TUTTE LE CURIOSITÁ SUI DINOSAURI E SULLA PREISTORIA

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    Il dinosauro con 500 zanne: era come una mucca



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    Un insolito dinosauro, con una bocca enorme, soprannominato dagli scienziati "la mucca del Mesozoico", fu in passato molto più diffuso di altri grandi rettili preistorici più noti. Alcuni ricercatori dell'Università di Chicago hanno analizzato ai raggi X i resti di un nigersaurus taqueti rinvenuti nel deserto del Sahara nel 1997 e ne hanno elaborato una ricostruzione computerizzata.

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    Il nigersaurus in questione è lungo 9 metri: non molto, per un dinosauro. Ma i centimetri che gli mancano in lunghezza, li recupera in... dentatura: la sua mandibola, squadrata e lunga più di mezzo metro, è dotata infatti di oltre 50 colonne di denti, per un totale di circa 500 piccole zanne (foto). Un simile arsenale di incisivi funzionava, secondo gli scienziati, come una potente falciatrice che mieteva e inglobava qualunque tipo di piante gli capitasse a tiro: da qui il soprannome di "mucca del Mesozoico".

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    Lo scheletro del dinosauro, contenente più aria che materia ossea, sembra invece estremamente fragile: il nigersaurus riusciva a fatica a sorreggere il peso di collo e dentatura. Preferiva trascorrere le sue giornate a capo chino, brucando piante. La scarsità di fossili sarebbe giustificata proprio dalla fragilità delle sua ossa, difficilmente conservabili; denti simili a quelli di quest'esemplare sono stati invece rinvenuti in varie località di Africa, America ed Europa. Segno, secondo il coordinatore della ricerca, Paul Sereno, che i nigersaurus erano molto più comuni degli altri dinosauri erbivori.

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    L'insetto che si è mangiato i dinosauri



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    Se al museo di storia naturale della tua città ci sono pochi dinosauri la colpa è tutta di un coleottero che si è mangiato a man bassa i resti dei lucertoloni. (Andrea Porta, 26 maggio 2008)

    Che fine hanno fatto i dinosauri? Se li sono mangiati i coleotteri. Non parliamo dell'estinzione dei grandi rettili, in parte ancora misteriosa (leggi la notizia), ma della scarsa presenza di resti fossili giunti intatti fino a noi. Secondo un team di paleontologi della Brigham Young University di Provo (Utah, Usa) i colpevoli sono i dermesti (Dermestes maculatus) - coleotteri, ancora oggi esistenti, le cui larve rodono pelle, cuoio, stoffe e si cibano di resti animali - che andavano matti per la carne di dinosauro.

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    Che voraci! Studiando i resti fossili di camptosauri, erbivori vissuti tra il giurassico e il cretaceo (circa 135 milioni di anni fa), gli studiosi hanno scoperto segni di erosione del tutto simili a quelli lasciati dagli attuali esemplari di larva di dermeste. È probabile che già pochi giorni dopo la morte di un sauro i dermesti vi si avventassero sopra. Deponendo lì anche le uova, da cui affamatissime larve uscivano per rosicchiare la carcassa fino all'osso. Secondo i paleontologi la scoperta è interessante anche perché sposta indietro di qualche decina di milioni di anni la data di nascita presunta degli affamati coleotteri.


    Gli insetti che hanno fatto sparire i dinosauri



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    I dinosauri, i più grandi e terrificanti animali mai vissuti sulla Terra, scomparvero improvvisamente per colpa degli insetti. È questa la tesi sostenuta da George e Roberta Poinar, zoologi, in un libro recentemente pubblicato negli Stati Uniti, What bugged the dinosaurs? (che cosa ha fatto sparire i dinosauri?). Gli studiosi affermano che 65 milioni di anni fa, durante l'ultima fase di "dominio" incontrastato dei giganteschi rettili, gli insetti crebbero improvvisamente in numero e specie. Questo ebbe due conseguenze: da un lato si diffusero malattie di ogni tipo, dall'altro fu favorita la diversificazione delle specie vegetali di cui gli insetti trasportavano i pollini. I dinosauri sopravvissuti alle epidemie provocate da mosche, zanzare e affini dovettero pertanto anche cambiare "dieta" per adattarsi alle nuove piante. Un passaggio che potrebbe avere avuto conseguenze tragiche sui sauri.


    Dall'era dei dinosauri: orchidee in una goccia d'ambra



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    Anche i tirannosauri fiutavano le orchidee! È ciò che affermano alcuni biologi dell'Università di Harvard, secondo cui le orchidee sarebbero nate tra 76 e 84 milioni di anni fa, quando il pianeta era ancora abitato dai dinosauri. Molto prima di quanto si pensasse. Sul dorso di un'ape estinta, conservata in una resina, gli scienziati hanno infatti trovato tracce fossili di un'orchidea della specie Meliorchis Caribea. Una successiva analisi molecolare li ha portati alla conclusione che le orchidee abbiano cominciato a fiorire appena dopo la grande estinzione di massa avvenuta tra il Cretaceo e il Terziario. La scoperta pubblicata su Nature mette forse fine al mistero sull'origine di quella che oggi è la più ampia famiglia di piante presente in natura. Perché mentre per le altre piante è facile stabilire le origini, per le orchidee no, a causa della loro concentrazione nelle aree tropicali, dove caldo e umidità prevengono la "fossilizzazione". (Foto: © Santiago Ramírez - L'ape e il polline di orchidea intrappolati nell'ambra.)


    FONTE: focus.it

    Edited by belias94 - 25/9/2019, 08:15
     
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    Norvegia: scoperto un super predatore (del Giurassico)



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    Un mostro marino di 15 metri di lunghezza, con denti affilati lunghi una ventina di centimetri e una mascella di tre metri che avrebbe potuto fagocitare in un solo boccone una piccola automobile. Doveva avere questo aspetto il pliosauro i cui resti fossili risalenti a 150 milioni di anni fa sono stati rinvenuti nell'arcipelago di Svalbard, al largo delle coste norvegesi. «Si tratta dell'esemplare più grande mai scoperto», spiega Joern Hurum, paleontologo presso il museo di Storia Naturale di Oslo: finora il più grande pliosauro di cui si ha conoscenza (soprannominato "il Mostro") misurava una decina di metri. Benché non fossero in assoluto i più grandi rettili marini della preistoria - gli imponenti ittiosauri arrivavano fino a 23 metri di lunghezza - i pliosauri, vissuti nel Giurassico, erano certamente tra gli animali preistorici più aggressivi e pericolosi.


    L'età degli scorpioni giganti





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    La preistoria era popolata da millepiedi mostruosi, scorpioni giganti, scarafaggi dalle proporzioni colossali e libellule enormi. Questo spettacolo, al limite del mostruoso, emerge da uno studio del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Bristol (Regno Unito), pubblicato dopo la scoperta in una cava di pietra vicino a Prüm (Germania) di una chela appartenente a un'antica specie di scorpione marino gigante, il Jaekelopterus rhenaniae (nell'illustrazione accanto), vissuto tra i 460 e i 255 milioni di anni fa. Secondo i rilevamenti sulla chela (46 cm) l'animale doveva misurare circa due metri e mezzo. A quanto si sa, il Jaekelopterus rhenaniae, antenato acquatico degli attuali scorpioni, si è evoluto a causa degli elevati livelli di ossigeno nell'atmosfera che l'hanno spinto a spostarsi sulla terra. Quanto alle dimensioni di questo e di altri antichi invertebrati non c'è una spiegazione certa: «È probabile che alcuni artropodi erano così grandi perché la competizione con i vertebrati non era ancora molto forte», spiega Simon Braddy, uno degli autori dello studio.



    Le tigri preistoriche mordevano come... gattini




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    I macairodonti, più conosciuti come tigri dai denti a sciabola, sono sempre stati reputati carnivori sanguinari, capaci di dilaniare le prede con i loro lunghi e affilatissimi canini. Un recente studio, condotto in Australia e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science, studiando la potenza del morso dello smilodonte, il genere più noto di macairodonte, è però giunto a risultati a dir poco sorprendenti: essa era di appena un terzo rispetto a quella di un leone dei giorni nostri. Come hanno potuto affermarlo? Utilizzando una tecnica computerizzata per calcolare con precisione i carichi che poteva sopportare la struttura cranica degli smilodonti. Ancora una volta, insomma, l'apparenza inganna... anche se non del tutto visto che, comunque, i gattoni preistorici usavano i lunghi denti per azzannare i punti vitali della preda, dopo averla atterrata grazie alla loro possanza fisica.


    Da dinosauro a uccello... a grandi passi



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    Immaginate un pollo di 1.400 chilogrammi, alto il doppio di un uomo e fornito di unghie terribili e una coda allungata. Non è un incubo, ma la fotografia del Gigantoraptor Erlianensis, un dinosauro vissuto non meno di 70 milioni di anni fa e, tecnicamente, appartenente alla famiglia degli oviraptorosauri, piccoli dinosauri piumati simili a uccelli che si riteneva non potessero superare i 35-40 chili di peso.
    Il ritrovamento di questa specie finora sconosciuta risale al 2005, ma l'annuncio scientifico è stato dato soltanto ora, dopo accurtate analisi. La scoperta dei resti fossili di questa nuova specie di dinosauro è infatti alquanto importante perché contraddice le attuali teorie dell'evoluzione dei volatili.
    Finora gli studiosi ritenevano che l'evoluzione dei dinosauri prima in oviraptosauri e poi in volatili fosse stata accompagnata da una necessaria e progressiva diminuzione delle dimensioni. Il Gigantoraptor apre invece nuovi interrogativi: è privo di denti e la sua mascella è conformata in modo molto simile a un becco, ha gambe magrissime, forse un piumaggio folto (e, forse, è incapace di volare), ma certamente la sua linea evolutiva, per quanto fuori misura, discende dai dinosauri e va verso i volatili.
    I resti fossili ritovati nel deserto del Gobi, in Mongolia, identificano un esemplare lungo circa otto metri, alto oltre 5 e con massa corporea non inferiore a 1.400 chilogrammi. Non poco, considerando che gli esami hanno confermato che non aveva ancora raggiunto la maturità. Un cucciolo, insomma, come non se lo aspettava nessuno.



    Il dinosauro biplano con 4 ali




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    Potrebbe essere stato il primo e unico animale a volare come un biplano. Stiamo parlando del Microraptor Gui, un piccolo dinosauro provvisto di quattro zampe piumati. Secondo uno studio appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, la sua struttura fisica suggerisce che abbia potuto veleggiare nell’aria con le quattro ali aperte.
    Se l’ipotesi fosse confermata si tratterebbe dell’unico esempio conosciuto di creatura vivente in grado di sfruttare un quella tecnica che noi associamo ai primi voli dei fratelli Wright.
    Questa teoria non è nuova, ma solo oggi gode di un certo credito presso la comunità scientifica. I primi fossili di Microraptor, risalenti a circa 125 milioni anni fa, sono stati trovati in Cina nel 2003, ma si è sempre sostenuto che la struttura aerodinamica del dinosauro non fosse adatta a questo tipo di volo. In pratica, una volta in aria, le due zampe posteriori sarebbero state piegate all’indietro, come fanno tuttora i rapaci. Il dibattito però si è riacceso, e ora si spera in nuovi ritrovamenti che possano far decidere per una tesi o per l’altra.


    L’uccello del terrore



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    Aveva la testa grande come quella di un cavallo, era alto 3 metri e forse – ma ancora non si sa - pesava mezza tonnellata. Somigliava a un volatile, ma non poteva volare e quando si aggirava per qualche territorio, molto probabilmente, spargeva il panico tra i mammiferi di piccole dimensioni (non più grandi di un cane), di cui era “goloso”. Era l’”uccello del terrore”, come è stato soprannominato il gigantesco pennuto preistorico, di cui sono stati recentemente ritrovati alcuni resti in Argentina.
    Ma, a dispetto delle sue dimensioni, sembra che fosse molto agile. Le sue gambe sottili (come testimoniano i resti rinvenuti), lo rendevano veloce e scattante, più di quanto si fosse mai pensato.
    Il cranio dell'animale, che è stato ritrovato insieme ad altre ossa, inoltre, è quasi completo e potrebbe fornire nuove e importanti informazioni su questo bizzarro rapace terrestre, vissuto tra i 60 e i 2 milioni di anni fa in Sud America.


    FONTE: focus.it

    Edited by belias94 - 10/8/2019, 13:30
     
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    Il Mammuthus, l'elefante preistorico



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    Con il termine di mammut (gen. Mammuthus) si intendono varie specie di grossi proboscidati estinti, strettamente imparentati con gli odierni elefanti, caratterizzati da lunghe zanne ricurve e, nelle specie settentrionali, da un lungo vello che ne ricopriva il corpo. Vissero dal Pliocene (circa 4,8 milioni di anni fa) fino a circa 3.500 anni fa. La parola mammut deriva dal russo мамонт, mamont, probabilmente a sua volta derivato da una parola Khanty. I mammut e i loro parenti mastodonti sono spesso considerati un esempio iconico di animale estinto.

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    Storia evolutiva

    Resti di mammut sono stati rinvenuti in Europa, Africa, Asia e Nordamerica. Si pensa che questi animali si fossero sviluppati in Africa del Nord circa 4,8 milioni di anni fa, nel Pliocene; i resti della specie primitiva Mammuthus africanavus sono stati rinvenuti in Ciad, Libia, Marocco e Tunisia.

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    Mammuthus subplanifrons, del Sudafrica e del Kenya, è anch'esso considerato una delle specie più antiche e primitive (età: circa 4 milioni di anni). Nonostante la loro origine africana, i mammut sono più strettamente imparentati con gli odierni elefanti asiatici che con le due specie di elefanti africani.

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    L'antenato comune di mammut ed elefanti asiatici si separò dalla linea degli elefanti africani tra i 7 e i 6 milioni di anni fa. Gli elefanti asiatici e i mammut si differenziarono in seguito, circa mezzo milione di anni dopo.

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    I mammut africani, in poco tempo, migrarono a nord verso l'Europa e diedero origine a una nuova specie, il mammut meridionale (Mammuthus meridionalis), che si diffuse attraverso l'Europa e l'Asia e attraversò il ponte di Bering, ora sommerso, fino ad arrivare in Nordamerica. Circa 700.000 anni fa, il clima peggiorò sensibilmente e le pianure e le savane di Europa, Asia e Nordamerica divennero steppe freddissime e decisamente meno fertili.

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    Il mammut meridionale, di conseguenza, scomparve, sostituito in gran parte del suo areale dal mammut delle steppe (Mammuthus trogontherii). Questa specie, poi, diede origine al mammut lanoso, Mammuthus primigenius, circa 300.000 anni fa. I mammut lanosi erano eccezionalmente adatti a fronteggiare il freddo estremo dell'Era glaciale.

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    Questa specie di mammut ebbe un successo davvero notevole: visse dalla Spagna fino al Nordamerica, e si pensa sia esistita in grandi quantità di individui. Il ricercatore russo Sergei Zimov ha stimato che durante l'ultima Era Glaciale, parti della Siberia potrebbero aver avuto una densità media di popolazione di sessanta animali per cento chilometri quadrati - l'equivalente degli elefanti africani al giorno d'oggi. In Nordamerica, invece, si svilupparono due specie di mammut, Mammuthus jeffersonii e Mammuthus columbi.

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    Estinzione

    La maggior parte dei mammut si estinse alla fine del Pleistocene. Fanno eccezione i mammut nani dell'isola di Wrangel, che si estinsero solo intorno al 1500 a.C. Una spiegazione condivisa per la loro estinzione non è ancora stata raggiunta. Le principali spiegazioni si rifanno a ragioni climatiche o alla eccessiva caccia da parte dell'uomo; il dibattito è tuttora aperto.

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    Nuovi dati derivati da studi fatti su elefanti viventi e diffusi dall'American Institute of Biological Sciences (BioScience, aprile 2006, vol. 56, n. 4, pp. 292–298) suggeriscono che anche se la caccia potrebbe non essere stata la prima causa dell'estinzione finale dei mammut, è probabile che sia stata comunque un fattore fondamentale.

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    Si sa che Homo erectus consumava carne di mammut già 1,8 milioni di anni fa. Comunque, l'American Institute of Biological Sciences fa anche notare che ossa di elefanti morti, lasciate sul terreno e in seguito calpestate da altri elefanti, tendono a riportare scalfitture simili a segni di macellazione, precedentemente male interpretati da noti archeologi.

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    La sopravvivenza dei mammut nani (Mammuthus primigenius vrangeliensis) nell'isola di Wrangel in Russia è dovuta al fatto che l'isola era molto remota, e completamente disabitata fino all'Olocene inoltrato. L'isola non fu scoperta dalla civiltà odierna fino al 1820, da una nave baleniera americana.

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    I mammut di Wrangel non erano però di piccolissima taglia, con un'altezza al garrese di circa 2-2,5 metri, paragonabile a quella di alcune varietà di elefanti asiatici (es: Borneo), e infatti non sono considerati una specie a sé stante del genere Mammuthus, ma una semplice variazione geografica del mammut lanoso. Un molto più marcato nanismo insulare è stato riconosciuto nei mammut delle isole Channel della California (Mammuthus exilis), che sono considerate una specie distinta ed originatesi in un periodo precedente.

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    Là, gli animali sono stati probabilmente sterminati quando i nativi americani iniziarono a navigare fino alle isole Channel, che sono prospicienti alla costa, e/o dalla perdita dell'habitat.

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    Un'altra specie nana (Mammuthus lamarmorae) è vissuta in Sardegna e presumibilmente in Corsica (le due isole erano all'epoca collegate), estinguendosi circa 500.000 anni fa, grossomodo in concomitanza con le più antiche tracce di occupazione umana in Sardegna e Corsica.

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    Taglia

    Come gli odierni elefanti, i loro parenti più prossimi, anche i mammut potevano raggiungere dimensioni ragguardevoli. La specie più grande conosciuta, il Mammuthus sungari che viveva tra la Cina e la Mongolia, raggiungeva l'altezza di 5 metri al garrese.

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    Probabilmente i mammut pesavano circa 6 - 8 tonnellate, ma eccezionalmente i grandi maschi potrebbero aver superato le 12 tonnellate. La maggior parte delle specie, in ogni caso, erano grandi solo quanto un elefante asiatico attuale, e si conoscono fossili di forme nane (i già citati Mammuthus exilis e Mammuthus lamarmorae).

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    altro qui

    foto sul web

    [DOCUMENTARIO] I Predatori della Preistoria - Ep. 6



    Il sesto episodio è ambientato 30.000 anni fa (Pleistocene superiore) nel Mare del Nord, in Belgio e sulle Alpi svizzere. Sono arrivate le Glaciazioni.

    I protagonisti di quest'ultimo episodio sono un branco di Mammut, che dovrà compiere l'annuale migrazione dall'Europa settentrionale alle Alpi, incontrando altri bizzarri animali e cercando di deviare le due specie di uomini esistenti allora, oltre che i temibili leoni delle caverne.

    Animali che compaiono nell'episodio:

    . Mammut
    . Rinoceronte lanoso
    . Megaloceros
    . Leone delle caverne
    . Uomo di Neanderthal
    . Uomo di Cro-Magnon



    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:24
     
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    Scoperte orme di dinosauri a Gantheaume Point in Broome



    Cable Beach e Roebuck Bay

    Broome sta avendo un notevole sviluppo turistico, grazie alla sua posizione geografica ed alle bellezze naturali del Kimberley. La spiaggia più famosa della città è Cable Beach, così chiamata perché qui venne posato nel 1889 il cavo telegrafico sottomarino che collegava l'Australia a Singapore e quindi all'Inghilterra, la madrepatria per la maggioranza dei coloni australiani. Cable Beach si trova a 7 chilometri da Broome ed è lunga circa 22,5 chilometri, con maree che possono raggiungere anche i 9 metri di estensione. Per sviluppare ulteriormente il turismo, in alcune zone sono state poste reti a protezione dei bagnanti contro squali e cubomeduse.
    Mentre Cable Beach si sviluppa a nord di Broome, nella parte sud si apre la Roebuck Bay (Broome infatti sorge su di una penisola che divide le due zone). La baia ha una notevole importanza in quanto ospita numerose specie di uccelli migratori, come ad esempio i chionidi, che si fermano in queste acque durante gli spostamenti fra il continente australiano e quello asiatico. Trenta metri al largo della costa presso Gantheaume Point (l'estremo sud-occidentale di Cable Beach) si trovano delle impronte di dinosauro risalenti a circa 130 milioni di anni fa. Visto il loro posizionamento, esse sono visibili solamente durante le fasi di bassa marea.

    wikipedia.org/


    Durante il periodo Cretaceo, Broome è stato un enorme delta di un fiume ricco di vita per i dinosauri. Almeno nove specie di impronte di dinosauri sono state identificate a Gantheaume Point. I brani presenti nella zona dimostrano che tutti i principali gruppi di dinosauri abitavano nell'Australia. Ci sono tracce di mangiatori di carne legati al famoso Tyrannosaurus, Anchilosauro blindati, ornitopodi vegetariani e Stegosauro e l'immensa sauropode che ha lasciato un'impronta che misura 1,7 metri di diametro.

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    foto sul web

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:25
     
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    Platybelodon: l'elefante che aveva la bocca a forma di paletta



    Il platibelodonte (gen. Platybelodon) era un parente preistorico dell'elefante vissuto nel Miocene superiore. I suoi resti sono stati rinvenuti in Europa orientale, in Asia, in Africa e forse in Nordamerica.

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    Una pala per dragare i fiumi

    La caratteristica principale di questo strano proboscidato era rappresentata dal muso: esso era caratterizzato da un insolito sviluppo delle zanne inferiori, estremamente allargate. I due giganteschi denti, larghi e piatti, erano accostati l'uno all'altro e andavano a formare un vero e proprio “badile”. Le zanne superiori, invece, erano piuttosto corte e affiancavano probabilmente quella che doveva essere una proboscide corta e piatta.
    Questa straordinaria struttura doveva servire probabilmente a raccogliere quanto più materiale vegetale possibile nelle zone fangose e paludose nei pressi degli specchi d'acqua. Il platibelodonte, quindi doveva passare gran parte del suo tempo "dragando" i fiumi bassi alla ricerca di alghe e di piante.

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    Parentele ed evoluzione

    Il platibelodonte si è originato nel corso del Miocene da proboscidati poco specializzati come Gomphotherium. L'aumento delle dimensioni (il platibelodonte era grande come un elefante odierno) e la strana specializzazione della mandibola permisero a questo animale di raggiungere un successo evolutivo notevole e di prosperare per svariati milioni di anni.

    Una specie primitiva, P. danovi, è conosciuta nella Russia europea, mentre la specie più famosa e più evoluta, P. grangeri, proviene dalla Mongolia. Da notare che altri animali simili, ma probabilmente non strettamente imparentati (ad esempio Gnathobelodon e Amebelodon) si diffusero in Nordamerica più o meno nello stesso periodo, segno che la specializzazione delle zanne "a pala" doveva essere davvero utile.

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    Nella cultura popolare

    Una ricostruzione di platybelodonte è presente nel Parco della Preistoria di Rivolta d'Adda, mentre viene attaccato da un Macairodo, un felino dai denti a sciabola.
    Dei platibelodonti sono presenti ne la saga de L'era glaciale, rispettivamente nel secondo, nel terzo e nel quarto.


    wikipedia.org

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:25
     
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    Il misterioso “amico” dei pinguini preistorici



    Di questa enigmatica creatura vissuta dopo la fine dei dinosauri sappiamo solo che era un uccello marino e che non era un pinguino, con cui però viveva

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    Una ricostruzione di Waimanu manneringi, i pinguini preistorici che vivevano con Australornis lovei. Illustrazione di Nobu Tamura



    Alcuni resti fossili analizzati recentemente in Nuova Zelanda appartengono a uno dei più antichi uccelli marini mai scoperti, un misterioso volatile che viveva insieme ai primi pinguini.

    I resti, trovati a Canterbury, in Nuova Zelanda, appartengono a un uccello vissuto tra 60.5 e 61.6 milioni di anni fa, appena subito dopo l’estinzione dei dinosauri. A fare la scoperta non un team di ricercatori ma un semplice dilettante appassionato di fossili, Leigh Love, che ha donato la sua scoperta al museo di Canterbury.

    Qui i ricercatori Gerald Mayr e Paul Scofield hanno potuto analizzarne i resti, i frammenti di sei ossa degli arti superiori, e hanno appena pubblicato i risultati della loro ricerca sul Journal of the Royal Society of New Zealand.

    Come lui nessuno mai

    Al nuovo animale è stato dato il nome di Australornis lovei, ovvero “uccello australe di Love”, dal nome del suo scopritore. Esistono pochissimi resti di uccelli dell’emisfero australe così’ antichi. Uno di questi è Waimanu manneringi, il primo pinguino conosciuto, vissuto nello stesso periodo e in prossimità della stessa località. Tutto quello che sappiamo con certezza del nuovo uccello però è proprio che, pur essendo un uccello acquatico, non era un pinguino.

    I resti trovati purtroppo non sono sufficienti a stabilire la parentela di Australornis con nessuno degli uccelli conosciuti, viventi o estinti, per cui non è possibile stabilire l’aspetto di questo misterioso animale. Si sa solo che si trattava di una specie marcatamente differente da quelle note e che assomiglia a una specie estinta i cui resti sono stati trovati in Antartide, a testimonianza dello stretto rapporto biogeografico che c’era tra l’Antartide e la Nuova Zelanda al termine del Cretacico.

    Gli autori dell’articolo riferiscono che la soperta “rappresenta uno dei reperti di uccello più importanti del Paleocene dell’emisfero australe” e supporta “l’idea emergente che la maggior parte degli uccelli moderni erano già diversificati all’inizio del Paleogene”, ovvero subito dopo l’estinzione dei dinosauri.



    nationalgeographic.it/

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:25
     
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    Scoperto antenato di tigre e leone: abitava in Tibet sei milioni di anni fa



    Abitava in Tibet tra i quattro e i sei milioni di anni fa, e non era poi così dissimile dai suoi discendenti, avendo fattezze analoghe al leopardo delle nevi: stiamo parlando della specie battezzata Panthera blytheae, il diretto progenitore dei grandi felini come tigri e leoni, secondo quanto emerso dalle analisi dei fossili ritrovati sull’altopiano asiatico tre anni fa, i più antichi mai rinvenuti tra quelli di questi animali, appartenenti ad una specie che finora era sconosciuta alla scienza.

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    Fino ad oggi il felino più anziano appartenente alla specie Panthera risaliva a 3,6 milioni di anni fa, ed era stato trovato negli anni Settanta in Tanzania: la scoperta di questo antenato è avvenuta per caso nella contea di Zanda, Tibet sudoccidentale, dove gli scienziati si aspettavano di trovare resti di antilopi e rinoceronti preistorici, che popolavano questa landa nell’era Pleistocene.

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    Ed invece, con grossa sorpresa dell’equipe internazionale inviata sul posto, sono stati trovati un teschio intatto e altre ossa e frammenti di cranio appartenenti a tre esemplari: le analisi effettuate con sofisticati strumenti quali la magnetostratigrafia, hanno permesso di datare i resti tra 4,10 e 5,95 milioni di anni fa.

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    ‘Questi fossili sono i più antichi, ma non sono assolutamente i più primitivi, c’è ancora qualche ‘gattone’ che non è ancora stato descritto‘, ha dichiarato Jack Tseng, del Museo americano di storia naturale di New York, a capo della ricerca.

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    Il dibattito scientifico sull’origine e l’evoluzione dei grandi felini è aperto, e c’è chi dissente con quanto affermato da Tseng, ma la tesi più probabile è che la loro origine risalirebbe a 16 milioni di anni fa, cinque prima di quanto si ritenesse precedentemente, mentre a 6,37 milioni di anni fa è fissata la separazione tra Panthera e Felinae, ovvero i grandi predatori come giaguari, tigri, leoni, ecc. da un lato, e i piccoli felini come il comune gatto domestico dall’altro.

    Dunque grazie alla scoperta della specie Panthera blytheae è ragionevole ritenere che i grandi felini abbiano origine asiatica e non africana, e questo antenato doveva pesare all’incirca 20-25 chili, con stazza e forma del muso simili a quelle dell’odierno leopardo delle nevi.


    tuttogratis.it/

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:26
     
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    Un nuovo dinosauro dall'artiglio gigante



    La scoperta di un nuovo fossile getta nuova luce sui comportamento dei dinosauri simili al Velociraptor.

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    I paleontologi hanno trovato i fossili di una nuova specie di dinosauro simile al Velociraptor "incredibilmente raro", che circa 76 milioni di anni fa si fratturò una zampa su cui campeggiava un gigantesco artiglio.

    Il dinosauro Talos sampsonsi, lungo due metri, viveva nel Nordamerica caldo e piovoso del tardo Cretaceo, che allora era diviso su due continenti (Laramidia a ovest e Appalachia a est) da un basso tratto di mare. È stato scoperto nel 2008 dal dottorando Mike Knell mentre era a caccia di fossili nello Utah.

    La specie rappresenta uno dei pochi teropodi troodontidi (piccoli dinosauri simili a uccelli) mai scoperti in America del Nord, dice la responsabile dello studio Lindsay Zanno, paleontologa al Field Museum of Natural History di Chicago. Knell, commenta la studiosa, "si è imbattuto in uno dei più interessanti esemplari di raptor che si siano mai scoperti in Nordamerica”.

    Il dinosauro deve il suo nome, Talos, all'omonimo personaggio della mitologia greca e al paleontologo Scott Sampson, originario dello Utah.

    L'artiglio usato come un arpione?

    Il tratto più interessante di Talos è il secondo dito, che presenta una frattura. Ciò infatti introduce un elemento nuovo nel dibattito sull'uso che i troodontidi facevano del loro gigantesco artiglio, dice Zanno.

    Finora i paleontologi hanno offerto interpretazioni anche del tutto opposte sull'artiglio; per alcuni ad esempio aiutava questi animali ad arrampicarsi, per altri era l'arma usata per uccidere la preda o combattere i nemici, per altri ancora veniva usata dai troodontidi per pulirsi.

    Analizzando l'osso del dito fratturato grazie a una TAC, i ricercatori hanno scoperto hanno individuato un segno che indica che la ferita (forse causata dal morso di un altro animale) fu di origine traumatica.

    Una ferita così grave dovrebbe aver costretto Talos a zoppicare quando camminava, il che a sua volta avrebbe provocato delle alterazioni nella struttura scheletrica. Invece, dice Zanno "abbiamo riscontrato il contrario: lo scheletro era inalterato”.

    Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista PLoS ONE, ciò sembra convalidare l'ipotesi che questo dinosauro tenesse il suo gigantesco dito sollevato dal suolo, un'ipotesi peraltro supportata dalla mancanza di segni dell'artiglio nelle tracce lasciate dall'animale. Talos invece potrebbe aver brandito il suo artiglio come un uncino durante la caccia, ad esempio per arpionare il dorso di una preda più grande, dice Zanno. O, come alcuni uccelli odierni, il dinosauro potrebbe averlo utilizzato negli scontri con altri dinosauri. Il fossile "ci sta offrendo indizi sulla biologia dell'animale che non si ottiene da reperti ordinari”, sottolinea la studiosa.

    Talos era onnivoro?


    Il fatto che il dito fosse fratturato in seguito a un trauma indica che il dinosauro usava l'artiglio come arma, concorda Thomas R. Holtz, Jr., paleontolo alla University of Maryland di College Park.

    Talos "probabilmente non si procurò questa ferita sprimacciandosi le penne”, dice Holtz, che non fa parte del team di ricerca.

    Basandosi sui nuovi ritrovamenti e sulle impronte di dinosauro scoperte in precedenza, Holtz ipotizza che il dinosauro usasse l'artiglio per uncinare piccole prede e tagliare prede più grandi.



    Inoltre, il fatto che l'animale sia sopravvissuto al ferimento suggerisce che fosse una creatura onnivora, ipotizza Holtz. Con l'artiglio inutilizzabile nella caccia, il dinosauro forse poteva nutrirsi di vegetali mentre la ferita guariva. In precedenza, Holtz e altri paleontologi avevano scoperto che i troodontidi avevano denti più simili a quelli dei rettili erbivori che quelli dei carnivori.

    Aggiunge Zanno, "non saremo comunque mai in grado di osservare il comportamento di questi animali. Su questo ci saranno sempre controversie. Ma più elementi riusciamo ad aggiungere, più le nostre ipotesi si rafforzano”.


    nationalgeographic.it/

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:26
     
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    Insetti preistorici



    Una semirealistica ricostruzione di come potevano essere gli insetti ai tempi dei dinosauri.





    Arthropleura


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    L'Arthropleura era un genere di millepiedi che visse nel periodo Carbonifero (da 340 a 280 milioni di anni fa) in Nuova Scozia, Illinois, Ohio, Pennsylvania e Scozia. Non ne sono stati rinvenuti fossili integri ma si calcola la sua lunghezza in circa due metri e forse più. È stato certamente uno dei più grandi invertebrati mai apparsi sulla terraferma e probabilmente i suoi predatori dovevano essere pochi, eccezion fatta, forse, per alcuni generi di Anfibi di grossa taglia sviluppatisi nel tardo Carbonifero - inizio Permiano.

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    Un discendente dei crostacei

    L'Arthropleura sembra essersi evoluto da altri artropodi terrestri (a loro volta evolutisi da crostacei), come i comuni miriapodi che, a causa dell'elevata concentrazione di ossigeno dovuta forse alla grande quantità di foreste esistenti in quel periodo, e della iniziale mancanza di grossi predatori, aumentarono le dimensioni.

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    Si può supporre che questi grandi artropodi terrestri avessero un sistema di respirazione basato su trachee come i loro affini odierni ma più facilmente l'animale poteva essere dotato di primitivi polmoni (infatti i resti fossili non presentano spiracoli), apparati che comunque soltanto in presenza di elevate concentrazioni di ossigeno potevano permettergli una respirazione efficace data la dimensione del corpo.

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    Il corpo dell'Arthropleura era allungato e metamerico come quello degli odierni diplopodi (ed era provvisto di forse trenta paia di zampe) ma ogni elemento (metamero) presentava due espansioni laterali che gli conferivano una struttura piatta e che, oltre a favorire il movimento nei sottoboschi paludosi, potevano forse difendere le zampe dagli attacchi di eventuali predatori.

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    Data la lacunosità dei resti fossili non conosciamo con esattezza il suo apparato boccale ma gli studiosi suppongono che come i suoi simili attuali, fosse erbivoro e/o si nutrisse di vegetali in decomposizione.


    L'estinzione

    L' Arthropleura si estinse all'inizio del Permiano, cioè quando il clima diventò più secco, distruggendo le umide foreste dove l'animale viveva e causando così, oltre ad una relativamente rapida desertificazione, una certa diminuzione del livello di ossigeno che, insieme alla azione di grossi predatori (anfibi prima e rettili poi), ne determinò l'estinzione. La stessa sorte toccò probabilmente a tutti gli altri grandi artropodi terrestri coevi come ad esempio la grande libellula Meganeura.

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    wikipedia.org

    foto sul web

    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:27
     
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    Insetti preistorici 2/5





    Il mistero delle libellule giganti



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    Perché 300 milioni di anni fa questi insetti diventarono grandi come uccelli? Secondo una nuova ricerca fu per evitare un'overdose di ossigeno.300 milioni di anni fa, durante il Carbonifero, il cielo era dominato da libellule e altri insetti grandi come gabbiani. Il perchè delle loro dimensioni è rimasto per lungo tempo un mistero.

    Secondo la teoria più accreditata, questi antichi insetti diventarono dei giganti grazie ad un surplus di ossigeno nell'atmosfera terrestre. Una nuova ricerca sembra però confermare il detto che il troppo... stroppia! Secondo lo studio infatti gli insetti più giovani, allo stadio larvale, sarebbero stati costretti ad aumentare le loro dimensioni, e questo proprio per evitare un avvelenamento da ossigeno.

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    "L'ossigeno ha degli effetti sugli insetti adulti, ma le sue ripercussioni sono molto più marcate sulle larve", spiega Wilco Verberk, della Plymouth University e co-autore dello studio. "Ecco perchè puntare l'attenzione sulle larve ci potrebbe aiutare a capire prima di tutto perchè esistevano insetti così grandi, e poi perchè scomparvero".

    Ossigeno tossico

    Le libellule e gli scarafaggi giganti sono molto diffusi tra fossili del Carbonifero, il periodo che va dai 359 ai 299 milioni di anni fa. In quel periodo, lo sviluppo in aree pianeggianti di vaste foreste paludose determinò un importante aumento dei livelli di ossigeno atmosferico, che raggiunse valori dal 30 al 50 per cento più elevati di quelli attuali.

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    E proprio in questi ambienti ricchi di ossigeno, secondo le precedenti teorie sul gigantismo, gli insetti adulti raggiunsero dimensioni sempre maggiori e senza grandi dispendi di energia.

    Con il loro studio, Verberk e il collega David Bilton hanno invece puntato l'attenzione sugli effetti che le variazioni dei livelli di ossigeno hanno sulle larve dei plecotteri, l'ordine a cui appartengono anche le libellule. Durante il Carbonifero, le alte concentrazioni di ossigeno nell'aria si riflettevano in elevate concentrazioni anche nell'acqua, l'ambiente di crescita delle larve di libellula.

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    I risultati della ricerca dimostrano che le larve dei plecotteri sono molto più sensibili alle fluttuazioni di ossigeno rispetto agli individui adulti. Questa diversa sensibilità potrebbe dipendere dal fatto che, in genere, le larve degli insetti assorbono l'ossigeno direttamente attraverso la pelle. In questo modo non riescono a esercitare un controllo efficace sulla quantità di gas che assorbono. Al contrario, gli insetti adulti riescono a regolare l'assorbimento dell'ossigeno grazie all'apertura o alla chiusura di valvole specifiche, gli spiracoli tracheali.

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    L'ossigeno, elemento cruciale per la vita, se assunto in grandi quantità può però rivelarsi tossico: negli esseri umani un eccesso di ossigeno causa danni a livello cellulare, provocando nausea, danni alla vista, difficoltà respiratorie e convulsioni.

    Molto probabilmente anche le larve degli insetti preistorici assorbivano l'ossigeno dall'acqua, in maniera passiva e senza una buona capacità di regolazione. Una condizione potenzialmente pericolosa, come accadde appunto nel Carbonifero, quando le concentrazioni di ossigeno diventarono elevate.

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    Una soluzione efficace nel diminuire il rischio di un'intossicazione da ossigeno potrebbe essere stata quello di aumentare le proprie dimensioni. Se mettiamo a confronto due larve, una grande e una piccola, la larva più grande assorbirà una percentuale minore di gas. Questo perchè, "se un organismo diventa più grande, la sua area superficiale diminuirà rispetto al suo volume", spiega Verberk.

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    Meno ossigeno, scarso rendimento?

    Questa nuova teoria potrebbe inoltre spiegare come gli insetti giganti siano riusciti a sopravvivere nonostante l'abbassamento della concentrazione di ossigeno nell'atmosfera terrestre.

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    Secondo Verberk, anche se è stato l'ossigeno a spingere verso l'evoluzione di forme giganti di insetti, questo non significa che concentrazioni minori di ossigeno inducano una morte immediata. Piuttosto, questa diminuizione potrebbe aver compromesso le performance degli insetti più grandi, rendendoli più lenti nel volo. "Proprio queste prestazioni ridotte, potrebbero aver favorito altre specie di insetti nella competizione con questi giganti", conclude Verberk.

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    antikitera.net

    foto sul web

    Insetti preistorici 3/5





    Edited by belias94 - 3/5/2016, 17:27
     
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    Insetti preistorici 4/5







    Insetti preistorici 5/5



     
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    Il più grande pterosauro dentato del Cretaceo



    Un frammento fossile di appena 10 centimetri, conservato al Museo di Storia Naturale di Londra, è tutto ciò che resta del più grande pterosauro dentato del Cretaceo: aveva un'apertura alare di ben 7 metri.

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    Un nuovo studio, condotto da due paleontologi delle università inglesi di Portsmouth e Leicester, ha rivelato che un piccolo frammento fossile, conservato al Museo di Storia Naturale di Londra, appartiene in realtà a un esemplare di pterosauro dentato gigante, il più grande mai ritrovato finora.

    Si tratta di un esemplare di Coloborhynchus capito, dotato di un’apertura alare di ben 7 metri e vissuto nel Cretaceo inferiore tra i 140 e i 99 milioni di anni fa. Gli pterosauri dentati, apparsi più 200 milioni di anni fa, furono i primi rettili in grado di volare. Questa scoperta consente così di fissare il nuovo limite superiore delle loro dimensioni.

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    David Martill, della University of Portsmouth, e David Unwin, della University of Leicester, hanno riesaminato un piccolo fossile che era custodito in una collezione del museo londinese fin dal 1884. Il frammento studiato consiste nella punta del becco di uno pterosauro ed è lungo poco meno di 10 centimetri. Il fossile venne donato al museo, insieme a molti altri reperti, da Sir Richard Owen, uno dei più grandi paleontologi britannici, e proviene da una cava di fosfato del Cambridgeshire che venne sfruttata durante la seconda metà dell'Ottocento.

    Il reperto, definito da paleontologo Martill come “il fossile più brutto che abbia mai studiato”, è costituito dalla sola punta della mandibola superiore e conserva ancora in un alveolo un dente spezzato. Il fossile si presentava incompleto e gravemente danneggiato, ma grazie al confronto con altri resti fossili di pterosauri ritrovati in Brasile gli studiosi hanno potuto calcolare le dimensioni totali e individuare la specie di appartenenza, Coloborhynchus capito.

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    Unwin spiega che “il fossile apparteneva a un esemplare enorme con un’apertura alare che potrebbe aver raggiunto i 7 metri. Molto più grande di un qualsiasi uccello moderno e anche più grande di alcuni volatili estinti che raggiungevano i 6 metri. La nostra ricerca dimostra che alcuni pterosauri potevano raggiungere dimensioni spettacolari e ci consente, almeno per ora, di fissare come apertura alare massima i 7 metri”.

    Predatori alati

    Gli pterosauri, i primi rettili in grado di volare, apparvero nel Triassico, 215 milioni di anni fa e si estinsero solo alla fine del Cretaceo, dominando incontrastati i cieli per almeno 150 milioni di anni. Questi predatori alati colonizzarono tutti i continenti e si evolsero in un numero molto ampio di specie. Il loro scheletro era estremamente leggero, ma la loro caratteristica più particolare è il quarto dito della mano, estremamente allungato e unito ai fianchi dell’animale dalla membrana alare. Questi rettili volanti avevano dimensioni molto variabili ma gli esemplari più grandi, che raggiunsero anche i 10 metri di apertura alare, appartenevano esclusivamente alle specie prive di dentatura, come gli Azhdarchidi, apparsi alla fine del Cretaceo circa 80-70 milioni di anni fa.

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    I paleontologi suddividono gli pterosauri in 6 o 7 gruppi, e Unwin e Martill si sono soffermati su un gruppo in particolare, quello degli Ornithocheiroidea, al quale appartiene Coloborhynchus capito. Diversamente dagli altri gruppi provvisti di dentatura, che avevano tutti dimensioni relativamente modeste (2-3 metri di apertura alare), questo gruppo era quello che raggiungeva le misure maggiori, che fino ad ora erano stimate in 5-6 metri di apertura. Gli Ornithocheiroidea erano animali predatori e si cibavano di pesci che catturavano volando a pelo d’acqua, grazie a dei denti particolari posti sulla punta del becco.

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    Ora i ricercatori vogliono capire perché solo i gruppi privi di denti, come gli Azhdarchidi raggiunsero dimensioni giganti, mentre le forme dentate rimasero più piccole. Secondo gli studiosi una spiegazione potrebbe essere la perdita dei denti. L’assenza dei denti, che sono comunque pesanti, probabilmente consentì a questi gruppi di diventare più grandi senza effetti sulla capacità di volare.
    Secondo Unwin, ”questa ricerca è molto importante perché ci permetterà di comprendere meglio il lungo percorso evolutivo durato milioni di anni di questi gruppi, ora estinti.”

    La ricerca sul più grande pterosauro dentato è stata pubblicata su Cretaceous Research

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    nationalgeographic.it/

    Edited by belias94 - 25/9/2019, 08:24
     
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    Uova di dinosauro con sorpresa



    Scoperti in Africa negli anni Settanta ma studiati solo ora grazie a moderni potenti microscopi, gli embrioni di Massospondylus sono i più antichi al mondo. E stanno rivelando agli studiosi nuove sorprendenti informazioni sul mondo dei dinosauri
    di Christine Dell'Amore

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    Scoperti alla fine degli anni Settanta, ma solo di recente liberati dal sedimento e dal guscio che li racchiudeva, gli embrioni di dinosauro rinvenuti al confine fra Sudafrica e Lesotho sono i più antichi conosciuti finora: risalgono infatti a 190 milioni di anni fa. Non solo: stanno anche regalando agli studiosi una serie di sorprese.

    Ad esempio, i piccoli di Massospondylus, un dinosauro bipede che precede i più noti sauropodi come Diplodocus, non somigliavano affatto ai loro genitori, rivela il coautore dello studio Hans-Dieter Sues, un paleontologo del National Museum of Natural History di Washington.

    Ad esempio i piccoli, lunghi una ventina di centimetri, avevano lunghi arti anteriori per camminare a quattro zampe, e i generale le proporzioni dei loro tratti - come il muso corto - li faceva "sembrare una versione in miniatura dei dinosauri sauropodi”, i più grandi animali mai vissuti sulla Terra. I piccoli avrebbero perso queste caratteristiche con la crescita.

    La scoperta però suggerisce che Massospondylus possedesse già caratteristiche che annunciavano l'avvento successivo dei sauropodi.

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    I piccoli di Massospondylus erano pronti a nascere quando un'alluvione del Giurassico inferiore probabilmente seppellì le uova nel sedimento, spiega Sues.

    I potenti microscopi attuali hanno finalmente permesso agli studiosi di preparare ed esaminare gli embrioni "meravigliosamente conservati” trovati in Africa nel 1978 e da allora custoditi nelle collezioni.

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    L'illustrazione mostra le ossa degli embrioni di Massospondylus conservate allo stato fossile.

    Benché le ossa fossero completamente formate (persino gli ossicini dell'orecchio), Sues e i suoi colleghi sono rimasti sconcertati nel non trovare alcuna traccia di denti.

    Senza denti, i piccoli non avrebbero potuto "allontanarsi e procurarsi il cibo da soli”, dice lo studioso, il che sembra suggerire che venissero allevati dai genitori: un comportamento alquanto inusuale per un dinosauro.

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    Ecco come doveva apparire l'embrione di Massospondylus all'interno dell'uovo, lungo 6 centimetri.


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    Nell'illustrazione, un esemplare adulto di Massospondylus carinatus, un dinosauro erbivoro presauropode lungo 5 metri.

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    Il cranio fossilizzato del più grande esemplare adulto di Massospondylus carinatus a confronto con l'embrione. Le ossa del cranio dell'adulto sono evidenziate in nero.

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    Gli embrioni fossilizzati di Massospondylus carinatus sono stati scoperti durante la costruzione di una strada nel Golden Gate Highlands National Park del Sudafrica, ma solo di recente gli embrioni sono stati liberati dal sedimento ed esposti fuori dal guscio.


    FONTE:nationalgeographic.it

    Edited by belias94 - 25/9/2019, 09:35
     
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    È un cavallo! È un drago! No... è un dinosauro



    Una ricostruzione di Hippodraco scutodens, il dinosauro scoperto di recente.

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    Il nome scientifico è Hippodraco scutodens, e riassume le principali caratteristiche di questo dinosauro erbivoro vissuto all'inizio del Cretaceo, circa 125 milioni di anni fa: aveva un cranio lungo e basso, come quello di un cavallo, e una bocca irta di denti a forma di scudo oblungo.

    Parti del cranio e dello scheletro del cavallo-drago sono state ritrovate nel 2004 nello Utah orientale, ma oggi è uscito il primo studio completo che lo descrive, assieme a un altro dinosauro dello stesso periodo scoperto nel 2005 a poca distanza: Iguanacolossus fortis, così chiamato per le sue dimensioni (circa nove metri di lunghezza contro i 4,5 di Hippodraco).

    Entrambe le specie appartengono agli Iguanodonti, un gruppo di dinosauri erbivori che si espanse in tutto il mondo all'inizio del Cretaceo. Nonostante fossero molto diffusi, nell'America del Nord ne sono stati scoperti solo pochi esemplari fossili. Il deposito più ricco è una formazione rocciosa dello Utah che contiene i resti di molte specie diverse vissute in un arco di tempo di 40 milioni di anni.

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    Hippodraco scutodens, scoperto a Grand County, Utah, 2007, in mostra al Museo di storia naturale dello Utah, Salt Lake City.



    Le nuove specie, dice Andrew McDonald, dottorando alla University of Pennsylvania e principale autore della ricerca, "si inseriscono in una serie di scoperte che negli ultimi anni sta gettando una luce nuova sul Cretaceo inferiore. È un ulteriore capitolo di una storia che alla fine si rivelerà molto intricata".

    Già oggi alcune delle novità emerse dallo studio stanno facendo "ridisegnare" l'albero genealogico dei dinosauri americani. L'evoluzione degli iguanodonti portò infatti alla comparsa di un altro gruppo di dinosauri, gli adrosauridi o dinosauri dal becco ad anatra. Rispetto agli iguanodonti eurasiatici, però, quelli americani sono meno strettamente imparentati agli adrosauridi. Hippodraco, ad esempio aveva ossa del cranio più primitive rispetto a quelle dei suoi "cugini" del vecchio continente.

    Questa scoperta fa pensare, sostiene McDonald, "che Europa e Asia siano stati i centri dell'evoluzione degli iguanodonti nel Cretaceo inferiore".

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    In ogni caso, un ipotetico osservatore dell'epoca non avrebbe notato tante differenze tra le varie specie di iguanodonti. Nonostante fossero diffusi in luoghi anche molto lontani tra loro, si somigliavano tutti, sottolinea Catherine Forster, paleontologa della George Washington University di Washington, che non ha partecipato alla ricerca: "Non conosco nessun altro gruppo di dinosauri che presenti una tale affinità morfologica", spiega.

    La ricerca potrebbe essere un passo avanti per capire come mai gli iguanodonti si diffusero tanto in fretta e su un'area così vasta. "Un mio amico", racconta Forster, "sostiene che gli iguanodonti erano i bovini del Cretaceo: erano grossi, si trovavano dappertutto e facevano da cibo per i teropodi", cioè i predatori bipedi come il tirannosauro. "Li trovo affascinanti"; conclude la studiosa.

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    Cranio di Hippodraco scutodens



    FONTE:nationalgeographic.it

    Edited by belias94 - 25/9/2019, 09:48
     
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    Il piccolo, feroce "nonno” di T. rex



    Scoperto in Argentina il fossile di Eodromaeus, un minuscolo ma letale dinosauro carnivoro che avrebbe dato origine ai teropodi
    di Ker Than

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    Brutto, piccolo e cattivo


    Grande come un cagnolino, ma letale, il dinosauro Eodromaeus (qui in una ricostruzione) viveva in Argentina 230 millioni di anni fa: lo rivela una ricerca appena pubblicata sulla rivista Science. La nuova specie getta nuova luce sull'origine dei dinosauri, un periodo in cui queste nuove creature presero il sopravvento su altri rettili diventando i dominatori del pianeta.

    Il fossile "ci offre lo scenario più completo che abbiamo mai avuto finora di come appariva un dinosauro carnivoro”, dice il paleontologo Paul Sereno, coautore della ricerca. "Era una creatura piccola ma cattiva, e molto veloce".

    Eodromaeus, uno dei più antichi dinosauri conosciuti, era lungo solo 1,3 metri e sarebbe arrivato a stento alle ginocchia di un uomo adulto. Ma questo piccolo dinosauro è l'antenato di spaventosi teropodi come Tyrannosaurus rex o Deinonychus, ipotizza il nuovo studio.

    Come i suoi temibili discendenti, Eodromaeus era provvisto di una coda rigida, una particolare conformazione pelvica e delle sacche aeree nelle ossa forse legate alla respirazione, e che offre un'ulteriore testimonianza del fatto che i teropodi diedero origine agli uccelli.



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    Il passato fra le mani

    La copia a grandezza naturale del cranio dai denti affilati di Eodromaeus campeggia nelle mani del paleontologo della University of Chicago Paul Sereno, che è anche esploratore incaricato di National Geographic.

    Sereno spiega che 230 milioni di anni fa Eodromaeus convisse (e ora sembra che ne abbia preso il posto) con una specie di dinosauro molto simile, Eoraptor.

    Un tempo il paleontologo pensava che Eoraptor fosse l'antenato dei dinosauri carnivori. Ma le recenti analisi condotte sul suo fossile così come la scoperta del nuovo dinosauro Eodromaeus, ora lo spingono a pensare che in realtà Eoraptor fosse l'antenato dei grandi dinosauri erbivori chiamati sauropodi.

    "È questo il bello dell'origine dei dinosauri”, dice Sereno. "Chi immaginerebbe che queste creature pesanti sui 4-7 chili, dall'aspetto simile ma con diete diverse, si potessero evolvere in animali così diversi come Diplodocus e Tyrannosaurus?".



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    Lo scheletro completo

    Quasi tutte le ossa di Eodromaeus (nella foto, una copia del suo scheletro) sono state rinvenute, una circostanza particolarmente fortunata per una creatura così piccola.

    In base ai suoi fossili, gli studiosi ritengono che Eodromaeus, come i suoi discendenti teropodi, fosse un animale bipede dotato di denti acuminati e artigli affilati, che la creatura usava per predare i piccoli di altre specie di rettili.



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    Il "nipotino”

    Tyrannosaurus rex, forse il più noto dinosauro teropode, il gruppo di dinosauri originato da Eodromaeus, era uno dei più grandi dinosauri carnivori mai vissuti. I reperti fossili indicano che misurava circa 12 metri di lunghezza e tra i 4,5 e i 6 metri di altezza.


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    Com'era verde la loro valle

    La desolata Valle della Luna nell'Argentina nordoccidentale, dove sono stati rinvenuti i fossili sia di Eodromaeus sia di Eoraptor, 230 milioni di anni fa era coperta di foreste lussureggianti, racconta l'autore della scoperta Sereno. "Era un paesaggio bellissimo", dice.

    Eodromaeus e Eoraptor vissero in questo paradiso del Triassico assieme a vari altri rettili (tra cui alcune specie dal becco a pappagallo imparentate alla lontana con i dinosauri), a protomammiferi e a un vasto numero di creature simili ai coccodrilli.


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    Mostri locali

    Un herrerasauro si aggira nella foresta dell'attuale Argentina mettendo in fuga le creature più piccole. I fossili di questo "mostro” triassico sono fra i più antichi scoperti: risalgono a circa 228 milioni di anni fa.



    FONTE:nationalgeographic.it

    Edited by belias94 - 25/9/2019, 11:27
     
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