naufragio!

    Oh sentina di macerie, in te tutto crollava,
    quale dolore non esprimesti, quale onde non ti affogarono.

    Di caduta in caduta, ancora fiammeggiasti e cantasti.
    In piedi come un marinaio a prua della nave.

    Ancora fioristi in canti, ancora straripasti in correnti.
    Oh sentina di macerie, posso aperto e amaro.

    Pallido palombaro, tutto in te fu naufragio!

    È l'ora di partire, l'ora fredda e dura
    che la notte ferma su ogni orologio.

    Il cinturone rumoroso del mare cinge la costa.
    Sorgono fredde stelle, migrano uccelli neri.

    Abbandonato come le banchine all'alba.
    Solo l'ombra tremante mi si ritorce tra le mani.

    Ah più in là di qualsiasi cosa. Ah ben più in là.
    È l'ora di partire. Oh abbandonato!


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