RENATO ZERO

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    Articolo rivista Adamo 1981

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    IL CARROZZONE VA AVANTI DA SE' (da Popster novembre 1977)

    - Hai appena avuto un successo strepitoso.

    Eh già, ma non dipende da me.

    - Da chi allora?

    Dalla gente che è stupenda.

    - Ieri sera c’era il Palasport strapieno. Il pubblico impazziva. I ragazzi gelosi dicevano: “Ma tanto non gli tira”…

    Ma avevano ragione comunque, perché dopo due ore di spettacolo, in quel modo lì, credo che il termine non so a chi riuscirebbe a tirare.

    - Poi c’erano i fotografi che imperterriti scattavano, mancavano solo i managers che stavano contando tutti i soldi incassati. Quanto di te stesso sei riuscito a dare alla gente?

    Un contatto c’è stato ed è stato anche sottolineato dalla presenza di tutta quella gente, soprattutto dal fatto che io mi renda, nonostante tutto, sempre molto disponibile e ce la metta tutta per riuscire a dare quello che posso dare. Chiaramente tu sai che sono arrivato fino a qui e l’ho fatto sperando sempre di riuscire ad arrivarci in condizioni di felicità e di compatibilità con la coerenza per la mia idea. In tutti i casi quello che dà non è mai abbastanza: poi c’è un discorso di realizzazione, di andare avanti, di fare sempre di più, di scrivere le cose più vere e viverle fino in fondo. Quindi il fatto di essere riuscito a dare quello che ho dato è un discorso, per quello che riguarda il mio massimo credo che occorrerà un po’ più di tempo.

    - Scoccia molto nei tuoi riguardi tutti quei sottintesi con cui vieni circondato… Renato/Renata. Penso però che ci sia anche una parte di tua colpa. Tu non hai mai detto chiaramente tutto. Io ti faccio questa domanda, poi tu puoi rispondere o no: hai mai avuto rapporti omosessuali?

    Sì, ma questo non credo che pregiudichi l’attività umana di una persona. Io credo che sotto questo sogghignare, questo essere impietosi nei confronti di un uomo prima che di un artista, lo trovo antico superato e anche di cattivo gusto. C’è stato qualcuno che in una radio libera ha detto qualcosa, forse nell’incoscienza più totale, in fondo giusta e che tutto sommato valeva la pena di captare nel verso giusto. Questo qualcuno ha detto: ”Sì, Renato Zero mi piace molto, sia come uomo che come donna”. Quindi questo vuol dire che, in profondità, si può anche evitare di essere considerati sia da una parte che dall’altra. Essere considerati semplicemente degli esseri umani. Se questo signore lo ha detto in questo senso lo apprezzo moltissimo, può essere un complimento; altrimenti lo annoveriamo nella linearità di un linguaggio che non mi interessa.


    - Una ragazzina mi ha detto: “Mi piace moltissimo Renato Zero, ma mi fa paura perché gli invertiti mi fanno paura”.

    Probabilmente questa ragazza gli invertiti ce li ha in casa: primi di loro il padre e la madre.

    - Tu sei contro i maniaci sessuali, però spesso gli invertiti sono stati considerati tali.

    Sono creature fragili, sono come i bambini, in un certo senso. In un momento qualunque della vita chiunque può esserlo.

    - Pensi che, con la fine del fascismo, il mito della virilità dell’uomo sia caduto?

    Ma io penso che molto prima dell’avvento di Mussolini siano cambiate molte cose nel fatto dell’omosessualità. Io credo addirittura da Gesù Cristo. Che però poi questi insegnamenti di Cristo siano stati presi talmente alla lettera da farne una morale scomoda per gran parte del mondo, questo è un altro discorso, comunque Gesù Cristo credo che abbracciasse l’idea di essere disponibile a tutti e quindi di non avere limitazioni neanche in un abbraccio o in una dimensione molto affettiva in profondità.

    - Velocità: un futurista ha scritto che è l’ultima libertà rimasta all’uomo.

    Potrei anche essere d’accordo su questo. Il fatto di vivere con le pulsazioni a duemila, anche questo credo sia velocità. Non ne farei comunque una massima visto che c’è molta gente che vuole ritornare ad andare a due all’ora, nel senso di percorrere la strada con più tranquillità e con meno palpiti e condizioni troppo scomode.

    - Prima dello spettacolo hai detto: “Non credevo di meritare tutto questo”. Credo che, come frase, sia più brutta di: “Non credevo di avere tutto questo”.

    Più brutta se uno vuol fare bella figura. Forse all’epoca di Wanda Osiris non si usavano ‘ste cose perché era tutto così rosa e bello. Per me non lo è stato ed ho tenuto a sottolinearlo. Questo è indipendente dal fatto che io ci abbia messo dodici anni ad arrivare; ognuno di noi conosce i propri limiti, le paure, la mancanza di terra e il fatto di non sapere mai esattamente fino a che punto, come dicevamo prima, riesce a dare il meglio di sé stesso. Non so se la frase di ieri sia capovolgibile, ma per quel che mi riguarda come l’ho detta va benissimo.

    - Alcuni managers che assistevano al tuo spettacolo, hanno commentato così: “Bello, una grande americanata”.

    Di solito i managers sono molto più falsi, nel senso proprio del business, del compromesso dialettico. Di solito sono più scemi e quindi ti fanno dei complimenti e dicono molto bene del tuo spettacolo e queste cose qui. il fatto che abbiano detto che questo spettacolo è un’americanata, non solo li mette in una condizione di autenticità, impreparati come sono ad un certo tipo di realtà musicale, ma soprattutto li squalifica perché a questo punto l’affettatrice del gorgonzola e del prosciutto li attende inesorabilmente.

    - Perché porti avanti uno spettacolo così costoso quando potresti fare come un qualsiasi cantautore che viaggia a caché altissimi e guadagna di più?

    Non sarei contento di fare una cosa del genere. Quando iniziai a fare quel tipo di lavoro ero fresco, felice di fare questa scelta soprattutto perché a dettarmela era un istinto e una voglia di costruire certe cose eccetera. Questa voglia, nonostante abbia ventisette anni e sia uno che può tirare i remi in barca e costruirmi un conto in banca, mi rimane. Il giorno che smetterò di cantare, probabilmente farò un’altra cosa; non ho problemi fallimentari, nel senso musicale della parola.

    - Beatles?

    Che meraviglia, devo aggiungere altro? Non credo. Tu pensi che debba aggiungere altro al fatto di essere stato uno dei primissimi ad assistere ai loro concerti, a vedere i loro films, a collezionare le loro biografie e i loro testi. Io dico che non sono solo un fenomeno musicale, ma che gli dobbiamo molto, perché grazie a loro ci siamo riscattati di certe cose e di certe libertà non solo musicali, ma addirittura sul piano sociale e umano. Anche ai Rolling Stones dobbiamo molto di questo; a Mick Jagger in particolare.

    - Anche a Jim Morrison.

    Certo, e anche a Ray Charles, anche a… beh, ti dovrei fare una lista di quelle fantastiche, mi vengono i brividi solo a pronunciarli ‘sti nomi.

    - Anche a quelli che, mentre i Beatles avevano successo e venivano incoronati baronetti, portavano avanti nell’underground il discorso e la loro emarginazione.

    Che grazie ai Beatles era possibile. Dai, dai, dai, adesso, a parte i baronetti che credo che sia uno dei conferimenti più squallidi che possano esser stati fatti in Britannia da quando esiste ad oggi; voglio dire… un gruppo musicale o un fatto così estremamente aderente a un tipo di realtà, credo che certe condizioni di valorizzazioni a livello plastico o addirittura metallico, sotto forme di patacche o diplomi, sia di un ridicolo allucinante.

    - Renato Zero fa tanto successo e vende moltissimi dischi all’estero, contribuendo a risollevare la bilancia dei pagamenti italiana. Il presidente della repubblica decide allora di conferirgli la patacca di “Cavaliere del lavoro”. Renato Zero si reca dal presidente a ricevere l’onorificenza?

    Si reca dal Presidente per dirgli se non trovava di meglio come utilizzare questa patacca.

    - Però non ti faresti fotografare.

    Ma neanche dipinto, no, no, per la carità di Dio! Ma i quattro baronetti fanno parte di un’altra realtà. Per fortuna il mondo è bello perché è vario. Se tu guardi la televisione inglese e tante altre forme di spettacolo in Inghilterra, scopri che sono molto più “giggioni”; al limite si divertono anche con queste cose, ma ingenuamente credo, almeno spero, l’Inghilterra è fatta così, è un paese dove cresce e prospera qualsiasi tipo di erba, che sia estetica, divertente e a volte anche puerile.

    - Tu devi avere tanta rabbia in corpo se spezzi il tuo spettacolo per accettare provocazioni che ti provengono da singole persone.

    Beh, ma ho scelto io questo contatto col pubblico quindi debbo anche essere pronto a mandarlo via, se non altro con una risposta. Lascio perdere per un attimo diecimila persone per uno perché questo uno probabilmente c’è sempre. Finché ci sarà quest’uno mi sentirò in condizione di avere con lui uno scambio di vedute.

    - Ti senti apostolo?

    Apostolo… Beh certo che questa è una domanda strana eh però. Non potresti aggiungere qualcosa di più, mettendomi sulla strada?

    - Per apostolo intendo uno che, anche disinteressatamente, si sente di dover dare o insegnare qualcosa.

    In questo termine sono d’accordo, va bene.

    - Qual è la cosa che tu credi di aver capito e contro la quale cozzi maggiormente nei tuoi rapporti con gli altri?

    In certe occasioni è la superficialità, portata addirittura a degli stadi di indifferenza e noia. Questa è la cosa che credo massima, di trovarmi di fronte a qualcuno che è refrattario, che vive così perché ci si trova. È un autobus che doveva prendere.

    - Tu ti vesti in maniera variopinta, oltre al fatto che ti piace, credo anche per far capire al primo colpo d’occhio che tu sei diverso.

    Questo da sempre, da quando sono nato. Ma non è solo adesso, a parte che uno voglia dare una definizione a chiamarsi “diverso”, però io credo che la condizione più genuina del mio essere “diverso” sia dettata proprio dalla gente che mi osserva, che mi guarda e che oggi, finalmente, si rende conto che io lo sono veramente un “diverso”. Ne hai la prova durante i miei spettacoli dove il pubblico, che probabilmente è lo stesso di tanti altri artisti italiani, è diverso, come pure io sono un personaggio diverso dagli altri.

    - Pensi di resistere all’inevitabile declino di tutte le superstars, perché tu adesso lo sei.

    No… No… Ma come fa a finire una superstar quando non lo è mai stata.

    - Ma tu lo sei Renato.

    No, non ci credo. Non credo che si possa pensare a me come a una superstar.

    - Ma esserlo è una cosa bilaterale; basta che la parte pubblico lo decida e tu inevitabilmente lo sei.

    È’ questo che mi spaventa; perché Superstar è una cosa di frigidità e di distacco. Io non sono né frigido, né distaccato e quindi non sono una superstar. Probabilmente la gente usa, come te, un termine che, se approfondito, non risulta esatto. È un termine che è morto appena nato; non regge, soprattutto oggi. Parlarne oggi penso sia inutile. Non fa bene né a me né a quelli che credono che io lo sia. Io non vendo solo dischi; io vendo tutto ciò che fino a oggi ho acquistato. È quindi un rapporto medianico, non un fatto commerciale fine a sé stesso. Diciamo che è la cosa più bella che io trovo, come la fotografia, l’immagine riprodotta in otto millimetri, come certe condizioni specifiche di portarsi dietro un souvenir che ti ricordi determinate cose, per questo esistono i dischi. Ti lasciano sperare di non finire morto ammazzato e dimenticato da tutti. se ne vendono tanti di “sti dischi”, significa che saranno in più a non dimenticarmi, quando magari deciderò di non cantare più o di dedicarmi ad un’altra cosa.

    - Hai già in mente il seguito di “Zerofobia”?

    Sì, ma non è il seguito perché “Zerofobia” è la chiusura di un periodo; un capitolo di vita che si chiude. Se ne riapre un altro, quindi non sarà un continuo, ma una pagina nuova. Siccome mi piace il rischio e amo chiamarmi Zero, e allora credo sia importante ogni tanto uno sciacquio mentis e ripartire da zero come ho fatto io.

    - Gesù Cristo.

    …Che figo!

    - Religione.

    Difficile.

    - Difficile la religione o parlare della religione?


    Difficile Dio con la religione. Io non li identifico. Dio c’è, la religione no.

    - Ma la religione non può essere un atto di disperazione, un cercare qualcosa a cui aggrapparsi?
    Per quello c’è Dio, ma dove c’è Dio difficilmente c’è la religione e viceversa, perché diventa un vizio spirituale, un sacrificarsi a un fatto di… di una passione fanatica e inutile. Io quando ho bisogno di Dio me lo cerco dentro e dappertutto. Non ho bisogno di recarmi da nessuna parte per riuscire a comunicare con lui. Probabilmente tu mi dici: “Eh, ma c’è della gente che questo non lo sa” e allora non sono cristiani, perché uno dei concetti della cristianità è essere convinti che Dio sia dappertutto e possa essere avvicinabile in questo posto.

    - Pasolini?

    Una morte prematura.

    - Carmelo Bene.

    Un cinico con mestiere.

    - Anche lui dice molte cose sulla religione, quasi come te.

    Sì, ma probabilmente le dice da Marte.

    - Si crede un genio, esiste il genio?

    Sì, ma si cancella.

    - C’era una frase bella: “L’intelligenza riconosce il genio”.

    L’intelligenza riconosce il genio probabilmente quando, oltre all’intelligenza, non è stato inventato nient’altro.

    - Teoria della reincarnazione.

    …Vivrò ancora.

    - Sei curioso della morte?

    No, io sono curioso della vita, visto che ci sono potrei essere curioso dell’aldilà se i miei carma fossero ad uno stadio iniziale; ma chi mi garantisce che io non stia vivendo l’ultimo carma? Nel qual caso non potrei avere l’opportunità di vivere un’altra vita. Mi dispiacerebbe un po’.

    - Ti auguro di durare tanto.

    Io, da non dentifricio quale sono, spero che la mia durata non si esaurisca in un tubetto. Non parlo solo di Zerofobia, ma di uno spremersi continuamente avendo un fondo. Però se tu spremi una cosa che non ha fondo probabilmente ne fuoriuscirà sempre qualcosa di buono.

    - Ti ho sentito dire che ritieni sinceri tutti quelli che ti stanno intorno. Io non lo penso.

    Ma per questo, ritornando al discorso di prima, a quel discorso primordiale, a un certo punto Giuda ne è la prova, voglio dire. Può succedere anche che ci sia qualcuno che ti bacia e poi…

    - Penso che molti rimarranno inorriditi nel sentirti parlare di Gesù, tu che sei additato quale esempio pubblico da non seguire.

    Non sono mai finito su Famiglia Cristiana, se è questo che non fa sì che io possa essere uno che crede come tante altre persone. Ma probabilmente oggi è arrivato il momento di riformarsi e di annullare quelle ipotesi, che sono il peccato mortale ed un senso di colpa che i cristiani hanno avuto da quando sono stati messi al mondo e tutte queste cose qui. allora la gente scoprirà che quello che dico oggi, sarà domani; che ci sarà la rivalutazione di un tipo di “credo” che sia appiccicato essenzialmente a un “io”, a un’individualità.

    - Però la gente crede in quello che il prete dice, e il prete dice che l’omosessuale non è cristiano, non è cattolico.

    Ma il prete credo che abbia dimostrato lungamente i suoi errori e le sue colpe. Comunque la chiesa aveva detto in un primo tempo di non essere razzista e di voler bene a tutti. come mai che il sacerdote non ha la bontà di prendersi gli omosessuali e di tenerseli vicini per dar loro quello che probabilmente la società gli ha negato fino ad oggi?

    - Pensi che la gente abbia molta paura della libertà?

    No, no, perché… no finché non ce l’ha. Io credo che la paura per la libertà subentri il giorno che uno ce l’ha, il giorno che la possiede.

    - Droga? Eroina?

    Non potendo inventare una terza guerra mondiale, che sarebbe credo ad un livello talmente fastidioso anche per quelli che spingono il bottone, hanno inventato questa cosa qui. disgraziatamente per molti, rappresenta la fine di tutto e non solo è una fine, ma il più delle volte è incosciente. Prima si parla di un paradiso, di una liberazione, di sentirsi meglio e poi…e poi finisce.

    - Non credi che un’esperienza con hascisc serva, se fatta con coscienza per capire l’importanza della mente sul corpo?

    Sì, ma per fare questo io credo che bisognerebbe vivere un’esistenza talmente ascetica. Bisognerebbe andare a fare questa esperienza che tu dici in India, nel Pakistan, in Turchia; cioè laddove io credo ci siano delle condizioni specifiche perché uno sia veramente a contatto con certe sensibilità, con certi spazi. Il farla a via del Corso e a Piazza del Popolo o in una condizione… in un supermercato, non credo che sia una cosa tutto sommato utile e soprattutto che ti porti a prendere visione e coscienza di certi interventi spirituali nei confronti del fisico. Io penso che in questa specifica condizione ci sia solo un fatto di sofferenza e paranoia. Non credo che aiuti il provare a fare queste esperienze a questo livello.

    - Ti riporto una frase che scrisse un giornale del 1931 in America: “I paesi civili sono alcolizzati. I paesi invece dediti alla canapa indiana o all’oppio hanno visto il deterioramento di una civiltà che una volta era splendente”. Questo in una nota medica.

    Queste sono affermazioni naturalmente di uno che sta scrivendo con una Olivetti attraverso una finestra al di là della quale ci sono i paesi orientali e quelli no, quelli progrediti e quelli no. Io queste cose, prima di scriverle, le toccherei, le verificherei. Non mi accontento più di una definizione o di un’asserzione puramente autorevole o culturalmente valida. La cultura in queste cose non c’entra. C’entrano i risultati, sentire anche dall’altra parte quello che succede. A me risulta invece che in questi paesi dove fanno uso di oppio dalla mattina alla sera sono tranquilli, questo senz’altro, perché sono rincoglioniti dalla mattina alla sera. Allora va bene; cioè come condizione specifica di annullarsi completamente questa va bene; ma siccome noi, senza andare in America, qui in Europa abbiamo tanti di quei problemi da risolvere che non è annullandosi che si risolvono, ma credo che invece sia importante viverli con lucidità.

    - Un’ultimissima cosa: è molto importante l’aspetto fisico? Un Renato Zero con la pancia, sarebbe stato Renato Zero?

    Ma io credo di sì. Prova ad immaginarmi, io credo sarebbe stata la stessa cosa. No? Perché no? Probabilmente questo non avrebbe cambiato i miei piani perché le calzamaglie le avrei indossate lo stesso. Se è vero che la gente mi apprezza per quello che ho dentro i cuscinetti di grasso fuori non sarebbero un problema.
     
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  5. Domenico Della Maddalena85
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  6. Domenico Della Maddalena85
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    Giorgio Panariello su Rai1: "Imiterò suor Cristina e Renato Zero, ecco gli altri miei personaggi e i monologhi". Medley di Natale
    Il conduttore, intervistato da Il Tempo, anticipa come sarà lo show trasmesso in diretta su Rai1 martedì 22 e mercoledì 23 dicembre.

    Giorgio Panariello racconta a Il Tempo come sarà Panariello sotto l'albero, in onda martedì 22 e mercoledì 23 dicembre in diretta su Rai1.

    "Lo lanciai vent'anni fa a Firenze e lo riproposi lo scorso anno. La gente si diverte tantissimo e da lì è nata l'idea dello show tv con la produzione F&P e Ballandi multimedia. Quello in tv è un regalo che mi faccio e faccio al grande pubblico di Rai1 oltre che ai miei fan. Con una struttura narrativa che non è quella del teatro ma più adatta alla tv. Gli ingredienti sono quelli amati dalla gente: i monologhi, i miei personaggi, ospiti e amici che si alterneranno con ritmo sul palco. Sono due serate, una completamente diversa dall'altra, anche se unite dal filo conduttore del Natale. Ci si diverte e si riflette, accendendo i riflettori sulla quotidianità in uno spettacolo specchio del nostro tempo".

    E poi: "I monologhi sono sul futuro nostro e delle giovani generazioni, su quello che si mangia nel periodo delle feste e non solo, sul consumismo natalizio che ci fa perdere l'essenza della festa, sulla mania di affittare tutto, sulla politica distante dalla pancia della gente. Ci scherzeremo sopra parlando del regalo di un condono tombale che cancellerà tutti i nostri peccati".

    Quanto ai personaggi imitati saranno vecchi e nuovi: "Mario il bagnino, Merigo, Renato Zero, Raperino, il barbone, Dante Alighieri, Ubaldo Light che è un nutrizionista molto richiesto, suor Cristina, Naomo che ora si candida a sindaco di Roma con gli assessori che saranno tutte bellissime ragazze".

    Infine "ci sarà un medley di canzoni natalizie interpretate da cantanti italiani e il rito dello scambio dei regali che faremo davanti a tutti".

    Rispetto al passato "ci saranno più testi e meno conduzione". Con l'auspicio di ridere veramente per più di due ore a sera.
     
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  7. Domenico Della Maddalena85
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  8. Domenico Della Maddalena85
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    Buon anno con un'altro articolo rarissimo
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  9. Domenico85bis
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    Avevo perso la password e mi sono reiscritto!!!
     
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  10. Domenico85bis
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    [/URL]MILANO, 7, 14 E 28 APRILE: LE CONFERENZE DI ZERO, RENGA E ZUCCHERO
    Il mese d'aprile sarà caratterizzato da alcuni grandi ritorni sulla scena musicale italiana e Milano farà da cornice a questi eventi, ospitando le conferenze stampa di Renato Zero, Francesco Renga e Zucchero.

    Il 7 aprile, Renato Zero presenterà il suo nuovo disco “Alt” in uscita il giorno dopo, l'8 aprile, e i due concerti appena annunciati che si terranno all'Arena di Verona l'1 e il 2 giugno.

    Il 14 aprile, toccherà a Francesco Renga che incontrerà i giornalisti per raccontare “Scriverò Il Tuo Nome”, album in uscita il 15 aprile che è stato anticipato dal singolo “Guardami Amore”.

    Infine il 28 aprile, 24 ore prima della pubblicazione di “Black Cat”, Zucchero svelerà tutti i dettagli sul suo nuovo lavoro.

    Da venerdì su Radio Italia potete già ascoltare “Partigiano Reggiano”, il primo estratto da “Black Cat”.

    Radio Italia 27.3.2016

    Edited by Domenico85bis - 2/4/2016, 16:23
     
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  11. Domenico85bis
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    Renato Zero, Quello che non ha detto, Nuova edizione del libro “Chiedi di lui”, viaggio tra le note dell’artista romano. Incontro con gli autori, Daniela Tuscano e Cristian A. Porcino Ferrara

    1) Una nuova edizione di “Chiedi di lui” alla vigilia del nuovo album “Alt”, anche questa godibilissima, ancor più ricca della prima. Ma perché questa scelta?

    Cristian e Daniela: «L’idea della nuova edizione è nata l’anno scorso, quindi ben prima dell’annuncio del suo nuovo lavoro. Infatti è uscito prima di “Alt” e non in contemporanea o subito dopo. Abbiamo semplicemente avvertito la necessità di sviluppare altri aspetti che nella prima edizione erano stati solamente abbozzati. “Chiedi di lui 2.0” è sì una nuova edizione, ma al contempo un nuovo libro. Ci sono più di 150 pagine nuove e percorsi del tutto inediti».

    2) Di Zero sembra si sappia tutto, in realtà non è così e forse in questo risiede il suo fascino, che ne pensate?

    Cristian: «Certamente. In realtà nessuno può sapere tutto di un artista. Ogni libro è un tassello che arricchisce l’immaginario di un artista. Possiamo leggere mille biografie e interviste di quel dato cantante o pittore, ma non scopriremo mai il suo mondo segreto. Quello che tocca a noi scrittori e studiosi è, per l’appunto, analizzare certi aspetti poco conosciuti, anche da un punto di vista semiotico, e studiarli alla luce della logica, della critica e non basarci solo sull’opinione che ne hanno i suoi ammiratori».

    Daniela: «Il fascino di Zero risiede proprio nel presentarsi come una sorta di fratello maggiore o amico intimo, uno che ti confida tutto, che è proprio vicino a te. Il coinvolgimento emotivo è totale. Credo che la sua intimità sia molto più variegata, come quella di ognuno di noi. Ma l’artista amplifica e semplifica: l’identificazione scatta automatica specialmente verso personaggi carismatici come lui».

    3) Nella prefazione alla nuova edizione leggiamo che Renato proveniva dall’avanguardia e certo questa cosa sorprende: poi si citano sue frequentazioni davvero inaspettate… e si finisce con Parco Lambro. Come mai?

    Daniela: «Oggi uno Zero di quel tipo sarebbe inimmaginabile, ma a quei tempi era un passaggio quasi obbligato. In altri contesti, non lo voleva nessuno. Che poi lui si trovasse a suo agio, era un altro paio di maniche. Negli anni Settanta si respirava quell’aria, volenti o nolenti. Peraltro, in ambienti, diciamo così, duri e puri, i suoi primi lavori suscitavano una certa diffidenza dato che si risolvevano nella consueta formula della canzone di tre-quattro minuti. Renato è riuscito a divulgare con l’essenzialità e con una certa facilità di scrittura espressioni artistiche altrimenti riservate a un pubblico di nicchia».

    4) Avete dedicato molta parte della vostra opera alla relazione tra Renato e Pasolini. Non solo nella prima parte della sua carriera, come sarebbe logico supporre, ma anche nella seconda (mi sembra anzi che quella di Cristian sia più corposa). La vicinanza di Pier Paolo alla musica popolare è notoria ma perché nessuno sembra mai accorgersi delle tracce “pasoliniane” in Zero? Al limite si fa un generico accenno alle periferie romane, ma fermi lì. Mentre con De André, Giovanna Marini, De Gregori il discorso cambia notevolmente…

    Cristian: «Con Pasolini ho un rapporto speciale e l’ho raccontato anche nel libro. Da ragazzino fui preso di mira da un insegnante che detestava Pier Paolo e lo considerava l’untore, il male assoluto. Nel mio lavoro precedente (“Tutta colpa del whisky” ndr) ho definito Pier Paolo un “maestro dell’esistere”. Pasolini è stato spesso trattato con snobberia, senza tener conto che la sua linfa poetica era alimentata dal popolo, dalla gente comune. In virtù di questo Pasolini può essere considerato un artista pop. Celebri le sue inchieste on the road. Per quanto riguarda Renato Zero all’inizio non fu preso in considerazione perché nelle sue canzoni raccontava le periferie esistenziali, mentre molti cantautori erano più propensi a narrare realtà sociali intrise di ideologie. Oggi però le cose sono sostanzialmente cambiate e Zero è amato e compreso dalla gente».

    Daniela: «Le cose sono cambiate ma anche Zero è profondamente cambiato. E onestamente adesso non lo si può più accostare a Pasolini, nemmeno per analogia (non dimentichiamo che lui stesso ne prese le distanze in un’intervista del 2010). Un tempo, però, senza Pier Paolo sarebbe stato difficile comprendere del tutto l’opera di Renato. La scarsa considerazione nei suoi confronti non mi stupisce. La cultura italiana è spocchiosa e, di conseguenza, provinciale. Menzionare De André o Giovanna Marini è considerato un punto d’onore, citare Renato Zero no. Di qui la scarsa attenzione verso un artista che, al contrario, è stato fino a un certo punto il più vicino di tutti al mondo di Pasolini».

    5) De André, Zero, Pasolini… Quali legami, quali differenze?

    Cristian: «Sicuramente ci sono dei legami e non solo con il mondo pasoliniano, ma in questa sede è quasi impossibile elencarli tutti. In parte mi sono già occupato della tematica culturale nel mio libro “I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero”. Lascio dunque la parola a Daniela».

    Daniela: «Fabrizio aveva un approccio decisamente più intellettuale, di testa; o meglio, aveva il cuore in testa. Renato esattamente l’opposto. Ma cito solo un esempio. Il 28 novembre scorso, coi miei studenti di Ragioneria, organizzai un incontro [fra i partecipanti lo scrittore Mattia Morretta, ndr] dedicato al poeta nel 40° della morte. Aggregammo ai brani del poeta alcune canzoni, fra cui “Casal de’ pazzi” che venne eseguita dal vivo. Un mio collega, dopo averla ascoltata, ha esclamato: “Però! Più l’ascolto e più mi piace, ha un bel testo ed è musicalmente molto elaborata”. Ma prima di quel giorno non la conosceva nessuno».

    6) Posto esista, qual è il disco o il brano più pasoliniano di Renato?

    Cristian: «Ma un brano o un album in particolare non saprei indicarlo. Chiaramente il Renato Zero degli esordi è più vicino al mondo pasoliniano di quanto, invece, lo sia adesso. Per carità non so se Zero abbia mai letto Pasolini, ma ne condivideva, certamente molti aspetti, anche in modo inconsapevole. “Quando non sei più di nessuno” uscito nel 1993 in un certo qual modo conteneva tracce di quell’universo lì. Infatti al suo interno si trovava “Casal de’ pazzi”. Anche “Per non essere così” è un brano che mi riporta alla mente il mondo di “Accattone”; oppure “ Pionieri” o “Marciapiedi”».

    Daniela: «Nemmeno per me esiste un disco “pasoliniano” al cento per cento nella produzione di Renato. Neppure “Zerofobia”, che nella sua metropolitanità esasperata è invece il suo album meno europeo, autenticamente e visceralmente rock. Quindi ben oltre la periferia di Pier Paolo, al limite più confinante con alcuni paesaggi di Testori, che non a caso era e viveva a Milano. Purtroppo oggi l’aggettivo “pasoliniano” è abusato e finisce per significare tutto e niente: qualsiasi situazione scollacciata, qualsiasi canzone con allusioni forti (o circa) viene sbrigativamente definita “pasoliniana”, quando spesso non lo è affatto. Comunque, sono d’accordo con Cristian; forse è proprio in “Artide Antartide” che troviamo affreschi, sia pure un po’ manieristici, capaci di rievocare alcune pellicole di PPP».

    7) Un altro artista che ha molto in comune con Pier Paolo è Massimo Ranieri, di cui sta per uscire il film “La Macchinazione”. Anche in tal caso: quali le affinità tra Pasolini, Massimo e Renato? E tra i due cantanti?

    Cristian: «Considero Massimo Ranieri uno degli artisti italiani più completi in assoluto. Ha una voce spettacolare e carisma da vendere. La sua presenza in un film o show televisivo è sinonimo di garanzia. Inoltre Ranieri è un eccellente attore di teatro e proprio qualche anno fa ho avuto modo di apprezzarlo dal vivo nello spettacolo “Viviani Varietà”. Con Pasolini Ranieri ha in comune l’aspetto. La sua somiglianza con Pier Paolo è davvero impressionante. Massimo e Renato sono stati, e lo sono ancora, degli istrioni. Devoti alla loro arte si sono cimentati in diversi ruoli e campi artistici. Non a caso la celebre canzone di Charles Aznavour, “L’istrione”, è stata cantata in coppia da Ranieri e Zero durante la trasmissione televisiva TGZDM. Sono certo che “La Macchinazione” renderà il giusto merito a Pier Paolo, sicuramente più del film di Abel Ferrara.»

    Daniela: «Aspetto con impazienza il film di Massimo. È un attore molto espressivo. Con Pasolini sarà costretto a diventare espressionista, considerato che, poi, ha dovuto interpretare l’ultimo, e più fosco, capitolo della sua vita. Ecco, somiglianza a parte, per la carnale spontaneità accosto Massimo al Pasolini “friulano”, così goloso della vita, ma anche così ottimisticamente ingenuo e aurorale. Qui invece l’artista napoletano ha dovuto asciugarsi, riporre in un angolo la sua dirompenza meridionale per calarsi nel vuoto dell’uomo incupito, solo, sperduto, dirozzato. Quale che sia il risultato finale, ho fiducia comunque nella buona riuscita dell’opera anche perché l’uomo è umile, sa imparare. In questo è diverso da Renato, che Pier Paolo l’ha spesso subito, sentendoselo gravare sulle spalle in modo talora insopportabile. Poi ha voluto liberarsene. Adesso, Zero somiglia di più a un dispensatore di saggi consigli e sembra aver cancellato la parte nera – “dark”, direi – della sua arte e forse della sua esistenza».

    8) Anche Paolo Bonacelli, altro attore pasoliniano (pensiamo a “Salò”) ha lavorato con Renato sia in “Ciao Nì” sia in “Tutti Gli Zeri Del Mondo” [film del ’79 e spettacolo monografico in quattro puntate andato in onda nel 2000, ndr]… Un caso?

    Daniela: «Non ne ho la più pallida idea… Può trattarsi, com’è accaduto per “Calore”, d’intertestualità; non va dimenticato che in Bonacelli c’è anche molto Fellini, quell’atmosfera estatica, grottesca e saporosa capace di stendere sulle realtà più sordide un velo d’innocenza fatata».

    9) Entrambi ricordate la parentela con Mario Tronti e alcune posizioni di Pasolini contro l’aborto e il divorzio che gli suscitarono fraintendimenti da parte dei settori della sinistra e, al tempo stesso, l’elogio della destra clericale e conservatrice…

    Cristian: «Nonostante la parentela con Mario Tronti Renato Zero ha cercato di tenersi ben alla larga dalle correnti politiche. Purtroppo molte frange estremiste di destra amano le sue canzoni e le strumentalizzano per fomentare sentimenti di intolleranza e omofobia».

    Daniela: «Tronti appartiene all’antica scuola marxista. È uno spirito immaginifico, con saldi principi morali. Per questo non sorprende la sua opposizione, condivisa da molti intellettuali della sinistra storica, alla tecnocrazia capitalista che trasforma i corpi in merce (utero in affitto oggi, aborto ieri). Pasolini venne strumentalizzato come oggi viene strumentalizzato Zero; fatte le debite proporzioni, sia chiaro. Ma quest’ultimo ha lanciato messaggi più ambigui».

    10) Alcuni brani di Renato sono rimasti un po’ in sordina; altri vengono continuamente riproposti. Perché?

    Daniela: «Bisognerebbe chiederlo a lui… Certo non è facile operare una selezione dopo 50 anni di carriera e non sta a me suggerire le scalette per i prossimi concerti! Non nascondo, però, che preferirei ascoltare canzoni come, appunto, “Casal de’ pazzi” al posto di altre, magari di maggior impatto, ma meno indicative della ricchezza dell’arte di Renato. Però, lo ripeto, si tratta di scelte molto personali sulle quali non mi pronuncio».

    11) A proposito di scelte, cosa ne pensate della copertina di “Alt”? Parrebbe un ritorno a quelle atmosfere “dark” cui ci si riferiva poc’anzi…

    Cristian: «La copertina di “Alt” ha un gusto vintage. A me ricorda molto gli anni’80 e in special modo alcuni video dei Pet Shop Boys o di Freddie Mercury e i Village people. Con quel look da Visitors sembra proprio omaggiare quel decennio lì».

    Daniela: «Non lo so. Senza dubbio, se voleva scioccare, c’è riuscito. Tutto sta a vedere se rispecchia davvero il contenuto dell’album. A me rievoca certo situazionismo di “Voyeur”, ma le ultime prove, anche i due singoli, non sembrano andare in questa direzione. È pur vero che, a volte, i brani di lancio non esprimono appieno lo “spirito” dell’album. Penso per esempio a “A braccia aperte”: non si può certo dire che fosse il brano più riuscito, né quello più significativo d’un lavoro elaborato come “Cattura”».

    12) E le critiche a Madonna?

    Cristian: «Zero ha ammesso di non amare Madonna e di non stimarla affatto. Eppure i due artisti rappresentano una tipologia di musica che si concentra anche sull’aspetto visivo della performance musicale. Sull’immagine hanno costruito entrambi una carriera quindi non si capisce da quale pulpito parta la predica o in questo caso la critica di Zero».

    13) L’esperienza poco riuscita di TGZDM dimostra che Zero “non è un mito transgenerazionale”, come si legge nel libro; molti, oggi, sarebbero pronti a giurare di sì.

    Cristian: «Io non parlerei di esperienza poco riuscita. I programmi televisivi si misurano, ahimé, con i dati Auditel e non con la qualità degli stessi. Detto questo il Renato Zero di TGZDM non era il Renato di oggi. Nel senso che adesso il suo pubblico è enormemente cresciuto ed è diventato un cantante per famiglie. All’epoca manteneva ancora un po’ di quel sano distacco e non temeva la cosiddetta “emarginazione” della maggioranza».

    Daniela: «Ho sempre sostenuto che Renato, proveniente dal teatro, non ha i “tempi” televisivi. Ciò premesso, se da un lato concordo con Cristian, dall’altro quell’one-man-show mi ha dato un’idea d’incompiutezza. E non solo per i superospiti negati a Zero. Talora ho avuto davvero la percezione di “vorrei ma non posso”. Quella trasmissione ha tentato di conciliare messaggi importanti, anche forti, e un’immagine sostanzialmente ancora trasgressiva, con la paciosità familiare e familista della prima rete Rai. Un’operazione praticamente impossibile, o impossibile a uno come Renato, che più cerca di “addomesticarsi”, più suscita perplessità».

    14) Cristian, come spieghi l’affinità con Jackson e la freddezza con Bowie dopo la morte? E perché, secondo te, Renato è più affine a Elton John?

    Cristian: «All’interno del libro troverete diversi capitoli incentrati sul confronto Jackson-Zero e Bowie - Renato. Le reazioni sono diverse perché con il Re del Pop Zero non si è mai sentito in competizione, mentre con Bowie ha subìto, nel tempo, diversi paragoni. Detto ciò la freddezza con cui ha trattato la scomparsa di David Bowie è inaccettabile e leggendo il libro capirete perché. Con Elton sono molte le cose che lo accomunano. Look, brio, comportamenti in scena, etc. Ovviamente Michael, David e Elton sono musicisti mentre Renato no. Comunque nel testo si discute delle sue affinità con questi grandi artisti e non di scopiazzamenti inesistenti. Sia chiaro!»

    15) L’ammirazione del cantante per Wojtyla non può essere spiegata anche dal fatto che il papa polacco era stato un grande attore?

    Cristian: «Ovviamente. Renato Zero ha portato in scena la maschera teatrale e frequentato il mondo della recitazione. Wojtyla è riuscito ad arrivare alle masse grazie proprio al suo trascorso di attore. Giovanni Paolo II nel suo libro “Alzatevi, Andiamo!” ricordava l’importanza formativa del teatro. Anche il pontefice descritto da Nanni Moretti in “Habemus Papam” dice alla psicologa che il suo lavoro è recitare. Senza offesa per nessuno ma Zero ha sempre avuto delle smanie di grandezza tipiche di un artista e Wojtyla è stato il papa più massmediatico di sempre. Non a caso subito dopo la sua elezione alla soglia di Pietro la Marvel, la casa editrice dei supereroi, gli dedicò un fumetto. La fede con lui è diventata spettacolo. Nacquero le messe di massa celebrate da una vera pop(e) star del Sacro».

    16) Forse è vero che il travestito di “Mi vendo” non sarebbe mai andato a un Pride ma resta che le sue canzoni ai Pride ancora oggi sono eseguite. Come si spiega?

    Daniela: «Perché nessuno meglio di lui ha saputo ritrarre non solo un’epoca ma uno stato d’animo, un vissuto. Chi c’era in quegli anni non può negarlo».

    17) “Che lo si voglia ammettere oppure no Renato Zero, come ho già ricordato diverse volte, ha favorito la discussione sull’omosessualità in una nazione ancorata ancora a retrivi pregiudizi di matrice cattolica… Chi lo nega è solamente in malafede, oppure vuole ricondurre tutto ad una strategia di marketing improntata dal cantante per ingannare il suo pubblico e raggiungere facilmente il successo”. Cristian, queste frasi insieme con la matrice cattolica sembrerebbero smentire la posizione di Zero come un papa laico e così la copertina del nuovo album. Oppure no?

    Cristian: «Al legame tra Renato Zero e la fede ho dedicato un intero capitolo. Ormai non è un mistero per nessuno che Zero, in più di un’occasione, si è allineato alle direttive del Vaticano. Zero è un cantante e da lui non mi aspetto nulla in materia di religione. Utilizzerà la sua arte per esprimere la sua spiritualità. Io da filosofo non credente non mi trovo nelle sue riflessioni attuali ma questo riguarda piuttosto me e non lui. Anche alla tematica dell’omosessualità nella canzone italiana ho dedicato un capitolo. Forse per non sminuire i concetti è meglio rimandare alla lettura degli stessi».

    18) È stato riportato anche un siparietto frivolo (gossip). Perché questa scelta?

    Cristian: «Ci è sembrata una scelta interessante per avvicinarci anche ad un pubblico meno propenso allo studio serio e serioso di un artista. È La gente ama il gossip ed è stato accontentato. Chiaramente più che pettegolezzi sono, per l’appunto, delle parentesi frivole in cui si narra di amicizie, di spettacoli televisivi che dovranno, forse, concretizzarsi, etc.»

    Daniela: «Io ho cercato di evitarlo il più possibile, perché lo detesto e non sto nemmeno a scomodare Proust e il valore psicologico che dava al pettegolezzo. Per carità, si parla di artisti pop, fa parte del loro mondo (benché non sia inevitabile). Il punto è che però Renato ha deciso di servirsene in passato e lo sta facendo ancora in questi ultimi tempi. È una scelta professionale pure quella e noi ne abbiamo preso atto».

    (Donatella Tinari) – Pubblicata su “Eretico & Corsaro” – Marzo 2016
     
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  12. Domenico85bis
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    I Figli della Topa


    Sorcini! Figli della solitudine, ammalati di poesia

    Una sera del 1980 Renato Zero , istrionico, eccentrico e geniale artista, si stava recando a cena nel famoso ristorante “da Peppino” a Viareggio, quando si trovò assediato dai suoi fans, che lo inseguivano con i motorini. Ai presenti, tra cui un giornalista, disse scherzosamente che sembravano tanti sorci. Da quel giorno alle folle di gente che lo seguiva osannante, fu dato sempre più spesso il nomignolo di sorcini e Renato divenne il loro Re. Nel 1981 l’artista inserì nell’album “Antartide” una canzone dedicata ai suoi fans: i figli della topa, un testo all’apparenza ironico e leggero, ma che nascondeva al suo interno un segreto messaggio. Il testo scorrevole ed allegro, nell’arrangiamento tipico degli anni settanta, con echi sud americani, canta la gioia di vivere, la determinazione di questi fans scatenati che seguivano e seguono Renato ad ogni costo, in sella a motorini ruggenti ed impazienti, pronti a tutto pur di avere una carezza, uno sguardo, un sorriso. A loro Renato si rivolge in qualità di Re dei sorci invitandoli a lottare, a non lasciare la presa, a battersi per i propri ideali, a farsi rispettare da un mondo sempre più immerso nei suoi veleni. Ma ad un nuovo ed attento ascolto, sorge il sospetto che non solo ai suoi scatenati e talvolta irriverenti fans l’artista si rivolga. La topa, infatti, nella gran parte dell’Italia, è qualcosa di più dell’animale che sguscia allegramente tra le strade della città; nelle diverse variazioni etimologiche, è l’organo sessuale femminile, per alcuni assurto a divinità e messo al centro dell’universo umano. È da lì che noi tutti veniamo, caratteristica che ci rende figli della topa. Alla luce di questo nuovo elemento, si consolida l’ipotesi che i sorci cui si rivolge l’artista non siano altro che l’intera umanità, “figli della solitudine, ammalati di poesia”, cui inviare un messaggio di speranza, un incitamento alla lotta, a sostenere principi come l’amore, l’affetto, il rispetto reciproco. Non smettete di sorridere, sembra dire, non diventate grigi come chi, immerso nei veleni della società consumistica e senza scrupoli, toglie ossigeno alla creatività e ai sentimenti. Sembra chiaro quindi che i figli della topa sono tutti gli esseri umani che lottano e si dibattono nel fango in cerca di riscatto ma che non mollano la presa, che trovano il coraggio di ribellarsi ai soprusi di una società che vive sulla sofferenza e l’egoismo. Ho provato a raccontarli anche io “i figli della topa” nelle pagine che seguono con i loro dolori e le gioie, con la tristezza e la felicità, ma soprattutto con la speranza, che come una luce salvifica tocca i personaggi e li rincuora, li rassicura, li fa andare avanti, aiutandoli a superare ostacoli che sembravano invalicabili. Come una pietra lanciata in un lago crea delle onde che si dipanano tutto intorno, così le parole di Renato precipitate nel mare dei miei ricordi, delle esperienze e dei racconti ascoltati da chi mi sta attorno, creando delle splendide suggestioni, che ho sentito l’impulso di raccontare, per trasmetterle a voi. Spero di esserci riuscito. Buona lettura.

    Nicola Accordino
     
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  13. Domenico85bis
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    Oggi è il compleanno di Fiorella Mannoia, eccola con Renato!!!

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  14. Domenico85bis
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    La Bertè su Renato Zero: "Ormai crede di essere Dio"
    La cantante parla della rottura dell'amicizia con Zero


    Luisa De Montis - Ven, 11/03/2016 - Liberoquotidiano

    "È stata la delusione più grande. Ormai crede di essere Dio". Loredana Bertè, in una intervista a Sette del Corriere della Sera, parla in questi termini della rottura dell'amicizia con Renato Zero.


    "Tanti anni fa ho litigato con la vita e così, in conflitto con lei, ho vissuto tutti questi anni. No, non ho fatto la pace con il mondo. Purtroppo il tempo non cancella tutto, anzi non cancella niente. Ma i bilanci si fanno alla fine". E sull'amata sorella Mia Martini: "Spero ardentemente che ci sia un’altra vita dove reincontrare mia sorella. Io credo che debba esistere una seconda possibilità, un girone di ritorno, per rimediare agli errori fatti in quello di andata".

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  15. Domenico85bis
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    Renato Zero: ecco perché ho adottato un figlio

    I riflettori sono tornati ad accendersi su Renato Zero. Il cantautore romano pubblica proprio quest’oggi, venerdì 8 aprile, il suo nuovo album “Alt”. Nel corso delle interviste di presentazione del lavoro ha però avuto modo di discutere pure di altre questioni, anche molto personali.

    Parlando riguardo al suo concetto di famiglia, Renato Zero ha spiegato la sua decisione di adottare un bambino: “Per me famiglia vuol dire qualunque nucleo in grado di dare solidità e continuità. La differenza la fa la quantità d’amore, non l’appartenenza ai generi sessuali. Ho adottato un figlio perché non volevo restare solo, non l’ho condizionato, ho due nipoti meravigliosi. Perché questo deve essere un problema? Nessuno deve permettersi il lusso di giudicare”.


    Beyoncé in tour: 5 cose che DEVONO succedere

    Il tema delle famiglie che finiscono è al centro di una delle nuove canzoni del disco, “Il cielo è degli angeli”. Al proposito Renato Zero ha dichiarato: “Sembra esserci un’epidemia di separazioni. Tante coppie che si sbattono la porta in faccia e iniziano una guerra a oltranza, penalizzante soprattutto quando di mezzo ci sono i figli. Ecco, io penso che dovremo prendere esempio dagli angeli, da chi ha pazienza e cerca di ristabilire un contatto amichevole”.

    Renato Zero ha avuto modo di discutere anche di politica. In particolare, il cantante di “Mi vendo” e “I migliori anni della nostra vita” in “Chiedi”, il primo singolo tratto dall’album “Alt”, se la prende con i sindacalisti: “Vorrei puntare l’attenzione su un fenomeno che, se non è scandaloso, per me è incomprensibile. Quello di tanti sindacalisti che vanno a finire a Montecitorio. Non ce l’ho con i sindacati, ma con l’ostruzionismo che si frappone nel dialogo tra imprenditori e lavoratori e che rallenta le opportunità di lavoro”.

    Renato Zero spara a zero anche sulla televisione: “Voi ci vedete qualcuno di reale? Si truccano e fanno i tuttologi. Ormai in tv ti spiegano tutto, compreso come si fanno le bombe”.

    Di Marco Goi Leonardo. it
     
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98 replies since 3/12/2009, 16:59   8712 views
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