Stella (...e una stella fa luce senza troppi perché)

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    Juventina nel sangue!!!

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    Numero di stelle per magnitudine
    Magnitudine

    apparente
    Numero 

    di stelle
    04
    115
    248
    3171
    4513
    51 602
    64 800
    714 000


    Entrambe le scale di magnitudine hanno un andamento logaritmico: una variazione di magnitudine di 1 unità equivale ad una variazione di luminosità di 2,5 volte, il che significa che una stella di prima magnitudine (+1,00) è circa 2,5 volte più brillante di una di seconda magnitudine (+2,00) e, quindi, circa 100 volte più brillante di una di sesta magnitudine (+6,00), che è la magnitudine limite sino alla quale l'occhio umano riesce a distinguere gli oggetti celesti.

    In entrambe le scale, quanto più piccolo è il numero della magnitudine, tanto più luminosa risulta essere la stella e viceversa; di conseguenza, le stelle più brillanti arrivano ad avere dei valori di magnitudine negativi. La differenza di luminosità tra due stelle è calcolata sottraendo la magnitudine della stella più brillante (mb) alla magnitudine della stella meno brillante (mf) ed utilizzando il risultato come esponente del numero 2,512.

    La magnitudine apparente (m) e assoluta (M) di ciascuna stella non coincidono quasi mai, a causa sia della sua luminosità effettiva sia della sua distanza dalla Terra; ad esempio Sirio, la stella più brillante del cielo notturno, ha una magnitudine apparente di -1,44 ma una magnitudine assoluta di +1,41, e possiede una luminosità circa 23 volte quella del Sole. La nostra stella ha una magnitudine apparente di -26,7, ma la sua magnitudine assoluta è di appena +4,83; Canopo, la seconda stella più brillante del cielo notturno, ha invece una magnitudine assoluta di -5,53 ed è quasi 14 000 volte più luminosa del Sole. Nonostante Canopo sia enormemente più luminosa di Sirio, è quest'ultima ad apparire più brillante poiché è nettamente più vicina: dista infatti 8,6 anni luce dalla Terra, mentre Canopo è situata a 310 anni luce di distanza dal nostro pianeta.

    La stella con la magnitudine assoluta più bassa rilevata è LBV 1806-20, con un valore di -14,2; la stella sembra essere almeno 5 000 000 di volte più luminosa del Sole. Le stelle meno luminose conosciute si trovano nell'ammasso globulare NGC 6397: le più deboli si aggirano sulla 26a magnitudine, ma alcune arrivano persino alla 28a. Per avere un'idea della piccola luminosità di queste stelle, sarebbe come tentare di osservare dalla Terra la luce di una candelina da torta situata sulla Luna.

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    Rappresentazione artistica della variabile eruttiva EV Lacertae. (NASA)

    Stelle variabili

    Alcune stelle mostrano delle variazioni periodiche o improvvise nella luminosità, causate da fattori intrinseci o estrinseci. Le cosiddette variabili intrinseche possono essere suddivise in tre categorie principali:

    Variabili pulsanti. Durante la loro evoluzione, alcune stelle passano attraverso delle fasi di instabilità durante le quali vanno incontro a pulsazioni regolari. Le variabili pulsanti variano oltre che nella luminosità anche nelle dimensioni, espandendosi e contraendosi in un arco di tempo che varia da alcuni minuti sino ad alcuni anni, a seconda delle dimensioni della stella. In questa categoria rientrano le Cefeidi, usate come candele standard per misurare le distanze intergalattiche, e altre variabili simili a breve periodo (RR Lyrae ecc.), come anche le variabili a lungo periodo, come quelle del tipo Mira.

    Variabili eruttive. Questa classe di variabili è costituita da stelle che manifestano improvvisi aumenti nella luminosità causati da flare o altri fenomeni eruttivi o esplosivi di lieve entità causati dal campo magnetico, come le espulsioni di massa e via dicendo. A questa categoria appartengono le protostelle, le stelle di Wolf-Rayet e le stelle a brillamento, alcune giganti e supergiganti rosse e blu.

    Variabili cataclismiche o esplosive. Le variabili cataclismiche, come dice il nome stesso, sono soggette a degli eventi cataclismatici che ne sconvolgono le proprietà originarie; questa classe comprende le novae e le supernovae. Un sistema binario che sia costituito da una gigante rossa e da una nana bianca, posta molto vicino alla primaria, può dar luogo ad alcuni di questi eventi tanto spettacolari quanto distruttivi, come le novae e le supernovae di tipo Ia. La supernova di tipo Ia si innesca quando la nana bianca, assumendo sempre più idrogeno, raggiunge e supera la massa limite di Chandrasekhar.

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    Rappresentazione artistica della formazione di una variabile cataclismica. (NASA)

    A questo punto la nana inizia a collassare in una stella di neutroni o in un buco nero, mentre l'energia potenziale gravitazionale del collasso e la condizione di alta densità derivante dallo stato degenere della materia della stella innescano una rapida fusione nucleare degli atomi di carbonio e ossigeno rimanenti in un processo a feed-back positivo, regolato principalmente dalla temperatura del plasma coinvolto. L'improvviso rilascio di energia produce una potentissima onda d'urto che accelera i prodotti di fusione oltre la velocità di fuga della stella, la quale viene così fatta a pezzi. Le supernovae di tipo Ia hanno tutte una luminosità simile; perciò gli astronomi le utilizzano come candele standard per determinare le distanze extragalattiche. Il meccanismo di formazione di una nova è piuttosto simile, ma l'esplosione avviene prima che la nana raggiunga la massa di Chandrasekhar. La fusione produce quindi abbastanza energia per aumentare drasticamente la luminosità della stella, ma questa sopravvive all'evento. Alcune novae sono ricorrenti, cioè vanno incontro a periodiche esplosioni di moderata intensità.

    Le stelle possono anche variare la propria luminosità per fattori estrinseci; in questo caso prendono il nome di variabili estrinseche. Appartengono a questa classe le binarie a eclisse e le stelle che, ruotando, mostrano periodicamente delle macchie che ricoprono una vasta area della loro superficie.Un esempio lampante di binaria a eclisse è Algol, che varia regolarmente la propria magnitudine da 2,3 ad oltre 3,5 in 2,87 giorni.

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    L'ammasso aperto NGC 290.

    Popolazione stellare dell'Universo

    Le stelle si presentano, oltre che singolarmente, anche in sistemi costituiti da due (stelle binarie, il tipo più comune) o più componenti (sistemi multipli) legate tra loro da vincoli gravitazionali. Per motivi connessi alla stabilità orbitale, i sistemi multipli sono spesso organizzati in gruppi gerarchici di binarie coorbitanti. Esistono anche insiemi più vasti, detti ammassi stellari, che vanno dalle poche decine o centinaia di stelle delle piccole associazioni, fino alle migliaia di astri dei più imponenti ammassi aperti e globulari; questi ultimi arrivano a contenere persino decine di milioni di stelle, come nel caso di Omega Centauri.

    È attualmente accertato che la gran parte delle stelle della nostra galassia, prevalentemente nane rosse (che costituiscono l'85% del totale), non facciano parte di alcun sistema stellare; si calcola che il 25% di questa categoria sia legato ad altre stelle in un sistema.Tuttavia, è statisticamente dimostrato che, man mano che aumentano le masse delle stelle, esse tendono a raggrupparsi in associazioni: ciò si riscontra in modo particolare nelle stelle massicce di classe O e B, che vanno a costituire le cosiddette associazioni OB.

    Le stelle non sono distribuite uniformemente nell'Universo, ma sono normalmente raggruppate in galassie assieme a una certa quantità di gas e polveri interstellari. Recentemente sono state scoperte dal telescopio spaziale Hubble alcune stelle nello spazio intergalattico: si tratta delle cosiddette stelle iperveloci, la cui velocità orbitale è così elevata da consentire loro di vincere l'attrazione gravitazionale della galassia e fuggire nello spazio intergalattico.

    Una galassia di medie dimensioni contiene centinaia di miliardi di stelle; tenendo conto che esistono più di 100 miliardi di galassie nell'Universo osservabile , gli astronomi ritengono che le stelle dell'Universo sarebbero nel complesso almeno 70 000 miliardi di miliardi (7×1022), un numero 230 miliardi di volte superiore a quello delle stelle contenute nella Via Lattea (stimato in circa 300 miliardi).

    La stella più vicina alla Terra, a parte il Sole, è la nana rossa Proxima Centauri (parte del sistema di Alfa Centauri), che si trova a 39,9 bilioni (1012) di chilometri (4,2 anni luce) dalla Terra; per avere l'idea di una simile distanza, se si intraprendesse un viaggio interstellare verso Proxima alla velocità orbitale dello Space Shuttle (circa 30 000 km/h), si giungerebbe a destinazione dopo almeno 150 000 anni.Simili distanze sono tipiche dell'interno del piano galattico, ma la densità stellare non è costante: infatti tende ad essere maggiore negli ammassi globulari e nei nuclei galattici, mentre diminuisce nell'alone galattico.

    Per via delle distanze relativamente elevate che intercorrono tra le stelle al di fuori delle regioni dense, le collisioni stellari sono molto rare. Tuttavia, quando si verifica questo particolare avvenimento, ha origine un particolare tipo di stelle, denominato vagabonda blu, caratterizzato da una temperatura superficiale superiore a quella delle altre stelle di sequenza principale della regione (donde il colore spesso blu-azzurro, da cui deriva il nome).


    Nella cultura
    Etimologia

    Il termine "stella" è stato oggetto di numerose etimologie ed interpretazioni da parte dei linguisti. Sino agli inizi del XX secolo due erano le etimologie prevalenti: la prima, proposta dal tedesco Adalbert Kuhn, sosteneva che "stella" derivasse dal latino stella (originariamente sterla), forma sincopata di sterula, che a sua volta deriverebbe dall'ittita shittar e dal sanscrito ?????? (sitara), la cui radice sit- è comune col verbo che significa spargere; secondo quest'etimologia "stella" significherebbe sparsa (per il firmamento). Altri studiosi a lui contemporanei ritenevano che il termine derivasse invece da un arcaico astella, a sua volta derivato dal greco ?st?? (astér, in latino astrum), che mantiene la radice indoeuropea as-, di accezione balistica; secondo questa seconda etimologia "stella" significherebbe che scaglia (raggi di luce).

    Attualmente i linguisti propendono per due alternative etimologie. La prima tende a far derivare il termine da una radice protoindoeuropea, *h2st?r, da una radice *h2Hs- che significherebbe ardere, bruciare; in alternativa, il termine deriverebbe da una parola sumera o babilonese, riconoscibile anche nel nome della dea Ištar, con cui si indicava il pianeta Venere.


    Letteratura, filosofia e musica

    « Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me »
    (Epitaffio sulla tomba di Immanuel Kant dalla Critica della ragion pratica, 1788)

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    L'ammasso aperto delle Pleiadi (M45), nella costellazione del Toro. (immagine HST)

    Nell'avvicendarsi delle epoche storiche furono molti i filosofi, i poeti, gli scrittori e persino i musicisti ad ispirarsi al cielo stellato; in diversi casi, essi stessi si sono interessati in prima persona allo studio dell'astronomia, con riscontri nelle loro opere.

    Numerosi sono i riferimenti sulle stelle fatti da importanti letterati dell'antichità greca e romana. Secondo l'astronomo Kenneth Glyn Jones, il primo riferimento conosciuto alle Pleiadi, un famoso ammasso aperto nella costellazione del Toro, è una citazione di Esiodo, risalente circa al XI secolo a.C. Omero ne fa menzione nell'Odissea, mentre nella Bibbia compaiono addirittura tre riferimenti.

    Numerosi intellettuali del periodo scrissero inoltre opere incentrate sull'astronomia; basti pensare ad Arato di Soli, autore dei Fenomeni, al Somnium Scipionis, parte del VI libro del De re publica ciceroniano, o ancora a Marco Manilio e il poemetto didascalico Astronomica, alle Naturales Quaestiones di Seneca, o a Claudio Tolomeo e al suo Almagesto, il più completo catalogo stellare dell'antichità.

    Durante l'epoca medioevale si classificava l'astronomia come una delle arti del quadrivio, assieme all'aritmetica, alla geometria e alla musica.Dante Alighieri, nella Divina Commedia, ha trattato diversi aspetti del sapere dell'epoca, indugiando particolarmente sulle conoscenze astronomiche del tempo; le tre cantiche del poema inoltre terminano con la parola "stelle": infatti esse, quali sede del Paradiso, sono per Dante il naturale destino dell'uomo e della sua voglia di conoscenza, tramite il suo sforzo a salire a guardare verso l'alto.

    Altri importanti letterati, quali Giacomo Leopardi, si occuparono nelle loro opere di argomenti inerenti ad aspetti astronomici; il poeta di Recanati è autore nei suoi componimenti di un gran numero di riferimenti astronomici, come ad esempio in Canto notturno di un pastore errante dell'Asia o in Le ricordanze; inoltre scrisse, durante la sua gioventù, un poco noto trattato intitolato Storia dell'astronomia.Riferimenti astronomici sono presenti anche in diverse liriche del Pascoli (come in Gelsomino notturno) e in Giuseppe Ungaretti, che compose una poesia intitolata Stella.

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    Vincent van Gogh, Notte stellata.
    o/t, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York.


    Nell'epoca romantica la musica, come del resto le altre arti, poneva il suo fondamento su tutti gli episodi in grado di scatenare nell'animo umano quelle forti sensazioni che prendono il nome di "sublime"; in particolare la vista del cielo stellato influì sulla creazione dei cosiddetti Notturni, i più importanti dei quali furono composti dal polacco Frédéric Chopin (che ne scrisse 21). Diversi altri riferimenti astronomici sono presenti nelle opere per pianoforte e nella sesta sinfonia di Beethoven. Il genere del Notturno non si esaurì con il Romanticismo, ma proseguì nell'età postromantica; il riferimento importante è dato dai due Notturni nella settima sinfonia di Gustav Mahler e nelle atmosfere notturne ricorrenti nei poemi di Richard Strauss, in particolare nella Sinfonia delle Alpi.

    Nel campo delle arti figurative è sufficiente pensare a Leonardo da Vinci per comprendere le innumerevoli affinità tra scienza e arte e, sebbene Leonardo non si sia interessato di astronomia, nelle sue ricerche riuscì comunque ad abbracciare concetti scientifici inerenti alla natura dell'Universo comparandoli ad altri più "umanistici" sulla natura umana. Altri artisti, quali Albrecht Durer, Étienne L. Trouvelot, Giacomo Balla, Maurits C. Escher, furono persino spinti ad approfondire gli studi astronomici per rappresentarne i concetti scientifici nelle loro opere. Anche Salvador Dalí restò fortemente influenzato dagli sconvolgimenti teorici arrecati alla fisica primo novecentesca da parte della teoria della relatività di Einstein. Altri ancora, come Giotto, Vincent van Gogh e Joan Miró, subirono il fascino irresistibile della volta celeste e, semplicemente, vollero rappresentare il cielo stellato sulla tela o nelle elaborazioni stilistiche a loro più congeniali.


    Cultura popolare

    Da tempo immemore le stelle trovano spazio nella cultura popolare.Sebbene le conoscenze popolari del cielo fossero piuttosto ridotte e commiste con numerose leggende, sia risalenti all'epoca precristiana, ma ancora più spesso legate alla religione cattolica, esse avevano un certo grado di complessità e rappresentavano, per così dire, la continuazione di quel sapere astronomico risalente alla preistoria e profondamente legato alla scansione temporale delle attività lavorative nel corso dell'anno.

    Per questo motivo alcuni astri assunsero nomi particolari a causa della loro utilità pratica: il pianeta Venere, ad esempio, considerato una vera e propria stella, era denominato stella bovara perché il suo apparire coincideva con l'inizio della giornata lavorativa dei pastori; Marte (o forse Antares, nella costellazione dello Scorpione) era invece detto la rossa e segnava il termine della mietitura, mentre Sirio era la stella delle messi poiché ricordava, in base al momento ed alla posizione in cui appariva, il tempo della semina autunnale o primaverile.

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    La scia di stelle della Via Lattea. In quest'immagine si distingue l'asterismo del Triangolo Estivo; ben visibile è inoltre la Fenditura del Cigno, una lunga fascia scura che divide la scia chiara della Via Lattea in senso longitudinale. Si notano in basso alcune Perseidi.

    Durante la stagione invernale era possibile scorgere con sicurezza, in direzione sud, i Tre Re, Alnilam, Alnitak e Mintaka, ovvero le tre stelle che formano la Cintura di Orione. Altrettanto familiari erano gli asterismi del Piccolo e Grande Carro, i cui corrispettivi termini dialettali sono le traduzioni dall'italiano. La Via Lattea era definita in certi luoghi la Via di San Giacomo, poiché indicava con una certa approssimazione la direzione del santuario di Santiago di Compostela. Assai familiari erano anche le Pleiadi, che, considerate a lungo una costellazione a sé stante, erano chiamate le Sette sorelle, per via del numero delle stelle visibili ad occhio nudo, oppure erano associate alla figura della chioccia con i suoi pulcini, ragion per cui sono popolarmente note anche come Gallinelle.

    L'apparizione delle comete, considerate vere e proprie stelle, era un avvenimento piuttosto raro, ma quando si verificava era considerato un cattivo presagio, che suscitava sempre apprensioni ed angosce. Nella tradizione popolare cristiana, invece, esse hanno assunto una valenza positiva: basti pensare alla Stella di Betlemme, tradizionalmente considerata una cometa, che si ritiene abbia guidato i re magi sino a Betlemme, dove sarebbe nato Gesù. Anche le meteore, popolarmente dette stelle cadenti, rivestivano un ruolo particolare nella cultura popolare: erano infatti considerate un buon auspicio, in particolar modo quelle che comparivano nella notte di San Lorenzo, ovvero le Perseidi.

    Al giorno d'oggi, specialmente nei Paesi industrializzati o in via di forte sviluppo, questo stretto contatto fra la cultura popolare e la volta celeste si è perso, soprattutto a causa del sempre più crescente inquinamento luminoso. Nonostante diverse amministrazioni regionali stiano prendendo provvedimenti per cercare di arginare questa forma di inquinamento, oggi è molto difficile osservare le stelle dai centri urbani; pertanto l'unico modo per compiere delle buone osservazioni resta quello di recarsi quanto più lontano possibile dalle luci cittadine, in luoghi dove gli effetti dell'inquinamento luminoso si facciano sentire il meno possibile.

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    La Vulcan, replica della Nave stellare Enterprise, protagonista di numerosi episodi della serie fantascientifica Star Trek.

    Nella fantascienza

    La nascita e lo sviluppo del genere letterario della fantascienza, a partire dai primi anni del XX secolo, ha ridestato nel pubblico l'interesse per le stelle. Alcune delle tematiche principali della narrazione fantascientifica sono infatti l'esplorazione dello spazio, la sua colonizzazione e la realizzazione di viaggi interstellari alla ricerca di mondi abitabili orbitanti intorno a stelle differenti dal Sole. Gli autori iniziarono allora ad immaginare delle tecnologie che consentissero di intraprendere viaggi interstellari a velocità superluminali (superiori cioè a quella della luce) ed ambientarono le loro storie su immaginari sistemi extrasolari; questa tendenza divenne predominante quando l'esplorazione del sistema solare mostrò l'improbabilità che nel nostro sistema planetario vi fossero delle forme evolute di vita extraterrestre.

    Una delle saghe fantascientifiche più note, ambientata nel futuro tra le stelle della nostra Galassia, è Star Trek, in cui l'uomo ha raggiunto un livello tale di tecnologia da poter intraprendere viaggi nello spazio interstellare ed entrare in contatto con civiltà aliene, riunendosi con loro in un corpo amministrativo chiamato Federazione dei Pianeti Uniti.

    Sebbene buona parte delle stelle nominate dagli autori fantascientifici siano puramente frutto della loro immaginazione, un discreto numero di scrittori ed artisti ha preferito servirsi dei nomi di stelle realmente esistenti e ben note agli astronomi, sia tra le più brillanti del cielo notturno sia tra le più vicine al sistema solare. Alcune di esse tuttavia non sembrano essere, effettivamente, favorevoli allo sviluppo e al sostegno di forme di vita complesse. Stelle molto luminose, come Sirio e Vega, possono contare su una vita di circa un miliardo di anni, un tempo che gli astrobiologi ritengono insufficiente per consentire lo sviluppo di forme di vita complesse.Le giganti rosse sono ugualmente inadatte a supportare la vita, poiché si tratta di stelle fortemente instabili, spesso variabili.

    Le stelle effettivamente idonee allo sviluppo della vita, come le deboli nane rosse, possiedono però una luminosità così bassa da renderle invisibili ad occhio nudo; per tale motivo molte di esse non possiedono spesso specifici nomi propri, che le renderebbero interessanti per gli scrittori di fantascienza.


    fonte: wikipedia
     
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4 replies since 26/7/2011, 08:20   1895 views
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