I Riti della Settimana Santa

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    I Riti della settimana santa



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    Penitenti della confraternita Virgen del Rosario a Malaga, in Spagna (Ap)


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    Penitenti della confraternita di Baratillo, a Siviglia (Epa)



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    Penitenti della confraternita Fusionadas a Malaga (Reuters)



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    Penitenti della confraternita Gitanos a Malaga (Reuters)



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    Penitenti della confraternita di Crucifixion a Malaga (Reuters)



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    Penitenti della confraternita di Baratillo, a Siviglia (Epa)




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    Penitenti della confraternita El Rico a Malaga (Reuters)




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    Penitenti della confraternita di San Bernardo a Siviglia (Afp)




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    Penitenti della confraternita di El Cerro a Siviglia (Afp)





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    Penitenti della confraternita di San Gonzalo a Siviglia (Reuters)





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    Penitenti della confraternita di La Paz a Siviglia (Ap)





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    Penitenti della confraternita di La Paz a Siviglia (Reuters)





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    Processione a La Laguna, sull'isola di Tenerife (Reuters)




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    Penitenti della confraternita di Stmo. Cristo de las Injurias a Zamora (Ap)





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    Penitenti della confraternita di Stmo. Cristo de las Injurias a Zamora (Ap)





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    Processione a Taranto (Ingenito)








     
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    La Settimana Santa


    La Settimana Santa è la settimana nella quale il Cristianesimo celebra gli eventi di fede correlati agli ultimi giorni di Gesù, comprendenti in particolare la sua passione, morte e resurrezione.

    In tutto il mondo, i cattolici chiamano Settimana Santa il periodo, da Domenica delle Palme al Sabato Santo, che precede la Pasqua, cioè la domenica in cui si ricorda la Resurrezione dai morti di Gesù Cristo. La Pasqua è la massima solennità della fede cristiana e ogni anno si celebra la prima domenica di luna nuova di Primavera (tra fine Marzo e Aprile).

    I riti religiosi della settimana santa, sono celebrati con solennità in tutte le chiese del mondo cristiano.


    Domenica delle Palme


    Nel calendario liturgico cattolico la Domenica delle Palme è celebrata la domenica precedente alla festività della Pasqua. Con essa ha inizio la settimana santa ma non termina la Quaresima, che finirà solo con la celebrazione dell'ora nona del giovedì santo, giorno in cui, con la celebrazione vespertina si darà inizio al Sacro Triduo Pasquale.

    Nella forma ordinaria del rito romano essa è detta anche domenica De Passione Domini (della Passione del Signore). Nella forma straordinaria la domenica di Passione si celebra una settimana prima, perciò la Domenica delle Palme è detta anche Seconda Domenica di Passione.

    Questa festività è osservata non solo dai Cattolici, ma anche dagli Ortodossi e dai Protestanti.

    In questo giorno la Chiesa ricorda il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella ad un asino, osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (cfr. Gv 12,12-15). La folla, radunata dalle voci dell'arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente gli rendevano onore.


    Celebrazione liturgica

    In ricordo di questo, la liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo al di fuori della chiesa dove si radunano i fedeli e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma che sono portati dai fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui giunti continua la celebrazione della Messa con la lunga lettura della Passione di Gesù. Il racconto della Passione viene letto da tre persone che rivestono la parte di Cristo (letta dal sacerdote), dello storico e del popolo o turba. In questa Domenica il sacerdote, al contrario di tutte le altre di Quaresima (tranne la 4^ in cui può indossare paramenti rosa) è vestito di rosso.


    Tradizioni

    Generalmente i fedeli portano a casa i rametti di ulivo e di palma benedetti, per conservarli quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. In alcune regioni, si usa che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.

    In molte zone d'Italia, con le foglie di palma intrecciate vengono realizzate piccole e grandi confezioni addobbate (come i parmureli di Bordighera e Sanremo in Liguria), che vengono regalate o scambiate fra i fedeli in segno di pace.

    Nel vangelo di Giovanni: 12,12-15, si narra che la popolazione abbia usato solo rami di palma che, a detta di molti commentari, sono simbolo di trionfo, acclamazione e regalità. Sembra che i rami di ulivo siano stati introdotti nella tradizione popolare, a causa della scarsità di piante di palma presenti, specialmente in Italia. Ad ogni modo un'antica antifona gregoriana canta: «Pueri Hebraeorum portantes ramos olivarum obviaverunt Domino» ("Giovani ebrei andarono incontro al Signore portando rami d'ulivo").

    Nelle zone in cui non cresce l'ulivo (come l'Europa settentrionale), i rametti sono sostituiti da fiori e foglie intrecciate.

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    Celebrazione della Domenica delle Palme presso una chiesa ortodossa di Biškek in Kirghizistan; le palme e gli olivi sono sostituiti da rami fioriti



    Cenni storici

    Si hanno notizie della benedizione delle palme a partire del VII secolo in concomitanza con la crescente importanza data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu introdotta nella liturgia della Siria e dell'Egitto.

    In Occidente questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali, infatti, il battesimo era amministrato a Pasqua; e all'inizio solenne della Settimana Santa, quindi benedizione e processione delle palme entrarono in uso molto più tardi: dapprima in Gallia (secolo VII-VIII) dove Teodulfo d'Orléans compose l'inno “Gloria, laus et honor” e poi a Roma dalla fine dell'XI secolo.

    Dal 1985, nella Domenica delle Palme i cattolici celebrano anche la "Giornata Mondiale della Gioventù".


    Lunedì, martedì e mercoledì santo


    Il lunedì, martedì e mercoledì santo la Chiesa contempla in particolare il tradimento di Giuda per trenta denari. La prima lettura della Messa presenta i primi tre canti del Servo del Signore che si trovano nel libro del profeta Isaia (42,1-9; 49,1-6; 50,4-11).


    Triduo Pasquale


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    L.F. Schnorr von Carolsfeld, Le tre Marie alla tomba di Cristo, c. 1835.


    Il Triduo pasquale è il tempo centrale dell'anno liturgico del rito romano di forma ordinaria. Esso celebra gli eventi del Mistero pasquale di Gesù Cristo, ossia l'istituzione dell'Eucarestia, del sacerdozio ministeriale e del comandamento dell'amore fraterno, e la passione, morte, discesa agli inferi, la resurrezione e l'apparizione ai discepoli di Emmaus.

    Nei testi liturgici sono quattro le sue denominazioni per esteso:

    Santissimo Triduo del Cristo crocifisso, sepolto e risorto;
    Sacro Triduo pasquale della Passione e Risurrezione del Signore;
    Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto;
    Triduo pasquale della Passione e Risurrezione del Signore.

    Comunemente viene chiamato anche Triduo santo o Triduo sacro: a volte nell'uso di queste due espressioni esiste anche l'abitudine di premettere l'aggettivo al sostantivo. Più semplicemente, quando non vi è possibilità di fraintendimenti si fa riferimento, come nel resto della presente voce, al Triduo pasquale con la sola parola Triduo, che significa tres dies ossia tre giorni, anche se la detta parola, intesa in senso assoluto, è inadatta ad indicare il triduo pasquale perché troppo generica.


    Collocazione del Triduo

    Il Triduo si trova collocato tra la Quaresima e il Tempo pasquale: si tratta di tre tempi liturgici distinti, per cui il Triduo pasquale non fa parte né della Quaresima né del Tempo pasquale.

    Nonostante la chiara distinzione liturgica, i tre tempi sono tematicamente congiunti poiché la Quaresima è la preparazione al Triduo, ed il Tempo pasquale è l'esplicazione dei misteri celebrati nel Triduo.

    Nell'ultima partizione della Quaresima, ossia il periodo liturgico di Passione, si innesta la celebrazione della Settimana santa che si conclude contestualmente alla conclusione del sabato santo, ossia nell'ambito del Triduo. La Settimana Santa è, quindi, una temporalità tematica che viene meglio definita quale unità liturgica a motivo del suo inizio nel tempo liturgico della quaresima e della sua fine nel tempo liturgico del triduo.

    La Quaresima cessa prima che inizi il Triduo e tale passaggio avviene nell'ambito dello stesso giorno liturgico del giovedì santo.

    Il Triduo, invece, cessa dopo che è iniziato il tempo pasquale e tale passaggio avviene nell'ambito dello stesso giorno liturgico della domenica di Pasqua che, quindi, è l'unico giorno liturgico che fa parte quasi contestualmente di due tempi liturgici: in parte del triduo, e per intero del tempo pasquale.


    Composizione del Triduo

    Allo stato delle norme liturgiche, il Triduo ha una durata temporale equivalente a tre giorni ma esso non corrisponde esattamente a tre giorni poiché si dispiega in quattro giorni solennissimi, ossia:

    nel giovedì Santo;
    nel venerdì della Passione del Signore detto anche e più comunemente venerdì Santo, in cui ricorre la Giornata per i Luoghi Santi conosciuta anche con la denominazione di Giornata mondiale per la Terra Santa;
    nel sabato Santo, e
    nella domenica di Pasqua.

    Di questi quattro giorni, in realtà, solo il venerdì ed il sabato santi fanno parte interamente del triduo in quanto il giovedì santo e la domenica di Pasqua non ne fanno parte interamente: precisamente, il Triduo ha inizio con la Celebrazione vespertina del giovedì Santo e si conclude con la celebrazione vespertina della domenica di Pasqua comprese. Da ciò si evince che la durata temporale effettiva del triduo corrisponde all'incirca a 72 ore, ossia l'equivalente orario di tre giorni: non ostante si dispieghi in quattro giorni, questo tempo liturgico continua ad essere chiamato correttamente con un nome che fa riferimento alla sua durata, ossia tre giorni.

    La ragione per cui questo tempo liturgico venne chiamato Triduo risiede, però, nel diverso computo del giorno come effettuato dai cristiani dei primi secoli in continuazione della tradizione biblica per la quale il giorno veniva computato non dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva ma dal calar del sole al successivo calar del sole, ossia dal momento vespertino al successivo momento vespertino: in quest'ottica il triduo corrispondeva esattamente a tre giorni anche se la durata dello stesso era identica sia complessiavamente sia nei termini di inizio e fine con quella del triduo attuale per cui, essendo stata la durata del triduo sempre la stessa, è cambiato solo il modo di computare l'inizio e la fine del giorno, e tale cambio di computo ha fatto si che il triduo un tempo corrispondesse a tre giorni mentre ora si dispiega in quattro giorni.


    Celebrazioni

    Le celebrazioni principali del Triduo sono:

    la Celebrazione Vespertina del Giovedì Santo che normalmente consiste nella Messa vespertina nella Cena del Signore o, eccezionalmente e solo per coloro che non partecipano alla detta Messa, nella recita dei Vespri del Giovedì Santo;

    la Celebrazione della Passione del Signore del Venerdì Santo che solo da coloro che non vi partecipano è sostituita con la celebrazione dei Vespri del Venerdì Santo;

    la Veglia Pasquale, centro del Triduo, officiata nella sera e/o notte tra il sabato e la Domenica di Pasqua, e che sostituisce la Compieta del sabato Santo e tiene il posto dell'Ufficio delle Letture della domenica di Pasqua, fermo restando che la Compieta ed l'Ufficio delle Letture vengono separatamente recitati solo da coloro che non partecipano alla Veglia;

    la Celebrazione delle Lodi nella Domenica di Pasqua;

    la Messa del giorno della Domenica di Pasqua, e

    la Celebrazione Vespertina della Domenica di Pasqua, che consiste o nella sola celebrazione della Messa Vespertina, o nella sola celebrazione dei Vespri, o nella celebrazione di entrambe le azioni liturgiche sia in forma separata che unita.

    Di queste celebrazioni, le prime tre sono le celebrazioni peculiari del triduo: la Chiesa cattolica desidera ardentemente che i fedeli partecipino, se possono, sia alle celebrazioni peculiari poiché esse sono il nucleo più profondo della liturgia della Chiesa e perciò sono più importanti delle altre devozioni che pure si accompagnano alla liturgia in questi giorni come le processioni e le Via Crucis, sia alle altre celebrazioni principali in ragione dell'obbligo celebrativo per le lodi, del precetto per la messa di Pasqua, che è anche soddisfatto dalla partecipazione alla Veglia pasquale, e dell'importanza pastorale della celebrazione vespertina di Pasqua.

    Caratteristica delle celebrazioni peculiari è che sono organizzate come se fossero un'unica celebrazione liturgica: infatti la Messa in Cena Domini non termina con il saluto, la benedizione ed il congedo, bensì in silenzio; l'azione liturgica del venerdì non comincia con il Segno della Croce ed il saluto ma in silenzio e termina anch'essa senza saluto, con la benedizione invocata ma non impartita e senza congedo e in silenzio; infine la solenne veglia pasquale comincia in silenzio, cui segue il saluto preceduto o meno dal segno di croce e termina finalmente con il saluto, la benedizione ed il congedo finali.

    Dal Gloria della messa del giovedì a quello della Veglia, esclusi, le campane devono stare in liturgico silenzio; anticamente anche gli strumenti musicali dovevano tacere in questo spazio temporale per meglio esprimere il senso penitenziale proprio di questi giorni; per questo molte composizioni di autori antichi per il venerdì Santo furono scritte per solo coro. Oggi tuttavia è permesso l'uso degli strumenti musicali durante tale spazio temporale anche se solo per sostenere il canto.

    Nelle chiese non parrocchiali possono essere officiate le celebrazioni liturgiche del Triduo purché le stesse siano limitate ai soli casi di necessità riconosciuti dall'Ordinario in modo che i Presbiteri possano porsi a servizio della comunità parrocchiale per qualunque esigenza pastorale come, a solo titolo esemplificativo, la concelebrazione delle azioni liturgiche o l'amministrazione del Sacramento della Riconciliazione. Se nelle Chiese non parrocchiali, limitrofe alla Cattedrale, viene officiata qualche celebrazione liturgica principale del Triduo, ciò avvenga non negli stessi orari in cui celebra il Vescovo.

    Nel Triduo sono proibite tutte le Messe dei defunti, comprese le esequiali: in realtà la proibizione si estende anche alle intere giornate del giovedì Santo e della domenica di Resurrezione. Eventuali esequie si celebrano senza solennità, mediante le apposite forme rituali che non prevedono la liturgia eucaristica, ed in orario separato dalle azioni liturgiche proprie di questi giorni, specialmente quelle del Triduo.


    Precetti

    Il 1º precetto generale della Chiesa esige solo la partecipazione alla intera Veglia pasquale o/e alla messa della domenica di Risurrezione.

    Il 2º precetto generale della Chiesa viene particolarmente raccomandato dalla Chiesa cattolica, perché sia soddisfatto nei giorni del Triduo Pasquale da quei fedeli che non l'hanno ancora compiuto negli ultimi giorni di Quaresima e specialmente negli primi giorni della Settimana Santa, non in ragione del dettato del precetto ma in previsione della ricezione eucaristica specie se in applicazione del 3º precetto generale della Chiesa il quale garantisce "un minimo in ordine alla recezione del Corpo e del Sangue del Signore in collegamento con le feste pasquali, origine e centro della Liturgia cristiana".

    In ottemperanza del 4º precetto generale della Chiesa il venerdì Santo è richiesto a tutti i fedeli con più di 14 anni l'astinenza dalle carni, e ai fedeli tra i 18 e i 60 anni il digiuno pasquale che la Chiesa cattolica considera degno di lode protrarre anche al sabato Santo, fino alla Veglia Pasquale, pur non facendone un obbligo per i fedeli.

    In ottemperanza del 5º precetto generale della Chiesa i fedeli sono invitati a contribuire per i poveri il giovedì Santo e per i Luoghi santi il venerdì Santo.


    Giovedì Santo


    Con la denominazione di giovedì santo nella quasi totalità delle confessioni cristiane si indica il giovedì precedente la Domenica di Pasqua. Tale giovedì:

    nell'Anno liturgico romano della Chiesa cattolica è inoltre denominato sia Giovedì della Cena del Signore nell'ambito della forma ordinaria, sia Feria Quinta in Cena Domini nell'ambito della forma straordinaria,

    e nella Chiesa ortodossa viene indicato con la denominazione di Santo e Grande Giovedì.

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    Nomi nelle varie lingue

    La nozione del giovedì santo ha anche un uso civile tantocchè in Danimarca e in Norvegia è una ricorrenza cristiana civilmente riconosciuta: una situazione simile si verifica in Spagna dove però civilmente è una festività parziale. Per tutte queste ragioni la nozione di giovedì santo è presente in varie lingue, in alcune delle quali mantiene una denominazione corrispondente a giovedì santo mentre in altre la denominazione non è corrispondente.

    Il giovedì santo è una ricorrenza mobile in quanto collegata con la Domenica di Pasqua, per cui la data varia di anno in anno anche se cade sempre nei mesi di marzo o di aprile. Normalmente la Domenica di Pasqua non cade nella stessa data per tutte le confessioni cristiane, per cui normalmente anche il giovedì santo non cade nella stessa data per tutte le confessioni cristiane. Siccome, in ordine alla data della Pasqua e quindi del giovedì santo, le confessioni cristiane più numerose sono solite essere divise in due gruppi, nei due elenchi seguenti si fa riferimento alla confessione cristiana più rappresentativa del proprio gruppo, ossia la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa:


    Nella Chiesa cattolica

    Nel giovedì santo si ricorda sia l'istituzione dell'Eucarestia e del ministero dell'sacerdozio sia la consegna ai discepoli del comandamento dell'amore (Gv 13,34). Per queste ragioni nel giovedì santo viene celebrata la Giornata sacerdotale.

    Il giovedì santo è caratterizzato soprattutto dalla messa del Crisma e dalla messa nella Cena del Signore: in questo giorno non si può celebrare la Messa secondo altri formulari. La santa Comunione può essere distribuita solo nella Messa, crismale o in Cena Domini: agli infermi può essere distribuita in qualunque ora del giorno.

    Nella forma ordinaria, questo giorno è diviso tra il tempo di Quaresima ed il tempo del Triduo Pasquale: questo giorno è sia l'ultimo giorno di Quaresima sia il primo giorno del Triduo Pasquale ma in modo tale che i due tempi non si sovrappongano, infatti, la Quaresima termina prima che inizi la messa in Cena Domini con il cui inizio comincia contestualmene il Triduo Pasquale.

    Nella forma straordinaria, questo giorno è per intero sia il terzultimo giorno di Quaresima sia il primo giorno del triduo sacro.

    La Messa in Cena Domini è seguita dall'adorazione del Santissimo Sacramento deposto all'Altare della reposizione.


    Messa nella Cena del Signore

    La Messa nella Cena del Signore (anche con diverse grafie: Messa in Cena Domini, Missa in Cena Domini, Messa in Coena Domini) , è la seconda celebrazione liturgica del tardo pomeriggio o della sera del Giovedì Santo, che nella forma ordinaria del rito romano della Chiesa cattolica inaugura il Triduo pasquale dandogli solenne inizio.

    In essa si ricorda l'Ultima Cena del Signore con i suoi discepoli, consumata prima della sua passione nella quale consegnò ai discepoli il Comandamento dell'amore ("Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi", Gv 13,34), dopo aver lavato loro i piedi.

    Secondo la dottrina cattolica, Gesù istituì i sacramenti dell'Eucaristia e dell'Ordine sacro.

    In memoria di quest'ultimo gesto, la liturgia prevede il rito della Lavanda dei piedi ripetendo quello che Gesù stesso fece dopo l'Ultima Cena.

    La liturgia comincia, come tutte le messe, con il saluto iniziale e l'Atto penitenziale; può però essere preceduta dalla presentazione degli olii (Crisma, Olio dei catecumeni e Olio degli infermi), benedetti la mattina dal vescovo durante la messa crismale, mediante una breve processione fino all'altare, dove vengono appoggiati ed incensati. Al Gloria si suonano le campane a festa, secondo gli usi locali, in tutte le Chiese: dopodiché vengono "legate" le campane e non vengono più suonate fino al Gloria della Veglia pasquale, nella notte fra il Sabato santo e il giorno di Pasqua, per sottolineare con il silenzio l'attesa della gioia pasquale, quando le campane stesse risuonano a festa. Per tradizione, anche l'organo rimaneva in silenzio dalla fine del Gloria della Messa in Cena Domini fino al Gloria della Veglia pasquale; il Messale post-riforma liturgica però consente di usare l'organo in questo periodo, anche se soltanto per sostenere il canto.

    La liturgia della Parola consta dei seguenti testi:

    prima lettura dal Libro dell'Esodo (Es 12,1-8.11-14)
    salmo responsoriale (Sal 115)
    seconda lettura dalla Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo apostolo (1Cor 11,23-26)
    brano evangelico dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)

    Dopo la liturgia della Parola si compie il gesto della Lavanda dei piedi; il celebrante, tolte le vesti liturgiche (esclusa la stola) e indossa il Gremiale, comincia a lavare i piedi di dodici persone scelte (che raffigurano i dodici apostoli); durante questo momento si soleva cantare l'inno Ubi Caritas, ma il messale di Paolo VI ha spostato tale canto all'offertorio.

    Come Preghiera eucaristica si recita tradizionalmente il Canone Romano, che contiene diverse parti proprie di questa messa. Le Preghiere eucaristiche II e III sono tuttavia possibili.

    La comunione si può amministrare sotto le due specie.

    Dopo la Comunione, la pisside, contenente ostie consacrate, non viene riposta, ma rimane esposta sull'altare per una breve adorazione; quindi, accompagnata dalle prime quattro strofe dell'inno Pange lingua, comincia una processione eucaristica fino all'Altare della reposizione, il luogo della reposizione del Santissimo Sacramento, (dove vengono intonate le ultime due strofe, cioè il Tantum ergo). Quindi l'assemblea si scioglie in silenzio, senza benedizione o segno di croce. In alcuni luoghi, da quel momento si prolunga l'adorazione per tutta la notte, fino al giorno seguente.

    Fino alla veglia pasquale non si celebra più l'eucaristia. Il Venerdì Santo infatti non ha luogo la messa ma l'azione liturgica nella Passione del Signore, che non contempla la consacrazione, ma soltanto la comunione con le particole consacrate nella messa in Cena Domini.


    Nella Chiesa ortodossa

    Nella Chiesa ortodossa viene ricordata l'ultima Cena, detta anche Mistica Cena.


    Rievocazioni

    Tra le rievocazioni del giovedì santo, è segnalata quella de Lu Giuviddì Sande che si svolge a Cellino Attanasio in provincia di Teramo.

    Molto particolare e pieno di folkolore, passione e tradizione è il giovedì santo della Settimana Santa di Ispica in provincia di Ragusa


    Venerdì Santo


    Il Venerdì Santo è il venerdì che precede la Pasqua cristiana.

    In questo giorno i cristiani commemorano la Passione e la Crocifissione di Gesù Cristo. Questa ricorrenza viene osservata con speciali pratiche e riti dai fedeli di molte confessioni cristiane.

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    La data del Venerdì Santo è mobile in quanto collegata con la data della Pasqua. Essendo la Pasqua celebrata in giorni diversi nella Chiesa cattolica e nella Chiesa ortodossa, anche la data del Venerdì Santo non coincide nelle varie tradizioni ecclesiastiche. In certe Nazioni, come la Germania e la Svizzera (ad eccezione del Ticino e Vallese) questo giorno è considerato festivo.


    Nel cattolicesimo

    Per la Chiesa cattolica, il Venerdì Santo è il giorno della morte di Gesù Cristo, primo giorno del Triduo Pasquale:i giorni si contano da sera a sera-GIOVEDI SANTO - VENERDI SANTO;primo giorno..... Come nel Mercoledì delle Ceneri, i fedeli dai 14 anni di età sono invitati all'astinenza dalla carne (sono ammessi uova e latticini), e quelli dai 18 ai 60 anni al digiuno ecclesiastico, che consiste nel consumare un solo pasto (pranzo o cena) durante la giornata (è ammessa, oltre a questo, una piccola refezione).

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    Cristo morto di autore ignoto del 1850, si porta in processione il Venerdì Santo a Catenanuova (EN)



    Il digiuno si compie in segno di penitenza per i peccati che Gesù è venuto a espiare nella Passione, ed assume inoltre il significato mistico di attesa dello Sposo, secondo le parole di Gesù (Mt 9,15); lo Sposo della Chiesa, cioè Cristo, viene tolto dal mondo a causa del peccato degli uomini, ma i cristiani sono invitati a preparare con il digiuno l'evento gioioso del suo ritorno e della liberazione dalla morte; questo evento si attua non solo nel memoriale della sua resurrezione, la domenica di Pasqua, ma anche nella continua venuta del Signore nel cuore dei fedeli che sono pronti ad accoglierlo e a morire con lui al peccato per risorgere ad una vita nuova, e infine nell'ultima venuta di Gesù nella gloria alla fine dei tempi.

    Non si celebra l'Eucaristia: infatti durante la celebrazione liturgica pomeridiana del Venerdì santo si distribuisce l'eucaristia consacrata il giorno precedente, il Giovedì Santo (Celebrazione In Coena Domini), in cui si ricorda l'ultima cena del Signore con i discepoli e il tradimento di Giuda. La liturgia inizia nel silenzio, come si era chiusa quella del giorno precedente e come si apre quella della veglia di pasqua nella notte del sabato santo, quasi a sottolineare come il triduo pasquale sia un'unica celebrazione per i Cristiani.

    La liturgia è incentrata sulla narrazione delle ultime ore della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sull'adorazione della croce, molto importante, in questo giorno. La croce non è un semplice strumento di tortura, ma è segno dell'amore che Dio nutre verso gli uomini. Con la croce Dio riporta la vita vera nel mondo, con la croce Dio insegna all'uomo ad amare. I cristiani in questo giorno sono invitati ad adorare la croce di Cristo e a non rassegnarsi dinanzi le croci di ogni giorno, perché solo morendo si risuscita a vita eterna.

    Da alcuni anni in questo giorno si celebra in modo "solenne" anche la Via Crucis.


    Le campane il Venerdì Santo

    Il venerdì santo le campane non suonano; occorre però precisare da quale momento, in quanto si riscontrano tradizioni differenti a seconda dei diversi riti cattolici, in particolare:

    nel rito romano:

    Il venerdi santo le campane, che tradizionalmente richiamano i fedeli alla celebrazione dell'Eucaristia, non suonano in segno di lutto. Esse suonano per l'ultima volta la sera del giovedì santo, e precisamente al canto del gloria della S. Messa, per poi tornare a suonare a festa durante la Veglia Pasquale, sempre al canto del gloria, come segno dell'annuncio dei Cristiani della resurrezione del Signore.

    nel rito ambrosiano

    Le campane suonano sino all'annuncio della morte del Signore: le ore 3 del pomeriggio del Venerdì santo. Dopodiché tacciono fino alla veglia pasquale.

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    Liturgia dei Presantificati nella Chiesa di Nostra Signora di Lourdes a Filadelfia



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    Processione devozionale di Venerdì Santo a Barletta



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    La Processione dei Misteri di Trapani



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    Licodia Eubea, l'antica tradizione della crocifissione sul monte Calvario per la sera del venerdì santo, uno dei momenti più sentiti dell'antica settimana santa di Licodia.



    La liturgia della Chiesa cattolica, secondo la forma ordinaria del rito romano, prevede l'Azione liturgica della Passione del Signore, detta (In Passione Domini), detta anche Liturgia dei Presantificati, che si articola in tre parti:

    la Liturgia della parola, composta di numerose letture e dalla solenne preghiera universale,
    l'Adorazione della Santa Croce;
    la santa comunione con i presantificati.

    La Liturgia dei Presantificati ha origini molto antiche (VII secolo) ed è presente anche nel rito bizantino, come una delle quattro tipologie di Divina Liturgia.

    Solitamente, poi, in ogni parrocchia si effettua la Via Crucis o più in generale la processione devozionale con il Crocifisso, le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, o le statue che rappresentano i Misteri, ossia le stazioni della Via Crucis. Il papa celebra quest'ultimo rito presso il Colosseo.


    Azione liturgica della Passione del Signore

    Prende il nome di Azione liturgica della Passione del Signore la celebrazione assegnata dalla forma ordinaria del rito romano della Chiesa cattolica al pomeriggio del Venerdì santo (per questo si dice anche Azione liturgica pomeridiana) della morte in croce di Gesù, seconda celebrazione del Triduo Pasquale. Tradizionalmente tale celebrazione era officiata alle ore 15.00 del venerdì, ora nella quale, secondo i vangeli, Cristo esalò l'ultimo respiro; oggi, secondo necessità, essa viene spostata ad ora più tarda, ma comunque sempre nel pomeriggio.

    La celebrazione inizia in silenzio: nessun'antifona introitale è prevista e non si effettua alcun canto; quando la processione dei concelebranti arriva al presbiterio, essi si stendono a terra per qualche secondo, nell'ora della morte di Cristo, mentre tutto il popolo si inginocchia in silenziosa preghiera. Quindi il celebrante o i concelebranti si alzano e raggiungono il loro posto insieme al clero. Arrivato alla sede il celebrante pronuncia l'orazione che introduce la liturgia della Parola. Essa consta di:

    una prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia (Is 52,13-53,12);
    il salmo responsoriale (Sal 30);
    una seconda lettura tratta dalla Lettera ai Filippesi di San Paolo apostolo (Fil 2,6-11);
    la Passione secondo Giovanni (Gv 18,1-19,42), preceduta dal tratto e seguita solitamente dall'omelia;
    la Preghiera Universale, formata da dieci intenzioni in preghiera, introdotte da un diacono o un sacerdote e concluse ciascuna con l'orazione del celebrante.

    Quindi comincia l'Adorazione della Santa Croce, in una delle forme previste dal rito; nella forma più comune un diacono o un sacerdote accompagnano processionalmente al presbiterio una croce velata; ivi il celebrante provvederà a svelarla in tre momenti, intonando (con il canto a cappella) o recitando l'"Ecce lignum crucis" (Ecco il legno della croce), a cui il popolo risponde "Venite adoremus" (Venite adoriamo); ad ogni momento, dopo il canto, tutti si inginocchiano in silenziosa adorazione. Svelata totalmente la croce, essa viene esposta per il bacio della croce, da parte del clero e del popolo, mentre la schola può intonare dei canti (in genere senza il supporto di organo od altri strumenti musicali, che comunque non possono suonare senza canto) o si possono leggere delle antifone indicate.

    Seguono i riti di comunione; la croce viene posta sopra l'altare e, dal luogo della riposizione, vengono portate da un diacono o sacerdote le ostie consacrate la sera prima. Quindi il celebrante introduce il Padre nostro; subito dopo si distribuisce la comunione al popolo. Terminata la comunione, letta l'Orazione dopo la Comunione e l'Orazione sul popolo, senza dare alcuna benedizione e senza segno di croce, i celebranti fanno ritorno in sacrestia in silenzio, senza canti o musica. Poiché l'Eucaristia viene interamente consumata il Venerdì, il Sabato Santo i tabernacoli sono vuoti e, non essendoci il Santissimo Sacramento nelle chiese, entrando si genuflette adorando la Croce.

    Il Venerdì Santo, tutti i fedeli cattolici dai 18 ai 60 anni sono tenuti al digiuno ecclesiastico e all'astinenza dalle carni.

    L'azione liturgica del Venerdì Santo trae origine dall'antica Liturgia dei Presantificati, comune anche al rito bizantino e descritta per la prima volta da papa Gregorio I (VI secolo) come un uso costantinopolitano.


    Digiuno ecclesiastico

    Il digiuno ecclesiastico è la modalità di digiuno che tutti i fedeli appartenenti alla Chiesa cattolica devono praticare per penitenza in alcuni giorni (detti appunto penitenziali). Le norme di questo digiuno sono fissate dalla Costituzione Apostolica "Paenitemini" del Sommo Pontefice Paolo VI del 17 febbraio 1966, e dal Codice di Diritto Canonico (can. 1249 e seguenti), e sono ulteriormente determinate dalle Conferenze Episcopali.

    Attualmente i fedeli cattolici dei vari riti latini sono tenuti al digiuno ecclesiastico e all'astinenza dalla carne due volte l'anno, il Mercoledì delle Ceneri (per il rito ambrosiano il primo venerdì di Quaresima) e il Venerdì Santo. Sono tenuti alla sola astinenza dalle carni in tutti e singoli i venerdì dell'anno, purché non coincidano con un giorno annoverato tra le solennità dal calendario liturgico della Chiesa cattolica. L'obbligo del digiuno inizia a 18 anni compiuti e termina a 60 anni incominciati; quello dell'astinenza inizia a 14 anni compiuti. Tuttavia, i fedeli sono dispensati dall'obbligo del digiuno e dell'astinenza in taluni casi (vedi oltre).

    La legge del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di fare una seconda refezione leggera. L'acqua e le medicine sia solide sia liquide si possono assumere liberamente.

    La legge dell'astinenza dalle carni non proibisce di consumare pesce, uova e latticini, ma proibisce di consumare, oltre alla carne, cibi e bevande che ad un prudente giudizio sono da considerarsi come particolarmente ricercati o costosi.

    I parroci possono, per giusta causa, dispensare i singoli fedeli o le famiglie dall'osservanza del digiuno e dell'astinenza, o commutarlo con altre opere pie.

    L'insieme di queste norme costituisce il 4° dei cinque precetti generali della Chiesa Cattolica ("In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno") che ha come fine di garantire ai fedeli il minimo necessario nell'impegno penitenziale (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2041); tuttavia "per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo" (can. 1249 del Codice di Diritto Canonico), specialmente nel tempo penitenziale della Quaresima; i Vescovi italiani hanno suggerito, a tal proposito, nuove forme di penitenza accanto a quelle tradizionali, come l'astensione dal fumo e dalle bevande alcoliche, dalla ricerca di forme smodate di divertimento, dai comportamenti consumistici, il digiuno dalla televisione.

    Il canone 919 del Codice di Diritto canonico obbliga poi tutti i fedeli che vogliono ricevere l'Eucaristia ad astenersi "per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine".

    Per l'Italia, la CEI ha emanato nel 1994 la nota pastorale a carattere normativo "Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza". I Vescovi riuniti nella CEI hanno concesso la facoltà ai singoli fedeli di commutare l'osservanza dell'astinenza in tutti i venerdì che non sono di Quaresima, con qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità, a discrezione del singolo fedele; hanno consigliato inoltre di osservare il digiuno e l'astinenza nel giorno di Sabato Santo, fino alla Veglia Pasquale; hanno infine stabilito che dall'osservanza dell'obbligo della legge del digiuno e dell'astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute.


    Sabato Santo


    Il Sabato Santo è il giorno liturgico in cui il culto cristiano, sia in forme liturgiche che contemplative e devozionali, celebra il Signore Gesù Cristo che, con la sua divinità e con la sua anima umana ma non con il suo corpo che, tolto dalla croce su cui è morto il Venerdì Santo e deposto nel sepolcro, viene preservato dalla corruzione grazie alla virtù divina, discende agli inferi dove, a motivo della sua vittoria sulla morte e sul diavolo e secondo certe tradizioni cristiane per un tempo corrispondente a circa quaranta ore, libera le anime dei giusti morti prima di lui e apre loro le porte del Paradiso. Compiuta tale missione, la divinità e l'anima di Gesù si ricongiungono al Corpo nel sepolcro: e ciò costituisce il mistero della resurrezione, centro della fede di tutti i Cristiani, che verrà celebrato nella seguente domenica di Pasqua.

    La data del Sabato santo è mobile in quanto collegata con la data della Pasqua. Inoltre, essendo la Pasqua celebrata in giorni diversi nella Chiesa cattolica e nella Chiesa ortodossa, la data solitamente non coincide nelle varie tradizioni ecclesiastiche.

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    Nella Chiesa cattolica

    Il Sabato Santo è il terzo giorno del Triduo Pasquale, è un giorno di silenzio e pur, se un senso di lutto pervade tutta l'area del tempio, esso è incentrato sull'attesa dell'annuncio della Risurrezione che avverrà nella solenne veglia pasquale che non fa parte di tale giorno e che si svolge nella notte tra il questo sabato e la domenica successiva. La Chiesa cattolica considera degno di lode protrarre il digiuno ecclesiastico e l'astinenza dalla carne anche per tutto il Sabato Santo, tuttavia non ne fa un obbligo per i fedeli.

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    Andrea Mantegna: Cristo morto e tre dolenti (1480-1490 ca), Milano, Pinacoteca di Brera, da Mantova, Palazzo Ducale



    In tale giorno, come nel Venerdì Santo, la Chiesa cattolica non offre il sacrificio della Messa ma a differenza del Venerdì Santo la comunione può essere distribuita solo come viatico. Per questa ragione, il Sabato Santo è detto "aliturgico" da intendersi non nel senso che è l'unico giorno dell'anno senza alcuna liturgia in quanto in esso è prevista la celebrazione della liturgia delle ore ma nel senso che in esso non si celebra la messa, celebrazione che una volta veniva indicata con il termine liturgia. L'Eucarestia non è conservata normalmente nel Tabernacolo, che quindi è spalancato e senza conopeo, ma viene normalmente conservata in altro luogo adatto, come la sacrestia, anche se in qualche posto continua ad essere conservata nell'altare della reposizione. Le luci e tutte le candele sono spente. Gli altari sono spogli, senza fiori e paramenti: tovaglia e copritovaglia. In molte chiese rimane esposta la Croce servita per l'adorazione nel Venerdì Santo.

    Nella Liturgia delle Ore secondo il rito romano, questo giorno è l'unico sabato in cui si recitano i Vespri e la Compieta del giorno, e non i primi Vespri e la Compieta dopo i primi Vespri della domenica successiva. Nel sabato Santo viene anche consigliata la devozione delle Quarantore.


    Nella Chiesa ortodossa

    La Chiesa ortodossa chiama questo giorno il Santo e Grande Sabato oppure il Grande Riposo


    Veglia Pasquale


    Nella liturgia della Chiesa cattolica e di altre chiese, la Veglia pasquale è la solenne celebrazione della Risurrezione del Signore e poiché celebra la vittoria sul peccato e sulla morte da parte di Gesù Cristo è la celebrazione più importante dell'anno liturgico: per tali ragioni è classificata "Madre di tutte le veglie". È anche la terza celebrazione peculiare del Triduo Pasquale ed anche la più ricca e lunga liturgia di tutto l'Anno liturgico: si celebra fra il tramonto del sabato e l'alba della domenica.

    La Veglia Pasquale si articola in quattro parti:


    Liturgia del Lucernario

    La processione del clero esce dalla chiesa, lasciata completamente al buio, senza luci né candele accese, dal Venerdì santo. Una volta fuori dalla chiesa, i concelebranti raggiungono un braciere precedentemente preparato, e dopo un breve saluto iniziale (senza il Segno della Croce) il celebrante benedice il fuoco. Quindi prende delle braci e le mette nel turibolo e accende, da quella fiamma, il Cero pasquale; benedice poi il cero pasquale, tracciandovi una croce, le lettere greche Alfa e Omega e le cifre dell'anno; prende cinque grani di incenso e li conficca alle quattro estremità e al centro della croce disegnata, a simboleggiare le cinque piaghe gloriose di Cristo, delle mani, dei piedi e del costato. Quindi il diacono, portando il cero pasquale, comincia la processione che entrerà in chiesa, intonando per la prima volta "Lumen Christi" (La luce di Cristo), e il popolo risponde "Deo Gratias" (Rendiamo grazie a Dio). Dietro il cero pasquale si riforma la processione iniziale, e si accodano anche i fedeli; sulla porta il diacono intona di nuovo "Lumen Christi", e tutti i presenti accendono una candela; arrivati al presbiterio il diacono intona per la terza volta "Lumen Christi" e si accendono le luci della chiesa, tranne le candele dell'altare. Quindi viene riposto e incensato il cero pasquale e il libro, dal quale un diacono, o un cantore, intona l'Exultet (Preconio Pasquale) o annuncio pasquale. Terminato l'annuncio tutti spengono le candele, ed inizia la liturgia della Parola, introdotta dal celebrante.


    Liturgia della Parola

    La Liturgia della Parola della Veglia di Pasqua è la più ricca di tutte le celebrazioni dell'anno; consta di sette letture e otto salmi dall'antico testamento, un'epistola di San Paolo apostolo ed il vangelo scelto tra i tre sinottici, a seconda dell'Anno liturgico allo scopo di ripercorrere la storia della redenzione dall'origine della vita in Dio. Dopo ogni lettura e ogni salmo vi è l'orazione del celebrante. Per motivi pastorali si può ridurre il numero di letture dell'antico testamento da sette a tre; la lettura dell'Esodo è sempre obbligatoria.

    prima lettura dal Libro della Genesi (Gn 1,1-2,2)
    salmo responsoriale (Sal 103 oppure 32)
    seconda lettura dal Libro della Genesi (Gn 22,1-18)
    salmo responsoriale (Sal 15)
    terza lettura dal Libro dell'Esodo (Es 14,15-15,1)
    cantico responsoriale (Es 15,1-6.17-18)
    quarta lettura dal Libro del profeta Isaia (Is 54,5-14)
    salmo responsoriale (Sal 29)
    quinta lettura dal Libro del profeta Isaia (Is 55,1-11)
    cantico responsoriale (Is 12,2.4-6)
    sesta lettura dal Libro del profeta Baruc (Bar 3,9-15.32-4,4)
    salmo responsoriale (Sal 18)
    settima lettura dal Libro del profeta Ezechiele (Ez 36,16-28)
    salmo responsoriale (Sal 41)

    Dopo l'Orazione alla settima lettura anche le candele dell'altare vengono accese e il celebrante intona il Gloria, che viene cantato da tutti, con l'accompagnamento dell'organo e il suono delle campane, secondo gli usi locali. Segue l'Orazione Colletta.

    epistola dalla Lettera ai Romani di San Paolo apostolo (Rm 6,3-11)
    salmo responsoriale (Sal 117)
    brano evangelico

    dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,1-10) nell'anno A
    dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,1-8) nell'anno B
    dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,1-12) nell'anno C

    Segue l'Omelia che conclude la Liturgia della Parola.


    Liturgia Battesimale

    È uso celebrare anche dei battesimi la notte di Pasqua, in questo momento liturgico. Tutti i fedeli riaccendono la candela che avevano all'inizio. Dopo una breve introduzione si cantano le Litanie dei Santi. Quindi il celebrante, pronunciata la preghiera, prende il Cero pasquale e lo immerge parzialmente nell'acqua del Battistero, benedicendo l'acqua. Poi passa ad aspergere tutto il popolo. Nel caso in cui ci siano battesimi, si compie in questo momento il rito che può avvenire anche per immersione come nelle comunità neocatecumenali, altrimenti si pronuncia la professione delle promesse battesimali. È possibile concludere la Liturgia Battesimale con le Preghiere dei fedeli. Non si dice il Credo, perché è sostituito dalla rinnovazione delle promesse battesimali.


    Liturgia eucaristica

    Segue la Liturgia Eucaristica, articolata come in tutte le celebrazioni eucaristiche; alla fine il celebrante dà la benedizione, concludendo così una grande celebrazione che era cominciata il Giovedì santo con la Messa in Cena Domini.




    fonte: wikipedia
     
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  3. Cesco
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    Lu Giuviddì Sande


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    Lu Giuviddì Sande è una manifestazione di musica popolare il quale scopo è di rievocare le tradizioni e i canti di questua riguardanti la settimana santa, facendo riemergere l'arcaico legame tra Fede e Folklore. Il nome di tale manifestazione deriva dall'antico canto di questua tipico della settimana santa, e si svolge itinerariamente in un arco tri-giornaliero nel paese di Cellino Attanasio.

    Si tratta di una tradizione diffusa nelle zone delle vallate dei fiumi Piomba e Vomano dove gruppi del tutto improvvisati, si recavano per le abitazioni inneggiando attraverso i canti, il lungo Calvario del Cristo sino alla sua resurrezione. Uova, pizze di pasqua ma soprattutto il tipico dolce Lu Castelle (antenato dell'uovo di Pasqua bagnato con vino cotto locale), erano i doni più comuni con i quali si concludevano le itineranti esibizioni. Questi tipi di canti rientrano nell'ambito dei canti di cerca, di questua come il Sant'Antonio in Abruzzo, il San Lazzaro in Puglia e Sant'Agata in Sicilia.

    Differentemente dagli altri, Lu Giuviddì Sande, con la scomparsa dei cantori più anziani si è andato lentamente perdendo, lasciando alle spalle una tradizione millenaria, che sistematicamente si andava ripetendo anno dopo anno, Pasqua dopo Pasqua. Tra le genti del territorio era un giorno diverso dagli altri nella Settimana Santa, si legavano le campane e si iniziava la cerca per le case con canti di questua narrativi della Passione di Gesù Cristo, dal tradimento di Giuda alla Resurrezione. Al Gloria della Messa solenne si suonano e poi s'attacche li campane da questo momento si riprende il normale funzionamento al Gloria della sera del Sabato Santo.

    I più anziani del posto usano abbinare al silenzio delle campane un faticosissimo digiuno Lu trapasse che fatto per sette anni consecutivi, così dice la credenza religiosa, ha la capacità di purificare eternamente un'anima cara nel Purgatorio. Il prete incarica giovani del posto durante questi giorni di silenzio a girare per le vie del paese con il classico strumento popolare, in sostituzione delle campane, lu ciuccule per annunciare le varie funzioni religiose.

    E la sere de lu Giuviddì Sande lu ciele se copre e li cruce s'ammande, e s'ammande pe' devuzione nu jeme candenne la Passione


    15-16-17 Aprile 2011


    Cellino Attanasio


    L’associazione culturale “Eco tra i torrioni”in collaborazione con il Comune di Cellino Attanasio organizza Lu giuviddì Sande, riproponendo al fine settimana della Domenica delle Palme, il rituale del canto di questua della Settimana Santa. Nel centro storico diCellino Attanasio, per tre giorni 15 -16 e 17 Aprile, gruppi di musica popolare eseguiranno, oltre ai canti della Passione, musiche caratteristiche della zona di loro provenienza. Inoltre, nelle varie serate sarà possibile visitare mostre di strumenti musicali e arti figurative, esposizioni di artigianato locale e degustare prodotti tipici, quali: vino cotto e lu castelle.Il percorso sarà caratterizzato da vari punti d’ascolto, dove vogliamo far rivivere le emozioni che i nostri anziani tutt’ora provano durante la questua per le case.Sarà organizzata anche la prima edizione della gara di dolci “Li dugge de ‘na vodde”.

    Il Giovedì Santo, tra le genti del territorio è un giorno particolare nella settimana Santa. Dopo il Gloria della messa solenne, “s’attacche li campane” che vengono “sciolte” al Gloria della sera del Sabato Santo. I più anziani del posto usano abbinare al silenzio delle campane un faticosissimo digiuno, “lu trapasse” che, fatto per sette anni consecutivi, (così dice la credenza religiosa) avrebbe la capacità di purificare eternamente un’anima cara nel Purgatorio.Durante questi giorni di silenzio, per annunciare le varie funzioni religiose, il prete incarica giovani del posto a girare per le vie del paese con il classico strumento popolare “lu ciuccule”, in sostituzione delle campane. Da questa antichissima usanza, tramandata da Confraternita in Confraternita, sono pervenuti a noi strumenti tipici come “lu tricche e tracche”, “li martille” e “li ciuccule” ripresi poi dalla gente delle campagne per accompagnare i canti di questua.





    http://it.wikipedia.org/wiki/Lu_Giuvidd%C3%AC_Sande
    http://www.labachecadabruzzo.it/abruzzo_ev...iddi-sande.html
     
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  4. Cesco
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    Venerdì santo Romagnano Sesia


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    Piazza della Libertà, uno degli ambienti in cui si svolge la rappresentazione


    La Rappresentazione del Venerdì Santo è una sacra rappresentazione che si svolge durante la Settimana Santa, con cadenza biennale, a Romagnano Sesia, in provincia di Novara.


    La Rappresentazione
    Origini - Santo Enterro

    Ricerche storiche e studi sull’istituto del Santo Enterro, poi chiamato Venerdì Santo di Romagnano Sesia, evidenziano il tema di religiosità e pietà popolare come fenomeno che esprime, al suo interno, alcuni orientamenti di osservazione significativi. Il primo è quello di privilegiare il dramma sacro teso a riprodurre con fedeltà e impatto visivo, i fatti storici della Passione di Cristo: come a dire una forma di pubblica e commovente lettura del Vangelo fatto nelle piazze e lungo le vie. Quindi la partecipazione popolare e concorde della comunità che, come nei Misteri Medioevali, è al tempo stesso protagonista e spettatore del dramma sacro. Altra caratteristica, non certo marginale, è il carattere festoso del rito, che può suscitare sconcerto in chi vi assiste ma non partecipa all'evento.

    Su questo aspetto, limitato tuttavia al solo cerimoniale del mattino del Venerdì Santo costituzione delle milizie, consegna dei labari, omaggio al Governatore, è da considerare il duplice elemento che viene a comporre da un lato la devozione e la religiosità; dall'altro anche la storia stessa, antica e cospicua, di una comunità nella sua evoluzione sociale e culturale, che trova uno dei più alti motivi di espressione nel fatto religioso come essenza e valore di comunità. Sull'origine del Venerdì Santo esistono limitate documentazioni storiche, seppure significative; nella tipica situazione dei fenomeni autenticamente popolari che non sentono la necessità di tutele archivistiche perché eventi vivi e partecipati.

    Si deve allo storico novarese don Angelo Luigi Stoppa, nel 1979, il merito di aver tracciato la prima ricerca storica e critica sull'evento romagnanese, e di aver informato storicamente la realtà del Venerdì Santo con una sottesa proposta, tuttavia non condivisa: quella di ricondurre l'evento alla genuinità originaria: le due processioni drammatiche con i simulacri del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, la componente dell'apparato storico e con i personaggi tipici della manifestazione romagnanese. Quando nel 1729 si venne a costituire la Congregazione del Santo Enterro, Romagnano Sesia è un importante borgo con vivaci espressioni sociali, culturali e politiche; il Marchesato, costituito intorno all'anno Mille, è compreso nel Ducato di Milano, di dominio Spagnolo con una guarnigione di confine proprio nel borgo.

    Dal punto di vista religioso è raccolto attorno alla celebre Abbazia di San Silano con Abati Commendatari, vescovi e cardinali, di provenienza esterna ma che non mancano di influenzare culturalmente e religiosamente la comunità. L'espressione della borghesia nobiliare e commerciale, opera con altre realtà e interscambi che portano idee ed esperienze nuove. Dal punto di vista culturale operano in diverse epoche artisti romagnanesi noti, alcuni del quali esprimono testimonianze di quello che è l’immaginario religioso sul tema della Passione: Filippino Ragni, Pietro Francesco Renolfi, Giovanni Battista Crespi detto il Cerano, Silano Lenta, Bartolomeo Tettoni e Tarquinio Grassi.

    Operano alcune confraternite, significative quelle di Santa Marta, San Giuseppe, Santo Spirito, sorte autonomamente e con riferimento alla Parrocchiale che aveva sede nelle due navate laterali dell'abbazia di San Silano. È in questo contesto che, nel 1729, inizia l’attività la Congregazione del Santo Enterro, contrazione popolare di Entierro che in casigliano significa Santa Sepoltura, confraternita che ha segnato, con la religiosità popolare, la storia culturale di Romagnano Sesia.


    Quadri


    Giovedì Santo

    I Quadro - Cospirazione del Sinedrio, patto con Giuda (Piazza Cavour)
    II Quadro - Ultima Cena: lavanda dei piedi e istituzione dell'Eucarestia (Piazzale Collegio Curioni)
    III Quadro - L'orto del Getzemani (Parco della Rimembranza)

    Venerdì Santo

    ore 04.30 Passaggio delle "Tinebre"
    ore 05.30 Sveglia dei tamburini della Banda Musicale Cittadina
    ore 08.30 Cerimoniale - Costituzione delle Milizie, consegna dei Labari e omaggio al Governatore
    Ore 10.00 Trasporto della bara di Gesù Cristo dalla Chiese della Madonna del Popolo alla Chiesa Abbaziale
    Ore 11.00 Processione con la Madonna Addolorata
    Ore 15.00 Sacre Rappresentazioni
    IV Quadro Tribunale di Anna e Caifa (Piazza Cavour)
    V Quadro Il rinnegamento di Pietro (Piazza Cavour)
    VI Quadro Disperazione e morte di Giuda (Largo Antonelli)
    VII Quadro Gesù al tribunale di Pilato (Piazza Libertà)
    VIII Quadro Gesù al tribunale di Erode (Piazza Libertà)
    IX Quadro Gesù ritorna al tribunale di Pilato (Piazza Libertà)
    X Quadro La Flagellazione (Piazza Libertà)
    XI Quadro Salita al Calvario, incontro con le Pie Donne, il Cireneo (Via dei Martiri).La Crocifissione (Parco della Rimembranza).
    Ore 20.15 - Grande Processione solenne.

    Sabato Santo

    XII Quadro Il Sinedrio delibera di chiedere a Pilato le guardie per il Sepolcro (Piazza Cavour)
    XIII Quadro I Sommi Sacerdoti si recano da Pilato (Piazza Libertà)
    XIV Quadro Resurrezione di Cristo (Parco della Rimembranza).







    http://it.wikipedia.org/wiki/Venerd%C3%AC_...Romagnano_Sesia
     
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  5. Cesco
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    Ultima Cena


    Ultima Cena è il nome con il quale nella religione cristiana si indica solitamente la cena di Gesù con gli apostoli durante la pasqua ebraica, precedente la sua morte. Si tenne nel luogo detto del Cenacolo.

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    Ultima Cena, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova



    Il Nuovo Testamento

    Raccontano l'ultima cena di Gesù i tre vangeli sinottici contenuti nel Nuovo Testamento:

    Matteo 26,26-29
    Marco 14,22-25
    Luca 22,15-20.

    La narra pure Paolo di Tarso nella Prima Lettera ai Corinzi 11,23-26. Quest'ultimo testo è considerato normalmente più antico dei precedenti in quanto risale circa all'anno 59.


    Ubicazione del cenacolo

    Secondo quanto dicono i vangeli sinottici, il giovedì mattino i discepoli si presentarono a Gesù e gli chiesero in quale luogo egli volesse celebrare la Pasqua ebraica. Gesù mandò due discepoli (Luca specifica Pietro e Giovanni) in città dicendo loro che avrebbero incontrato lungo la via un uomo con una brocca d’acqua, diretto verso la casa del proprio padrone. I due avrebbero dovuto seguirlo e chiedere al padrone di casa se era possibile per Gesù celebrare la Pasqua nella sua dimora.

    Il segno dato ai due apostoli era abbastanza singolare, essendo infatti l’ufficio di attingere l’acqua riservato ordinariamente alle donne. Diverse le ipotesi riguardo al proprietario della casa, senza dubbio un simpatizzante di Gesù. L’opinione meglio accreditata è quella che vede nel padrone del cenacolo il padre, o comunque qualche parente, di Marco, il futuro evangelista (ritenuto da alcuni come il giovinetto fuggito nudo durante l’arresto di Gesù).

    Verso il 530 l’arcidiacono Teodosio infatti, descrivendo la sua visita a Gerusalemme, parlando della chiesa della Sancta Sion, ritenuta come il luogo dell’ultima cena, afferma: "Ipsa fuit domus sancti Marci evangelistae" ("Questa fu la casa di San Marco evangelista"). Questa affermazione doveva senza dubbio fondarsi su un dato molto antico essendovi inoltre una seconda testimonianza, del monaco cipriota Alessandro, che descrive la chiesa della Sancta Sion come dimora di Maria, madre di Marco


    "Uno di voi mi tradirà"

    Terminata la lavanda dei piedi Gesù riprese posto a tavola. Egli occupava senza dubbio il posto più onorifico e gli apostoli avevano dibattuto su chi dovesse sedersi nel posto più vicino a lui. Essendo la tavola a semicerchio, secondo una moda dell'epoca, i divani erano disposti radialmente all'esterno del semicerchio. Gesù occupava dunque il posto centrale al vertice del semicerchio e, a quanto dicono i vangeli, erano Pietro, Giovanni e Giuda Iscariota i commensali più vicini a lui. Alla destra di Gesù stava Pietro, alla sinistra Giovanni, che poteva così appoggiare la testa sul petto del maestro e a fianco di Giovanni stava Giuda, abbastanza vicino a Gesù.

    Questi, mentre gli apostoli continuavano la cena, rivelò che uno di loro l'avrebbe presto tradito. I discepoli, entrati in confusione, chiesero al maestro chi di loro fosse il traditore e per ultimo Giovanni, su consiglio di Pietro, avvicinatosi a lui, gli chiese di mostrarglielo. Ai tempi in cui viveva Gesù si era soliti mettere nel tavolo alcuni vassoi comuni nei quali si intingeva il pane o le erbe amare. Gesù intinse dunque un boccone di pane e lo porse a Giuda Iscariota dicendo: "Quello che devi fare, fallo presto". Nessuno dei commensali comprese però il significato di tale gesto e Giuda ebbe dunque la possibilità di alzarsi e di andare via (secondo il vangelo di Luca, Giuda esce dal cenacolo subito dopo l'istituzione eucaristica).


    L'istituzione eucaristica

    Mentre la cena continuava, Gesù compì un atto alquanto insolito nel rito pasquale. Prese del pane e dopo aver pronunziato la preghiera di benedizione, lo spezzò e dandolo ai discepoli disse: "Prendete e mangiate. Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me".

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    L'Ultima Cena di Juan de Juanes, Siviglia, Museo di Belle Arti



    Poco dopo prese un calice colmo di vino e dopo averlo benedetto allo stesso modo disse: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati"

    Questo gesto sconvolse parecchio gli apostoli che rammentarono l'avvenimento nelle prime comunità cristiane, tanto che San Paolo, nella sua lettere ai Corinzi, presentò l'Eucaristia come un rito nel quale il fedele mangiava e beveva davvero il corpo e il sangue di Gesù. Quel gesto, secondo l'apostolo, sarebbe inoltre un collegamento fra l'ultima cena e la successiva passione, essendo in entrambi i momenti il suo corpo donato e il sangue versato.

    Giovanni è l'unico a tacere sull'avvenimento, concentrandosi principalmente sulla lavanda dei piedi e sugli ultimi insegnamenti di Gesù ma vi è un precedente riferimento all'istituzione eucaristica nel capitolo 6 e precisamente nella frase, pronunciata da Gesù: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete"

    Si è discusso a lungo se Giuda abbia partecipato o no all'Eucaristia, i vangeli di Matteo e Marco infatti inseriscono la rivelazione del suo tradimento (e di conseguenza la sua uscita dal cenacolo) prima dell'istituzione eucaristica mentre Luca la inserisce dopo. Giovanni non parla dell'eucaristia e dunque non venne preso in esame. Alcuni padri della Chiesa credettero che Giuda fosse presente al convito mentre altri lo negarono. Essendo i vangeli, unica fonte storica sulla vita di Gesù, discordanti riguardo alla cronologia degli avvenimenti, allora la questione non potrà mai avere soluzione.

    Fu oggetto di dibattito anche la ricerca delle origini di tale rito eucaristico, essendo infatti da alcuni creduto tale racconto come un'interpolazione successiva, inserita su influenza di Paolo. Si pensò dunque ai primitivi riti di totemismo e di teofagia e più accuratamente s'investigarono i riti di Iside e Osiride, di Dioniso e soprattutto del dio Mitra. Gli antichi romani credevano che l'eucaristia fosse un atto di antropofagia, poiché i cristiani dicevano di mangiare il corpo di Cristo e berne il suo sangue e usarono questo rituale come motivo di persecuzione.

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    L'Ultima Cena di Daniele Crespi, Pinacoteca di Brera, Milano



    Analisi storica dei racconti dell'Ultima cena

    Gli storici fanno risalire le tradizioni dell'Ultima cena al Gesù storico; importante in questo contesto è la testimonianza di Paolo di Tarso, che nella Prima lettera ai Corinzi afferma che la tradizione che ha ricevuto proviene direttamente «ἀπό τοῦ κυρίου», "dal Signore", intendendo il Gesù uomo.


    Discrepanze tra le versioni dei vangeli

    Esistono alcune discrepanze difficilmente riconciliabili tra le narrazioni dell'Ultima cena di Gesù dei quattro vangeli, in particolare tra la narrazione del Vangelo secondo Marco (sulla quale si basano quelle di Matteo e di Luca) e quella del Vangelo secondo Giovanni. In breve, la principale differenza, che non può essere armonizzata, è che in Marco l'ultima cena è la cena della Pesach, la Pasqua ebraica, in Giovanni è una normale cena consumata il giorno prima di Pesach.

    In tutti i vangeli canonici, la passione di Gesù avviene in occasione della festa della Pasqua ebraica, la Pesach. Questa festa, che ricordava l'uscita degli Ebrei dall'Egitto narrata nel libro dell'Esodo, prevedeva un giorno di preparazione alla festa, la cena della Pasqua e il giorno di Pasqua. Nel giorno di preparazione della Pasqua, gli Ebrei portavano un agnello al Tempio (o più frequentemente lo acquistavano lì) per farlo sacrificare, poi tornavano a casa e preparavano una cena particolare carica di simboli collegati all'esodo (carne di agnello, erbe amare per ricordare la schiavitù in Egitto, pane azzimo per ricordare la fretta nell'uscita dall'Egitto, e diverse coppe di vino rituali). Giunto il tramonto, che secondo la tradizione in vigore presso gli Ebrei indicava l'inizio del giorno di Pasqua, si consumava il pasto pasquale.

    In Marco si dice chiaramente che le preparazioni per l'ultima cena avvennero il giorno prima di Pesach (14,12-16), e che si trattava della cena di Pesach, che viene consumata alla sera, quando è iniziato il giorno della Pesach (14,17-25). In Giovanni si dice esplicitamente che il pasto consumato è quello prima della festa di Pesach (13,1) e che il pasto di Pesach deve essere ancora consumato (13,29); inoltre si narra che coloro che arrestarono Gesù non vollero entrare nel pretorio di Pilato per non diventare ritualmente impuri e poter quindi mangiare il pasto di Pesach (18,28), e poi si dice esplicitamente che il giorno della morte di Gesù «era la Preparazione della Pasqua» (19,14).


    Il Santo Cenacolo e le reliquie dell'Ultima Cena

    Il luogo dove oggi si ricorda l'Ultima Cena è il Santo Cenacolo, situato sul Monte Sion oltre le mure dell'odierna città vecchia di Gerusalemme. Il Santuario ha ospitato per diversi secoli un convento dei Frati Minori della Custodia di Terra Santa.

    Tradizione vuole che la tavola sopra cui Gesù fece l'ultima cena con gli Apostoli sia conservata nella cappella della Casa Colonna, presso la Basilica di San Giovanni in Laterano (Roma).

    Il Sacro Catino, secondo la tradizione cattolica, sarebbe invece il piatto usato da Cristo, conservato a Genova nel Museo del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo.

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    Il celeberrimo dipinto di Leonardo, refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, Milano



    L'Ultima Cena di Gesù

    Alcuni dipinti raffiguranti l'Ultima Cena:

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    L'Ultima Cena del Tintoretto, Basilica di San Giorgio Maggiore, Venezia



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    L'Ultima Cena di Pietro Perugino



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    L'Ultima Cena di Domenico Ghirlandaio nel Refettorio d'Ognissanti (Firenze)



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    L'Ultima Cena di Giampietrino, copia di quella Leonardesca, nella Chiesa di Sant'Ambrogio a Capriasca








    http://it.wikipedia.org/wiki/Ultima_cena
     
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  6. Cesco
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    Lavanda dei piedi


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    Gesù lava i piedi a Pietro.
    Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova.



    La lavanda dei piedi è il gesto che Gesù ha fatto durante l'Ultima Cena. Il fatto è narrato solamente nel Vangelo secondo Giovanni: 13,1-15.


    Racconto evangelico

    Durante la sera gli apostoli e il loro maestro si riunirono nel luogo scelto da Gesù stesso e cominciarono le celebrazioni pasquali. I vangeli divergono riguardo agli avvenimenti succedutisi durante il pasto, in particolare quelli precedenti all'istituzione eucaristica. Giovanni ci rivela già da principio lo stato d'animo di Gesù: "Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine".

    I discepoli, ignari degli eventi che sarebbero presto accaduti, da bravi uomini del loro tempo erano in contraddizione a causa dei posti (secondo Luca avviene dopo l'istituzione eucaristica): ognuno di loro desiderava un posto più onorifico e già nascevano le lamentele su chi di loro fosse il più grande fra i dodici. Gesù aveva già precedentemente sedato una discussione simile con una parabola e con la celebre frase: "Gli ultimi saranno i primi".

    Ora a quell'umiliante scenata Gesù risponde, secondo Giovanni, con i fatti. Dopo avergli espresso come sia il più grande colui che si renderà schiavo dei suoi fratelli, egli si alzò dal tavolo, si cinse al fianco un asciugatoio e, preso un catino, cominciò a lavare i piedi ai propri discepoli dimostrando come lui, che era il maestro, si era reso il più umile fra loro. Solo Pietro tentò di fermare il gesto del maestro, dicendo: "Signore tu mi lavi i piedi?" e ricevendo come risposta il fatto che, se non avesse accettato questo servigio, non sarebbe stato partecipe con lui nel regno dei cieli.


    Caratteristiche

    Il rito della cena pasquale ebraica (l'ultima cena di Gesù con i suoi discepoli era con tutta probabilità questa cena pasquale) prevede, al suo inizio, che il capofamiglia lavi le mani dei commensali, prima di iniziare il pasto. Gesù reinterpreta questo gesto, sostituendolo con il lavaggio dei piedi. In genere il gesto del lavare i piedi era riservato ai servi o agli schiavi, esso è un dunque un gesto di estrema umiltà ed umiliazione, il cui senso è spiegato da Gesù stesso:
    « Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. » (Giovanni 13,12-15)

    Il gesto è riportato solo dal Vangelo di Giovanni, il quale, a differenza dei cosiddetti Vangeli sinottici (Marco, Luca, Matteo), non racconta l'istituzione dell'Eucaristia. Secondo molti esegeti, questa scelta del Vangelo di Giovanni è dettata dalla data di stesura del testo, scritto forse trenta anni dopo i Vangeli sinottici. Alla fine del I secolo, infatti, le comunità cristiane avevano già assimilato il rito dell'Eucaristia e lo celebravano regolarmente, secondo il comando di Gesù: "fate questo in memoria di me". Era dunque più utile tralasciare il racconto dell'ultima cena e riferire il fatto della lavanda dei piedi, che offre una interpretazione forte della vita del Maestro, e una chiave di lettura della Messa, la quale non può essere una semplice parentesi cultuale, ma deve essere integrata dai discepoli in una vita di autentico servizio.


    Significato

    La chiesa vede nel gesto della lavanda dei piedi un simbolo dell'amore di Dio per gli uomini. Il gesto riassume tutta la vita di Gesù, il quale "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).

    Il gesto che compie Gesù non è dunque da intendersi come un rituale di purificazione sullo stile di quelli giudaici, ma viene visto come il simbolo della purificazione che attuerà per tutti gli uomini con la sua passione, morte e risurrezione, gesto estremo di amore per noi.

    Lavarsi i piedi gli uni gli altri significa per i cristiani fare memoria dell'amore che Gesù ha avuto per i suoi discepoli.

    La chiesa Cattolica rivive il gesto della lavanda dei piedi durante la liturgia del Giovedì santo, nella messa in Coena Domini.





    http://it.wikipedia.org/wiki/Lavanda_dei_piedi
     
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  7. Cesco
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    Passione di Gesù

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    Compianto sul Cristo morto: gruppo ligneo dell'artigianato medievale piemontese, Museo Civico d'Arte Antica di Torino



    Con passione di Gesù si intendono la sofferenza e l'agonia di Gesù Cristo che hanno portato alla sua crocifissione. Insieme all'incarnazione e alla successiva risurrezione, forma uno dei due misteri centrali del Cristianesimo.

    Gli avvenimenti della Passione vengono ancora oggi celebrati dai cristiani di tutto il mondo nella cosiddetta "Settimana Santa" (la settimana che precede la Pasqua).

    Le "narrazioni della Passione", in latino Passio, hanno origine dai Vangeli. L'uso sottende la radice etimologica, dal verbo latino patior, "soffrire". In seguito il termine si è esteso per indicare il racconto del supplizio subito dai martiri.


    Avvenimenti

    I vangeli canonici rappresentano le principali fonti relative agli avvenimenti del processo e della passione di Gesù. Si nota tra i vangeli una sostanziale concordanza negli eventi narrati ma anche differenze, in particolare relativamente alla cronologia.

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    Probabili tappe della passione di Gesù.



    Cronologia tradizionale

    Secondo la tradizione cristiana, fondata soprattutto sui tre vangeli sinottici, la Passione di Gesù si svolse secondo le seguenti tappe:

    la sera del giovedì, Gesù celebra la Pasqua ebraica con i suoi discepoli. Il presunto luogo di questa celebrazione (il Cenacolo) si trova sul monte Sion: oggi è poco al di fuori della città vecchia, ma al tempo di Gesù le mura seguivano un percorso diverso, più a Sud, ed esso si trovava al loro interno.

    Terminata la cena, Gesù scende con i discepoli nella valle del torrente Cedron, appena fuori Gerusalemme, nel giardino del Getsemani, dove si ritira in preghiera. Nel frattempo Giuda Iscariota va ad avvisare i sacerdoti e li conduce al Getsemani, dove Gesù viene arrestato. È ormai notte, infatti i soldati portano "torce e bastoni". Una parte del giardino esiste tuttora, e contiene anche alcuni ulivi che, secondo i botanici, hanno più di 2000 anni e quindi esistevano già al tempo di Gesù.

    Gesù viene condotto al palazzo del sommo sacerdote Caifa, dove viene processato dal Sinedrio. Giovanni riferisce anche di un primo interrogatorio in casa del suo predecessore Anna. I resti del palazzo di Caifa sono stati trovati sul luogo dell'attuale chiesa di San Pietro in Gallicantu, che ricorda il tradimento di Pietro apostolo: anche questo luogo si trova oggi fuori dalle mura, ma allora era all'interno. Vi si accedeva dalla valle del Cedron risalendo per una scala di cui un tratto si è conservato fino ad oggi.

    Il processo si svolge durante la notte e termina al canto del gallo, quando l'alba è ormai vicina. Alcuni contestano l'attendibilità del resoconto dei Vangeli con l'argomento che il Sinedrio, normalmente, non si riuniva di notte. A questa obiezione si può rispondere che i sacerdoti temevano che, processando pubblicamente Gesù, la folla si sollevasse per liberarlo; per questo lo processarono in segreto e con la massima fretta.

    La mattina del venerdì, appena si fa giorno, i sacerdoti conducono Gesù da Ponzio Pilato,che risiede nella Fortezza Antonia, all'angolo nord-occidentale della spianata del Tempio. Durante la mattina, secondo Luca, Pilato invia Gesù anche da Erode Antipa, il quale dopo averlo interrogato lo rimanda indietro. Secondo Giovanni, il processo presso Pilato si conclude "verso mezzogiorno", ma per i sinottici il processo davanti all'autorità romana fu più breve.

    Il percorso dal palazzo di Pilato al Golgota, dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro, è di alcune centinaia di metri e si può coprire in mezz'ora al massimo; è quindi ancora mezzogiorno, o poco più tardi, quando Gesù viene crocifisso (ancora prima, secondo Marco: Erano le nove del mattino quando lo crocifissero, Mc 15,25). Il Golgota, al contrario del Cenacolo e del palazzo di Caifa, allora si trovava fuori città (le esecuzioni e le sepolture erano vietate nei centri abitati), mentre oggi è dentro le mura.

    Gesù muore alle tre del pomeriggio del venerdì. Secondo gli storici, la data più probabile è il 7 aprile 30 (altre date possibili sono il 27 aprile 31 e il 3 aprile 33).

    Giuseppe d'Arimatea si reca da Pilato e gli domanda il corpo di Gesù. Pilato, stupito che fosse già morto, manda a chiamare il centurione sul Golgota per interrogarlo: in questo modo trascorre probabilmente circa un'ora. Giuseppe, quindi, va a procurarsi il lenzuolo funebre per seppellire Gesù, spendendo altro tempo. Quando infine, insieme a Nicodemo, Giuseppe depone Gesù dalla croce, il tramonto è ormai imminente, e con esso l'inizio del riposo sabbatico: il corpo di Gesù viene quindi deposto in un sepolcro lì vicino, per fare presto.

    Il vangelo secondo Giovanni, però, presenta alcune discrepanze con la tradizione sinottica, innanzitutto a proposito della data della morte. Questa sarebbe avvenuta di giovedì, durante la vigilia della Pasqua ebraica, nel momento in cui si sacrificano gli agnelli secondo la tradizione giudaica: Gesù sarebbe dunque stato immolato come gli agnelli della Pasqua. Inoltre, alcuni studiosi preferiscono la versione giovannea anche in relazione alle vicende del sinedrio, ritenendo improbabile che il processo si sia svolto di notte (per altri sarebbe stato invece necessario per tenere Gesù nascosto alla folla). Secondo Giovanni una riunione del sinedrio si tenne infatti molti giorni prima della morte di Gesù e non in sua presenza: durante questa riunione i sacerdoti decisero di metterlo a morte per ragioni di stato, mentre dopo l'arresto avvenne solo un interrogatorio da parte del sommo sacerdote prima di condurlo, all'alba, da Pilato. Secondo questi stessi studiosi, i sinottici avrebbero comunque operato solo una semplificazione e non una distorsione dei fatti storici.


    Cronologia lunga

    È stata recentemente avanzata una cronologia alternativa, basata sull'ipotesi che Gesù abbia seguito per la cena pasquale il calendario degli Esseni, secondo il quale la Pasqua cadeva di mercoledì. In effetti, i vangeli narrano le varie fasi successive della Passione, ma non affermano mai esplicitamente a quali intervalli di tempo esse si siano succedute. L'unico dato affermato esplicitamente è la morte nella vigilia del sabato (che modernamente chiamiamo il venerdì). La Passione si sarebbe quindi svolta nell'arco di più giorni: Gesù avrebbe celebrato la Pasqua e sarebbe stato arrestato al martedì sera, quindi nei due giorni successivi si sarebbe svolto il processo davanti ai vari consessi (sinedrio, Pilato, Erode, Pilato) conclusosi con la sua crocifissione e morte il venerdì.


    Sinossi evangelica

    La narrazione della Passione di Cristo è contenuta nei seguenti capitoli dei vangeli canonici:

    Matteo 26-27
    Marco 14-15
    Luca 22-23
    Giovanni 18-19


    Sinossi degli eventi della passione


    MatteoMarcoLucaGiovanniVoci correlate
    La sera del "primo (giorno) degli Azzimi" ultima cena e istituzione dell'Eucaristia (26,17-35)La sera del "primo giorno degli Azzimi" ultima cena e istituzione dell'Eucaristia (14,12-26)"Il giorno degli Azzimi... quando venne l'ora" ultima cena e istituzione dell'Eucaristia (22,7-38)"Prima della festa di Pasqua" ultima cena con lavanda dei piedi e molte pericopi discorsive proprie (13-17)Ultima Cena, Lavanda dei piedi, Eucaristia
    Con i discepoli al Getsemani, allontanamento con Pietro e i figli di Zebedeo, preghiera (26,17-35)Con i discepoli al Getsemani, allontanamento con Pietro, Giacomo e Giovanni, preghiera (14,32-42)Con i discepoli al Monte degli Ulivi, preghiera con ematoidrosi (22,39-46)Con i discepoli in un giardino al di là del Cedron (18,1)Arresto di Gesù
    Arresto operato da molta folla da parte dei gran sacerdoti e anziani guidata da Giuda che bacia Gesù (26,47-56)Arresto operato da una folla da parte dei gran sacerdoti, scribi (farisei), anziani, guidata da Giuda che bacia Gesù (14,43-52)Arresto operato da una folla da parte dei sacerdoti, capi del tempio, anziani, guidata da Giuda che bacia Gesù (22,47-53)Arresto operato da una coorte (romana? giudea?) e uomini da parte dei gran sacerdoti e farisei, guidata da Giuda (18,2-11)
    ---Condotto prima all'(ex) sommo sacerdote Anna suocero di Caifa (18,12-13), interrogatorio (18,19-23)Processo di Gesù
    Condotto al palazzo di Caifa, interrogatorio di fronte a lui, scribi (farisei), anziani (cioè "tutto il sinedrio"), Gesù si equipara a Dio, condanna capitale per bestemmia, maltrattamenti (26,57-68)Condotto al sommo sacerdote (Caifa), interrogatorio di fronte a lui, anziani, scribi (farisei) (cioè "tutto il sinedrio"), Gesù si equipara a Dio, condanna capitale per bestemmia, maltrattamenti (14,53-65)Condotto alla casa del sommo sacerdote (Caifa) (22,54-55), maltrattamenti (22,63-65)Anna lo invia da Caifa (18,24)
    Triplice rinnegamento di Pietro (26,69-75)Triplice rinnegamento di Pietro (14,66-71)Triplice rinnegamento di Pietro (22,55-62)Triplice rinnegamento di Pietro (18,17.25-27)
    Al mattino, consiglio di gran sacerdoti, anziani, popolo (27,1)Al mattino, consiglio di gran sacerdoti, anziani, scribi (farisei) (cioè tutto il sinedrio)(15,1)Al mattino, consiglio di anziani, gran sacerdoti, scribi (farisei) e lo conducono nel loro sinedrio (presso il tempio?), interrogatorio, Gesù si dichiara Figlio di Dio, condanna (22,66-71)-
    Condotto da Pilato (27,1-2)Condotto da Pilato (15,1)Condotto da Pilato (23,1)Al mattino condotto da Pilato nel Pretorio (18,28)
    Morte di Giuda (27,3-10)---
    Interrogatorio di Pilato, Gesù Re dei Giudei (27,11-14)Interrogatorio di Pilato, Gesù Re dei Giudei (15,2-5)Interrogatorio di Pilato, Gesù Re dei Giudei, Pilato lo giudica innocente (23,2-5)Interrogatorio di Pilato in privato, Gesù Re dei Giudei, Pilato lo giudica innocente (18,28-38)
    --Pilato lo invia a Erode, maltrattamenti da parte sua e dei suoi soldati, rinvio da Pilato (23,6-12)-
    Intervento della moglie di Pilato, liberazione di Barabba, il popolo invoca la crocifissione, Pilato lo trova innocente e si lava le mani, flagellazione (27,15-26)Liberazione di Barabba, il popolo invoca la crocifissione, Pilato lo trova innocente, flagellazione (15,6-15)Pilato lo trova innocente, annuncia di voler castigare severamente (flagellazione) Gesù e poi rilasciarlo, il popolo invoca la crocifissione, Pilato ribadisce la non colpevolezza, liberazione di Barabba (23,13-25)Liberazione di Barabba, flagellazione (18,39-19,1)
    Maltrattamenti e coronazione di spine da parte della coorte (romana) nel pretorio (27,27-31)Maltrattamenti e coronazione di spine da parte della coorte (romana) nel cortile-pretorio (15,16-20)-Maltrattamenti e coronazione di spine da parte dei soldati (romani) (19,2-3)Coronazione di spine
    ---Ecce homo, nuovo colloquio privato Pilato-Gesù, i sacerdoti e il popolo invocano la crocifissione, ora sesta (mezzogiorno) (19,4-15)Ecce homo
    Salita al Calvario con la croce, aiuto di Simone di Cirene (27,32)Salita al Calvario con la croce, aiuto di Simone di Cirene (15,21)Salita al Calvario con la croce, aiuto di Simone di Cirene, incontro con le pie donne (23,26-32)Salita al Calvario con la croce (19,16-17)Salita al Calvario
    Crocifissione sul Golgota-Cranio con due briganti, buio dall'ora sesta (mezzogiorno), morte all'ora nona (tre di pomeriggio) (27,33-50)Crocifissione sul Golgota-Cranio all'ora terza (nove di mattino) con due briganti, buio dall'ora sesta (mezzogiorno), morte all'ora nona (tre del pomeriggio) (15,22-37)Crocifissione sul Cranio con due malfattori, buon ladrone, buio dall'ora sesta (mezzogiorno) con eclisse solare, squarcio del velo del tempio, morte (23,33-46)Crocifissione sul Cranio-Golgota con altri due, morte (19,18-30)Crocifissione di Gesù
    Squarcio del velo del tempio, terremoto, risurrezioni di santi, testimoni (27,51-56)Squarcio del velo del tempio, testimoni (15,38-41)Testimoni (23,47-49)Colpo di lancia senza spezzare le gambe (19,31-37)
    Deposizione nel sepolcro (27,57-61)Deposizione nel sepolcro (15,42-47)Deposizione nel sepolcro (23,50-56)Deposizione nel sepolcro (19,38-42)Deposizione di Gesù
    Soldati (ebrei) di guardia alla tomba (27,62-66)---


    Ciascun evangelista presenta la passione di Gesù in maniera corrispondente alla sua cristologia:

    In Marco la passione e morte di Gesù, raccontate con crudezza, sono rivelazione della sua identità di Figlio di Dio, secondo quanto scopre il centurione romano (15,39).

    In Matteo c'è attenzione al compimento della scrittura, e Gesù è mostrato pregando con il salmo 22(21) (27,46). Alla sua morte si compiono i segni escatologici della oscurità, dei sepolcri aperti e della risurrezione dei giusti.

    In Luca il Gesù sofferente è il salvatore misericordioso, che perdona i suoi uccisori (23,34) e accoglie il malfattore pentito nel suo regno (23,43).

    In Giovanni è il Signore che non mostra segni di sofferenza. Egli compie le scritture (19,24.28.36), mette a disposizione il dono dello Spirito (19,30), e si riveste dei segni della regalità, come appare dai seguenti versetti:
    la corona di spine (19,2)
    la porpora, tessuto regio (19,2)
    Pilato lo fa sedere nel tribunale, nel luogo detto litostroto, che era la sede da cui venivano emessi i giudizi (19,13)
    Le parole di Pilato: "Metterò in croce il vostro re?" (19,15)
    L'annotazione della scritta "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei", che i giudei non vogliono e che Pilato conferma (19,19)
    L'assenza di ogni grido dalla croce: invece colpisce la serenità con cui affida la madre al discepolo (19,25-27)

    Verosimilmente ci sono altri racconti della passione nei vangeli apocrifi, che sono testi molto più tardi (III-IV secolo). Sono quindi ritenuti più incerti nei dati storici che forniscono, e in essi la prospettiva teologica assume una rilevanza ancora maggiore che nei vangeli canonici.


    Discrepanze tra le versioni dei vangeli

    Esistono alcune discrepanze difficilmente riconciliabili tra le narrazioni della passione di Gesù dei quattro vangeli, in particolare tra la narrazione del Vangelo secondo Marco (sulla quale si basano quelle di Matteo e di Luca) e quella del Vangelo secondo Giovanni. In breve, la principale differenza, che non può essere armonizzata, è che in Marco Gesù muore il 15 nisan, in Giovanni il giorno prima, il 14 nisan.

    In tutti i vangeli canonici, la morte di Gesù avviene in occasione della festa della Pasqua ebraica, la Pesach. Questa festa, che ricordava l'uscita degli Ebrei dall'Egitto narrata nel libro dell'Esodo, prevedeva un giorno di preparazione alla festa, la cena della Pasqua e il giorno di Pasqua. Nel giorno di preparazione della Pasqua, gli Ebrei portavano un agnello al Tempio (o più frequentemente lo acquistavano lì) per farlo sacrificare, poi tornavano a casa e preparavano una cena particolare carica di simboli collegati all'esodo (carne di agnello, erbe amare per ricordare la schiavitù in Egitto, pane azzimo per ricordare la fretta nell'uscita dall'Egitto, e diverse coppe di vino rituali). Giunto il tramonto, che secondo la tradizione in vigore presso gli Ebrei indicava l'inizio del giorno di Pasqua, si consumava il pasto pasquale.

    In Marco si dice chiaramente che le preparazioni per l'ultima cena avvennero il giorno prima di Pesach (14,12-16), e che si trattava della cena di Pesach, che viene consumata alla sera, quando è iniziato il giorno della Pesach (14,17-25). In Giovanni si dice esplicitamente che il pasto consumato è quello prima della festa di Pesach (13,1) e che il pasto di Pesach deve essere ancora consumato (13,29); inoltre si narra che coloro che arrestarono Gesù non vollero entrare nel pretorio di Pilato per non diventare ritualmente impuri e poter quindi mangiare il pasto di Pesach (18,28), e poi si dice esplicitamente che «era la Preparazione della Pasqua» (19,14).

    Questa differenza ha un significato teologico. Mentre in Marco Gesù mangia con i propri discepoli il pasto della Pasqua ebraica la sera prima di morire, durante il quale istituisce l'eucarestia, in Giovanni Gesù è identificato con l'agnello di Dio, e infatti muore sulla croce proprio nel momento in cui gli agnelli della Pasqua sono sacrificati nel tempio (Vangelo secondo Giovanni, 19,31); questo implica anche che l'ultima cena descritta in Giovanni non è la cena di Pasqua, come indicato in Marco.

    Gli studiosi sono divisi riguardo alla scelta della versione più corretta storicamente tra le due. Quelli che sostengono la versione di Giovanni fanno riferimento all'improbabilità che si tenessero giudizi ed esecuzioni durante la festa più importante degli Ebrei e affermano che la celebrazione della cena di Pasqua non sembra essere compatibile con la parte centrale del racconto di Marco (14,22-25) e di quelli delle altre tradizioni sull'ultima cena (Prima lettera ai Corinzi, 11,23-26; Didaché, 9-10). Quelli che sostengono la datazione di Marco affermano che non sarebbe spiegabile il motivo per il quale l'autore avrebbe dovuto rimuovere la connessione tra Gesù e gli agnelli della Pesach e che la versione di Marco è quella più antica e meno carica di argomenti teologici successivi.


    Strumenti della Passione

    Gli strumenti della Passione sono quegli oggetti che, secondo la tradizione, furono usati per la crocifissione di Gesù (la croce, i chiodi, la corona di spine, eccetera).

    Secondo la tradizione cristiana, gli strumenti della Passione furono ritrovati nel IV secolo da Elena, madre dell'imperatore Costantino I, poi considerata santa per questo motivo. Oggi diverse chiese in varie parti d'Europa affermano di possederne.






    http://it.wikipedia.org/wiki/Passione_di_Ges%C3%B9
     
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  8. Cesco
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    Via Crucis


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    La Via Crucis nella rappresentazione sacra
    La Passione di Cristo a Sordevolo, Biella



    La Via Crucis (dal latino, Via della Croce - anche detta Via Dolorosa) è un rito cristiano, della Chiesa cattolica e della Chiesa anglicana, con cui si ricostruisce e commemora il percorso doloroso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota.

    L'itinerario spirituale della Via Crucis è stato in tempi recenti completato con l'introduzione della Via Lucis — che celebra i misteri gloriosi, ovvero i fatti della vita di Cristo tra la sua risurrezione e la Pentecoste.

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    le stazioni della Via Crucis a san Bonaventura al Palatino (Roma)



    Storia della Via Crucis

    Alcuni fanno risalire la storia di questa devozione alle visite di Maria, madre di Gesù, presso i luoghi della Passione a Gerusalemme, ma la maggior parte degli storici riconosce l'inizio della specifica devozione a Francesco d'Assisi o alla tradizione francescana.

    Intorno al 1294, Rinaldo di Monte Crucis, frate domenicano, racconta la sua salita al Santo Sepolcro "per viam, per quam ascendit Christus, baiulans sibi crucem", per varie tappe, che chiama stationes: il luogo della condanna a morte di Gesù, l'incontro con le pie donne, la consegna della croce a Simone di Cirene, e gli altri episodi della Passione fino alla morte di Gesù sulla Croce.

    Originariamente la vera Via Crucis comportava la necessità di recarsi materialmente in visita presso i luoghi dove Gesù aveva sofferto ed era stato messo a morte. Dal momento che un tale pellegrinaggio era impossibile per molti, la rappresentazione delle stazioni nelle chiese rappresentò un modo di portare idealmente a Gerusalemme ciascun credente. Le rappresentazioni dei vari episodi dolorosi accaduti lungo il percorso contribuivano a coinvolgere gli spettatori con una forte carica emotiva.

    Tale pratica popolare venne diffusa dai pellegrini di ritorno dalla Terrasanta e principalmente dai Minori Francescani che, dal 1342, avevano la custodia dei Luoghi Santi di Palestina. Inizialmente la Via Crucis come serie di quattordici "quadri" disposti nello stesso ordine (vedi il capitolo seguente) si diffonde in Spagna nella prima metà del XVII secolo e venne istituita esclusivamente nelle chiese dei Minori Osservanti e Riformati. Successivamente Clemente XII estese, nel 1731, la facoltà di istituire la Via Crucis anche nelle altre chiese mantenendo il privilegio della sua istituzione al solo ordine francescano.

    Uno dei maggiori ideatori e propagatori della Via Crucis fu San Leonardo da Porto Maurizio, frate minore francescano che ne creò personalmente alcune centinaia. Al fine di limitare la diffusione incontrollata di tale pratica devozionale, Benedetto XIV ricorse poco dopo ai ripari stabilendo, nel 1741, che non vi potesse essere più di una Via Crucis per parrocchia.

    La collocazione delle stazioni all'interno della chiesa doveva rispondere a norme di simmetria ed equidistanza: il corretto espletamento delle pratiche devozionali consentiva di acquisire le stesse indulgenze concesse visitando tutti i Luoghi Santi di Gerusalemme.

    Oggi tutte le chiese cattoliche dispongono di una "via dolorosa", o almeno di una sequenza murale interna. Il numero e nomi delle stazioni cambiarono radicalmente in diverse occasioni nella storia della devozione, sebbene l'elenco corrente di quattordici stazioni ora sia quasi universalmente accettato. L'ordine lungo le pareti non segue una regola precisa, può infatti essere indifferentemente orario o antiorario. Secondo un documento della diocesi di Nanterre "l'ordine più diffuso è quello antiorario, ma non c'è una regola generale".

    Le Stazioni della Via Crucis che è arrivata a noi come tradizionale sono le seguenti:

    Gesù è flagellato, deriso e condannato a morte
    Gesù è caricato della croce
    Gesù cade per la prima volta
    Gesù incontra sua Madre
    Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene
    Santa Veronica asciuga il volto di Gesù
    Gesù cade per la seconda volta
    Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme
    Gesù cade per la terza volta
    Gesù è spogliato delle vesti
    Gesù è inchiodato sulla croce
    Gesù muore in croce
    Gesù è deposto dalla croce
    Il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro


    Stazioni evangeliche (Via Crucis biblica)

    Il carattere devozionale di alcune delle stazioni tradizionali, da una parte, e l'assenza di momenti significativi dei racconti evangelici, dall'altra, hanno portato a elaborare schemi alternativi di Via Crucis, articolate secondo il Vangelo.

    A livello gerarchico, tale proposta appare per la prima volta nel Libro del Pellegrino che veniva offerto in occasione dell'Anno Santo del 1975: vi si trovava lo schema tradizionale e anche lo schema biblico.

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    Gesù caduto portando la croce, per Nicola Fumo (1698).



    Nel 1991 la tradizionale Via Crucis di Giovanni Paolo II al Colosseo fu fatta secondo lo schema seguente:

    Gesù nell'orto degli ulivi (Marco 14,32-36)
    Gesù, tradito da Giuda, è arrestato (Marco 14,45-46)
    Gesù è condannato dal sinedrio (Marco 14,55.60-64)
    Gesù è rinnegato da Pietro (Marco 14,66-72)
    Gesù è giudicato da Pilato (Marco 15,14-15)
    Gesù è flagellato e coronato di spine (Marco 15,17-19)
    Gesù è caricato della croce (Marco 15,20)
    Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce (Marco 15,21)
    Gesù incontra le donne di Gerusalemme (Luca 23,27-28)
    Gesù è crocifisso (Marco 15,24)
    Gesù promette il suo regno al buon ladrone (Luca 23,39-42)
    Gesù in croce, la madre e il discepolo (Giovanni 19,26-27)
    Gesù muore sulla croce (Marco 15,33-39)
    Gesù è deposto nel sepolcro (Marco 15,40-46)

    Da alcuni anni è questo lo schema di tale cerimonia.


    La quindicesima stazione

    A volte la Via Crucis viene terminata con una quindicesima stazione, la Risurrezione di Gesù. Chi la aggiunge lo fa nell'idea che la preghiera cristiana nella contemplazione della passione non può fermarsi alla morte, ma deve guardare al di là, allo sbocco di cui i Vangeli ci parlano, alla risurrezione.

    La tendenza è però quella di evitare tale stazione, e di limitarsi ad annunciare la risurrezione in una qualche riflessione o preghiera finale, in maniera che la Via Crucis rimanga una meditazione della passione.

    In molti paesi sta diventando tradizione celebrare la Via Lucis nel tempo pasquale, come meditazione gioiosa della risurrezione di Cristo.


    Giovanni Paolo II e la Via Crucis

    Come tutti i Papi, anche Giovanni Paolo II conduceva pubblicamente una Via Crucis in Roma al Colosseo ogni anno, la sera del venerdì santo. Per molti anni questo Papa ha portato personalmente la croce di stazione in stazione, poi con l'acuirsi dei problemi derivanti dai postumi dell'attentato subito e dall'età avanzata, presiedeva la celebrazione da un palcoscenico sulla Collina Palatina, mentre altri portavano la croce.

    Ogni anno una persona o un gruppo era invitato a scrivere i testi delle meditazioni per le Stazioni. Alcuni dei commentatori, negli ultimi anni, non erano fedeli cattolici.

    Alcuni anni (1991) le Stazioni meditate non sempre seguivano l'elenco tradizionale.

    Il Papa stesso ha scritto i testi in occasione dell'anno giubilare del 2000 e lì ha utilizzato le Stazioni tradizionali. Giovanni Paolo II eseguiva la via crucis ogni venerdì.


    Via Crucis e indulgenze

    Nella Chiesa cattolica il pio esercizio della Via Crucis è connessa con l'indulgenza plenaria secondo le normali condizioni stabilite dalla Chiesa. Per ottenere l'indulgenza, i fedeli devono pregare sostando in ciascuna stazione, meditando sul mistero della Passione. Non vi sono particolari requisiti sulla durata della meditazione, né la necessità di utilizzare preghiere specifiche, e non è indispensabile che la meditazione corrisponda alle stazioni che sono dipinte. Ciascuna raffigurazione delle Stazioni della Via Crucis dovrebbe essere benedetta da un francescano (o dall'ordinario del luogo o da un suo delegato) e dovrebbe includere una croce di legno ad ogni stazione. Le immagini sono opzionali. La stessa indulgenza può essere applicata a chi non può materialmente visitare le stazioni purché mediti per 30 minuti sulla Passione.


    Quando si esegue la Via Crucis

    La Via Crucis rappresenta un momento di preghiera, di riflessione e un cammino penitenziale per i devoti delle confessioni cattolica e anglicana.

    La celebrazione della Via Crucis è molto comune nei venerdì di Quaresima, specialmente il venerdì santo. Di frequente le celebrazioni a carattere comunitario sono accompagnate da varie canzoni e preghiere, molto comune come accompagnamento musicale la sequenza dello Stabat Mater Dolorosa.

    La Via Crucis entra a far parte dell'insieme delle Rappresentazioni popolari.

    Una Rappresentazione Popolare importante in Piemonte è la Via Crucis di Antignano, un paesino in provincia di Asti.


    "Via Crucis" di Antignano

    Si svolge nel piccolo comune astigiano, dove 140 personaggi (quasi tutti Antignanesi) vestono i panni di 2000 anni fa per rievocare le ultime ore di vita di Gesù. Rappresentazione non solo teatrale, ma anche liturgica che viene messa in scena solo ed esclusivamente il Venerdì Santo.


    Iconografia

    Da un punto di vista artistico, molto interesse è stato mostrato nei secoli verso l'analisi, la conservazione e il restauro delle immagini iconografiche associate con questa pratica: le quattordici stazioni sono state raffigurate nelle chiese e in altri luoghi di culto, a volte anche in esterni, con dipinti, formelle in terracotta, bassorilievi in rame o vere e proprie sculture. Artisticamente sono considerate parte della produzione tematica ispirata alla crocifissione.





    http://it.wikipedia.org/wiki/Via_Crucis
     
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    Settimana Santa di Sessa Aurunca


    La Settimana Santa di Sessa Aurunca è l'insieme delle celebrazioni e delle iniziative che si svolgono a Sessa Aurunca in occasione della settimana santa, con cui i cattolici si preparano a celebrare la Pasqua.


    Le Processioni penitenziali

    La Settimana Santa di Sessa Aurunca si apre ufficialmente con le Processioni Penitenziali delle confraternite cittadine, che dalle rispettive chiese si recano in cattedrale per l'esposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento.

    I confratelli indossano un saio bianco tenuto in vita da un cinto, solitamente dello stesso colore della mantellina di raso; sopra alla mantellina portano la mozzetta, di colore diverso per ogni confraternita, sulla quale è posto uno stemma; unica eccezione è il saio dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso, interamente nero come il cappuccio, con cinto dello stesso colore e privo di mozzetta. In segno di penitenza i fratelli portano il volto coperto da un cappuccio bucato all'altezza degli occhi e così vestiti, disposti dietro lo stendardo aperto al vento e tenuto dai due confratelli più giovani della congrega, procedono in fila per due.

    Nel mezzo del corteo avanza la croce con l'assistente spirituale; seguono i dignitari della confraternita, priore ed assistenti, i quali precedono i fedeli che partecipano al rito cantando. Andando verso la cattedrale, dopo l'intonazione del parroco assistente che accenna le prime note del versetto, i confratelli cantano il Benedictus o Cantico di Zaccaria (Vangelo di Luca 1,68-79), più volte ripetuto durante il percorso. Giunti in Cattedrale, accolti dal suono delle campane, i confratelli dopo la benedizione eucaristica ascoltano un breve pensiero del sacerdote che li ha accompagnati, quindi fanno ritorno alla loro sede, cantando questa volta l'inno Te Deum.


    Lunedì Santo

    Secondo un turno che è difficile comprendere (probabilmente legato all'anzianità delle confraternite), apre le processioni della settimana santa l'Arciconfraternita di San Biagio che ha le mozzette color granata, e che parte oggi dalla Chiesa dell'Annunziata, dopo la caduta della Chiesetta di San Biagio lungo la via dei Ferrari. Mentre le campane dell'Annunziata suonano, i congregati di San Biagio cominciano ad uscire aprendo ufficialmente i riti processionali della settimana santa.

    Nel pomeriggio dalla Chiesa di Santa Maria del Rifugio (o meglio dei "Carcerati"), sita nel Corso Lucilio, di fronte al sedile di San Matteo, partono i confratelli con le mozzette verdi della Confraternita di Santa Maria del Rifugio (protagonisti anche della Processione della mattina del Sabato Santo), che attraversando il Corso raggiungono la cattedrale.


    Martedì Santo

    La mattina del martedì santo incominciano a muoversi in processione gli incappucciati dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti, partendo dalla Chiesa Francescana di San Giovanni a Villa. Questi congregati sono caratterizzati dal saio e dal cappuccio entrambi neri e dalla mancanza della mozzetta, inutile in quanto il cappuccio è molto lungo. Sullo stesso cappuccio spicca uno stemma che rievoca la crocifissione.

    Questa congregazione organizza anche la funzione dell'Ufficio delle Tenebre nella sera del mercoledì santo, chiamato anche "Terremoto", e la Processione dei Misteri della sera del Venerdì Santo, portando in spalla i Misteri della Passione del Cristo alla luce di falò e cantando il Miserere.

    Nel pomeriggio, poi, partecipa ai riti penitenziali l'Arciconfraternita della SS. Concezione, che partiva una volta dalla Chiesa dell'Immacolata, annessa al convento. Dichiarata pericolante questa sede, i confratelli con la mozzetta celeste dell'Immacolata sono stati ospitati in varie chiese, S. Stefano, S. Anna, S. Agostino e ancora S. Stefano; oggi, invece, la processione parte dalla chiesa di S. Giovanni a Piazza.


    Mercoledì Santo

    Il mercoledì santo, giunti all'ultimo giorno delle processioni penitenziali, è di scena la Confraternita di San Carlo Borromeo. Questa congregazione organizza anche la processione della mattina del Sabato Santo, portando in spalla il gruppo della Deposizione del Cristo. Essa si caratterizza per le mozzette color rosso vermiglio ed ha la propria sede nella Chiesetta di San Carlo.

    Chiude i riti penitenziali l'Arciconfraternita della Vergine del Rosario, che parte dall'oratorio dell'ex convento di San Domenico. Da qui i confratelli con le mozzette di raso nero raggiungono la cattedrale. Questa congregazione era una volta considerata la congrega dei nobili della città, "dei Signori", ed ancora oggi non ha perso tale considerazione.

    Il privilegio di concludere i riti penitenziali pare che appartenesse nei secoli passati al SS. Rifugio in quanto confraternita più giovane e quindi ultima arrivata nelle già prima esistenti processioni penitenziali, fino a quando l'Arciconfraternita della Vergine del Rosario non decise di acquistare il posto dalla confratenita "dei carcerati".


    L'Ufficio delle Tenebre

    Il Mercoledì Santo, ritiratasi l'Arciconfraternita della Vergine del Rosario, si prepara un altro rito che si svolge nella Chiesa dei Frati Minori a San Giovanni a Villa: l'Ufficio delle Tenebre (Mattutinum Tenebrarum) detto popolarmente il "Terremoto". Questo brano liturgico apparteneva un tempo ai Mattutina Tenebrarum, a quel tessuto di riti e di preghiere della Settimana Santa.

    La funzione si articola su vari testi sacri, tra cui le Lamentazioni di Geremia, i Trattati di sant'Agostino e le Epistole di san Paolo, e su diversi sermoni letti e cantati in latino, con l'accompagnamento dell'harmonium, da vari lettori e cantori. Al rito partecipano i confratelli del SS. Crocifisso che vestiti dell'abito confraternale siedono in fila ai lati dell'altare. Nel presbiterio, di fronte all'altare, viene collocata la "Saetta", un grande candeliere a forma triangolare (da cui il nome per la forma a freccia), sul quale ardono quindici candele. Dopo ogni cantico o salmo si spegne successivamente una candela, lasciando accesa alla fine soltanto quella centrale posta alla sommità del candeliere (sul vertice). Alla fine della funzione si eseguono il Miserere (una volta cantato ed una volta recitato) ed il Benedictus (Canto di Zaccaria) cantato. Man mano che si procede nel corso della manifestazione la chiesa viene progressivamente oscurata; rimane la sola luce della candela succitata che viene presa dal cerimoniere e tenuta accanto all'altare per tutto il tempo in cui si canta l'antifona del Benedictus. Dopo il Benedictus, mentre i confratelli recitano il Miserere, il cerimoniere si allontana nascondendo dietro l'altare il solo cero ancora acceso. La Chiesa resta così completamente buia finché, recitato nuovamente il Miserere con l'Oremus relativo, segue un fragore che viene effettuato dai partecipanti e che simboleggia la reazione della natura alla morte del Figlio di Dio. Il "terremoto" termina quando la candela nascosta dietro l'altare riappare, per annunziare che l'Ufficio delle Tenebre è terminato. Qual è il significato di questo rito? Siamo nei giorni in cui la gloria di Cristo è eclissata sotto le ignominie della Passione. Giuda lo tradisce, gli Apostoli lo abbandonano, Pietro lo rinnega; questa defezione generale è simboleggiata dalle candele che a mano a mano si spengono. Tuttavia la luce misconosciuta di Cristo rimane, per brillare qualche tempo ancora presso l'altare, come Gesù sul Calvario. Per esprimere la sepoltura di Cristo, l'ultima candela della Saetta rimane un po' nascosta dietro l'altare, mentre un rumore confuso si ripercuote nella Chiesa, divenuta oscura. Sono le convulsioni della natura che ha raccolto l'ultimo respiro della Vittima, i terremoti, le rocce che si spaccano, i sepolcri che si aprono.


    Venerdì Santo

    Mentre lo stendardo nero dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso comincia a far capolino dal portale della Chiesa e la banda intona le prime note della Marcia Funebre Lugete Veneres, gli incappucciati escono disponendosi in fila per due, tra le note della marcia funebre. Verso le diciannove ha inizio la cerimonia: le statue vengono sollevate e portate a spalla e già dai primi passi, dentro la Chiesa, ha inizio la caratteristica "cunnulella", movimento dondolante e sincrono delle spalle e di tutta la persona. Il nero stendardo, con le insegne della confraternita, fa capolino alla porta della chiesa, avvolto in senso di lutto per la morte di Cristo. Seguono altri confratelli incappucciati, disposti in fila e con le fiaccole accese. Dalla Chiesa iniziano ad uscire i Misteri con la caratteristica cunnulella.

    Il primo mistero si affaccia al portone; è la raffigurazione del primo Mistero doloroso, cioè Gesù nell'Orto del Getsemani con l'Angelo che gli offre il calice. Questo Mistero è caratterizzato dalla mastodonticità del complesso e perciò risulta anche molto più pesante degli altri.
    Il secondo Mistero riproduce Gesù flagellato alla colonna.
    Il terzo Mistero è l'Ecce Homo, cioè Gesù, incoronato di spine, seduto su uno sgabello con le mani legate e con una canna fra le stesse.
    Il quarto Mistero, rievocante la seconda caduta di Gesù, sotto la pesante Croce, lungo la via del Calvario.

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    I falò del Venerdì Santo



    Dopo i Misteri viene portata da un confratello una grossa Croce sulla quale sono posti tutti i simboli principali della passione. Segue il Cristo Morto adagiato su una bara di legno, portata da confratelli anziani. Chiudono il corteo le Tre Marie, cioè tre statue riproducenti la Vergine Addolorata ed altre due donne (certamente Maria Maddalena ed un'altra persona). Le Tre Marie indossano abiti neri e gioielli offerti dal popolo. In segno di penitenza i fratelli portano il volto coperto dal cappuccio bucato all'altezza degli occhi, e così vestiti, disposti dietro lo stendardo e tenuto da due giovani partecipanti, procedono in fila per due con le torce accese. Il corteo è seguito da una gran quantità di donne alluttate e scalze, che, recando pesanti ceri, pregano il Cristo affinché conceda loro la grazia richiesta. L'incedere lento, ritmico, ondeggiante dei misteri è preannunziato dal lugubre suono di una cornetta che, suonata da un confratello fin dal mattino, prepara gli animi al passaggio del Cristo Morto. Al passaggio della processione si accendono i carraciuni (enormi falò formati da fascine raccolte e allestite nei vari quartieri in cui passa la processione); nel frattempo dagli angoli più angusti dei portali durazzeschi o catalani del centro storico i tre cantori del Miserere uniscono le loro teste e si levano le lamentose note del canto. Dopo aver attraversato via delle Terme e l'angusta via Paolini, la processione giunge alla Cattedrale ed attraverso via Garibaldi arriva in piazza. Va poi nel rione San Leo, risale nella piazza Mercato per poi ridiscendere lungo Corso Lucilio diretta alla Chiesa. La strada del ritorno è certamente quella più suggestiva, la più toccante e romantica: i gruppi si dispongono l'uno dietro l'altro mentre riecheggiano il Canto del Miserere e la Marcia Funebre Vella (dal nome dell'autore). La processione tende poi a ritornare alla chiesa di San Giovanni a Villa.

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    I "Misteri"



    Sabato Santo

    La processione del gruppo della Deposizione e della Pietà, che occupa la mattina di questo giorno, è forse quella emotivamente più intensa, certamente suggestiva è la partecipazione di tantissime donne alluttate. Il gruppo della Deposizione noto a Sessa Aurunca col nome di Mistero di San Carlo, ripropone l'immagine scenica del Calvario: Giuseppe D'Arimatea e Nicodemo tolgono il corpo di Cristo dalla Croce e lo consegnano alla Madre, che insieme alla Maddalena ed ad un altro personaggio completa la scena. L'altro gruppo, portato in processione dai confratelli della confraternita di Santa Maria del Rifugio è quello della Pietà, chiamato a Sessa semplicemente l'Addolorata e rievoca l'abbraccio della Vergine che raccoglie il corpo di Gesù. La statua, a differenza di tutte le altre, non è di cartapesta ma è ricavata da un unico tronco d'olivo la cui lavorazione è attribuita dalla tradizione alla mano di un ergastolano pentito.

    Anticamente le due processioni procedevano divise in due distinti cortei processionali e la tradizione voleva che non dovessero mai incontrarsi, pena gravi calamità per la Città. Dal 1968 le due processioni procedono unificate in un unico corteo nel quale la confraternita di San Carlo col Mistero della Deposizione precede quella di Santa Maria del Rifugio col mistero della Pietà. Dopo che entrambi i cortei si unificano all'altezza di Via Roma, la grande processione inizia il proprio percorso che è simile a quello della processione del Venerdì Santo, ma con alcune soste. Molte sono le differenze tra questa processione e quella del Venerdì Santo. Innanzitutto i Misteri del Sabato sono portati a spalla da molti confratelli (circa 25 per ogni mistero a differenza di quelli del venerdì); i confratelli, pur vestendo l'abito confraternale non portano il cappuccio abbassato; non c'è il canto del Miserere, caratteristica dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso e quindi della sola processione del Venerdì Santo; non ci sono i carraciuni (i falò rionali) e neanche le camelie; c'è una minore presenza di confratelli vestiti e partecipanti al corteo; infine, c'è una maggiore presenza di donne alluttate che seguono come ex voto la processione (soprattutto l'Addolorata).

    I due Misteri, dopo aver percorso le vie della Città con incedere lento, "cunnuliato" dalla Banda, che ha ripetuto il repertorio di marce funebri della sera precedente, fanno ritorno alle rispettive chiese. Frattanto, i confratelli dispensano ai partecipanti i candelotti degli ex voto donati dalle donne alluttate, nonché la ruta, l'erba dall'acre odore che "ogni male stuta".


    Le Confraternite

    Un ruolo fondamentale e caratterizzante durante la Settimana Santa a Sessa Aurunca è rivestito dalle antiche confraternite, retaggio di epoche passate. Tali congregazioni, già numerose nel Medioevo, fiorirono un po' dovunque in Europa particolarmente nel XVI e XVII secolo. A Sessa Aurunca l'origine di questi sodalizi è molto incerta e si possono soltanto proporre ipotesi. La più accreditata ritiene che siano frutto del fenomeno aggregativo-religioso sviluppatosi in Italia nell'epoca medievale ma anche dell'esportazione di organismi simili esistenti in Spagna. A tal proposito è utile ricordare che Sessa Aurunca è stata per molto tempo sotto il dominio degli spagnoli ed in particolare degli abitanti di Cordova (Consalvo di Cordova è vissuto a Sessa per tanti anni). Probabilmente questi conquistatori pensarono di rievocarli a Sessa Aurunca. Bisogna comunque ammettere che la città era già molto attiva ed offriva il retroterra ideale per un'operazione del genere; ci sono testimonianze, infatti, della presenza a Sessa Aurunca già nei secoli XII e XIII di rappresentazioni religiose della passione e della creazione. Quindi si può certamente pensare che l'origine di questi riti e di queste congreghe sia frutto di un collage di eventi, di ognuno dei quali sono rimaste tracce evidenti. A Sessa Aurunca operano, attualmente, sei confraternite, ma in passato ne esistevano almeno il doppio, di alcune delle quali esistono ancora chiare testimonianze.


    Arciconfraternita di San Biagio

    Il 4 febbraio del 1990 è stata ricostituita l'Arciconfraternita di San Biagio. Fondata il 12 maggio del 1513, è la più antica dell'intera diocesi di Sessa Aurunca. Anticamente aveva sede presso l'omonima chiesa sita in Via dei Ferrari, oggi non più esistente. La sua sede attuale è presso la chiesa di San Eustachio, detta "l'Annunziata". Celebra la sua festa nel giorno del 3 febbraio, festa di San Biagio. Svolge la propria processione penitenziale il Lunedì Santo mattino. I confratelli indossano saio e cappuccio di colore bianco e la mozzetta (con il cordone) di color "vinaccia". Sullo stemma è raffigurato un mezzo busto di San Biagio, di proprietà della Confraternita, esposto nella Chiesa dell'Annunziata.


    Confraternita del SS. Rifugio

    La Confraternita del SS. Rifugio è la confraternita più giovane di Sessa Aurunca, essendo stata costituita nel 1758. È anche detta "dei carcerati", in quanto tra le sue finalità assistenziali e caritative del passato la principale era l'assistenza ai carcerati. Questa confraternita ha sede presso la chiesa della Vergine del Rifugio. La confraternita organizza la processione del Sabato Santo con il gruppo della Pietà e la processione penitenziale il Lunedì santo pomeriggio. L'abito della congrega è caratterizzato da saio e cappuccio di colore bianco, e una mozzetta (con il cordone) di colore "verde". Sullo stemma è raffigurata l'immagine della Vergine del Rifugio, di proprietà della congrega, ed esposta nella chiesa omonima. Dalla Settimana Santa 2005, inoltre, i confratelli, in onore alla Vergine, hanno ripristinato l'antica usanza di legare una coroncina del Rosario attorno al cordone, come testimonia il quadro della Santa Vergine esposto in chiesa.


    Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti

    L'Arciconfraternita del SS. Crocifisso è stata costituita nel 1575 ed è aggregata alla confraternita del SS. Crocifisso di San Marcello al Corso (Roma). Questa confraternita dispone anche di un Monte di Pietà detto Monte dei Morti, nel quale vengono raccolte e amministrate le offerte e le devoluzioni che serviranno per le opere caritative e per il sostegno della congrega. È la confraternita che organizza la maggior parte dei riti quaresimali, tra cui la processione dei Misteri del Venerdì Santo, la processione penitenziale del Martedì Santo mattino, e l'Ufficio delle Tenebre il Mercoledì Santo sera. A differenza delle altre congreghe, i suoi confratelli indossano saio e cappuccio (con il cordone) di colore "nero" e senza mozzetta; mentre sullo stemma è raffigurata la Crocifissione.


    Arciconfraternita della SS. Concezione

    Altra antica Arciconfraternita è quella della SS. Concezione, detta "dell'Immacolata". Fu costituita nel 1579 ed attualmente ha la propria sede nella Chiesa di S. Giovanni a Piazza. È aggregata alla confraternita di San Lorenzo a Roma ed organizza la processione penitenziale del Martedì Santo pomeriggio. Anticamente il suo compito era quello di provvedere alle esequie dei poveri ed assistere le vedove ed i figli dei confratelli defunti. I confratelli indossano saio e cappuccio di colore bianco, e una mozzetta (con il cordone) di colore "celeste". Sullo stemma è raffigurata la Vergine Immacolata, di proprietà della confraternita, ed ora esposta nella Chiesa di S. Giovanni a Piazza. Fino a qualche anno fa, la Statua veniva portata in processione dai confratelli l'8 dicembre, in occasione della festività dell'Immacolata Concezione.


    Confraternita di San Carlo Borromeo

    La Confraternita di San Carlo Borromeo fu costituita nel 1615 ed ha la propria sede presso l'antica chiesetta di San Carlo. Anticamente era la congrega degli artigiani e dei manovali ed anche la più numerosa per numero di fratelli. Organizza la Processione del Sabato Santo, essendo custode del Mistero della Deposizione del Cristo, detto per questo motivo Mistero di San Carlo, e la processione penitenziale del Mercoledì Santo mattina. I confratelli indossano saio e cappuccio di colore bianco, e la mozzetta (con il cordone) di colore "rosso". Sullo stemma è raffigurato San Carlo Borromeo.


    Reale Arciconfraternita del SS. Rosario

    Questa Arciconfraternita fu costituita nel 1573 ed ha sede presso la chiesetta dell'antico convento domenicano di Sessa. Anticamente era considerata la confraternita dei nobili, "dei signori", in quanto tra le sue fila venivano accettati solo i membri delle famiglie più importanti ed altolocate. Questa congrega forniva assistenza ai condannati a morte. Organizza la processione penitenziale del Mercoledì Santo pomeriggio, chiudendo la prima parte dei riti della Settimana Santa a Sessa Aurunca. I suoi confratelli indossano saio e cappuccio di colore bianco, e una mozzetta (con il cordone) di colore "nero". Sullo stemma è raffigurata l'immagine della Vergine del Rosario, ed inoltre, in onore alla Vergine, i confratelli hanno l'usanza di legare una coroncina del Rosario attorno al cordone.


    Il Miserere

    Ogni venerdì di marzo, durante la funzione per la esposizione dei Misteri, nella Chiesa di S. Giovanni a Villa, più tardi, nella notte, lungo le strade deserte del centro storico, infine il Venerdì Santo durante lo snodarsi della Processione dei Misteri, viene rappresentato il "Canto del Miserere", una composizione musicale e polifonica di tradizione orale, eseguita a tre voci, sui versi del Salmo 50 di Davide. I cantori, stringendosi l'un l'altro ed affiancando le teste, danno vita ad un dolce suono come di organo, il cui lamento richiama nenie arabe o andaluse.

    Il Miserere è stato oggetto di studio da parte di noti etnomusicologi. Tra questi, Roberto De Simone, nel suo volume Canti e tradizioni popolari in Campania, scrive:
    « Dal punto di vista storico musicale ed etnomusicologo, questo Miserere pone una serie di interrogativi sui rapporti tra musica d'arte e musica popolare.

    Infatti è qui particolarmente interessante l'uso continuo dei ritardi armonici, il che mette in luce una pratica popolare che sembrerebbe senz'altro partita in tal modo dal basso ed avere influenzato l'arte musicale. D'altra parte le brevi cadenze modulanti sembrerebbero essere di origine colta ed entrate poi nell'uso popolare di tale musica religiosa. Eppure poi il tutto, nei movimenti melodici delle voci, viene condotto con uno stile che comprende passaggi con quarti di tono, effetti di suoni strisciati, attacchi e conclusioni particolari: e ciò non è sicuramente di derivazione belcantistica, né risente della storica scuola musicale. L'armonia infine sembrerebbe far capo a semplici strutture di villanelle cinquecentesche, sebbene l'uso parallelo di accordi in secondo rivolto (quarta e sesta) non è riscontrabile in nessun documento scritto pervenutoci. A meno che tale pratica non si riferisca al movimento parallelo di accordi in quinte consecutive (sebbene in rivolto), che allo stile della villanella popolareggiante si riferiscono, ma che in tal modo non ci sono mai pervenute dalla cultura musicale scritta.
    Insomma, è questo un pezzo che apre degli orizzonti all'indagine sullo stile armonico popolare e sulla storia della musica nei suoi rapporti con la musica popolare. »

    (Roberto De Simone, Canti e tradizioni popolari in Campania)





    http://it.wikipedia.org/wiki/Settimana_San...i_Sessa_Aurunca

    Settimana Santa di Sessa Aurunca


    La Settimana Santa di Sessa Aurunca è l'insieme delle celebrazioni e delle iniziative che si svolgono a Sessa Aurunca in occasione della settimana santa, con cui i cattolici si preparano a celebrare la Pasqua.


    [Le Processioni penitenziali

    La Settimana Santa di Sessa Aurunca si apre ufficialmente con le Processioni Penitenziali delle confraternite cittadine, che dalle rispettive chiese si recano in cattedrale per l'esposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento.

    I confratelli indossano un saio bianco tenuto in vita da un cinto, solitamente dello stesso colore della mantellina di raso; sopra alla mantellina portano la mozzetta, di colore diverso per ogni confraternita, sulla quale è posto uno stemma; unica eccezione è il saio dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso, interamente nero come il cappuccio, con cinto dello stesso colore e privo di mozzetta. In segno di penitenza i fratelli portano il volto coperto da un cappuccio bucato all'altezza degli occhi e così vestiti, disposti dietro lo stendardo aperto al vento e tenuto dai due confratelli più giovani della congrega, procedono in fila per due.

    Nel mezzo del corteo avanza la croce con l'assistente spirituale; seguono i dignitari della confraternita, priore ed assistenti, i quali precedono i fedeli che partecipano al rito cantando. Andando verso la cattedrale, dopo l'intonazione del parroco assistente che accenna le prime note del versetto, i confratelli cantano il Benedictus o Cantico di Zaccaria (Vangelo di Luca 1,68-79), più volte ripetuto durante il percorso. Giunti in
     
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