RENATO ZERO

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  1. Domenico Della Maddalena85
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    ciao, non ho letto tutti gli articoli ma vi mando una bella foto con mia martinizin246
     
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  2. Domenico Della Maddalena85
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  3. Domenico Della Maddalena85
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    Sorcino da tanto? Da poco? Dipende. Per alcuni sono solo agli inizi, data la mia età ancora giovane. Per me da sempre, visto che la zerofollia mi è stata trasmessa fin dalle fasce. Ma non smetto mai di cercare quello che non ho potuto vivere. E questa mia ricerca è stata esaudita da "Chiedi di lui, viaggio nell'universo musicale di Renato Zero" scritto da Daniela Tuscano e Cristian Porcino. Forse il miglior libro in circolazione su R. Z. L'ho scoperto per caso dopo aver letto, purtroppo non subito, una bella intervista di "Amedit". È un racconto lungo suddiviso in due parti: le origini, con lo sfondo della Roma e dell'Italia degli anni '60 e soprattutto '70, con un preciso riguardo a Pasolini ma non solo. Si trovano aneddoti personali, testimonianze di chi gli è stato vicino, interviste sconosciute o dimenticate. E tanta musica e arte, viste con gli occhi di chi c'era (beati loro) ma con imparzialità. Anche nella seconda parte, che affronta il Renato più recente e, per me, meno intrigante dal punto di vista musicale, c'è una lettura personale e filosofica profonda, mai scontata. Insomma si legge con piacere anche se non si ha una grande familiarità con la carta stampata. Io lo giudico un libro onesto perché è scritto con passione ma sa essere obbiettivo, non nasconde le contraddizioni e, pur esternando le proprie preferenze, non snatura il personaggio. I due autori tentano di mostrare Renato per come è e non per come si desidera. Nel bene e nel male. Lo prova il fatto che non ci sono gossip che altri magari citerebbero, anche a sproposito, per affermare le loro tesi ma solo racconti e ricordi, documentati e puntuali. Questo per me è molto importante. E ciascuno si goda Renato!

    Domenico Della Maddalena

    amedit

    Edited by Domenico Della Maddalena85 - 3/10/2015, 11:29
     
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  4. Domenico Della Maddalena85
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    Buon compleanno: 65 candeline per Renato Zero
    Inserito da Redazione1


    Auguri al "Re dei sorcini", uno dei cantautori italiani più amati, popolari e di maggior successo con più di 45 milioni di dischi venduti. Tra i suoi cavalli di battaglia: "Baratto", "Il Cielo", "Triangolo"e "Il carrozzone".

    "Un tempo mi voltavo dalla mia motocicletta e vedevo i ragazzi con le vespe e i motorini che sfrecciavano dietro di me per strapparmi una carezza, un sorriso, una parola: fu allora che io li battezzai "sorcini" perché correvano proprio come dei topini. Unico nel panorama musicale italiano, originale, provocatorio, ma anche testimone di un Paese in trasformazione. Con le sue canzoni ha raccontato l'uomo, le sue maschere, il sesso, gli ultimi. Ha sdoganato con anni di anticipo argomenti come la pedofilia, la droga, l'identità di genere.

    www.globalist.it

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    CITAZIONE (Domenico Della Maddalena85 @ 29/9/2015, 10:57) 
    Sorcino da tanto? Da poco? Dipende. Per alcuni sono solo agli inizi, data la mia età ancora giovane. Per me da sempre, visto che la zerofollia mi è stata trasmessa fin dalle fasce. Ma non smetto mai di cercare quello che non ho potuto vivere. E questa mia ricerca è stata esaudita da "Chiedi di lui, viaggio nell'universo musicale di Renato Zero" scritto da Daniela Tuscano e Cristian Porcino. Forse il miglior libro in circolazione su R. Z.


    (IMG:https://s22.postimg.cc/w9t3ybtkx/amedit.jpg)

    [QUOTE=

    Ho visto solo ora.... come non quotare tutto ciò che hai scritto su Renato Zero? E' un Grande, mai banale e molto spesso le sue canzoni (tranne quelle più commerciali) sono poco capite da chi segue solo in modo superficiale la musica e il testo non lo comprende.

    Quanto al libro, lo leggerò appena mi sarà possibile. Mi piace approfondire tutto ciò che mi colpisce, ho bisogno di capire e di sapere tutto su quello che mi piace fino alla radice. La mia è una curiosità costruttiva, a differenza di chi ama curiosare solo per il gusto del pettegolezzo. :lol:


    Grazie per aver condiviso con noi il tuo pensiero su Renato.
     
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  6. Domenico Della Maddalena85
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    CITAZIONE (Streguccia @ 3/10/2015, 13:58)
    CITAZIONE (Domenico Della Maddalena85 @ 29/9/2015, 10:57) 
    Sorcino da tanto? Da poco? Dipende. Per alcuni sono solo agli inizi, data la mia età ancora giovane. Per me da sempre, visto che la zerofollia mi è stata trasmessa fin dalle fasce. Ma non smetto mai di cercare quello che non ho potuto vivere. E questa mia ricerca è stata esaudita da "Chiedi di lui, viaggio nell'universo musicale di Renato Zero" scritto da Daniela Tuscano e Cristian Porcino. Forse il miglior libro in circolazione su R. Z.


    (IMG:https://s22.postimg.cc/w9t3ybtkx/amedit.jpg)

    [QUOTE=

    Ho visto solo ora.... come non quotare tutto ciò che hai scritto su Renato Zero? E' un Grande, mai banale e molto spesso le sue canzoni (tranne quelle più commerciali) sono poco capite da chi segue solo in modo superficiale la musica e il testo non lo comprende.

    Quanto al libro, lo leggerò appena mi sarà possibile. Mi piace approfondire tutto ciò che mi colpisce, ho bisogno di capire e di sapere tutto su quello che mi piace fino alla radice. La mia è una curiosità costruttiva, a differenza di chi ama curiosare solo per il gusto del pettegolezzo. :lol:


    Grazie per aver condiviso con noi il tuo pensiero su Renato.

    Ciaoooo
    il libro è bellissimo anche se si trova solo online. su fb sono sul gruppo degli autori. ricostruiscono le sue radici vere, tutte le canzoni e la parte più intrigante cioè gli inizi difficoltosi e provocatori.il bello è che io sono della generazione successiva e degli anni 70 ho sentito parlare solo indirettamente, qui invece fanno scoprire un mondo artistico e umano che francamente non avevo mai sentito nominare.nemmeno sapevo che renato avesse avuto contatti con alcuni artisti! e devo dire anche testimonianze che si discostano abbastanza dalle ultime, rilasciate anche da lui e che ho trovato anche qui.ma degli artisti va conosciuto tutto se no non si capiscono. a me piace inserire notizie su renato un po' ovunque.questo forum mi piace. l'ho trovato per caso quando mi è balzata su google una foto e siccome è facile da usare e molto leggibile sono qui, anche se non molto per problemi tecnici.un salutone.

    zero1

    Renato Zero: La Mostra ‘Zero’ selezionata nell’ADI Design Index 2015
    Un vortice infinito di suggestioni e sentimenti

    di Antonio Galluzzo

    La nuova retrospettiva su Renato Zero, intitolata ‘Zero’ è stata allestita presso La Pelanda – Centro di Produzione Culturale in collaborazione con Macro – Museo d’Arte Contemporanea Roma.
    Saltato fuori dal cilindro di una Roma barcollante nel vento si è colorato il viso e si è avviato, in bilico sui suoi zatteroni, tra sogno e degrado, palco e periferia, via Tagliamento e il mondo, libero da pregiudizi ormonali e tessere politiche.
    Con una domanda di senso nel cuore ha combattuto da solo l’Italia più difficile, quella dell’ipocrisia, fino a innamorarla.
    Anticipando internet ha creato la sua rete, caricandosi come un circense la sua casa sulle spalle, perché il pubblico fosse sempre connesso e diventasse protagonista insieme a lui.
    Irraggiungibile dalle definizioni, fotografo spietato del reale da 4 decenni, scandaloso e mistico, uno, nessuno e centomila, meravigliosamente imperfetto, si è spinto coloratissimo e nudo lungo i marciapiedi stanchi e nei giardini che nessuno sa per celebrare il cielo degli ultimi e implorarne il riscatto.
    Questa mostra ha voluto leggere le sue mille anime e i suoi segreti attraverso un viaggio del tempo e del cuore, per andare con le sue canzoni oltre le sue canzoni, e riconoscergli il ruolo di testimone assoluto del nostro tempo, oltre che il podio di artista irripetibile e universale.
    Il miglior design italiano anche quest’anno viene presentato a Milano e a Roma. Circa 150 oggetti italiani prodotti nell’ultimo anno in ogni settore merceologico - dall’arredamento all’automobile, dai componenti per l’edilizia ai libri - saranno presentati con l’edizione 2015 del volume ADI Design Index.
    La selezione è stata curata come ogni anno dall’Osservatorio permanente del Design e viene effettuata ogni anno da commissioni di esperti attive su tutto il territorio italiano, per tutte le categorie merceologiche.
    Le segnalazioni partono dalle Commissioni territoriali, che fanno capo alle Delegazioni territoriali ADI. I prodotti segnalati vengono poi presi in esame centralmente dalle Commissioni tematiche, ciascuna composta di esperti specializzati in uno degli ambiti tematici previsti dall’annuario. Una Commissione di selezione finale ha il ruolo di supervisione definitiva delle scelte. Una Commissione di garanzia provvede ad assicurare trasparenza e correttezza formale alla selezione.
    Alla presentazione milanese intervengono, con il presidente ADI Luciano Galimberti, Cristina Tajani (Assessore alle Politiche per il lavoro, Sviluppo Economico, Università e Ricerca del Comune di Milano), Danilo Maiocchi (Direttore Generale, Direzione Commercio, Turismo e Terziario, Regione Lombardia), Umberto Cabini (Presidente di Confindustria Cremona), Marta Anzani (Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di FederlegnoArredo), Francesco Zurlo (curatore di ADI Design Index).

    www.spettacolinews.it

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  7. Domenico Della Maddalena85
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  9. Domenico Della Maddalena85
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    ahahahahah

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  10. Domenico Della Maddalena85
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    intervista rarissima(1980)...... Qualcuno forse un giorno commenterà! Ma pazienza!Ciaooooo image
     
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    Ahahahahah quella della multa è troppo forte.

    Quante cose sai di Renato Zero. Sono contenta che ci stai facendo conoscere tanti suoi lati (ai molti sconosciuti). Grazie.

    Scusami se non commento spesso... è solo per mancanza di tempo... ma leggo tutto ciò che posti. :chevelodico:

    Edited by Streguccia - 22/10/2015, 13:43
     
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  12. Domenico Della Maddalena85
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    CITAZIONE (Streguccia @ 19/10/2015, 11:39) 
    Ahahahahah quella della multa è troppo forte.

    Quante cose sai di Renato Zero. Sono contenta che ci stai facendo conoscere tanti suoi lati (a molti sconosciuti). Grazie.

    Scusami se non commento spesso... è solo per mancanza di tempo... ma leggo tutto ciò che posti. :chevelodico:

    Tranquilla,io amo diffondere ;)

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    Edited by Streguccia - 22/10/2015, 13:44
     
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  13. Domenico Della Maddalena85
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  14. Domenico Della Maddalena85
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    Intervista a Loredana dove si parla di Renato!!!ho evidenziato le parti

    La guerra non è mai finita Intervista a Loredana Bertè


    Il 12 di maggio sono 14 anni che tua sorella Mimì se n’è andata. Cosa farai quel giorno?

    Sparisco. Non rispondo al telefono, né accendo la tv. Mi metto a leggere un libro, o finisco un cappellino, o scrivo una canzone. Evito qualunque contatto, perché è una rottura di palle: praticamente da 14 anni ci fanno due funerali all’anno, uno il giorno della morte di Mimì, l’altro il 20 settembre, il giorno del nostro compleanno.

    Chi ti diede la notizia?

    Io non sapevo niente. Mi guardavo intorno e non capivo: accendevo la televisione e da un lato vedevo Mara Venier che piangeva, dall’altra il telegiornale con la foto di Mimì. Ma che cazzo è successo? Poi mi chiamò Renato (Zero, ndr): “Vengo su a Milano, ti devo parlare”.

    Allora capisti…

    Poi ho saputo che Mimì era andata due giorni da quel rottinculo del padre, che non vedeva da 40 anni.

    Andò a casa sua?

    No, lui le ha dato un appartamento del cazzo, dove non c’era niente. C’era un materasso steso per terra e basta, il suo truccatore mi ha raccontato che Mimì si lamentava, che quel posto le faceva schifo e che non ci sarebbe rimasta: “Domani chiudo gli scatoloni e me ne vado”. In quel posto c’è stata in tutto tre giorni: una da viva e due da morta. Ma in quel cazzo di appartamento ce l’ha messa il padre, poteva tenersela a casa… Poi quando l’ho vista, era dentro la bara, massacrata di lividi.

    Cosa vuoi dire?

    Che ne so, magari Mimì s’è fatta uno spinello, lui è entrato e l’ha massacrata. Perché è sempre stato così, un padre-padrone. A mia madre la prendeva a calci in culo, le dava il veleno.

    Non puoi dire una cosa del genere.

    Perché no? È vero. Voglio vedere cosa mi fa. Cosa cazzo mi fa? Ma lo sai cos’ha fatto al funerale di Mimì? Renato mi ha lasciata sola con lui, nella camera mortuaria. Io non lo vedevo da quando avevo cinque anni, e la prima cosa che gli ho detto è stata: “Figlio di puttana! Che le hai fatto? L’hai ammazzata!”. E lui mi ha preso per i capelli. Renato mi ha dovuto portare a Roma, per 6 mesi ho fatto delle siringhe, perché in testa avevo dei buchi grandi così, dove mi mancavano i capelli, perché gli erano rimasti in mano. Dai cazzotti che mi ha dato io sono cascata nella bara di Mimì, che era aperta.

    Queste cose le hai già dette, immagino…

    Solo da Santoro.

    Parli della famosa puntata di Tempo reale dedicata a Mia Martini…

    Sì, quella sera che mi sono messa la felpa di Disneyland per protestare contro questa specie di funerale che avevano fatto a Mimì, con questa processione di miei colleghi che firmavano autografi: una cosa che mi ha fatto schifo, sembrava un concerto. Ricordo che Santoro si collegò con uno studio di registrazione a Catania e mi chiese di dire due parole a una ragazza che era lì e stava cominciando la sua carriera di cantante. Sai chi era? Carmen Consoli. Io le dissi: “Condoglianze”. Che dovevo dirle? Questo mondo fa cagare. Le consigliai di cambiare mestiere subito, finché era in tempo.

    Torniamo alla tua infanzia. Eravate 4 sorelle, ma tu eri legata soprattutto a Mimì…

    La prima aveva 15 anni di più, la seconda 8 di meno. Io e Mimì siamo nate lo stesso giorno, il 20 settembre, con solo 3 anni di differenza, eravamo come due sorelle gemelle.

    Dicevi dell’atmosfera in famiglia…

    Terribile. Avevo 5 anni ma mi ricordo tutto. Sono andata persino da un giudice per togliermi da quella famiglia, perché non mi piaceva. Mi chiedevo: ma non sarà che ci hanno scambiate nelle culle? Ma chi sono questi, che non hanno proprio niente in comune con noi? questa madre, che quando aspettava me, o Mimì, o quell’altra (Leda) 15 anni prima, se ne andava giù a Bagnara con le levatrici, ci faceva nascere e poi col fagottello se ne tornava su. Io una famiglia non l’ho mai avuta.

    Come vi difendevate?

    Mimì aveva un sesto senso, aveva capito che quando in casa si sentiva Beethoven a tutto spiano, stavano per arrivare le botte. Allora scappava e mi portava via, mi portava davanti al mare.

    Vostro padre era davvero così manesco?

    A quella più grande (Leda) un giorno l’ha fatta volare dalla finestra solo perché aveva preso un 6 in latino e lui che era professore di lettere e greco non poteva sopportarlo. Mimì allora, una volta che prese 4 in inglese, non si pensò due volte e scappò di casa: porella, la ritrovarono tutta graffiata, in mezzo ai rovi di non so quale prato vicino a Roma. L’unica ad averla scampata sono io. Mica ero scema. Ero piccola, ma le cose le vedevo: ad esempio che lui gonfiava di botte la mamma ogni volta che rimaneva incinta. E poi, a volte veniva in camera nostra e si faceva le seghe sul letto mio e di Mimì, perché quella non gliela dava. Questo figlio di puttana! Ci ho anche scritto un testo, sulla musica di Notti senza luna. È ancora inedito: “una parvenza di famiglia/senza mai sentirsi figlia/un padre padrone, quattro piccole donne e un cane…”. Il cane era Clito, il nostro collie. Come Lassie.

    Eppure vostro padre era un insegnante, una persona di cultura…

    Certo, dava ripetizioni e anche lì alzava le mani. Molti anni dopo, in America, ero per strada e mi sentii chiamare: “Loredana! Non ti ricordi di me?” No, risposi io. “Sono Scarfiotti, venivo a casa tua tutti i pomeriggi a prendere lezioni di latino. Tuo padre mi dava tante di quelle bacchettate sulle mani!”. Capito? Scarfiotti, quello che ha preso l’Oscar per le fotografie de L’ultimo imperatore.

    Quando fu che tu e Mimì non ce la faceste più?

    Quando è nato il maschio. Lui la prese a calci nella pancia e io vidi il pavimento del bagno che aveva cambiato colore: aveva ammazzato l’unico figlio maschio. Allora ce ne siamo andate, io e Mimì.

    Non possiamo scrivere questa cosa…

    Si dice eccome. Perché è vero! Ha tentato di ammazzarci tutte. A nostra madre cercava di darle il lievito di birra, per farla abortire all’ottavo o nono mese. L’ha avvelenata. E così purtroppo quello lì è morto, non ce l’ha fatta. Io sto dicendo la pura e semplice verità. E poi, questa roba tanto io la faccio uscire. La canzone la rifaccio con il testo vero, non con quello di Notti senza luna, che è dedicato a Baudelaire.

    La musica rappresentò per voi una via di fuga?

    Per me e Mimì la musica è sempre stata una vocazione. Siamo cresciute a pane e musica. A casa nostra avevamo tre brandine, una per me, una per Mimì e una in mezzo per Renato.

    Stava da voi?

    Lui abitava alla Montagnola, un condominio tutto abitato da poliziotti. Ce n’erano 150. E allora lui usciva di casa col sacchetto e si vestiva nei portoni. A quel punto finiva che il più delle volte dormiva da noi. Non aveva nemmeno la patente, l’hanno bocciato tre volte all’esame di guida.

    Era davvero così stravagante?

    Una volta chiesi ad Adriano Panatta di passare per piazza Venezia perché dovevo prendere un amico. Quando vide Renato, gli prese un colpo. Pensa che una volta gli dissi: “Ma sei scemo? Comincia a presentarti senza quella collana con i denti di cavallo”.

    Ma lui già allora sognava di diventare una superstar. Stava lavorando sulla sua immagine…

    Il sogno di Renato è sempre stato affacciarsi a quella finestra a piazza S. Pietro. Voleva essere il Papa. E invece per il fatto di essere gay non ha neppure mai potuto cantare in Vaticano.

    E il cinema vi piaceva?

    Il cinema? Quale cinema. A noi piaceva partire. Era economico, anche perché andavamo in giro solo in autostop. Andavamo ovunque. Crosby, Stills, Nash & Young facevano un concerto prima di sciogliersi? E noi partivamo per Londra a sentirli. Per noi era come andare a Brescia.

    Prima di arrivare ai dischi, sei passata per il teatro…

    Al contrario di Renato io il teatro l’ho fatto per davvero. Con Lionello, Tino Scotti, Paola Borboni, una maestra di vita.

    Cosa ti ha insegnato?

    Prima di cominciare lo spettacolo, mi chiamava sempre nel suo camerino. Era nuda, mi faceva sedere e mi diceva: “Loredana, ricorda queste parole: l’uomo non è altro che la testa del suo cazzo”. Questa era la sua lezione, e dimmi tu se non aveva ragione! Poi mi mandava a prendere lezioni di dizione, e io mi permettevo di prenderle da Giusy Raspani Dandolo. Poi ho fatto Bambole non c’è una lira, Antonello Falqui m’ha voluta per forza. C’era un cast stellare, con Tino Scotti, Gianni Agus, Leopoldo Mastelloni, Isabella Biagini, Christian De Sica. Io facevo la soubrettina, tutto dal vivo con l’orchestra, al Teatro delle Vittorie.

    Che dischi ascoltavi da ragazza?

    Quelli che sentiva Mimì. I Beatles. Quando usciva un disco dei Beatles, uno qualsiasi, il Thorens girava 24 ore su 24. all’Adriano andai a vedere tutti e quattro i concerti.

    E fra le cantanti?

    Aretha Franklin, Janis Joplin. E Nina Simone. Soprattutto lei.

    Italiane niente?

    Italiane? Davanti a noi c’era un convento di suore. Mimì aveva tutti questi 45 giri e le dava fastidio vedere Rita Pavone accanto ai Beatles. Così un giorno decidemmo di gettare tutti i dischi della Pavone dalla finestra. Dicemmo: ma non è lei che canta dei dischi volanti? E allora glieli facciamo volare noi. e giù i 45 giri per strada. Le suore correvano a raccoglierli.

    Con Mimì andavate anche per locali…

    Ballavo tutte le sere, fino alla mattina, al Piper e al Titan. E intanto vedevo tutti: Jimi Hendrix, Stevie Wonder, Brian Auger e Julie Driscoll. Me le ricordo ancora, quelle nottate: io e Mimì, sedute sullo scalino della pista. Non ci perdevamo un concerto.

    Al Piper ti notò Don Lurio…

    Sì, mi sono divertita a fare la Collettina di Rita Pavone. Anche perché la sigla era stata venduta in Messico e noi fummo mandate per tre mesi in tournée.

    Te lo ricordi il primissimo concerto che hai fatto in vita tua?

    No. O forse sì: penso di averlo fatto a casa davanti allo specchio. Non avevo neanche 5 anni e già mi mettevo la tiara in testa e volevo essere la regina. Con i vestiti di Mimì, che mi diceva: “Ma che stai a ffà?”.

    Come ti avvicinasti al mondo della discografia?

    Appena avevamo due lire, io, Mimì con la maxigonna che le avevo disegnato io e Renatino con il libro degli spiriti, ci presentavamo alle case discografiche. Non ti dico le facce. Ovviamente, trovavamo tutte le porte chiuse. Allora andava Gigliola Cinquetti, puoi immaginare: se non eri come lei, chi ti prendeva? Finché Mimì, per sbarcare il lunario, si è messa a fare la segretaria di Herbert Pagani, che però non la pagava. Così le ho detto: “Ma lascia perdere…”. Allora ha cominciato a frequentare la RCA, dove erano tutti senza lavoro, tutti in cerca di fare il colpo. Poi, un giorno, arriva questo esiliato politico…

    Chico Buarque de Hollanda…

    Lui. Che fa il suo unico disco in Italia. Allora Sergio Bardotti ci porta da lui e si sente chiedere: “Ma queste qui sono brasiliane?”. Alla fine, nelle note di copertina, scriverà: “Grazie a Mimì e Lolò”. Immagina la situazione: noi dentro a fare cose con Chico, e fuori dalla porta Renato e gli altri, che aspettavano da una vita di fare qualcosa. Stavano lì e sbavavano: “Porca puttana, ma che stanno a ffà? Ma che vi servono solo le donne?”. Quando nell’85 sono andata in Brasile a fare CARIOCA, Chico si ricordava ancora di me.

    Poi hai fatto Hair…

    Sì, Hair, che fu censuratissimo. E prima ancora Orfeo 9. E i cori di Gesù è mio fratello, per Mia.

    Dischi però ancora niente…

    Facevamo i cori a tutti. senza contratto. Non ce se filava nessuno, ma come coristi lavoravamo con tutti. Cantare nei dischi degli altri mi divertiva.

    Ad esempio?

    Ho cantato in un pezzo degli Alunni del Sole. E poi in quel periodo mi ero fidanzata con Mario Lavezzi, che faceva parte di un gruppo chiamato Il Volo: dopo aver fatto due miliardi di dischi con Battisti, dovevano cominciare una tournée. Grazie a lui ho fatto un sacco di cori in un sacco di dischi di Battisti.

    Questo però non risulta da nessuna parte…

    E no che non ce lo mettevo, il nome…

    Perché?

    Mah, perché… E’ come quella volta che ho fatto un catering per Renato. Era una roba seria, che ci volevo il nome. Ma lui mi ha detto: “A Nì, ma che devi aprì un ristorante?”.

    Ma cantare in un disco di Battisti non è lo stesso che curare un catering…

    Io posso dirti che stavo là, ma non chiedermi le canzoni. Stavo là con un0amica mia, che non mi ricordo come si chiama, e che ora da qualche anno fa la hostess. Una volta l’ho incontrata al banco dell’Alitalia a Los Angeles.

    Come mai non sei stata accreditata?

    Stavo sulle palle a Mogol…

    Come fai a dirlo?

    A sensazione. Non me l’ha mai detto. Però cercava di evitarmi.

    In realtà sei tu che mostri di non avere molta simpatia per Mogol…

    Io mi ricordo di questa esibizione che Lucio fece a via Asiago, alla radio (Natale con Supersonic, del 25 dicembre 1972). C’era anche Mimì, l’aveva invitata Lucio. Ci sono le immagini, quando vedi una tutta vestita di nero, che ogni tanto fa i cori, quella è Mimì. Lucio era così emozionato che sbagliò qualche parolina delle canzoni. E allora Mogol gli venne addosso come una belva e lo umiliò davanti a tutti: “’A Lucio, c’hai ‘na faccia da commercialista. Tu te ne devi sta’ a casa, nun te deve vede’ nessuno. Puoi cantà, ma te devi sta’ a casa”. Avresti dovuto vedere la faccia di Lucio. Ecco, il signor Mogol è questo. Lo stesso che poi ha litigato e rotto con Lucio per un misero 1% dei diritti sulle edizioni. Un 1% del cazzo!

    E Lucio con te com’era?

    Io e Lucio? Be’, ciao, baci, buongiorno, buonasera…

    Però nel 1997 gli hai pure dedicato una canzone, che poi è rimasta inedita…

    Sì, s’intitola Ciao Lucio. L’ho scritta perché ogni volta che mi capitava di vederlo in tv, mi sembrava un funerale: c’erano sempre le stesse immagini di repertorio, quelle poche che avevano, oppure lui che tentava di cantare fuori all’estero, in Giappone o chissà dove. Allora ho pensato di scrivergli una lettera aperta. Lui era ancora vivo.

    È morto l’anno dopo. Perché non l’hai pubblicata?

    Mi sembrava di sfruttare la sua scomparsa. Il Dat ce l’ho ancora, è un provino. Quasi quasi ora la faccio uscire.

    Prima hai citato Mario Lavezzi, che è stato il tuo uomo e insieme il tuo produttore. Com’era?

    Ti ricordi la canzone di Lucio, quella che dice “Quel gran genio del mio amico” (Sì viaggiare, ndr)? Ecco, quello di cui si parla era Lavezzi, che nelle questioni tecniche era un mago: “Lui saprebbe come fare, con un cacciavite in mano fa miracoli”. Insomma, era un genio. Solo che era sempre pieno di donne, due, tre, quattro per volta. Un casino…

    Volevo sapere come produttore, non come fidanzato…

    È uguale. Lavezzi lavorava al telefono, con le sue varie fidanzate, ne aveva due o tre di squinzie. Si nascondeva sotto il banco col telefono, e io: “Che cazzo stai a ffà?”. Gli ho spaccato non so quante chitarre in testa…

    Continuiamo la storia della tua gavetta…

    Finalmente riuscii a fare dei provini. Il primo lo feci con Maurizio Piccoli. La canzone si chiamava Il guerriero, mi sembra.

    A chi ti ispiravi, quando cantavi?

    Io non ci pensavo, a cantare. Me l’ha messo in testa Bill Conti, con il quale abbiamo fatto due anni di prove, al Sistina, per Hair. Fu lui a convincermi che dovevo farlo.

    Se non volevi cantare, quale era il tuo sogno?

    Io volevo fare i soldi. Non me ne fregava un cazzo di diventare famosa con la musica. Mi interessava entrare alla RAI, volevo presentare un programma televisivo.

    E invece ti prese la CGD. Come arrivasti a Cerruti?

    È Cerruti che è arrivato a me. Venne a vedere Ciao, Rudy in teatro e decise di mettermi sotto contratto.

    Che tipo di discografico era?

    Un gran discografico. Un tipo tosto, alla Melis: se io mi impuntavo su un pezzo che non gli piaceva, mi diceva di no e non se ne parlava più.

    La sua maggiore qualità?

    Se ne stava seduto nella sua scrivania, ma aveva le antenne sempre accese: non appena sentiva un pezzo, beccava subito se c’era o non c’era. Quando Ivano Fossati gli fece sentire i provini di Dedicato e La mia banda suona il rock, Alfredo voleva prenderle tutte e due per me. Ma Ivano non era mica d’accordo: “E io, niente?”. Alla fine decise di mollarne solo una, e io scelsi Dedicato. La mia banda suona il rock se la tenne per sé. Cerruti aveva un fiuto della madonna, STREAKING fu un’idea sua.

    Cosa ti disse Mimì quando seppe che anche tu avresti inciso un disco?

    Niente. Mi ha detto solo: “Non fare casini, che ho una certa reputazione”.

    Per tutta risposta, tu facesti un disco come STREAKING…

    Che fu censuratissimo, come del resto anche Sei bellissima. La copertina era un poster, negli studi della radio ce l’avevano tutti appeso. Solo che il disco non potevano trasmetterlo, perché c’erano tutte quelle parolacce.

    E quando Mimì lo sentì?

    Non si pronunciò.

    Fu un disco coraggioso…

    In Italia sono stata la prima a parlare di certe cose. Prendi quando canto “la tua bocca è un palcoscenico”. Sai come finisce quella canzone? Finisce con “Cazzo”, con me che urlo come una pazza. Quel cazzo ce l’ho aggiunto io, perché ci voleva. Altro che la censura di Sei bellissima, quel pezzo lì era molto più avanti.

    Lo si può considerare un disco femminista ante litteram…

    Non solo, anche punk. Altro che Patti Smith. Io sono stata Patti Smith prima di Patti Smith.

    Mimì ti fu vicina, durante la registrazione di STREAKING?

    Fui costretta a nascondere i provini del disco.

    Perché?

    Perché Mimì aveva il vizio di andare a sentirsi i pezzi, in via Passerella, all’ufficio edizioni. Se le piacevano, se li prendeva.

    Le canzoni le scrissero Riccardi e Albertelli, ma erano veramente cucite su misura per te…

    Sì, avevano beccato.

    Ti creò problemi il fatto di apparire nuda?

    A me no. Avevo fatto pure la copertina di “Playboy”, con Frontoni. Non me ne fregava nulla.

    Ci fu qualcuno che non amò quel disco, alla CGD?

    Caterina Caselli, ma Cerruti non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno: il giorno che la signora si è permessa di dire qualcosa, è successo un finimondo. Gliene ha dette di tutti i colori, e se n’è andato. E lì purtroppo è finita anche per me.

    Come ti sei trovata negli anni in cui sei stata con loro?

    Era una figata. Il vecchio Sugar, Ladislao, era un grande: non sapeva minimamente chi fossi, ma ogni volta che m’incontrava mi metteva una mano sul culo e diceva: “Ma quanto è brava ‘sta ragazza!”. E poi mi riempiva di regali, avrei potuto aprire una gioielleria in quel periodo: alla CGD avevano l’abitudine di ricordarsi dei compleanni e delle feste e agli artisti distribuivano Rolex e brillanti. A via Quintiliano c’erano delle sale di registrazione fantastiche, di primissima qualità, all’avanguardia, e poi la masterizzazione e tutto il resto. Il bar era una piazza d’armi. Ci incontravi tutti. Alle nove di mattina c’era già Fausto Leali col giubbotto mio, con su scritto Loredana. Me lo facevo fare appositamente da Camomilla.

    Come accadde che con TRASLOCANDO Ivano Fossati divenne il tuo produttore?

    È una storia un po’ complicata. Tornando dall’America dove avevo fatto MADE IN ITALY con Lavezzi, andai a casa nostra a Colle delle Rose, rividi le mie due 500, i nove cani, e un uomo nero in giardino. Sarà il giardiniere, pensai. E invece no. Scusi, mi apre. A chi? Scoprii che nostra madre aveva venduto tutto e ora la nostra casa era l’ambasciata del Venezuela. Quindi io non sapevo dove andare. Poi mi chiamò il solito Renatino: “A Nì, c’è la stanzetta tua pronta”. Pensando che l’America mi fosse piaciuta, me la fece trovare tutta tappezzata di bandiere a stelle e strisce. Senza sapere che per me l’America è come un supermarket dove non comprerei un cazzo.

    E così tornasti a stare con il tuo vecchio amico…

    Un periodo allucinante: passavo le giornate a sentire i pezzi di Renato dalla mattina alla sera.

    Perché, lui ama riascoltarsi?

    Scherzi? Da quando ha fatto il primo disco, Renato non ha più ascoltato un disco che non fosse il suo. È pazzesco, le canzoni sue le conosce tutte a memoria – vabbè che so’ tutte uguali. Io invece quando canto ho bisogno del leggio con i testi, perché non me ne ricordo una. Per me quando le ho incise è chiusa. Una volta abbiamo fatto un viaggio insieme da Milano a Roma. A un certo punto abbiamo fatto sosta all’autogrill di Sasso Marconi, io sono scesa dall’auto e gli ho detto che preferivo continuare in autostop. E lui, sorpreso: “A Nì, che è?”. Ho dovuto dirglielo: “Basta. O mi metti questo che è il nuovo di Pino Daniele, o te ne riparti da solo”.

    Accettò?

    Sì, anche se a malincuore. Mi disse: “Cazzo, te volevo fa sentì pure i provini”.

    Come è andata a finire?

    Che grazie a Renato sono finalmente riuscita a rintracciare Mimì: “Che famo?”. Alla fine abbiamo deciso di non fare niente. Allora lei mi ha detto che stava per andarsene a vivere a Milano Due con Ivano Fossati e che poteva lasciarmi la sua stanza di piazza Piola, un buchetto piccolo piccolo, dove c’era appena lo spazio di un armadio a muro e del letto, ma che per me era perfetto. E così facemmo. Poi un giorno mi chiama e mi dice: “Vieni, te faccio la mousse al cioccolato”. Io ci vado e trovo anche Ivano, che era in crisi di identità e non sapeva che fare.

    È stato lui a proporsi come produttore?

    No, è stata Mimì: “Senti, c’è Ivano che attraversa un brutto periodo. Ho pensato che potesse produrti. Ti piace l’idea?”. E io: “Mi piace sì”. Allora Ivano si mette al pianoforte e mi dice: “Prova un po’ ‘sta tonalità”. Lo fa senza nessuna spiegazione, e per otto mesi mi fa provare sempre la stessa cosa, senza darmi uno straccio di provino. Io gli chiedevo di farmi sentire la canzone per intero e lui continuava a dire di no, perché altrimenti – diceva – “poi ti vizi”.

    Che tipo di produttore era?

    Sperimentava, si buttava. Quello che non aveva il coraggio di fare nei suoi dischi, lo provava con me. Poi, dopo aver prodotto me per cinque anni, si è lanciato.

    A quale dei dischi CGD sei rimasta più legata?

    A BANDABERTE’. E poi a quello che ho fatto con Pino Daniele, E’, come il verbo essere (LOREDANABERTE’ del 1980, ndr).

    Con BANDABERTE’ hai portato il reggae in Italia…

    Ero in vacanza, mi spostavo tra Santa Lucia, le Barbados e Trinidad Tobago, avevo un Cessma messo a disposizione dall’albergo. Un giorno venni a sapere che c’era un concerto di un certo Bob Marley, così ci andai. E rimasi di stucco, a sentire questo Dio che cantava “Exodus, movement of Jah people”: “Cazzo, devo avere tutti i dischi!”. Quando tornai in Italia li feci ascoltare a Lavezzi e gli dissi: “Studia”.

    Un’altra tua scoperta è stato Djavan…

    Io ho sempre portato nuove idee musicali dai miei viaggi. A quell’epoca ero fidanzata con Roberto Berger, lo svizzero che poi sarebbe diventato il mio primo marito. Ci sono stata due anni da fidanzata e un giorno solo da sposata. Mentre ero in Brasile con lui, alla radio ho sentito questa musica meravigliosa, un rock forte, raffinato, moderno, non il Brasile de mi’ nonno. Allora mi sono presa tutti i dischi, e quando sono tornata li ho dati a Fossati, che prima di metterli su un giradischi ci ha messo dei mesi, perché pensava fosse la solita cagata. Poi però ha capito e immediatamente, nel vero senso della parola, ha scritto la versione di uno dei pezzi di Djavan, con un testo, devo ammetterlo, fantastico. E io, altrettanto immediatamente, l’ho cantato. Era Petala. Poi è successo che la CBS gliel’ha mandato e questo Djavan mi ha chiamato, mentre io ero in uno studio a Londra, a fare SAVOIR FAIRE, che poi fu il mio ultimo disco con Ivano. Quando mi dissero che c’era Djavan al telefono, io mi cagai sotto, perché il suo pezzo l’avevo tagliato come mi pareva, e pensavo che si fosse offeso. E invece lui mi disse che gli era piaciuta moltissimo e mi chiese se poteva inciderla con quell’arrangiamento. Ivano e Phil Palmer, che erano lì con me, non credevano alle loro orecchie. Poi Djavan disse che gli sarebbe piaciuto produrmi. Allora io sono andata in Brasile e ho preso un residence a Rio. E sai lì cosa è successo?

    No.

    Dall’appartamento di fronte sento una radio a tutto volume: era Non sono una signora, ma cazzo, era in portoghese!

    In effetti, in Brasile, di Non sono una signora fu fatta una cover…

    Da tre anni era la sigla di una telenovela. Bene: incuriosita, vado a bussare e mi apre una tipa che mi guarda e mi salta al collo: “Loredana Berté!!!”. Era la figlia del governatore di Rio de Janeiro, Neusinha Brizola: era la pecora nera della famiglia, viveva per conto suo ed era una pazza scatenata coi capelli di tutti i colori che di notte andava alle corse clandestine, tipo Fast & Furious. E poi c’era ogni tipo di roba, da fumare, da sniffare, insomma tutto quanto. Ogni sera si faceva arrestare. Ma per me era roba passata: dopo che le hai provate tutte, basta. Quindi la mollai, perché avevo un disco da fare.

    Quindi facesti questo disco con Djavan…

    Sì, ma alla CBS mi guardavano come una matta: “Chi cazzo è ‘sto Djavan, ma chi lo conosce?”. Pensa te. Se ne sono accorti, che quei pezzi erano forti, e nell’85 sono uscita con CARIOCA. Lo dedicai a Leonardo Pastore, un mio carissimo amico che proprio quell’anno era morto di AIDS.

    Chi era?

    Leonardo è stato il braccio destro di Elio Fiorucci e poi anche di Luciano Benetton. A New York dividevamo l’affitto di un appartamento di proprietà di Fiorucci, al 49° piano di una torre altissima, tonda, tutta nera e tutta vetrate. Credo sia lo stesso grattacielo da cui è caduto Conor, il figlio di Eric Clapton e Lory Del Santo. Comunque, Leonardo ed io avevamo preso in affitto questo loft pazzesco, dal quale si vedeva tutta New York. Ci venivano tutti. Fellini mi mollava sempre Mastroianni: era imbarazzante, gli compravo una bottiglia di whisky, lo lasciavo lì sul divano e Federico lo portavo al Roxy, dove si andava a pattinare. Figurati che con i pattini mi allenavo in casa, spiaccicandomi regolarmente contro i vetri.

    Veniva anche Giulietta Masina?

    La Masina impazziva per la lavanderia. Un altro che stava sempre lì era Ruggero Miti. Al 19mo piano poi abitava Antonello Marescalchi, l’inviato del TG1: quando andava di fretta, mi chiamava e mi diceva: “Loredà, per caso hai cucinato qualcosa che salto giù a fare un boccone?”. Stavo sempre a cucinà, mi chiamavano Pasta queen! Quel nome se l’era inventato Andy Warhol.

    Warhol frequentava casa tua?

    E come pensi che riuscii a farmi fare gratis il video di Movie Movie?

    Chi te l’aveva presentato?

    In quel periodo facevo la madrina di Fiorucci: il primo store che inaugurai fu quello sulla 41ma strada, proprio grazie a Leonardo.

    Quindi a New York facevi una vita mondanissima. Come sei riuscita a farci anche dei dischi?

    Era un manicomio. Tipo il primo che ci feci con Ivano, TRASLOCANDO: lui lavorava in studio, e io andavo a fare shopping. Un giorno Ivano mi dice: “Ma ti ricordi che siamo qui per fare un disco?”. E io: “Tu non mi chiami mai”. Il giorno dopo lui mi telefona e mi dice: “Oggi canti”. “E cosa devo cantare?”. “Lo saprai quando sei in studio”. Era Non sono una signora, la misteriosa canzone che mi aveva tenuto nascosta per tanti mesi.

    Cosa ricordi di quella session?

    Soprattutto questo fonico americano che si chiama Michael L. Brauer: uno bravissimo, tanto che poi si è comprato tutto il building. Lui mi chiese: “Come canti?”. E io: “Fumo e vado in giro”. Allora lui si mise a provare quattro o cinque microfoni diversi, poi visto che io non stavo mai ferma, mi mise davanti a questo AKG 314, questo microfono incredibile che di solito si usava per registrare la cassa della batteria. Io invece con quello ci ho cantato, ci ho fatto cinque dischi. Era una bomba, aveva un suono crudo che era perfetto.

    Qualche dettaglio in più?

    Loro avevano preparato un arrangiamento della madonna. Io arrivo in studio e questo Brauer mi dice così: “Non ti fermare, che t’ammazzo. Falla come ti pare, ma non ti fermare”. Cazzo, penso, questi fanno sul serio! Vado di là, mi piazzo davanti al microfono e, senza sapere nient’altro oltre all’inciso, l’unico che conoscevo, canto. Pensavo di prenderli per il culo. Quando invece è finito il pezzo, dall’altra parte del vetro loro sono diventati di ghiaccio e si guardano senza dire nulla. Mi chiamano. E io protesto: “Allora, me la fai cantare o no? Ora che mi sono scaldata la voce…”. Quello mi guarda e fa: “Non se ne parla proprio. Ho chiamato anche quelli degli altri studi. Ma come t’è venuto in mente di parlare?”. E io: “Come m’è venuta? È perché non la so!”. E lui: “Dove dovevi andare? A fare shopping? Puoi andare”.

    Il pezzo era già finito?

    Sì, era già finito. Una sola take.


    Maurizio Becker
    Musica leggera, maggio-giugno 2009

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  15. Domenico Della Maddalena85
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    Tra gennaio e febbraio prevista uscita nuovo cd

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