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I parafanghi di un Maggiolino Volkswagen vintage diventano dei piccoli scooter
Brent Walter è pronto a dare nuova vita ai parafanghi dei maggiolini Volkswagen da rottamare. Walter ha infatti riciclato alcuni pezzi di un Maggiolino Volkwagen originale, una delle auto più famose della storia dell’automobile, per realizzare il suo “Volkspod”, un motorino dall’originale design curvilineo, e ha costruito un motore e un telaio da inserire al di sotto della carrozzeria. Il progetto è iniziato per divertimento circa un anno fa nel garage/officina di Walter. Durante i lavori, ha documentato i suoi progressi su Instagram, dove la sua idea ha avuto un grande successo. Non si sa ancora se questi piccoli scooter saranno in vendita, ma nel frattempo potete dare un’occhiata alle foto e al video della prova del Volkspod.
Walter gestisce la produzione di apparecchiature mediche, e nel suo tempo libero si dedica alla fabbricazione di scooter e alla costruzione di altre cose. Walter ha voluto creare il Volkspod per mettere alla prova le sue abilità e creare qualcosa che potesse interessare gli appassionati. I parafanghi erano avanzati dalla riparazione della sua auto.
Walter ha documentato le fasi di creazione del Volkspod dal primo giorno sul suo Instagram, condividendo molti post in cui ha fornito interessanti dettagli di costruzione. Questi ciclomotori hanno motori da 79 cc, fanali anteriori e posteriori, e colori pastello blu e verde.
keblog.it/. -
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grazie MASTERLOTTO, molto bella . -
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Dodge Tomahawk
La Dodge Tomahawk è un prototipo di motocicletta presentato dalla Dodge al Salone dell'automobile di Detroit del 2003. Si stima che delle unità prodotte ne siano state vendute nove, al prezzo di 550.000 dollari l'una.
Caratteristiche
Il design della Tomahawk, in stile art déco, è stato affidato al designer della Chrysler Mark Walters; il motore, lo stesso della Dodge Viper SRT10, ha una cilindrata totale di 8.3 litri ed una potenza di 370 kW. Il veicolo è dotato di due ruote sia davanti che dietro, il che lo rende più simile ad un quadriciclo che non ad una tradizionale motocicletta. Le due coppie di ruote si muovono in maniera indipendente, permettendo al mezzo di controsterzare e piegare in curva come una moto.
Controversie sulla velocità massima
La velocità massima della Tomahawk è stata spesso fonte di dibattito. La Dodge inizialmente dichiarò che la velocità massima stimata era di 680 km/h, successivamente abbassata a 480 km/h; i portavoce della compagnia tuttavia non risposero alle domande su come tale velocità fosse stata calcolata. Wolfgang Bernhard, CEO del Gruppo Chrysler all'epoca, dichiarò nel 2003 che nessuno avesse mai guidato la Tomahawk ad una velocità superiore ai 160 km/h.
Joe Teresi, redattore della rivista Easyriders, disse che la velocità massima doveva essere stata stimata solo sulla base dei cavalli e del rapporto finale, ignorando i "fattori critici" quali area frontale, coefficiente d'attrito e resistenza aerodinamica. La Dodge declinò le offerte di un test su strada, e a quanto si sa nessuno ha mai tentato di guidare la Tomahawk fino alla sua massima velocità. Il portavoce dell'azienda David Elshoff disse che un giorno la Tomahawk avrebbe effettuato dei test di velocità al Bonneville Speedway, ma nessun tentativo fu mai fatto.
Dave Campos, ex detentore del record del mondo di velocità su moto, dubitò che la Tomahawk potesse superare le 200 mph (320 km/h), perché a quella velocità il pilota sarebbe "volato via dalla moto" senza una carenatura adeguata, e le quattro ruote sterzanti sarebbero state un ulteriore aggravante. Phil Patton del New York Times scrisse in un suo articolo: "in teoria, la Tomahawk potrebbe catapultarsi a 60 miglia orarie partendo da ferma in due secondi e mezzo e raggiungere le 300 miglia orarie. In pratica, dato che Evel Knievel è andato in pensione, è difficile immaginare qualcuno desideroso di provarci.
wikipedia. -
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Jaguar motorcycle
L'azienda britannica Land Rover produce auto e moto sportive con il marchio Jaguar. Ma nessuno dei veicoli sembra la vera bestia del logo - e un tale modello attirerebbe chiaramente l'attenzione sulle strade. L'artista Byron Hemmes una volta ha deciso di correggere questo malinteso, che alla fine ha effettivamente assemblato la moto da 424 chilogrammi sotto forma di un giaguaro. Ha scelto un Buell 97 S3 Thunderbolt come motore, quindi questo "mostro" potrebbe comportarsi bene sulla strada come un vero mostro. L'artista ha creato una sola copia, del valore di $ 567.000. Sì, il costo di una moto non è peggiore di un vero giaguaro.. -
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Strano "mostro": motocicletta a 48 cilindri
Quanti cilindri dovrebbe avere un motore di una moto? Due? Quattro? Che ne dici di una moto con un motore a 48 cilindri? Il fan della motocicletta Simon Whitlock ha costruito questa pazza custom nel 2003 basata sulla classica Kawasaki 250 S1. Questo modello è stato prodotto da un'azienda giapponese dal 1972 al 1975, e nell'originale è dotato di un motore 3 cilindri da 250 cc con 31 CV. Cioè, in effetti, è una moto relativamente piccola.
Whitlock si discostava minimamente dall'originale. I 48 cilindri del suo "mostro" sono presi dai motori originali S1 - in totale, 16 motori hanno dovuto essere sventrati. I cilindri sono collegati in 6 linee da 8 pezzi e le linee sono collegate a una trasmissione comune presa in prestito da una moto BMW.
Il volume totale del motore risultante è di 4200 cm 3 . Come dispositivo di avviamento è coinvolto un 17° motore separato con un volume di 75 cubi.
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Munch Mammut, una delle moto più strane della storia
La mastodontica moto degli anni sessanta, che portava in vacanza i tedeschi quando noi apprezzavamo le piccole cilindrate. La Münch Mammut è una delle moto più particolari e strane della storia. Massiccia e pesante come l’animale preistorico da cui prende il nome, è uscita dalla mente geniale di Freidl Münch che, nel 1965 decise di montare su un telaio in tubi di sua invenzione “Mammoth”, lo stesso motore di 996 cc della berlinetta NSU Prinz.
Costosa e tecnologica come un’auto
Costruita artigianalmente per contenere un peso che non superasse i 300 kg, aveva molte parti in Elektron, una speciale lega in magnesio che Münch utilizzava data la sua passata esperienza come ingegnere aeronautico nella Luftwaffe. Con questa tecnologia erano realizzati: cartella della distribuzione, coppa dell’olio, scatola del cambio, foderi forcelle, forcellone oscillante, carter della catena, le ruote, il codone, la sella e il parafango posteriore così come il supporto della strumentazione e del fanale. Quest’ultimo era uno dei due gruppi ottici della Prinz.
Poco diffusa oltre i confini nazionali, in Germania era apprezzata per i lunghi viaggi e le vacanze. All’epoca, nessun costruttore aveva a catalogo un “quattro cilindri” a parte la poco appetibile, per prezzo ed estetica, MV Agusta 600 conosciuta anche come “black-pig”. Mancava ancora qualche anno all’avvento delle veloci Honda CB Four 750 e grazie al suo motore da auto, beneficiava di un collaudato sistema di raffreddamento a liquido.
A noi piace piccola
In Italia, dove il boom economico lanciava le piccole utilitarie, la Vespa e tutto ciò che rendeva la mobilità alla portata delle nostre tasche, un mezzo del genere non aveva l’appeal adatto e il mercato favoriva le piccole cilindrate. Se l’automobile da cui derivava era economica, non si poteva certo pensare la stessa cosa per questa strana moto, piena d’ingegneria, soluzioni e con un ventaglio di possibilità d’impiego diverso dalle moto mediamente prodotte fino allora.
Nel corso della produzione, la Mammut passò dall’iniziale potenza di 55 Cv ai 100 del modello con motore 1200 cc. Originariamente dotato di carburatori Weber 40DCOE, dal 1973 fu introdotta l’iniezione meccanica Kugelfischer da cui assunse il nome di Model 1200 TTS-E. Per tener fede ai propri clienti, Münch costruì anche un impianto frenante con freno a tamburo da 250 mm.
Il tentato record e il rischio fallimento
Vincendo il campionato mondiale sidecar nel 1971, l’impegno sportivo dell’azienda si fece più intenso, ma i risultati non arrivarono. Dopo il tentativo di conquistare il record di velocità con la “Daytona Bomb”, il costo delle corse portò il marchio sull’orlo del fallimento. A dispetto della crisi economica, la produzione è proseguita, mantenendo la mentalità dei grossi propulsori. Nel 2001 uscì il modello Mammut 2000 di 1998 cc, disponibile in 250 esemplari, costava 166.000.000 di lire.
Una staffetta con NSU
La scelta di Münch di prelevare un motore NSU nato per le auto e farne il cuore di una nuova moto di grossa cilindrata, segna il casuale e involontario passaggio di consegne tra la storica fabbrica di Neckarslum, che chiuse la produzione di moto nel 1966, e il neonato progetto di Freidl, proseguito per anni con alterni successi, ma sempre strettamente legato alla filosofia originale.
La Mammut non è certamente il frutto della ricerca estetica, ma è comunque una moto unica. E’ figlia di un’antica passione per i lunghi viaggi in moto e si capisce l’esigenza di avere una grossa cilindrata a disposizione, in un periodo storico in cui inglesi, italiane e giapponesi sfoggiavano alte velocità con la metà della cubatura.
Questa moto nel cinema
A questa motocicletta è stato dedicato il titolo di un film con Gèrard Depardieu, uscito nel 2010. La pellicola non tratta il tema della moto o del motociclismo, ma il robusto personaggio interpretato dall’attore francese ne possiede una e la guida per gran parte della storia.
La curiosa intuizione del fanale
La cosa che più colpisce a prima vista è sicuramente il curioso e un po’ buffo fanale, come dicevamo, ricavato da un gruppo ottico della Prinz. Rispettando lo stile della moto, è una scelta funzionale e in tempi non sospetti, alquanto geniale. La stessa genialità riconoscibile anni più tardi alla presentazione della modernissima MV Agusta Brutale. In fase di progettazione Castiglioni suggerì ai propri ingegneri un faro automobilistico. La nuova moto, sarebbe uscita dagli stabilimenti, con un pezzo del suo Porsche parcheggiato all’ingresso.
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La moto più strana che abbiamo visto a Eicma
Tra le varie creature eccezionali presenti al Salone a Milano, ce c’è una che ci ha colpito più di tutte per il suo aspetto a dir poco stravagante e originale. Il Salone del Ciclo e Motociclo che si tiene ogni anno a Milano-Rho Fiera ha aperto le porte martedì 8 novembre, prima per la stampa, e da oggi fino a domenica 13 è pronto ad accogliere migliaia di visitatori e appassionati che arrivano da ogni parte del mondo, uniti dalla passione per le due ruote e i motori.
Nello scenario della manifestazione, come sempre, abbiamo visto tanti modelli unici e bizzarri – come la moto robot elettrica cinese che sta in piedi da sola, di cui abbiamo parlato proprio poco fa – ma quello che ci ha colpiti più di tutti è il veicolo realizzato da Horwin. Il costruttore cinese ha infatti scelto Eicma 2022 per presentare al pubblico le sue grandiosi novità: Horwin Senmenti O e Horwin Senmenti X, definite dal produttore stesso come la prima bio-macchina intelligente ad alte prestazioni e telaio integrato.
Le creature di Horwin a Eicma
Come la Casa stessa ha dichiarato, ci sono voluti ben sei lunghi anni di ricerca e sviluppo per riuscire a realizzare queste due nuove motociclette Horwin, così uniche nel segmento delle due ruote. Anni di duro lavoro, che servivano per riuscire a trovare una soluzione che potesse ottimizzare il livello delle prestazioni, ma anche l’autonomia e la riduzione del peso, andando oltre quello che è il design strutturale delle moto tradizionali con motore endotermico che siamo abituati a vedere.
La Horwin Senmenti viene proposta dal produttore cinese nelle due varianti O che X, e in entrambi i casi è dotata di più di 30 sensori e di una tecnologia di controllo di sistema che possiamo definire molto simile a quella che viene inserita sulle automobili di nuova generazione, capace di elaborare le informazioni e il processo decisionale ad alta velocità, per lo sviluppo di una piattaforma dedicata intelligente, in grado di integrare raccolta e analisi dei dati con il processo decisionale automatico.
La moto più strana di Eicma, dall’aspetto tanto originale – che ci ha stupiti – offre inoltre la tecnologia di aggiornamenti Over-the-Air, e per questo motivo sarà sempre più intelligente e potrà apprendere in futuro addirittura la personalità dell’uomo, con un’analisi delle interazioni uomo-macchina, andando a interagire con gli utenti, fino ad arrivare ad avere delle capacità di comunicazione reali.
A Eicma Horwin ha esposto il nuovo telaio intelligente integrato IM insieme alle Senmenti O e X; la Casa lancia anche – in occasione del Salone del Ciclo e Motociclo – il nuovo laboratorio di vita mobile, un vero e proprio evento di co-creazione dell’utente, un’esperienza unica.
Il progetto rivoluzionario
C’è da dire che le due moto di Horwin, le Senmenti O e X, sono davvero incredibili. Innanzitutto sono dotate di un sistema di self-balance in grado di mantenere in equilibrio il veicolo, ma anche le prestazioni non sono da meno: la moto raggiunge i 200 km/h di velocità massima e può scattare da 0 a 100 km/h in soli 3 secondi.
Si tratta di un progetto davvero rivoluzionario, non potremmo definirlo altrimenti. Le nuove concept Senmenti sembrano quasi degli esseri umani, in grado di interagire come se fossero in possesso dei cinque sensi e di una propria intelligenza. Horwin ha spiegato che i nuovi veicoli “diventeranno sempre più intelligente e in futuro potranno anche apprendere la personalità unica dell’uomo, utilizzare sistemi uomo-computer per interagire con gli utenti e diventare una nuova vita mobile con reali capacità di comunicazione, memoria e apprendimento”.
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