Cacciatori di misteri-3...viaggio in Asia

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    LE GUERRE DEGLI DÈI



    Il nome Sumer veniva scritto Ki.en.gir, che significa "Terra dei Signori dei Razzi" ma anche "Terra dei Guardiani". Quest'ultimo termine è praticamente identico alla parola Neter {ntr) che gli Egiziani attribuivano ai loro dèi. Sono attribuzioni che indicano chiaramente il ruolo degli dèi in quanto guardiani o signori del genere umano. Gli studiosi sono sempre stati inclini a vedere le civiltà sumera ed egiziana indipendentemente l'una dall'altra, ma come avremo modo di capire, la preistoria del genere umano non conosce confini di questo genere.

    Una delle più conosciute e affascinanti leggende egizie riguarda Osiride e Iside. Sebbene questa leggenda sia generalmente considerata un mito, taluni importanti studiosi hanno di quando in quando ipotizzato che possa basarsi su eventi storici. Secondo Manetone, sacerdote egiziano e storico del 3° secolo a.C., il dio Osiride e la sua sorella-moglie Iside regnavano sull'Egitto settentrionale più di 6000 anni prima dell'inizio della civiltà. Come avremo modo di vedere, la tragica storia di Osiride proietta molta luce sull'evento chiave della preistoria umana.

    Questa vicenda drammatica ebbe inizio quando Osiride fu ingannato da suo fratello Seth, che lo convinse a sdraiarsi in un'ampia cassa che poi chiuse e gettò nel mare. Iside, sopraffatta dal dolore, si mise in cerca del suo sposo scomparso. Allora un "vento" divino la informò che la cassa era stata trasportata sulle rive di Biblo in Libano. Mentre lei attendeva che il dio Thoth intervenisse per fare resuscitare il corpo di Osiride, Seth ricomparve e smembrò il corpo del fratello in quattordici pezzi che poi sparpagliò su tutto il territorio egiziano. Iside si rimise in cerca del marito e alla fine riuscì a trovare tutte le parti del corpo fuorché il pene.

    Talune leggende raccontano che Iside allora seppellì le parti laddove le aveva trovate, mentre altre dicono che le riunì insieme avviando così la tradizione della mummificazione. La storia prosegue con quello che appare essere il resoconto di una procedura di clonazione, laddove Iside estrae l' '"essenza" dal corpo di Osiride e l'adopera per autofecondarsi. In seguito, mette segretamente alla luce il figlio Horo, che divenuto adulto ritorna per vendicare la morte di suo padre.

    La storia di Horo e del disco alato con cui dà battaglia a Seth è un ulteriore affascinante esempio delle tecnologie impiegate in tempi molto antichi, e merita di essere esaminato più attentamente. La battaglia si conclude con la sconfitta e con l'esilio di Seth, un dio che da allora viene identificato con il caos.

    Prima del 1976 le storie egiziane e mesopotamiche venivano studiate separatamente, quasi sempre da un punto di vista mitologico. Poi lo studioso Zecharia Sitchin cominciò a leggere le traduzioni per quel che dicevano, le mise insieme, le collegò e ne ricavò una coerente e credibile sequenza di eventi. Nel far questo, portò la mitologia egiziana al livello di cronistoria del periodo più antico dell'umanità, e mostrò come il conflitto tra Horo e Seth sia sfociato in una guerra feroce tra gli dèi seguaci di Enlil e quelli che obbedivano a Enki.

    Come mai quest'odio tra i due fratelli Osiride e Seth? Applicando le norme di successione riscontrate nei racconti sumerici, Sitchin dimostrò che sposando Iside, Osiride aveva efficacemente impedito al suo rivale Seth di figliare un erede proprio con quella loro sorellastra. Sino a quel momento la rivalità tra Osiride e Seth era stata risolta mediante la spartizione del territorio egiziano. Poi, Osiride aveva fatto in modo che fosse un figlio suo e non di Seth a diventare il futuro monarca di tutto l'Egitto.

    Come mai la sconfitta di Seth a opera del vendicatore Horo sfociò in una guerra totale tra gli dèi egiziani e gli dèi orientali della Mesopotamia? La chiave per interpretare il conflitto sta nella divisione dei territori e nelle località strategiche spartite tra i due divini fratelli Enlil ed Enki. I testi dichiarano che dopo il diluvio - un vero e proprio evento storico secondo i Sumeri - la Terra venne suddivisa in regioni: una zona neutra degli dèi sulla penisola del Sinai, affidata alla dea madre Ninharsag; le terre africane supervisionate dagli dèi fedeli a Enki; e le terre dell'Asia, in particolare della Mesopotamia e del Levante, governate dagli dèi seguaci di Enlil.

    Come ha dimostrato Zecharia Sitchin, questa suddivisione territoriale conferma la leggenda di un grande dio chiamato Ptah il quale arrivò in Egitto da oltremare e si assunse il compito di bonificare le terre liberandole dall'acqua. È per questo che gli antichi Egizi chiamarono il loro paese "la terra innalzata". Tutto lascia pensare, che quel dio fosse Enki.

    È importante qui notare a questo punto che i discendenti del figlio di Noè, Cam, vennero destinati dagli dèi di Enki alle terre africane, mentre le terre del Vicino Oriente e dell'Asia settentrionale furono affidate agli altri due figli di Noè, Sem e Iafet.

    E stato suggerito da Zecharia Sitchin che la misteriosa maledizione di Canaan, il nipote di Noè (figlio di Cam, vedi Genesi 9), ha a che fare proprio con la divisione delle terre. Gli studiosi sono sempre rimasti concertati da questa storia biblica la quale, pur di ardua interpretazione, appare essere importantissima. Un commentatore osserva che Genesi 9 riferisce una qualche abominevole azione in cui Canaan sembra essere implicato». Citando l'apocrifo Libro dei Giubilei, Sitchin ipotizza che l'azione abominevole compiuta da Canaan consistesse nell'essersi allontanato dai territori a lui assegnati: «Canaan vide i territori del Libano sino al fiume dell'Egitto, vide che erano molto buoni... non andò dunque nella terra da lui ereditata a occidente del mare; abitò la terra del Libano, a oriente e a occidente del Giordano».

    Ma come potè disobbedire tanto facilmente alle direttive ricevute dagli dèi che assegnavano le terre alla stirpe camitica? Spiega Sitchin che il suo comportamento non sarebbe certo stato possibile senza la connivenza di un qualche importante "dio". Ed è pertanto assai probabile che l'azione abominevole di Canaan coincise con l'occupazione territoriale da parte del dio Seth e dei suoi seguaci in fuga dopo lo scontro con Horo.

    Secondo Zecharia Sitchin, fu questa occupazione illegale della terra affidata agli Enliliti che condusse alla guerra, con la conseguenza che gli Enliliti scacciarono gli dèi Enkiti da Canaan. Questa guerra è descritta in numerosi testi sumerici, accadici e assiri che gli studiosi riuniscono sotto l'etichetta di "miti di Kur". A questa guerra alludono anche taluni testi religiosi egizi, uno dei quali ricorda «Seth il ribelle in quel giorno della tempesta sopra le due terre». Ma ben lungi dall'essere dei miti, questi racconti rappresentano una vera e propria cronaca di eventi cruciali nella storia dell'uomo quando per la prima volta venne chiamato a combattere per le proprie divinità.

    L'eroe del clan enlilita era il dio Ninurta, il primogenito di Enlil, che guidò i suoi nella battaglia in un "uccello della tempesta" dotato di armi potenti. Aiutato da suo fratello Ishkur e da sua nipote Inanna, sconfisse le forze avversarie guidate a loro volta dal "grande serpente". I testi descrivono uno scontro bellico probabilmente più violento di quanto previsto, che ebbe come conseguenza lo spietato sterminio di eserciti umani nei territori africani. La battaglia ebbe come ultimo palcoscenico l' E.kur, la "Casa come una montagna" in cui si rifugiarono gli dèi enkiti, guidati da Enki, Rà e Nergal (e in seguito raggiunti da Horo). Sebbene al sicuro dietro il potente scudo protettivo di Ekur, gli Enkiti erano a tutti gli effetti sotto assedio, con scarso cibo e poca acqua.

    Come si spiega che un gruppo di dèi scatenasse una guerra così crudele e sanguinosa contro altri dèi loro simili? Anzitutto, dobbiamo considerare il profondo antagonismo che divideva la progenie di Enlil da quella di Enki. Come già abbiamo spiegato, il primogenito Enki era particolarmente geloso di suo fratello Enlil, erede confermato di Anu. Occorre anche ricordare che quando gli dèi scesero per la prima volta sulla Terra (millenni e millenni prima che al genere umano, a Sumer, venisse concesso di regnare e di creare civiltà), Enki venne sostituito con Enlil e, come spiega il testo dell'epica Atra-Hasìs, mandato in una regione detta "Abzu". La parola Abzu descriveva i territori africani, Egitto compreso. Enki era ricolmo di risentimento per essere stato destituito e relegato nelle terre dell'Africa.

    Il secondo importante aspetto all'origine del conflitto stava nell'importanza delle terre che Seth aveva occupato. Queste erano di importanza strategica per gli dèi che progettavano di costruirvi nuovi insediamenti per i loro shem e le loro aquile, così da sostituire quelle distrutte dal grande Diluvio. Le località scelte comprendevano un territorio su cui sarebbe sorta la città di Gerusalemme, e includevano anche la penisola del Sinai.

    La guerra terminò con una resa umiliante e con conferenza di pace imposta, che ebbe ripercussioni determinanti per il futuro. Quanto a Canaan e al suo clan, l'Antico Testamento racconta che invece di essere rispediti nei territori a loro originariamente assegnati, ebbero il permesso di rimanere in Vicino Oriente ma con ruoli inferiori, cioè come servi del popolo semita. Venne inoltre deciso che le terre di Iafet sarebbero state ampliate.



    Fonte: Alan Alford


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    Sumeri dall’Atlante Storico Garzanti



    3200-2800 a.C. Periodo protostorico. I Sumeri sono presenti nel sud della Mesopotamia (“terra tra i fiumi”). I rilievi stratigrafici in Irak li vedono come la prima cultura in assoluto e non ci sono strati significativi (eccetto quelli neolitici) sottostanti agli strati relativi alle loro città, quindi per l’archeologia la loro origine è oscura: forse sono imparentati con i fondatori della cultura dell’Indo. La fertilità del suolo permette l’allevamento del bestiame e la coltivazione della palma da datteri. La conoscenza dei metalli, già nota e diffusa, rende possibile la preparazione di armi efficienti e di progrediti attrezzi per l’agricoltura.

    Il territorio è diviso in città-Stato. Centri delle città sono i monumentali templi in mattoni eretti su alte piattaforme, con le pareti coperte a guisa di mosaico da “chiodi” di argilla colorata. Essi sorgono nel mezzo di un recinto consacrato al dio della città cui appartiene il territorio. Massima autorità è il principe (lugal: “uomo grande”), rappresentante del potere politico, sommo sacerdote e capo dell’esercito.

    Il tempio è il centro politico, religioso ed economico. L’apparato amministrativo utilizza la scrittura come mezzo di registrazione (dapprima ideografica, in seguito segni astratti, incisi con stiletti nell’argilla molle: scrittura cuneiforme), anche su supporti quali metallo, pietra e alabastro (vedi la “testa femminile” di Uruk-Warka). Sono propri della cultura sumera i sigilli a cilindro (sigilli ufficiali per suggellare le anfore con le provviste nel recinto del tempo).

    La più antica trinità sumera è quella di ENLIL, AN ed ENKI, altre divinità: UTU, dio del Sole, NANNA, dio della Luna, INANNA, dea dell’amore. Nella civiltà sumera vige un calendario lunare di 12 mesi. Noi ereditiamo dai sumeri il sistema sessagesimale nella divisione del giorno (24 ore, 60 minuti, 60 secondi) e del cerchio (360 gradi).

    2800 - 2500 a.C. Periodo protodinastico. Avviene una lenta infiltrazione dei Semiti. MESILIM DI KISH diventa il primo “gran re” e Nippur il centro religioso. Si abbandona il “socialismo teocratico” (unità di Stato e Tempio). Tutte le città costruiscono mura di cinta (a Uruk per opera di Gilgamesh). Il tempio, precedentemente eretto su un’altra piattaforma, assume in seguito la forma di ziqurrat (torre a più piani sovrapposti, collegati da scalinate, che serve da basamento al tempio vero e proprio, costruito alla sommità).

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    Ziggurat (ziqqurat) di Ur

    Dal 2500 a.C. in avanti I dinastia di Ur, fondata da MESANNEPADDA. Sono famose le tombe dei re portate alla luce dagli scavi di Wolley del 1922.

    2500 - 2360 a.C. Inizia il periodo storico -I dinastia di Lagash, il cui fondatore UR-NANSHE abbatte l’egemonia di Kish. Delle gesta di suo figlio EANNATUM ci informa la “Stele degli avvoltoi”, il primo monumento conosciuto che raffiguri fatti storici. Il successore ENTEMENA lotta contro l’influenza della casta sacerdotale, che aiuta il quarto sovrano, LUGALANDA, a insediarsi sul trono.

    L’usurpatore URUKAGINA attua riforme sociali (“patto con il dio NINGIRSU”: riduzione delle rendite dei sacerdoti, protezione delle vedove e degli orfani). Con l’appoggio della casta sacerdotale malcontenta delle riforme di URUKAGINA, LUGALZAGGISI (“re dei Paesi”), principe di Umma, conquista Lagash, poi Ur, Uruk, Larsa, Kish e Nippur e si spinge fino al Mediterraneo. Al Regno di LUGALZAGGISI, l’ultimo sovrano sumero, si sostituisce il Regno di Akkad.

    2350 - 2300 a.C. Sargon I di Akkad, “signore delle quattro parti del mondo”, conquista la Mesopotamia, parte della Siria e dell’Asia Minore e l’Elam. La superiorità militare degli Accadici deriva dall’impiego di una tattica di movimento, con largo uso delle armi da lancio (giavellotto, arco e freccia), contro la quale nulla può l’esercito sumero, schierato in falangi poco mobili, armate con pesanti lance e grossi scudi. SARGON fonda un grande Stato con potere centralizzato (le iscrizioni ufficiali sono ora in lingua accadica) e costruisce una nuova capitale: Akkad. Le nuove divinità accadiche sono ISHTAR e il dio del Sole SHAMASH. Alla morte di SARGON scoppiano rivolte.

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    2270 - 2230 a.C. Naram-sin (nipote di SARGON) riconsolida il Regno accadico. Guerre in Arabia meridionale e sui monti Zagros (raffigurate sulla “Stele di Naram-sin”). Alla sua morte il Regno accadico si sfascia e si instaura un altro dominio straniero.

    2150 - 2050 a.C. Gutei (invasori provenienti dall’Iran) che vengono però ricacciati da UTUKEGAL principe di Uruk. Restaurazione sumera.

    2050 - 1950 a.C. III dinastia di Ur (sovrani: URNAMMU, SHULGI, BURSIN o AMARSIN, SHU-SIN, IBI-SIN). Restaurazione del Regno di Sumer e di Akkad; lavori di restauro dei templi.

    Sotto SHULGI i re delle città diventano governatori (patesi) delle province del nuovo regno. Con la cerimonia delle “nozze sacre” (l’usanza è probabilmente la ripetizione simbolica delle nozze tra la dea INANNA – rappresentata dalla prima sacerdotessa – e il suo amato, il dio del mondo sotterraneo DUMUZI, rappresentato dal re) SHULGI diventa dio. Costruzione di un grande sepolcro sotterraneo nel cimitero reale di Ur per sé e per i suoi genitori. Sotto SHU-SIN tribù semite occidentali premono ai confini e viene costruita una linea di fortificazioni sul medio Eufrate. Rapporti commerciali con l’India. Il Regno è indebolito dalle lotte contro gli Elamiti ed il re di Mari.

    Questo è il periodo di massima fioritura della letteratura sumera. Il potere si fonda su una struttura economica (Stato e Tempio) inquadrata in un massiccio apparato burocratico. All’inizio della III dinastia di Ur, GUDEA, patesi di Lagash, tenta una restaurazione dell’epoca d’oro sumera dedicandosi a opere di pace. La ricchezza affluita grazie al commercio (cedri del Libano, marmi, dioriti, oro, argento e rame) rende possibile la costruzione di grandi santuari (NINGIRSU) e di opere civili. Dal 2000 a.C. invadono il Regno i semiti Cananei e ne risulta una intensa semitizzazione: formazione di stati a Isin, Larsa e Babilonia (Bab-ili = Porta di Dio): il sumerico rimane però come lingua del culto. Il Regno sumero attraversa una ultima fioritura politica e culturale sotto RIM-SIN, principe di Larsa (1758-1698 a.C.).

    Fin qui la storia accertata dagli scavi archeologici, ma un traduttore dal sumero, Zecharia Sitchin, ha preso a considerare alla lettera i racconti delle tavolette scritte in caratteri cuneiformi, racconti che prima erano considerati dagli studiosi come “mitologia sumera”: i rapporti tra gli uomini e gli dèi quali potevano essere quelli della mitologia greca o romana, una religione codificata e organizzata, con una casta sacerdotale e racconti dalla forte valenza simbolica, volti unicamente a coinvolgere i cuori dei fedeli. Sitchin, continuando sulla scia di autori come Barry Downing (La Bibbia e i dischi volanti, 1968), Erich Von Daniken e Peter Kolosimo (i capostipiti della cosìddetta “Archeologia spaziale”), è il primo a considerare gli dèi sumerici come esseri veramente vissuti, non miti ma Storia.

    Secondo Sitchin gli dèi sumerici erano degli alieni, che chiama Annunaki e che proverrebbero da Nibiru, il 10° pianeta del sistema solare (parenti, sembra, dei “Pleiadiani” dello svizzero Meier). Gli alieni chiamavano i Sumeri il “Popolo dalla testa nera”. Gli Annunaki sarebbero venuti sulla Terra 445.000 anni fa per estrarre oro (necessario per riparare l’atmosfera del loro pianeta Nibiru) e se ne sarebbero andati non appena finito di trasferire il materiale su Nibiru e comunque dopo che la fazione militarista (di ENLIL) avesse annientato definitivamente le resistenze dei popoli umani fedeli alla fazione scientista e filo-umana (di EA-ENKI), nel 2023 a.C. con la distruzione di Sodoma e Gomorra per mezzo di bombe nucleari.

    Nella divisione dei territori terrestri operata dagli alieni Sumer era le Prima regione, Egitto e Nubia costituivano la Seconda, la valle dell' Indo (Pakistan) era la Terza, la penisola del Sinai era la Quarta; inoltre avevano basi in Africa (Zimbawe) in un luogo chiamato Abzu (Terra nera) e in America (Terra al di là dei mari). Geograficamente, gli alieni avevano diviso la Terra in tre fasce separate dal 30° parallelo Nord e Sud: la Via settentrionale di Enlil, la fascia centrale di Anu e la Via meridionale di Enki.

    Cronologicamente, gli alieni facevano riferimento al Conto degli anni della Terra, a partire dalla visita di ANU sulla Terra; il calendario di Nippur partiva dal 3760 a.C. AN o ANU era il primo re su Nibiru dopo l’unificazione (successiva alla guerra totale tra Nord e Sud) e per onorificenza era anche il nome del pianeta che noi chiamiamo Urano. ENLIL era figlio di ANU e di ANTU, sua sorella e sposa, dunque legalmente il figlio primogenito che deteneva il diritto alla successione sul trono di Nibiru al posto di EA-ENKI, che, pur se realmente il primo figlio, era nato da concubina; comandante militare e amministratore, inviato sulla Terra per organizzare le operazioni di estrazione dell’oro su larga scala; padre di NINURTA, avuta dalla sua sorellastra NINMAH, padre di NANNAR e ISHKUR avuti da NINLIL, sua sposa; si era opposto alla creazione dei Terrestri, cercò di provocare l’estinzione del genere umano attraverso il Diluvio; autorizzò l’uso di armi nucleari contro MARDUK.

    EA (“Colui la cui casa è l’acqua”, in quanto tra i primissimi a trasferirsi nelle paludi sumeriche), fu associato per onorificenza al settore zodiacale del cielo dell’Acquario; primogenito di ANU, fratellastro di ENLIL; capo del primo gruppo di Annunaki giunti sulla Terra; il creatore dell’Umanità e colui che l’ha salvata dal Diluvio; gli vengono attribuiti diversi epiteti: NUDIMMUD (“Abile creatore”), PTAH (“Colui che ha dato forma alle cose”) in Egitto, ENKI (“Signore della Terra”); padre di MARDUK. INANNA era la figlia di NANNAR e NINGAL, sorella gemella di UTU; promessa sposa di DUMUZI; feroce nella guerra; lussuriosa in amore; signora di Uruk e della Terza Regione (detta Aratta, vedi gli scavi di Harappa e Moenjo-daro); nell’Accadia fu conosciunta con il nome di ISHTAR, associata al pianeta che noi chiamiamo Venere. Era l’amante di ANU, tanto che l’Eanna, il tempio a sette gradini di ANU ad Uruk, fu offerto poi in dono da ANU ad INANNA.

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    Resti dell' Eanna ad Uruk

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    Ricostruzione dell' Eanna ad Uruk, eretta da Anu, come dono alla dea Inanna.


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    Sigillo cilindrico Accadico che raffigura Nibiru e i pianeti del nostro Sistema Solare.
    Notate la differenza di altezza tra gli uomini (in piedi) ed il dio sumero (seduto).
    Se quest' ultimo si alzasse dalla sedia sarebbe molto piu' alto dei soggetti a sinistra.
    Erano questi dei i "Giganti" descritti nella mitologia?


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    Immagine tratta da "Genesi Rivisitata" di Zecharia Sitchin

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    Dea da un altro Mondo - 2000-1600 B.C. La Dea e' stata identificata come Lilith



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    Le cronache della terra: Cronologia



    (compilato da Zecharia Sitchin sulla base delle tavolette sumeriche Enuma Elish, Oxford, Ashmolean Museum, estratto da Le guerre atomiche al tempo degli dei, 2004, Piemme)

    Trascritto da Marcello Soave - tratto da www.usac.it/articoli/soave_cronache_della_terra.htm



    Eventi prima del diluvio (anni fa)



    450000 Su Nibiru, un membro lontano del nostro sistema solare, la vita va lentamente estinguendosi a causa dell’erosione dell’atmosfera del pianeta. Deposto da Anu, il sovrano Alalu fugge a bordo di una navetta spaziale e trova rifugio sulla Terra. Qui scopre che sulla Terra si trova l’oro, che si può utilizzare per proteggere l’atmosfera di Nibiru.

    445000 Guidati da Enki, figlio di Anu, gli Annunaki (gli alieni del pianeta Nibiru, i biblici “nefilim” che Sitchin chiama col loro nome sumerico, probabilmente discendenti dai Pleiadiani di Meier NDR) arrivano sulla Terra, fondano Eridu – la Stazione Terra I – per estrarre l’oro dalle acque del Golfo Persico.

    430000 Il clima della Terra si fa più mite. Altri Annunaki arrivano sulla Terra, e tra loro Ninharsag, sorellastra di Enki e capo ufficiale medico.

    416000 Poiché la produzione d’oro scarseggia, Anu arriva sulla Terra con Enlil, il suo erede. Viene deciso di estrarre l’oro vitale attraverso scavi minerari nell’Africa meridionale. Le nomine avvengono per estrazione: Enlil conquista il comando della missione sulla Terra, Enki viene relegato in Africa. Anu, mentre si accinge a lasciare la Terra, deve fronteggiare la minaccia del nipote Alalu.

    400000 Tra i sette insediamenti funzionali della Mesopotamia meridionale figurano il porto spaziale (Sippar), il centro di controllo della missione (Nippur), un centro metallurgico (Badtibira), un centro medico (Shuruppak).
    I metalli arrivano per mare dall’Africa; una volta raffinati, vengono poi inviati agli Igigi (i trecento Annunaki assegnati alla navicella spaziale e alla stazione di passaggio su Marte; rapirono le femmine terrestri per sposarle; ribelli in più di un’occasione NDR) rimasti in orbita, poi trasferiti su navette spaziali che arrivano periodicamente da Nibiru.

    380000 Appoggiato dagli Igigi, il nipote di Alalu cerca di ottenere il dominio della Terra. La fazione di Enlil vince la Guerra degli Antichi Dèi.

    300000 Gli Annunaki che lavorano nelle miniere d’oro si ammutinano. Enki e Ninharsag creano dei Lavoratori Primitivi attraverso al manipolazione genetica degli ovuli di donne-scimmia; le nuove creature sostituiscono gli Annunaki nelle attività manuali. Enlil fa irruzione nelle miniere e porta i Lavoratori Primitivi all’Eden in Mesopotamia. Avendo ottenuto la capacità di procreare, l’Homo sapiens comincia a moltiplicarsi.

    200000 La vita sulla Terra regredisce durante una nuova era glaciale.

    100000 Il clima torna a riscaldarsi. Gli Annunaki, con crescente disappunto di Enlil, sposano sempre più spesso le figlie dell’Uomo.

    75000 Comincia la “maledizione della Terra” una nuova era glaciale. Tipi regressivi di uomo vagano per la Terra. Sopravvive l’uomo di Cro-Magnon.

    49000 Enki e Ninharsag elevano alcuni umani imparentati con gli Annunaki el ruolo di comandanti di Shuruppak. Enlil, furioso, trama la rovina del genere umano.

    13000 Accortosi che il passaggio di Nibiru in prossimità della terra provocherà un immenso maremoto, Enlil costringe gli Annunaki a giurare di non rivelare all’umanità la catastrofe imminente.


    Eventi dopo il diluvio (A.C.)


    11000 Enki rompe il giuramento, dà istruzioni a Zisudra/Noè di costruire un’imbarcazione sommergibile.
    Il Diluvio spazza tutta la Terra; gli Annunaki assistono alla distruzione totale della loro navicella rimasta in orbita. Enlil acconsente a concedere a ciò che resta del genere umano utensili e sementi; tra le montagne comincia l’agricoltura. Enki addomestica gli animali.

    10500 I discendenti di Noè ottengono in sorte tre regioni. Ninurta, il più importante dei figli di Enlil, bonifica le montagne e drena i fiumi per rendere abitabile la Mesopotamia; Enki rivendica la valle del Nilo. Gli Annunaki mantengono il possesso della penisola del Sinai per costruirvi un porto spaziale post-diluviano; un centro di controllo viene istituito sul Monte Moriah (la futura Gerusalemme).

    9780 Ra/Marduk, figlio primogenito di Enki, divide il dominio dell’Egitto tra Osiride e Seth.

    9330 Seth cattura Osiride, lo fa a pezzi e diventa unico sovrano della valle del Nilo.

    8970 Horus vendica suo padre Osiride scatenando la Prima guerra della Piramide. Seth fugge in Asia, si impadronisce della penisola del Sinai e di Canaan.

    8670 Per contrastare il controllo di tutte le attrezzature spaziali nelle mani dei discendenti di Enki, la fazione di Enlil scatena la Seconda Guerra della Piramide. Ninurta, vittorioso, svuota la Grande Piramide di tutto il suo equipaggiamento.
    Ninharsag, sorellastra di Enki ed Enlil, convoca una conferenza di pace. Viene riaffermata la divisione della Terra. Il dominio dell’Egitto passa dalla dinastia di Ra/Marduk a quella di Thoth. Come nuovo punto di riferimento viene costruita la città di Eliopoli.

    8500 Gli Annunaki fondano gli avamposti presso i luoghi d’accesso alle attrezzature spaziali: uno di essi è Gerico.

    7400 Col proseguire dell’era di pace, gli Annunaki consentono all’umanità di compiere altri passi avanti; comuncia il periodo neolitico. Semidèi governano l’Egitto.

    3800 A Sumer (Irak NDR) ha inizio la civiltà urbana quando gli Annunaki vi rifondano le antiche città, a cominciare da Eridu e Nippur.
    Anu arriva in pompa magna sulla Terra. Una nuova città, Uruk (Erech), viene costruita in suo onore; egli fa del tempio la dimora della sua amata pronipote Inanna/Ishtar.


    La sovranità sulla Terra (A.C.)


    3760 Il genere umano ottiene la sovranità. Kish è la prima capitale sotto l’egida di Ninurta. A Nippur viene creato il calendario. La civiltà sboccia a Sumer (la Prima Regione).

    3450 Il primato a Sumer passa a Nannar/Sin. Marduk proclama Babilonia “Porta degli Dei”. Episodio della Torre di Babele. Gli Annunaki confondono le lingue dell’uomo.
    Fallito il suo “golpe”, Marduk/Ra torna in Egitto, depone Thoth e cattura il suo fratello minore Dumuzi, che si era fidanzato con Inanna. Dumuzi viene accidentalmente ucciso; Marduk viene imprigionato vivo nella Grande Piramide (di Giza NDR). Liberato poi attraverso il condotto di emergenza, va in esilio.

    3100 Dopo 350 anni di caos, il primo faraone egizio si installa a Menfi. La civiltà arriva nella Seconda Regione (l’Egitto NDR).

    2900 A Sumer il potere regale passa alla città di Erech. Inanna ottiene il dominio sulla Terza Regione (Harappa e Moenjo-Daro NDR); comincia la civiltà dell’Indo.

    2650 La capitale reale di Sumer viene più volte spostata. L’autorità regale si deteriora. Enlil perde la pazienza per la disobbedienza delle moltitudini umane.

    2371 Inanna si innamora di di Sharru-Kin (Sargon). Egli fonda una nuova capitale, Agade (Akkad). Nasce l’impero accadico.

    2316 Con l’obbiettivo di governare tutte e quattro le province, Sargon preleva un po’ di suolo sacro da Babilonia. Divampa di nuovo il conflitto Marduk-Inanna, e finisce solo quando Nergal, fratello di Marduk, si reca dal Sud dell’Africa a Babilonia, per convincere Marduk a lasciare la Mesopotamia.

    2291 Naram-Sin sale al trono di Akkad. Spinto dalla bellicosa Inanna, penetra nella penisola del Sinai e invade l’Egitto.

    2255 Inanna usurpa il potere in Mesopotamia; Naram-Sin contamina Nippur. I Grandi Annunaki fanno sparire Agade. Inanna fugge. Sumer e Akkad vengono occupate da truppe fedeli a Enlil e Ninurta.

    2220 La civiltà sumerica si eleva a nuove vette sotto i sovrani illuminati di Lagash. Thoth aiuta il suo re Gudea a costruire un tempio-zigurrat per Ninurta.

    2193 Terah, padre di Abramo, nasce a Nippur in una famiglia di alto rango sacerdotale-politico.

    2180 L’Egitto viene diviso: i seguaci di Ra/Marduk mantengono l’alto Egitto (il Sud); i faraoni suoi avversari ottengono il trono del basso Egitto (il Nord).

    2130 Poiché Enlil e Ninurta sono sempre più spesso lontani, declina anche in Mesopotamia l’autorità centrale. Il tentativo di Inanna di riottenere la sovranità per Erech non dura a lungo.


    Il secolo fatale (A.C.)



    2123 Abramo nasce a Nippur.

    2113 Enlil affida le terre di Shem a Nannar; Ur viene dichiarata capitale del nuovo impero. Ur-Nammu sale al trono e viene chiamato Protettore di Nippur. Un sacerdote di Nippur Terah, padre di Abramo viene a Ur per stringere un legame con la corte reale.

    2096 Ur-Nammu muore in battaglia. Il popolo considera la sua morte un tradimento di Anu ed Enlil. Terah parte con la sua famiglia per Harran.

    2095 Shulgi sale al trono di Ur e rafforza i legami imperiali. Mentre prospera l’impero, Shulgi cede al fascino di Inanna e diviene il suo amante. Concede Larsa agli Elamiti in cambio dei loro servigi come “legione straniera”.

    2080 Principi tebani fedeli a Ra/Marduk, durante il regno di Mentuhotep, si spingono a nord. Nabu, figlio di Marduk, fa proseliti per suo padre nell’Asia occidentale.

    2055 Su ordine di Nannar, Shulgi manda truppe elamite a sedare la rivolta delle città cananee. Gli Elamiti arrivano alla porta della penisola del Sinai e del suo porto spaziale.

    2048 Shulgi muore. Marduk si sposta nella terra degli Ittiti. Abramo viene mandato a Canaan con un corpo scelto di cavalieri.

    2047 Amar-Sin (il biblico Amraphel) diventa re di Ur. Abramo va in Egitto, ci resta cinque anni, poi ritorna con atre truppe.

    2041 Amar-Sin, spinto da Inanna, forma una coalizione di re dell’Oriente e lancia una spedizione militare a Canaan e nel Sinai, con a capo l’elamita Kedorla’omer. Abramo blocca la loro avanzata alle porte del porto spaziale.

    2038 Mentre l’impero va disintegrandosi, Shu-Sin subentra ad Amar-Sin sul trono di Ur.

    2029 Ibbi-Sin subentra a Shu-Sin. Le province occidentali sono sempre più inclini a riconoscere Marduk come loro divinità.

    2024 Alla testa dei suoi seguaci, Marduk marcia su Sumer e si incorona da sé sovrano di Babilonia. I combattimenti si estendono alla Mesopotamia centrale. Il tabernacolo di Nippur viene attaccato in maniera sacrilega. Enlil chiede che Marduk e Nabu vengano puniti; Enki si oppone. Nergal e Ninurta distruggono (con bombe atomiche NDR) il porto spaziale e le ribelli città cananee (Sodoma e Gomorra NDR).

    2023 I venti portano su Sumer la nube radioattiva. La gente muore di una morte terribile, gli animali periscono, l’acqua è avvelenata, la terra si inaridisce. La grande civiltà di Sumer si esaurisce. La sua eredità passa alla progenie di Abramo, poiché egli genera , all’età di cento anni , un erede legittimo: Isacco.



    FONTE : http://www.angelsofmars.it


    BY ROS & POLICE




    Edited by PoliceLC - 29/5/2008, 16:05
     
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  2. ROS533
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    Gli Dei del Mare di Gobi

    Il ritrovamento in Asia di mummie dalla pelle bianca e di gallerie sotterranee lunghe centinaia di chilometri, potrebbe confermare l'esistenza in passato di una civiltà progredita: la mitica Mu delle leggende polinesiane?

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    Cartina del Mare di Gobi, come doveva essere prima della desertificazione. Si trattava di un'area tra Mongolia e la regione dello Sinkiang in Cina, confinante a sud col Tibet.

    Il deserto di Gobi è la seconda area più arida del pianeta, dopo il Sahara. Il più grande deserto asiatico si estende tra i territori di Cina e Mongolia, occupando un'area vasta come l'Europa Occidentale. Un vero mare di sabbia... Peccato che leggende antichissime e ritrovamenti fossili ci raccontino una storia diversa da quella che compare sui manuali di archeologia. Sì, perché il Gobi in realtà migliaia e migliaia di anni fa era un mare, anzi un oceano interno più vasto del Mediterraneo.

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    Le rovine di Khara Khoto, nel deserto di Gobi, una delle città più misteriose e antiche del mondo.

    Tra gli Anni '20 e '30 furono riportati alla luce dai paleontologi americani alcuni resti di animali mastodontici e alcune uova fossili, ma il ritrovamento più sensazionale fu sicuramente quello dell'archeologo russo Pyotr Kuzmich Koslov. Durante alcuni scavi archeologici della città di Khara Khoto il professore trovò un'antichissima tomba risalente a 18 mila anni fa. Sulle pareti erano raffigurati la coppia di sovrani sepolta ed un curioso simbolo formato da un cerchio diviso in quattro settori e con la lettera greca M, o Mu. Questa città, secondo il colonnello britannico James Churchward, era in realtà la mitica Uighur, una importante colonia del continente scomparso di Mu.

    Questo vasto continente comprendeva molte delle attuali isole dell'Oceano Pacifico, tra cui le isole Fiji, le Marianne, Ponape, le Tonga, le Caroline fino ad arrivare all'isola di Pasqua, come testimoniano le varie rovine megalitiche ritrovate su quasi tutte le isole del Pacifico. Queste rovine presentano tra loro delle similitudini impressionanti; questo fa pensare che un tempo esse facevano parte infatti di un'unica grande terra ormai scomparsa, e che ciò che rimane oggi non siano altro che le vette più alte dei monti che affiorano dall'acqua.

    Oltre alle leggende anche i saggi cinesi raccontano di un'epoca remotissima in cui in questa zona, dove oggi c'è il deserto, si estendeva il Mar di Gobi nel quale si trovava un'isola abitata da "uomini bianchi dai capelli biondi o rossi e occhi azzurri"! La cosa ancor più stupefacente è che, a detta di questi saggi, questo antico popolo venne dal cielo, discesi dalla grande "Stella Bianca", nome che gli antichi Indiani e Tibetani davano al pianeta Venere, ed avrebbero apportato agli abitanti del luogo notevoli conoscenze, e prima ancora agli abitanti di Mu.

    Su quest'isola situata nel Mar di Gobi l'antico popolo delle stelle si stanziò ed eresse una fortezza ed una città collegate alla terraferma con gallerie sottomarine. La cosa potrebbe suonare come qualcosa di fantascientifico, se non fosse per alcune antiche carte celesti ritrovate nelle grotte del Bohistan che rappresentavano il cielo di circa 13 mila anni fa e con delle misteriose linee che collegavano la Terra con il pianeta Venere. In realtà il colonnello inglese aveva ragione, sotto lo strato della città rinvenuta dall'esploratore russo, ne esisteva una ancor più antica: si trattava della città di Uighur, che secondo Churchward era vecchia di almeno 15-19 mila anni! E' qui inoltre che si trovava probabilmente la capitale del fantastico regno di Prete Gianni nel '200.

    Delle gallerie che conducevano dall'isola alla terraferma sono state trovate diverse entrate, come un po' in tutto il mondo, scoperte dagli speleologi; comunque sono state esplorate solo in parte a causa dei crolli che hanno ostacolato le ricerche. In alcune di queste gallerie sono stati scoperti oggetti di ceramica e vetro contenenti ciascuno una goccia di mercurio, alcuni oggetti simili sono stati rinvenuti anche in grotte scoperte in Uzbekistan. Secondo gli antichi scritti indiani questo metallo liquido serviva da combustibile per i mitici Vimana, le antiche macchine volanti descritte nei testi del Ramayana e del Mahabharata e che si ritiene siano ancora oggi celati nelle caverne del regno sotterraneo di Agharti. Infatti qui, lo stesso testo indiano narra "...con il tuono possente della sua rapida discesa da insondabili altezze [...] apparve il carro dei Figli del Fuoco [...] dei Signori venuti dalla Stella Splendente. Esso si fermò sopra l'Isola bianca del Mar di Gobi..."

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    (Sopra, a sinistra) Un'altra straordinaria mummia del Takla Makan: un uomo perfettamente conservato, la pelle bianchissima e i capelli castano-rossicci non lasciano adito a dubbi. (A destra) La celebre "Venere di Loulan": una donna sui 35-40 anni, in ottimo stato ancor oggi (se ne può vedere la ricostruzione artistica di come appariva in vita).
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    Le rovine della città di Loulan, nel deserto del Takla Makan: qui furono trovate nel 1978 le mummie di razza caucasica.


    Nel 1978, durante gli scavi archeologici nella zona del deserto cinese del Takla Makan, proprio nella regione dell'Uighur, furono riportate alla luce migliaia di mummie perfettamente conservate grazie al clima secco del deserto che ha permesso ai corpi una mummificazione naturale. L'età stimata delle mummie è di circa 4 mila anni, ma ciò che rende sconcertante il ritrovamento di questi corpi, sono i tratti somatici. Infatti tutte le mummie presentavano lineamenti occidentali: pelle bianca e capelli biondi o rossi ondulati! La loro altezza varia dal 1,70 al 1,80 m e alcuni hanno la barba.

    Al momento del ritrovamento, le mummie erano vestite con abiti in seta, stivali e scarpe ai piedi e acconciate con trecce simili a quelle dei popoli celtici. Secondo il parere degli archeologi queste popolazioni emigrarono dall'Europa o dalle zone caucasiche, viaggiarono attraverso l'Asia verso Oriente e si stanziarono nel deserto del Gobi. Peccato che gli antichi scritti tibetani e indiani raccontano il contrario; raccontano di popoli evoluti venuti, secondo i saggi, dalle stelle e stanziatisi su quest'isola situata dove in tempi remotissimi esisteva un esteso mare.

    Una ulteriore, straordinaria scoperta di mummie effettuata nel 2005 a Xiaohe, nella parte ovest del lago Lop Nor, rivelò l'esistenza di un mound con strani pali conficcati sopra le sepolture. Di circa 300 persone ivi sepolte, più di un centinaio era in perfette condizioni: l'apertura delle bare dalla stranissima forma di barca, effettuata dagli scienziati dell'Accademia Cinese di Scienze Sociali, rivelò corpi di uomini, bambini e donne perfettamente conservati, anche meglio delle mummie egizie: i lineamenti occidentali e gli zigomi tipici della razza caucasica, assieme ai capelli castano chiaro, erano non più sconcertanti del fatto che la pelle di tutti i corpi era coperta da uno strato gommoso chiaro molto simile al lattice, probabilmente allo scopo di preservarla contro i processi di putrefazione (ma l'albero della gomma, da cui si ricava il lattice, è originario del Sudamerica e non si comprende come potesse essere usato dai popoli del Gobi, a meno che il clima non fosse diverso oppure non vi fossero scambi commerciali).
    L'analisi al Carbonio 14 datò le mummie al 1800 A.C.

    In effetti fino a pochi secoli fa, come dimostrano le foto del satellite Landsat, esistevano pozze d'acqua e fiumi, un ecosistema umido ricco di fauna anche gigantesca che prosperava grazie alle notevoli riserve idriche che ora sono sotterranee oppure prosciugate.

    Tutta questa magica ma anche mistica terra abbonda di narrazioni, come quella del leggendario generale e guerriero Ban Chao che "poteva camminare nel cielo e scatenare fulmini verdi" e che è sepolto, "accanto all'Uomo di Giada", nel deserto del Takla Makan, uno dei deserti più misteriosi e pieni di insidie al mondo dove gli abitanti del luogo raccontano che dimorino i "demoni del cielo".

    Questo antico popolo avrebbe in seguito viaggiato e istruito il resto del mondo erigendo villaggi e città in Europa e in tutto il mondo. Non c'era quindi ragione di stabilirsi nel bel mezzo di un deserto tra i più inospitali del pianeta; il ritrovamento poi delle gallerie e dei resti di città antichissime avvalorano le ipotesi che qui un tempo lontano il clima e il territorio erano totalmente diversi da come appaiono oggi. Per non parlare poi, come affermano gli antichi documenti ma anche dalla testimonianza dei saggi tibetani, delle conoscenze elevate portate ai popoli dei continenti oggi scomparsi di Mu e Atlantide, che in seguito questi ultimi avrebbero portato alle altre etnie del mondo. Pensiamo alla scoperta della lavorazione dei metalli, o alla conoscenza di tecnologie sconosciute come la ruota e il carro.
    Questo potrebbe spiegare le similitudini dei monumenti, delle lingue e delle usanze tra i diversi popoli della Terra.

    La provenienza di questa misteriosa razza, che secondo gli scritti veniva dal pianeta Venere, ci ricorda la divinità maya che portò sapere e conoscenza rappresentata nel Teschio di Cristallo ritrovato nel Belize nel 1927 da Anne Mitchell-Hedges. Oppure al leggendario re inca Viracocha, anch'egli ricordato dagli Incas come il dio dalla pelle bianca e con la barba rossa raffigurato sulla megalitica Porta del Sole sulle sponde del lago Titicaca in Bolivia.

    Raffigurazioni di "dei" bianchi con barba e capelli chiari si possono trovare anche sull'isola di Pasqua. Proprio qui nel 1774 un naturalista di nome Georg Forster approdò descrivendola come una terra brulla, povera di vegetazione e devastata da eruzioni vulcaniche. Su quest'isola dall'aspetto inospitale lo studioso fece l'incontro con la popolazione indigena locale, e fu sorpreso di trovare alcuni di essi con la pelle chiara e con i capelli rossi! Evidentamente questi ultimi erano i discendenti di quell'antico popolo evoluto raffigurato sui massi dell'isola e che portò migliaia di anni fa conoscenza e sapere ai popoli delle terre polinesiane.

    Anche qui si trovano misteriose gallerie ciclopiche sotterranee che terminano nel mare; probabilmente anticamente si usavano questi tunnels per andare da una parte all'altra delle isole, oppure addirittura per viaggiare da una parte all'altra del pianeta. E' curioso invero il fatto che siano state ritrovate delle tavolette in legno raffiguranti geroglifici simili a quelli dell'America precolombiana, o ancora scritture simili a quelle della Valle dell'Indo o come quelle celtiche.

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    (Sopra, a sinistra) I Moai dell'Isola di Pasqua furono costruiti su ordine di un popolo dalla pelle bianca. (A destra) Il dio peruviano Viracocha, ritratto sulla Porta del Sole a Tiahuanaco in Bolivia: secondo la tradizione era bianco, con la barba rossa.
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    Caverne e tunnel costellano l'Isola di Pasqua e secondo leggende raggiungono tanto il Sudamerica quanto il deserto di Gobi.

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    (Sopra, a sinistra) Una colossale galleria semisommersa con l'ingresso franato, ancora all'Isola di Pasqua: si tratta di vestigia unitarie a quelle di tutti i popoli del Pacifico, come l'incredibile struttura sommersa megalitica di Yonaguni, in Giappone (a lato).
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    Notare come anche nel Gobi si aprano tunnel e gallerie nelle rocce, come questo "ingresso" a Khotan (a sinistra) oppure un canale sotterraneo che scorre nel deserto, come questo di Turfan, nella zona delle Grotte dei Mille Buddha (a destra).


    Gallerie simili si trovano anche in Sudamerica, e infatti si collegherebbero proprio con l'isola di Pasqua, ma non solo: esistono reti di gallerie in Perù che collegherebbero Lima a Cuzco fino ad arrivare in Bolivia e probabilmente fino al Titicaca. Qui sarebbero ancora nascosti i tesori degli Incas massacrati dai Conquistadores spagnoli. Di gallerie ce ne sono altre ancora nelle Hawaii e in tutta l'Oceania e qui le gallerie continuano sotto il fondo dell'oceano, altre si trovano in California, nel Kentucky (le famose Mammoth Caves dove si dice siano uno degli ingressi per Agharti). Di questo ne parlano anche gli Apaches: secondo i saggi queste gallerie qui si spingerebbero fino a Tiahuanaco e sempre stando ai loro racconti queste sarebbero state scavate da esseri venuti dalle stelle per mezzo di luci che sgretolerebbero la roccia. Anche in Europa esistono reti di tunnels sotterranei, alcuni dei quali sono stati scoperti ed esplorati solo per alcuni chilometri, come quello che congiunge la penisola iberica con il Marocco in Africa.

    Quando si sentì parlare la prima volta della Terra Cava e delle Gallerie sotterranee, si pensava che tutto ciò fosse solo delle leggende; poi si venne a sapere delle scoperte fatte dai primi esploratori tra cui Ossendowski, che dopo aver avuto un incontro con un Lama in Tibet, affermò di aver visto una delle entrate di queste colossali gallerie, mentre altre venivano scoperte un po' ovunque nel mondo da vari esploratori. Solo negli Anni Settanta con il grande ricercatore scientifico italiano Peter Kolosimo si inizia a divulgare la scoperta della Terra Cava e dei mondi sotterranei; e dopo molti ritrovamenti da parte di speleologi ed archeologi si ebbe la conferma che ormai non si trattava solo di leggende.
    Dopo il rinvenimento poi delle mummie bianche del Takla Makan, anche le leggende degli dei bianchi trovarano conferma, poiché come raccontavano le antiche scritture, furono proprio questi esseri a scavare queste enormi gallerie.

    Furono comunque esploratori, per l'esatteza russi, che individuarono il cosiddetto "pozzo senza fondo", che faceva parte di un'estesa rete di grotte situate in Azerbaigian. Da tempo salivano da quella cavità urla, tonfi e rumori strani. Una volta scesi nel suo interno i ricercatori notarono una strana luminescenza verde e che queste cavità si dirigevano in direzione del Caucaso! Dalle pitture e dalle ossa trovate laggiù pensarono che si trattasse di grotte preistoriche ma, dopo averle analizzate, la sorpresa fu grande: si trattava di ossa ancora più antiche.

    I racconti dei vecchi esploratori avventurieri affermavano che alcuni uomini entrati nelle gallerie del Regno di Agharti videro questa luce verde e non fecero più ritorno. Tempo dopo si scoprì che questa rete di tunnels arrivava a piccole piazze da cui partivano condotti fino congiungersi con le gallerie sotterranee del deserto del Gobi; le stesse che collegavano un tempo la terraferma con l'isola del Mar di Gobi! E forse qui si collegherebbero alle isole del Pacifico.

    Notando tutto questo non si può far altro che pensare che doveva essere un lavoro ciclopico, svolto da un popolo evoluto. Secondo gli scienziati questo sistema di gallerie dovrebbe arrivare addirittura in Cina ed in Tibet, proprio come affermò Ossendowski: infatti da quel che dicono i monaci tibetani è qui che si troverebbe la capitale di Agharti, e i condotti si collegherebbero al palazzo del Dalai Lama a Lhasa. Purtroppo nonostante i ritrovamenti di queste grotte in tutto il mondo non si è potuto procedere oltre a causa di imponenti crolli che ne hanno ostacolato per sempre l'ingresso a causa delle loro ciclopiche dimensioni; altre volte sono stati occultati deliberatamente gli ingressi dai saggi che conoscono l'ubicazione delle entrate, o altre ancora si dice che gli stessi abitanti del sottosuolo avrebbero mascherato gli accessi. E purtroppo fino ad oggi nessuno ancora è riuscito a vederle.

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    (Sopra a sinistra) Una colossale galleria all'interno delle Mammoth Caves. (A destra) La nostra Antonella all'ingresso di una piccola galleria in Perù, a Sacsahuaman.

    Tutta questa vicenda ci fa comprendere come oggi conosciamo pochissimo dei territori dell'Asia e delle leggende che parlano di popolazioni evolute di pelle bianca e immense e colossali gallerie lunghe migliaia di chilometri. Una specie di metropolitana mondiale che forse rappresenta l'essenza stessa del regno di Agharti e di quello, in superficie, della mitica Mu.

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    (Sopra, a sinistra) Il lago Lop Nor, ultima vestigia del Mare di Gobi, fotografato dal satellite Landsat della Nasa. Notare il progressivo ritiro delle acque, che porterà presto a un prosciugamento, analogamente a quanto accaduto al Lago d'Aral. (A destra) Altra foto del satellite Landsat: il bacino del Tarim è occupato interamente dal deserto del Takla Makan, uno dei posti più pericolosi e inospitali del pianeta. Notare la depressione, secoli fa occupata dal Mare di Gobi.
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    (A sinistra) Ritratto di Pyotr Kuzmich Koslov, esploratore e archeologo russo che per primo scoprì le rovine di Khara Khoto. (A destra) Secondo James Churchward, Khara Khoto sarebbe la capitale perduta di Uighur, una civiltà millenaria, colonia più importante della prediluviana Mu.


    Antonella Verdolino


    FONTE: satorws.com


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    I TEMPLARI ED IL TEMPIO DI SALOMONE


    Gli scavi di 2000 anni ed i misteri celati dal tempo.



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    Entrata di uno degli svariati tunnel che si estendono
    sotto la spianata del Tempio di Gerusalemme.

    In un periodo di profondo mutamento culturale e sociale, come fu l’Europa tra l’XI ed il XII secolo, nacque un ordine religioso-monastico che consacrò la propria esistenza alla riscoperta ed alla difesa dei Luoghi Santi e dei pellegrini contro le incursioni degli "infedeli".
    L’aura di mistero che da sempre circonda l’"Ordine dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme", conosciuto anche con il nome di "Ordine Templare" o dei "Poveri Cavalieri di Cristo", affonda le proprie radici storiche nel XII secolo dopo Cristo.

    Un gruppo di nove cavalieri si riunì intorno ad un nobile originario della Champagne, Ugo de Paganis, o di Payns, o di Payens. Insieme a questo giovane aristocratico, il manipolo partì per la Terra Santa con il nobile intento di difendere la cristianità e di riportare la sovranità del suolo palestinese, caduto sotto il giogo mussulmano, alla chiesa cattolica romana.

    Tra il 1118 ed il 1120 (la data è a tutt’oggi fonte di accese discussioni) re Baldovino II di Gerusalemme lasciò a questa "fraternitas" il luogo che fino ad allora era stato adibito a sua reggia, la moschea di Al-Aqsa nel lato meridionale dell’antico Tempio di Salomone (conosciuto come il "nobile recinto" o "Haram esh-Sharif").

    Fino al 1129, anno in cui al concilio di Troyes vennero riconosciuti come ordine religiosomilitare ufficiale, la loro permanenza nei recinti del Tempio rimane peraltro un mistero. Nessuna persona, infatti, sarebbe stata ammessa in questo periodo all’interno dell’Ordine, e nessun compito specifico sarebbe stato loro assegnato se non quello di proteggere i pellegrini.

    Ma come potevano nove cavalieri proteggere migliaia di pellegrini?
    A tal fine esisteva infatti già l’ordine Ospitaliero che assolveva a questo compito.
    Non possiamo dunque spiegarcelo, anche se fonti differenti da "Guglielmo di Tiro" (considerato uno dei maggiori storiografi dell’Ordine, nonché tra i suoi maggiori detrattori) indicherebbero che il gruppo iniziale non fosse di nove persone bensì di 30.(1) Questo non è però l’unico mistero che si lega all’Ordine del Tempio.

    Perché mai Baldovino II, fratello di Goffredo di Buglione, dovette infatti concedere un luogo tanto importante come la propria reggia all’interno del recinto del Tempio ad un semplice gruppo di nove, o più, cavalieri che venivano da regioni lontane?
    Esistono forse alcune risposte a tali domande, ma non le prove oggettive sui reali intenti dell’Ordine.
    In questo nostro studio cercheremo di concentrare la nostra attenzione ai nove anni in cui l’Ordine rimase, apparentemente, con pochi compiti all’interno del recinto del Monte Moriah, il monte del Tempio.

    Note:
    1. Michele Siriano, Patriarca di Antiochia ci riferisce che il numero reale della prima "fraternitas" templare era costituito da 30 individui e non da 9. Tale inesattezza sarebbe da imputare, secondo numerosi studiosi, a Guglielmo di Tiro.


    LE ULTIME SPEDIZIONI



    La storia ha celato, nei suoi recessi, un italiano che fu il primo ricercatore ad avventurarsi all’interno del Monte Sacro per compiere delle ricerche. La storia di questo uomo, di nome Ermete Pierotti, è molto travagliata e potrebbe in alcuni casi sembrare semplicemente il frutto di un’opera mistificatoria.

    Pierotti era un ingegnere militare di grande esperienza e talento, accusato di diserzione e di complicità nel furto di beni militari, che nel 1849 venne cacciato dall’Esercito dal Tribunale di Genova. Nel 1856, a trentacinque anni, si trovava a Gerusalemme mentre sbarcava il lunario con vari lavori cercando di coronare il sogno di una vita: cercare di svelare i misteri del Monte del Tempio. Avendo un gran bisogno di lavorare, nell’estate del 1856, Pierotti assistette un ingegnere turco, Assad Effendi, nel restauro del principale acquedotto dell’"haram" e del resto della città. Questo impiego permise al giovane ricercatore italiano di avventurarsi all’interno del Monte del Tempio, in cui si trovano tuttora importanti riserve d’acqua per la città, e di compiere importanti ricerche.
    Gli inverni del 1858 e del 1859 furono per Gerusalemme estremamente aridi e ciò indusse le autorità ottomane ad impiegare il più ampio numero di ricercatori per cercare di risolvere questo problema.

    Questi lavori permisero a Pierotti di completare anche un altro progetto a cui stava lavorano da diverso tempo e che vide la luce con la pubblicazione nel 1864 in Inghilterra del libro "Jerusalem Explored" (La Gerusalemme Esplorata). Purtroppo i fatti accaduti nel 1849 in Italia lo bollarono per il resto dei suoi giorni.

    Successive ricerche vennero condotte da Charles Warren e conclusero che alcune delle carte disegnate da Perotti, dei passaggi sotterranei e delle cisterne presenti sotto il Tempio, erano state redatte in maniera errata, in seguito ad alcuni sopralluoghi sbrigativi (giustificabili con l’enorme attenzione con cui venivano controllati i non mussulmani dalle autorità della Moschea del Tempio). Le mappe di Pierotti, pur se in alcuni casi approssimative e imprecise, erano però unicamente contestabili per le dimensioni delle strutture sotterranee visitate.
    Sorprendentemente nelle sue mappe(4) sono indicati canali sotterranei misteriosi e passaggi segreti, a tutt’oggi non ancora esplorati.

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    Cartina disegnata da Warren durante i propri rilevamenti prospettici della spianata del Tempio.
    Questa planimetria riporta le strutture sotterranee che Warren riuscì ad individuare nei suoi brevi anni di studio.



    Lo stesso ricercatore ed autore Richard Andrews, durante le ricerche per la redazione del Libro "Il Monte del Tempio" (Sperling & Kupfer, 2001), ha sorvolato la spianata del Tempio di Gerusalemme e fotografato la stessa con una pellicola a raggi infrarossi identificando numerosi canali sotterranei, visibili grazie alle differenze termiche, sconosciuti o non ancora esplorati.

    I due più importanti ricercatori che si avvicendarono sul Monte del Tempio furono due militari britannici, Charles Warren e Charles Wilson. Foraggiati da un ente di ricerca britannico, il "Palestinian Eploration Fund" (P.E.F.), le loro ricerche furono rivolte subito verso il luogo sacro per le tre religioni più importanti del pianeta.
    Le motivazioni che indussero il governo britannico a creare il P.E.F. devono essere viste nell’ampio movimento di interessi archeologici iniziato durante le campagne di Napoleone. Infatti, a seguito delle guerre e delle esplorazioni compiute dall’impavido generale francese, in Europa si risvegliarono profondi interessi per le antichità che portarono alla costituzione di numerosi movimenti e centri per lo studio del passato. Il P.E.F. nacque proprio da questi propositi, ma con l’intento principale di studiare l’archeologia biblica.

    Il primo studioso ufficiale a recarsi all’interno dell’haram per scopi di ricerca fu il capitano Wilson. Il suo "Ordinance Survey of Jerusalem" del 1864 venne focalizzato proprio allo studio del Monte Sacro e delle sue camere sotterranee.
    Per identificarle, le strutture sotterranee vennero genericamente indicate come "cisterne", non compiendo una distinzione accurata tra quelle che lo erano state realmente e quelle che avevano svolto funzioni diverse. Gli studi che Wilson effettuò all’interno dell’"haram" sono ritenuti a tutt’oggi fondamentali. La sua maniacale precisione e dedizione alla causa lo videro impegnato per diversi anni in scavi e ricerche.

    Per conto del P.E.F. stilò dettagliatissime cartine della spianata del Tempio e dei suoi livelli sotterranei. Grazie alla sua opera oggi possiamo studiare e conoscere un luogo reso purtroppo inaccessibile.
    Richiamato in patria per questioni militari, a Wilson fece seguito un altro personaggio fondamentale per la nostra ricerca, l’ingegnere e militare Charles Warren.

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    I rilevamenti con il georadar consentono di individuare cavità sotterranee in tutta la spianata del Tempio.


    A conoscenza degli incredibili risultati raggiunti dal predecessore, Warren prima di recarsi a Gerusalemme aveva servito per sei anni nell’esercito britannico a Gibilterra, dove aveva imparato ad apprezzare il fascino e la bellezza dei manufatti e della storia antica. Giunto nel febbraio del 1857 a Gerusalemme, Warren non perse tempo nel dedicare i propri sforzi agli scavi sotto il Tempio. Servendosi dei precedenti lavori di Wilson, egli identificò ben 33 strutture sotterranee al di sotto del Monte del Tempio (identificabili da cisterne a vere e proprie stanze, a tunnel che erano ostruiti o che non erano stati esplorati).

    Queste strutture sotterranee vennero studiate per la redazione di planimetrie, ma non tutti i tunnel e tutte le stanze vennero visitate.
    Sotto la moschea di Al-Aqsa (ex quartier generale dei Templari), per esempio, vennero rinvenuti due livelli sotterranei di gallerie, che si estendevano ulteriormente ma che non vennero indagati per vincoli imposti dalle autorità mussulmane. Se da un lato Warren e Wilson furono guidati, nelle loro esplorazioni, dal "Palestine Exploration Fund" e dall’interesse britannico per l’archeologia biblica, esiste peraltro un personaggio che, seppur meno noto, indirizzò le proprie forze verso la scoperta dell’Arca dell’Alleanza sotto il Monte del Tempio.

    Montagu Brownlow Parker era il secondogenito del terzo conte di Morley, e proveniva da una ricca famiglia terriera del Devon Meridionale, Inghilterra.
    Parker iniziò le proprie ricerche dal museo turco del Topkapi, ad Istanbul, dove un esperto(5) di studi biblici, lo svedese Walter H. Juvelius lo indirizzò verso una meta sicura.
    Juvelius affermò di aver trovato un codice sacro all’interno di un manoscritto del "Libro di Ezechiele", nel quale si affermava che l’esatta collocazione dei tesori perduti era proprio sotto la montagna del Tempio di Gerusalemme, in un punto cui si accedeva attraverso un complesso sistema di cunicoli sotterranei.

    Intenzionati a riportare alla luce, dopo quasi due millenni di oscurità, la reliquia più sacra per la religione ebraica e cristiana, Parker e Juvelius si associarono e, grazie agli ingenti finanziamenti della duchessa di Marlborough e di altri finanziatori americani (stimati in circa 125.000 dollari), iniziarono il loro viaggio verso la Città Santa.

    Arrivati a Gerusalemme i due avventurieri si resero subito conto dei problemi che le autorità mussulmane avrebbero potuto creare, e quindi iniziarono a compiere una serie incredibile di attività di corruzione per assicurarsi il silenzio e la fiducia delle autorità. Fu grazie, però, a queste corruzioni che il gruppo venne a conoscenza, tra il 1909 ed il 1911, di diversi passaggi.

    La spasmodica ricerca di tesori, documenti e soprattutto dell’Arca dell’Alleanza sotto il Monte del Tempio fu però interrotta il 17 Aprile del 1911, quando Parker e i suoi collaboratori cercarono di compiere il gesto più sacrilego che l’autorità islamica potesse concepire. Parker, insieme ad un piccolo manipolo di uomini tentarono di entrare nel "Sakhra" , una grotta di presunta origine naturale situata al di sotto della Roccia Sacra, nel "Sancta Sanctorum" della moschea mussulmana. In questo luogo anticamente veniva disposta, durante il periodo del Primo Tempio, l’Arca dell’Alleanza.

    Lo spavaldo avventuriero inglese, insieme al suo gruppo, riuscì a calarsi nel silenzio della notte all’interno della grotta e a togliere delle pietre che bloccavano l’ingresso di una antichissima galleria. La fortuna non arrise però a Parker, che infatti si fece scoprire da una guardia notturna posta a protezione del recinto sacro. Scoperti i "sacrileghi infedeli" profanatori della moschea, la guardia dette l’allarme e si diresse in città riuscendo a raccogliere, in meno di un’ora, una folla inferocita.

    Pronti a linciarlo i mussulmani di Gerusalemme non furono altrettanto veloci come Parker, che riuscì a fuggire definitivamente non riuscendo però più a rimettere piede nella Città Santa.
    Questo è un altro esempio di come la ricerca di tesori e documenti nascosti sia sempre stata "normale" all’interno del recinto del Tempio.

    Note:
    4. Attualmente conservate, insieme ai suoi scritti, negli archivi del P.E.F.
    5. Poeta, studioso e ricercatore che fu attratto fin da giovane età dall’archeologia biblica.


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    Raffigurazione prospettica del percorso compiuto dal tunnel di Ezechiele.
    Una falda acquifera si estende per tutto il Monte Moriah.



    CONCLUSIONI


    Da quanto abbiamo esposto in questa nostra ricerca, parte di un lavoro ben più ampio, risulta evidente che vari misteri e vari personaggi si sono assommati nel corso di molti secoli sul Monte Moriah, il monte dell’antico Tempio di Gerusalemme.
    Stanze segrete, tesori perduti e documenti incredibili sono state solo alcune delle motivazioni che hanno spinto, nel corso dei secoli, avventurieri e ricercatori. Un posto privilegiato oggi viene dato ad un Ordine Monastico, quello Templare, che ha assommato nei secoli misteri e leggende dietro la propria esistenza e i propri compiti.

    Abbiamo cercato, in questo nostro studio, di muoverci attraverso i percorsi della ricerca storica rimanendo saldamente ancorati a terra ma riportando i dati e le informazioni così come fonti documentarie ce le hanno tramandate nel corso dei secoli. Se in questo nostro cammino abbiamo trovato materiale inedito, o non considerato dalla storiografia ufficiale, abbiamo cercato di verificarlo e quindi di riportarlo da un piano leggendario ad uno maggiormente reale senza inserire nostre opinioni di parte, ma riteniamo che una profonda verifica e una revisione della storia di questo Ordine debba essere compiuta.

    La leggenda, ci è stato insegnato, nasce da fatti reali che per molteplici motivazioni trovano più spazio, e più cambiamenti, entrando nel mito. Dobbiamo cercare di riportare la Storia Templare ad una realtà terrena, fatta di prove, verifiche e fatti.
    Quello che l’Ordine fece sotto la spianata del Tempio di Gerusalemme, forse, rimarrà per sempre un mistero, ma sappiamo che il loro ruolo ufficiale di protettori della fede non fu l’unico assolto durante la loro presenza nella Città Santa.

    Siamo riusciti a raccogliere alcune prove di un loro coinvolgimento in piani probabilmente ben più ampi, che videro il Monte Moriah come sede di scavi e studi per la specifica ricerca di "qualche cosa". Abbiamo cercato di muoverci attraverso i binari della correttezza, presentando i dati nella loro realtà storica e senza imporli come verità assolute. È l’approccio più corretto.


    Fonti: Enrico Baccarini ed http://www.edicolaweb.net/


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    Edited by ROS533 - 23/6/2008, 16:16
     
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    L'arca perduta

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    Nei resoconti delle spedizioni agli estremi confini del mondo, testimonianze legate al mito del Diluvio Universale. Le prove fotografiche sarebbero costituite segretamente al Pentagono.

    La storia di una cataclismica alluvione e della sola famiglia sopravvissuta in un rudimentale barcone costituisce una delle leggende più antiche della cultura mondiale. È lecito pensare che questo mito epico sia basato su fatti reali e che la grande Arca di Noé si sia preservata sulle cime ghiacciate del monte Ararat? Questo è il parere del ricercatore Robin Simmons e di molti altri studiosi.

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    Alle pendici del vulcano spento

    La testimonianza più nota è forse quella di Georgie Hagopian, un ragazzo di dieci anni, che vide i presunti resti dell'Arca mentre scalava il monte Ararat con uno zio, nel 1904. Questo ed altri episodi furono narrati al nonno di Simmons, che si trovava in quegli anni nella zona: storie convincenti sui resti della leggendaria Arca conservati nel ghiaccio e nella neve, ancora occasionalmente visibili.
    Il nonno di Simmons, morto nel 1980 all'età di 106 anni, svolse, tra il 1904 ed il 1910, la sua professione di medico nella Turchia meridionale ed in Russia. Lavorò anche proprio alle pendici della montagna, leggendario luogo biblico di approdo dell'Arca. Alcuni dei pazienti curdi e armeni che aveva in cura si dicevano certi del luogo e della visibilità dei celebri resti sacri; l'Arca, secondo le testimonianze, si trovava proprio lì, sull'Ararat, nella parte settentrionale poco sotto la sella dei due picchi gemelli del vulcano spento. Il medico conservava una vecchia foto del monte e ricordava il significato degli antichi nomi di quei luoghi, come Villaggio di Noè, Primo Vigneto, Casa di Sem, Primo mercato cittadino, Luogo della Prima Discesa e così via. Molti di quei nomi non sono più in uso, ma appartengono all'antica lingua armena. Racconti che rappresentarono per Robin Simmons l'inizio di una appassionata ricerca della soluzione di un enigma eterno.

    Il Corano riporta l'avventuroso approdo dell'Arca sulla montagna di Al Cudi, duecento miglia a Sud dell'Ararat, mentre in Iran si troverebbe un altro "Ararat" - il Kuh e Alvand - che vanta una lunga tradizione come possibile sito d'approdo.
    Inoltre si racconta che una spedizione militare russa, nel periodo del regno dello Zar Nicola, localizzò l'Arca in una zona nel Nord dell'Armenia. Ciò avvenne poco prima della rivoluzione bolscevica, durante la quale molti dei soldati che parteciparono alla missione perirono e foto, mappe e manufatti dell'Arca scomparvero. Ma documenti e lettere appartenenti alle famiglie dei pochi superstiti sembrerebbero confermare l'autenticità della spedizione.
    Recentemente è trapelata la notizia che alcuni scritti ed oggetti personali dello Zar Nicola sono stati trasferiti dagli archivi segreti di Mosca e Leningrado allo Stanford Research Institute in California, un istituto finanziato da fondi federali, che collabora con i servizi segreti americani. Fra i reperti trasferiti potrebbero trovarsi anche i documenti della spedizione dello Zar sul monte Ararat?

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    Il tempo della visione

    Tra i resoconti più interessanti spicca quello di Ed Davis, un ottuagenario allevatore statunitense. La sua testimonianza non è mai stata presa in seria considerazione dai vari ricercatori, che lo ritengono un semplice sognatore dalla viva immaginazione e dalla memoria lacunosa, invece la sua storia colpisce profondamente perché estremamente dettagliata e non pretenziosa.
    Ed Davis, in gioventù, è stato un ingegnere militare della 363ma Armata Corpo Genieri, di stanza a Hamadan in Iran, impegnato nella costruzione di una strada che dalla Turchia portava in Russia. Il suo autista, il giovane Badi Abas, era nativo di un insediamento ai piedi dell'Ararat e gli raccontò di aver scalato la montagna con suo nonno, anni prima, e di aver trovato l'Arca: Davis avrebbe dato qualunque cosa per vederla!

    Per ringraziarlo di aver scavato un pozzo per il suo villaggio, nel Luglio del 1943 Badi Abas e la sua famiglia si offrirono di portarlo in un luogo dove l'Arca era visibile, a causa dei ghiacci che si ritiravano. Durante il viaggio si fermarono in prossimità di un altro villaggio il cui antico nome era "Dove Noè piantò le viti" ed effettivamente vi erano delle vecchissime piante di vite dal fusto talmente largo che era impossibile cingerle con le braccia.

    Gli abitanti del luogo avevano conservato in una grotta, ritenendole sacre, diverse suppellettili recuperate dall'Arca: lampade ad olio, vasi d'argilla ed utensili antichi. Tra questi Davis notò anche lo sportello di una gabbietta fatto con vimini intrecciati, pietrificati dal tempo, con ancora attaccato un chiavistello di legno. Dopo alcuni giorni di viaggio a cavallo e poi a piedi lungo i percorsi solitamente usati da banditi e contrabbandieri, ostacolati da pioggia, vento e nebbia, il gruppo raggiunse una grotta decorata con strane scritture, secondo Davis "bellissime e antiche".

    Il giorno seguente, dopo aver scalato una parete impervia, una delle guide indicò in basso verso un profondo crepaccio a forma di ferro di cavallo, esclamando: "Ecco l'Arca di Noè". Da principio Davis non scorse nulla, poi: "La vidi. Un'enorme struttura rettangolare costruita dall'uomo, parzialmente ricoperta di ghiaccio e detriti, posta su un fianco. Era chiaramente visibile per una lunghezza di almeno 30 metri. Riuscii perfino a vederne l'interno fino alla parte terminale, dove era spezzata, e le assi sporgevano contorte e deformate. Da sotto quel punto sgorgava l'acqua."

    Più in fondo al crepaccio Davis vide l'altra estremità e notò che i due monconi un tempo erano sicuramente uniti perché le travi spezzate combaciavano. L'Arca era spaccata in tre o quattro parti e nel troncone terminale del pezzo più grande si intravedevano almeno tre ponti. La sua guida lo informò che vicino alla sommità si trovavano 48 stanze e che dentro il relitto vi erano delle gabbie piccole come una mano e altre così grandi da contenere una famiglia di elefanti. Pianificarono di calarsi giu con delle funi, all'indomani, per addentrarsi nell'Arca ed esplorarla a fondo, ma quella notte una furiosa tempesta di neve ricoprì la nave ed ostruì il passaggio, costringendoli a tornare indietro.

    Molti dettagli però non corrispondono a ciò che Davis asserisce. Come è possibile vedere il monte Ararat da Hamadan, che dista più di 600 chilometri? Davis suppone che particolari condizioni atmosferiche possano creare dei miraggi. Il monte Kuh e Alvand si trovano vicino ad Hamadan, forse è lì che andò Davis?
    Consultando le foto e le vecchie mappe d'archivio risulterebbe un percorso che Davis potrebbe aver seguito da Hamadan al villaggio di Ahora, passando per la Gola di Ahora, verso una zona sotto il massiccio promontorio che sporge dal ghiacciaio Abich II. Proprio sotto quest'area si trova una cascata alta circa 150 metri che si getta nel lunghissimo Ghiacciaio Nero.

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    Prove scientifiche

    George Stephen è un tecnico militare con trent'anni di esperienza nel campo delle rilevazioni a distanza, dell'alta risoluzione, degli infrarossi e di altri metodi di analisi delle foto satellitari, uno specialista che afferma di avere accesso ad "ogni centimetro quadrato" del pianeta. Stephen ha accettato di analizzare la cima dell'Ararat per scoprire eventuali anomalie e queste sono le sue conclusioni: "Sono sicuro al 100% che sul lato nord della montagna, a circa 4.000 metri di altezza, vi siano due grandi oggetti costruiti dall'uomo: è sconcertante trovare delle strutture a una simile altitudine! Il terreno è davvero impervio… sicuramente non si tratta di attrezzature militari perché, essendo ricoperte dal ghiaccio per quasi tutto l'anno, non sarebbero utilizzabili. Per le analisi ho usato il sistema PAMS, che consiste nel prendere una foto satellitare e sottoporla ad un processo laser che ne trae una lettura dello spettro: lavoriamo con 64 differenti sfumature di ogni singolo colore e ciascuna di queste sfumature ci fornisce delle precise indicazioni sulla natura dell'anomalia che stiamo analizzando. Poi passiamo ad estrapolare dei "tasselli" dall'area, in altre parole, invece di cercare l'ago nel pagliaio, rimuoviamo il pagliaio. 'Perforiamo' la zona finché non troviamo l'immagine di quello che stiamo cercando.

    Sul Monte Ararat si notano chiaramente due manufatti rettangolari: si trovano a circa 350 metri di distanza l'uno dall'altro, all'interno di una gola, su di una cengia rocciosa. L'oggetto superiore è sospeso nel vuoto, incastrato nel ghiaccio. Sembrerebbe che un tempo i due oggetti fossero uniti perché è tuttora visibile nel terreno una traccia che li collega, come se fossero scivolati giu da una posizione più elevata. Non so dirvi di che materiale siano fatti ma non si tratta né di roccia né di metallo, dev'essere una sostanza organica, probabilmente legno. Non so spiegarmi chi o come abbia potuto issare a quella altezza un oggetto di tali dimensioni, o costruirlo sul luogo. Sarebbe un'impresa incredibile! E comunque non vi sono tracce del fatto che sia stato costruito sul posto o che vi sia stato trasportato in qualche modo, è stranissimo ma sembra proprio arrivato lì dal nulla, come se vi fosse precipitato o atterrato… personalmente non credo nell'Arca di Noè ma, francamente, non ho idea di cosa possa essere."

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    Ulteriori conferme

    Anche Robin Simmons e il suo socio George Adams decisero di visitare l'area e cercarono, vanamente, di raccogliere i fondi necessari per la loro spedizione, nonché di ottenere i permessi ed i visti indispensabili per attraversare la zona, pesantemente militarizzata. Nonostante la mancanza di fondi, Simmons decise di tentare lo stesso ed assunse come guida Ahmet Arslan, un turco dell'Azerbaijan, cresciuto alle pendici dell'Ararat. Arslan venne mandato in avanscoperta per individuare la zona esatta e scattare alcune fotografie, cosa che fece, ma quando tornò alla base sembrava molto scosso e spaventato. Rifiutò di portare Simmons sul luogo dell'avvistamento e non voleva nemmeno parlare di quanto aveva visto. Comunque, alla fine, confermò di aver avvistato, incastrato nel ghiacciaio, un oggetto di legno (di cui si notavano le travi), dalle pareti rettangolari e dal tetto spiovente, simile nella forma ad una capanna, o meglio una stalla molto grande. Ahmet disse di essersi spinto fino a circa cinquecento metri dall'Arca, purtroppo non aveva potuto avvicinarsi troppo perché il crepaccio era ricoperto da una crosta di ghiaccio sottile, sotto la quale sentiva scorrere l'acqua… troppo pericoloso. Quando Stephen vide le foto scattate da Ahmet riconobbe immediatamente uno dei due oggetti da lui scoperti grazie al sofisticato software satellitare, invece Ed Davis, stranamente, disse che l'oggetto non somigliava a quello da lui fotografato.

    Alcuni mesi dopo Simmons e George Adams tentarono nuovamente di recarsi sull'Ararat, con un elicottero MI-8 Russo. Poiché i militari turchi negarono l'atterraggio, si limitarono a fotografare e filmare l'Ararat e la Gola di Ahora dall'alto. Nonostante si fossero ormai accumulati sulla zona quasi sette metri di neve, identificarono rapidamente l'area e fotografarono i due oggetti descritti da Ahmet. Quasi 800 metri più in basso, in una gola rocciosa piena di detriti, Simmons e Adams scorsero un'altra forma simile, sporgente da una scoscesa falda detritica. L'acqua ruscellava sotto di esso: era forse il relitto avvistato da Davis? Tutte e tre le sagome anomale, estremamente simili, potrebbero effettivamente essere tronconi spezzati dello stesso oggetto. Purtroppo non abbiamo delle misurazioni precise, ma nella Bibbia si afferma che l'Arca misurava almeno 140 metri, forse addirittura il doppio se si considera che il "cubito" (l'unità di misura in uso all'epoca) poteva essere "cubito reale". Potrebbe dunque darsi che l'Arca si spezzò in almeno quattro grossi frammenti, disseminati in seguito dai movimenti del ghiacciaio?

    Cover up militare?

    Nel 1974 una squadra "operazioni speciali" dell'esercito USA venne impiegata segretamente per fotografare un'attrezzatura radar sovietica che individuava gli SR-71 in volo dalla Turchia entro lo spazio aereo dell'URSS. Di ritorno dalla missione i soldati, per evitare di essere localizzati, scalarono l'Ararat. Colti da una tempesta di neve, cercarono rifugio in un crepaccio. Caddero letteralmente all'interno di una enorme struttura che, in un primo momento, scambiarono per un antico santuario bizantino. Riflettendo che non poteva esserci nulla del genere ad una tale altitudine conclusero, ben presto, che doveva trattarsi dell'Arca di Noè. Apparentemente il loro rapporto, chiamato in codice "Arpione nero", giunse fino alla Casa Bianca e venne sottoposto all'attenzione del Presidente. Un impiegato della Casa Bianca, che ha chiesto di mantenere l'anonimato, afferma di aver visto questa documentazione segreta, nella Sala Ovale.

    Un pilota militare americano dichiara di aver compiuto, tra il Dicembre 1959 e l'Aprile 1960, circa 40-50 voli da una base militare segreta in Turchia verso l'Unione Sovietica, documentando fotograficamente la costruzione della centrale nucleare di Chernobyl. Di ritorno da tali voli di ricognizione sulla zona di confine tra Russia e Iran, in direzione del monte Ararat, disse di aver visto diverse volte dal finestrino un oggetto oblungo e rettangolare, simile ad una nave, da una altitudine di circa 4.500 metri. Il pilota afferma che le immagini riprese durante quei voli si trovano ora negli archivi sotterranei segreti del Pentagono. È stata avanzata una richiesta ufficiale per poter esaminare tali fotografie ad alta risoluzione dell'anomalia nella calotta glaciale dell'Ararat, ma finora è rimasta senza risposta.

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    Misteriosi ritrovamenti

    Un'altra testimonianza è quella di Dave Duckworth. Nell'autunno del 1968 alla Smithsonian Institution di Washington, D.C., dove lavorava come volontario, vennero recapitate innumerevoli casse marcate "Spedizione sull'Ararat della National Geographic/Smithsonian Institution". Uno specialista esterno all'Istituto, Robert Geist, si occupava del materiale, che venne tutto mandato nell'ala dedicata alla paleontologia dei vertebrati. Il giovane Duckworth vide, secondo il suo racconto, delle fotografie aeree agli infrarossi che mostravano la forma di una nave incastrata nel ghiaccio ed anche utensili antichi, vasi, ed un sarcofago d'alabastro che conteneva un corpo. Geist gli confermò che finalmente avevano scoperto la leggendaria Arca di Noè, e che avevano inoltre recuperato altri corpi, ma che non doveva parlarne con nessuno.

    Passati alcuni anni, Duckworth decise di fare altrimenti e rivelare ciò che aveva visto. In seguito, nel 1974 - lo stesso anno dell'operazione "Arpione nero" - due sedicenti agenti dell'FBI gli intimarono da quel momento di tacere, ricordandogli che: "Si era trovato là dove non avrebbe dovuto essere e aveva visto cose che non lo riguardavano".

    Implicazioni politiche e religiose

    Molti sostengono che l'Arca sia stata preservata per uno scopo ben preciso, ma quale?
    Secondo uno studioso islamico dell'Università di Erzurum l'Arca è una sorta di bomba pronta a scoppiare. Un gran numero di musulmani crede infatti che la rivelazione del ritrovamento dell'Arca segnerà il ritorno di Maometto sulla Terra, venuto a scatenare una Guerra Santa per liberare il mondo dagli eretici e che in seguito tutti i veri credenti saliranno al Cielo su di un'Arca d'oro. Una delle guide di Davis gli riferì un antico detto:"Quando il Maestro tornerà, una luce splenderà sull'Arca e la ricostruirà".

    Cosa accadrebbe in Medio Oriente se si scoprisse che l'Arca si trova effettivamente sull'Ararat e che è stata saccheggiata dagli Occidentali? Che i governi al potere sapevano tutto da lungo tempo, ma hanno preferito mantenere segreto il ritrovamento? E che questa montagna sacra ed i suoi tesori sono stati profanati dal "grande Satana", ovvero l'America?
    Inoltre, se si scoprisse che l'Arca si trova davvero sull'Ararat e non sul monte Al Cudi, come affermato nel Corano, la situazione internazionale potrebbe precipitare, facendo apparire false le rivelazioni di Maometto.

    Un mistero protetto con mine e divieti

    L'idea che l'Arca di Noè esista realmente e che si sia preservata fino ai nostri giorni è contraria all'opinione generale scientifica ed accademica. Tuttavia, il vero enigma risiede nel perché la soluzione del mistero continui ad eluderci. Dipende forse dalle potenze che lo proteggono attivamente? L'Ararat e la Gola di Ahora sono ormai zona off limits: sono proibite le scalate, le esplorazioni e le fotografie ovunque, i sentieri sono stati minati e le postazioni militari assicurano il rispetto dei divieti.
    Se non vi è modo di chiarire questo enigma arcaico, allora è necessario partire da un nuovo paradigma per spiegare la presenza dei manufatti scoperti a quelle altitudini. Potrebbero essere la prova di un mondo antidiluviano i cui gli abitanti sono deceduti a causa di un improvviso cataclisma globale.
    Comunque, è forse - per chi di dovere - troppo tardi o troppo pericoloso, svelare la vera natura delle misteriose anomalie dell'Ararat?

    Robin Simmons
    (trad. Gabriella Venditti d'Olive)

    FONTE: isolachenonce-online.it


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    La storia del reggimento scomparso (Turchia-1915)

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    Tutto iniziò il 21 luglio 1915, in Ingjilterra, quando il "FIRST FOURTH" e il "FIRST FIFTH”, appartenenti alla 163° brigata del ROYAL NORFOLK, si imbarcano alla volta dei Dardanelli. La missione era altamente strategica, in quanto conquistare quella zona, avrebbe permesso un controllo della via di accesso tra il mar di Marmara e il mar Egeo.

    Gli uomini sbarcarono nella penisola di Gallipoli (Turchia): in primavera, il luogo era incantevole, ma altrettanto non si poteva dire in piena estate! Gli Inglesi si trovarono così in una terra inospitale… un caldo torrido e un sole che, riflesso da un vicino lago salato, era implacabile!
    Ben presto, le operazioni militari si insabbiarono, e gli uomini che pensavano di essersi imbarcati per un'operazione eroica, si trovarono immersi in un incubo infernale, la sconfitta era nell'aria...

    Ma veniamo al mistero...
    Sir Ian Hamilton, comandante in capo della spedizione, decise di lanciare un attacco alle pendici del KAVAK TEPE, e del TEKKE TEPE, e così, la 163^ Brigata, fu spedita in avanscoperta il pomeriggio del 12 Agosto... l’operazione è un fiasco completo!

    Gli Inglesi si trovarono sotto un intenso fuoco nemico dopo aver percorso appena 900 metri... questo però non avvenne per il FIRST FIFTH, che trovò una minor resistenza. Gli uomini poterono così avanzare fino ad una foresta... entrarono e svanirono!
    267 uomini sparirono nel nulla! Possibile? Passiamo alle testimonianze...

    Torniamo un attimo alle operazioni militari...
    Si risolsero in un disastro gigantesco... a fine anno fu necessario evacuare la penisola! Nel 1916, fu nominata una commissione di inchiesta, per esaminare le responsabilità di quella catastrofe... fu redatta una relazione ultraconfidenziale, ne seguì un'altra nel 1917.
    I due documenti rimasero segreti fino al 1965.

    Nel 1918, intanto, gli Inglesi ripresero Gallipoli... un soldato delle truppe trovò un’insegna nel ROYAL NORFOLK REGIMENT... si compirono ulteriori ricerche, scoprendo che un fattore turco si era sbarazzato di numerosi cadaveri nella sua proprietà, gettandoli in un burrone...
    Verrà redatto un rapporto in cui si dichiara che i resti appartenevano all'intero reggimento... in effetti furono ritrovati 122 uomini, ma il totale del reggimento era di 267 soldati... dove erano finiti gli altri?

    Torniamo al rapporto della commissione d'inchiesta, una volta reso pubblico, si poté leggere quanto segue: «Per qualche stranezza, la pianura e la baia di Sulva, vennero avvolte da una curiosa nebbia nel pomeriggio del 12 agosto. Eravamo veramente sfortunati, poiché contavamo proprio sul fatto che, mentre i tiratori nemici sarebbero stati accecati dal sole al tramonto, noi ci saremmo trovati in una situazione molto favorevole. Al contrario, distinguemmo appena le linee turche, mentre le nostre posizioni spiccavano nettamente in controluce».

    Questa relazione è curiosamente simile a quella rilasciata da tre soldati neozelandesi sempre divulgata nel 1965: questa però non fa riferimento al 12 agosto ma al 21 del mese... si parla di una “strana” nebbia calata nella stessa zona e di soldati inglesi che senza esitazione sarebbero avanzati nella foschia... senza però emergere dall'altra parte!

    Dopo altri riscontri qualcuno sarebbe giunto ad una strana conclusione... i neozelandesi forse si sarebbero confusi parlando del 21 agosto invece del 12. E allora, i soldati che videro “perdersi” nella nebbia erano quelli del reggimento scomparso!
    Una sola cosa è certa! Quel giorno metà degli uomini del “FIRST FIFTH” furono uccisi, ma un'atra metà svanì nel nulla!
    MA DOVE E CATTURATA DA CHI?

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    Altra versione:

    Nell'aprile del 1915 l'esercito alleato era sbarcato nella penisola di Gallipoli, nella Turchia occidentale, nel tentativo di conquistare l'allora capitale dell'impero turco, Costantinopoli (oggi Istambul), e collegarsi con i Russi, schierati sulle rive settentrionali del Mar Nero. Questa mossa era strategicamente sbagliata e lo dimostrò il fatto che dopo nove mesi la resistenza turca, molto bene organizzata, costrinse gli alleati a ritirarsi.

    Gli scontri più cruenti avvennero attorno ad un luogo chiamato "Collina 60", presso la baia di Suvla.
    La mattina del 28 agosto 1915 un reggimento inglese, il First-Fourth Norfolks, composto da più di mille uomini si preparava ad attaccare la postazione. Era una giornata calda e luminosa, ma parecchi osservatori ricordano di avere notato che sulla Collina 60 gravava uno strano ammassamento di nubi basse, di avere visto il reggimento marciare sino in cima alla collina e scomparire dentro una nube a forma di foglia. Quando anche l'ultimo uomo fu inghiottito, le nubi si dissolsero senza lasciare traccia alcuna dei soldati.

    Il comandante in capo del corpo di spedizione alleato a Gallipoli riferì al governo inglese della scomparsa del reggimento, senza però parlare delle nubi misteriose, dicendo semplicemente che esso si era staccato dal corpo principale delle truppe ed era scomparso. L'intero reggimento venne successivamente indicato nei documenti ufficiali come "disperso".

    Quando nel 1918 la guerra finì, gli Inglesi chiesero ai Turchi notizie del reparto disperso. Il governo turco rispose che non ne sapeva nulla perché le proprie truppe non si erano mai scontrate con il reggimento inglese.
    Nel 1920 i resti di un certo numero di soldati appartenenti al reggimento scomparso vennero trovati a Gallipoli; si pensò allora che questi uomini dovevano essere morti in combattimento e che i superstiti, presi prigionieri dai Turchi, fossero stati sterminati nei campi di prigionia. Chiaro che il governo turco preferisse tacere su questo eccidio di massa.

    Chi non ha accettato questa tesi è stato però il celeberrimo ufologo francoamericano Jacques Vallée, il primo a riportare il curioso episodio nel volume "Passport to Magonia", sostenendo di avere recuperato una lettera firmata da tre soldati testimoni dell'evento, e sottolineando come la casistica ufologica fosse densa di apparizioni di misteriose nubi che rapivano le persone.

    L'ufologo rumeno Ion Hobana, dopo avere condotto una minuziosissima indagine documentale presso gli archivi e le biblioteche di mezza Europa, è invece giunto alla conclusione che l'episodio di Gallipoli sia un falso. Questo perché in realtà, come puntualizzato da diversi ricercatori, non è mai esistito alcun reggimento First-Fourth Norfolks; esisteva invece il Primo (First) Battaglione del Quarto (Fourth) Reggimento di Norfolk; si trattava di un'unità che non scomparve mai, ma che combatté valorosamente a Gallipoli sino al 1915, finché i militari non vennero evacuati e tornarono in patria.

    La storia era dunque un falso? Non è detto.
    Una più recente indagine dell'ufologo neozelandese I.C.McGibbon ha permesso di identificare uno dei tre testimoni autori della lettera a Vallée (gli altri due erano stati rispediti a casa il 28 agosto del 1915 per malattia).

    L'uomo, un tale Frederick Reichardt che aveva prestato servizio nell'esercito neozelandese, all'epoca dei fatti si trovava a Rhododendron Spur, sopra una collina ad un centinaio di metri dal luogo della misteriosa sparizione; il militare aveva assistito effettivamente alla scena descritta, ma nel riferirla anni dopo a Vallée aveva commesso un errore grossolano, confondendo, a causa del tempo trascorso, due episodi assai diversi. Il reggimento che effettivamente scomparve fu (il 12 e non il 28) il Primo Battaglione del Quinto Reggimento Norfolk (First Battalion of the Fifth Norfolk Regiment's Colonel), composto soltanto da 16 ufficiali e 250 soldati. L'armata era impegnata in un'azione di guerra quando scese improvvisamente la notte; il giorno seguente, dei 266 uomini non vi era più traccia alcuna.

    Sir Ian Hamilton, il comandante generale, definì quella sparizione "un episodio assai misterioso", anche perché lo squadrone era a soli sei km dai soldati neozelandesi (che dunque si sarebbero accorti di una così massiccia eventuale diserzione). McGibbon opta peraltro per una spiegazione convenzionale, in quanto ha appurato che effettivamente a partire dal pomeriggio del 21 agosto 1915 la zona di Suvla Bay e Plain rimasero immerse nella nebbia. Secondo McGibbon, Reichardt avrebbe effettivamente visto il battaglione entrare nella nebbia e, una volta udito della sparizione del Quinto Reggimento Norfolk, avrebbe confuso i due episodi. Ciò non spiega peraltro ove siano finiti i 266 soldati del generale Hamilton.
    Negli anni Ottanta uno dei figli di Reichardt, nato nel 1932, dichiarava che suo padre aveva iniziato a narrargli quella storia sin dalla più tenera età, e quindi in un periodo in cui ancora di UFO non si parlava.

    Armageddon

    FONTE: notiziarioufo.forumfree.net


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  6. ROS533
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    La misteriosa forza dell'Arca dell'Alleanza
    Cos'era e a cosa serviva questo reliquia ritenuta tra le più sacre dell'antichità? Tra le tante ipotesi era forse un oggetto tecnologico multifunzione ereditato da un'avanzata civiltà antidiluviana?

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    Tra tutti gli oggetti misteriosi del mondo antico definiti oggi Ooparts (oggetti fuori posto), o che non dovrebbero esistere, c'è la celebre "Arca dell'Alleanza", descritta nella Bibbia nel libro dell'Esodo.

    La tradizione ebraica racconta che il popolo ebraico guidato da Mosè scappò via dall'Egitto inseguito dall'esercito egiziano attraverso il deserto del Sinai. Qui, Mosé ebbe da Dio le Tavole della Legge e per custodirle fu chiesto da Dio stesso di costruire un tabernacolo, l'Arca dell'Alleanza: un oggetto ritenuto tra i più sacri della tradizione religiosa ebraica, che oltre a fungere da reliquiario permetteva a Mosè di parlare con Dio.

    Questo oggetto, come viene descritto ancora nell'Esodo, era una sorta di "scrigno" lungo 125 cm e alto 75, in legno di acacia e completamente rivestito d'oro internamente ed esternamente. Al di sopra vi era un coperchio anch'esso dorato sormontato da due "cherubini" alati in oro, con le ali aperte e rivolti l'uno di fronte all'altro.
    La Bibbia narra che tra le ali dei due cherubini, Mosè riusciva a "vedere" Dio, descritto da lui come una sorta di bagliore luminoso o scarica luminosa. All'interno della cassa erano state depositate la Verga di Aronne, le Tavole della Legge (spezzate però da Mosé in un gesto d'ira alla vista del Vitello d'Oro) e un vaso contenente la Manna che nutrì gli Ebrei nel deserto.

    Durante l'Esodo Mosè affidò allo stesso Aronne e ai suoi figli la custodia dell'Arca quando questa veniva collocata nel Tempio Tenda durante le soste, ed impose al popolo di non avvicinarsi e di non toccare assolutamente quell'oggetto, tanto che nel viaggio veniva trasportata dai Leviti inserendo due pali in legno nei quattro anelli che erano sui lati della cassa, coperta da un velo. Solo al profeta era permesso vederla ma solo in particolari momenti, "quando Dio compariva tra i due cherubini".

    Si narra che ad un certo punto, durante il trasporto, l'Arca vacillò e per evitare che cadesse, un uomo di nome Oza cercò di tenerla per evitare che si rovesciasse, ma non appena egli la toccò morì folgorato da una potente scarica. Lo stesso accadde poi ai figli di Aronne.
    Ad essa si attribuì anche la distruzione della città di Gerico. Nel Libro di Giosuè, infatti, è scritto che le armate di Israele girarono per sette giorni attorno alle mura della città con l'Arca, guidati da sette sacerdoti, "...e al settimo giorno suonate le trombe le mura crollarono...".
    Dopo l'insediamento nella Terra Promessa del popolo d'Israele, lo scrigno fu custodito all'interno del Sancta Sanctorum nel Tempio di Gerusalemme dove non era permesso a nessuno di entrarvi.

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    (A sinistra) Mosé con le Tavole della Legge, prima di spezzarle in un gesto d'ira per aver visto gli Ebrei adorare il Vitello d'Oro. (A destra) Oza, lo sfortunato accompagnatore che fu fulminato dopo aver toccato l'Arca.

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    (A sinistra) Il Tempio Tenda era il tempio mobile degli Ebrei durante l'Esodo. Si può vedere di cosa era capace l'Arca dell'Alleanza quando, di tanto in tanto, emanava la sua potenza senza controllo. (A destra) L'Arca nell'episodio più famoso che la riguarda: la distruzione delle mura di Gerico.

    Si racconta che in alcuni momenti l'Arca si illuminava di un misterioso bagliore, quindi per questo motivo fu impedito a chiunque di avvicinarsi, perché ritenuta troppo pericolosa. La sua potenza era in grado di sterminare migliaia di persone in un solo momento e si si dice che fu proprio in questo modo che gli Ebrei riuscirono a sconfiggere tutti gli attacchi delle tribù del deserto dei Gergesei, Etei e Gebusei durante il loro esodo, con le potenti folgori dell'Arca.

    Ma perché oggi quest'oggetto è ritenuto da alcuni studiosi un Oopart? Da quello che abbiamo letto finora del racconto biblico l'Arca, più che un oggetto sacro, sembrerebbe un "forziere elettrico", come ha felicemente detto lo scrittore francese Robert Charroux, capace com'era di produrre scariche di circa 700 volt. Infatti, come avevamo scritto nell'articolo riguardante le centrali energetiche dell'Antico Egitto, parlavamo del pilastro Zed come un potente condensatore energetico attivato a sua volta dall'Arca dell'Alleanza: anche secondo noi si trattava di un generatore di energia forse elettrica o forse di un'energia sconosciuta, capace di alimentare tutto il territorio. Questa veniva collocata all'interno della Piramide di Cheope nel "sarcofago" di granito per attivare lo Zed. Questa potrebbe apparire ai nostri occhi come la "pila" della piramide.

    Come prima accennato, l'Arca era costituita in legno d'acacia e completamente rivestita d'oro; l'oro è il più potente conduttore di elettricità al mondo, mentre il legno è un isolante. Quindi, quando la descrizione dice che l'Arca non poteva essere toccata da nessuno perché ritenuta estremamente pericolosa ed incontrollabile, è perché dal momento che in particolari momenti all'improvviso si illuminava di strani bagliori, scaricava potenti folgori: e si dice che l'abbiano vista in alcuni momenti levitare sia se stessa sia chi le stava intorno.

    Sempre secondo Charroux questa era un'arma elettrica costruita da un antichissimo popolo, le cui conoscenze furono custodite dagli Antichi Egizi [...]
    Quando poi leggiamo che l'esercito di Israele fulminò tutte le armate nemiche e distrusse Gerico, probabilmente in quel momento l'Arca veniva usata come arma da distruzione, come afferma Charroux. Oppure, fu ancora usata come strumento per sollevare oggetti pesantissimi vista la sua capacità di far levitare qualsiasi altro oggetto o persona che si trovasse nelle sue vicinanze, come spinti da una forza magnetica o di gravità.

    Dalle descrizioni dell'epoca riguardo l'oggetto, ne sono state fatte oggi diverse ricostruzioni grafiche e da quello che si può dedurre è che lo scrigno aveva un'evidente foggia egizia. A parte le misure che coincidono perfettamente con quelle del cosiddetto sarcofago della Piramide di Cheope, quelli che sembrano due cherubini con le ali spiegate, probabilmente non sono tali, ma secondo noi di Sator ws sono invece la raffigurazione delle due dee gemelle Iside e Nefti poste una di fronte all'altra. Infatti nel Pantheon egizio queste due divinità spesso sono raffigurate alate, a simboleggiare la forza del loro potere paragonabile a un'energia presente in ogni luogo.

    E quando Mosè diceva di vedere Dio tra lo spazio delle ali, questo appariva come una scarica abbagliante di energia, come se si trattasse di una vera e propria scarica elettrica emessa dalle punte delle ali che fungevano da polo positivo e polo negativo, un po' come il principio delle pile odierne. In questo senso infatti Iside nella tradizione religiosa egizia rappresenta l'energia che ci viene donata, mentre la sorella Nefti rappresenta l'entropia, cioè la perdita di energia dal nostro universo verso altri.
    Questo lo si può notare anche da un dipinto che mostra le due dee inginocchiate l'una di fronte all'altra che porgono le mani verso lo Zed, che rappresenta la potenza e l'energia, dal quale si innalzano due braccia verso il disco solare, come a dare e a ricevere energia cosmica. Questo raffigura quindi tutta la metafora del funzionamento dell'Arca, dello Zed e delle due figure in cima sullo scrigno.

    Nel racconto storico sulla celebre battaglia dell'armata di Ramses contro gli Ittiti a Qadesh, è scritto chiaramente come il faraone durante la battaglia, in evidente inferiorità numerica, riuscì con un sol colpo a disintegrare un terzo dell'intero esercito avversario, servendosi di una non precisata arma segreta che fu in grado di distruggere oltre mille carri falcati, come confermarono anche le cronache ittite. Noi pensiamo che probabilmente si trattava dell'Arca dell'Alleanza portata lì in quel momento per affrontare la battaglia.

    Secondo l'ipotesi dello studioso Flavio Barbiero e le cronache dello storico Manetone, Mosè, il cui vero nome era Tutmosis V, era un sacerdote a Eliopoli e seguace segreto del culto del dio unico di Akhenaton.

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    (A sinistra) L'Arca mostra due cherubini alati che si fronteggiano, identici alla raffigurazione delle dee Iside e Nefti che erano dotate di ali... (a destra) In questo papiro si vede chiaramente come le dee rappresentino i poli positivo e negativo dell'energia emessa dallo Zed.

    Iniziato dai sacerdoti eretici, avrebbe trafugato l'Arca dall'Egitto e sarebbe fuggito via con tutti i suoi seguaci, gli Ebrei discendenti del popolo invasore degli Hyksos da poco sconfitto, portando con sé il potente scrigno e lasciando ormai priva di energia la Grande Piramide. Arrivato poi nella Terra Promessa l'avrebbe lasciata in eredità al Popolo Ebraico, che a sua volta l'avrebbe usata come detto per fini bellici e nascosta secoli dopo nel Tempio di Salomone, collocandola nel Sancta Sanctorum, dove secondo alcuni scienziati tuttora risiede.
    Secondo noi questa è l'ipotesi più credibile, perché, come avevamo accennato nell'articolo sulla Piramide e lo Zed, con molta probabilità è proprio per questo motivo che gli Egizi inseguirono attraverso il Deserto del Sinai gli israeliti, perché privati del loro oggetto più sacro e potente, divenuto in seguito sacro per la tradizione ebrea.

    Probabilmente questo incredibile manufatto dotato di immane potenza potrebbe risalire a molto tempo prima degli stessi Egizi, forse era frutto di conoscenze molto più antiche. Forse addirittura ereditata da un popolo stanziatosi in terra d'Egitto prima dello scioglimento dei ghiacci dell'Ultima Glaciazione, lo stesso che edificò le grandi piramidi e la Sfinge. Forse il Popolo dei Giganti, forse la tradizione atlantidea, o magari questi ultimi due erano la stessa cosa [...]
    Qualunque sia tra queste la teoria più accreditata, è comunque assodato che si trattasse di un oggetto tecnologico con più funzioni.

    Negli anni a seguire il Tempio di Gerusalemme fu ripetutamente saccheggiato da vari invasori tra cui gli stessi Egizi sotto il regno di Soshenk I, dai Babilonesi e dai Caldei. Quando il tempio fu ricostruito nel 516 A.C. l'Arca era sparita dal luogo in cui fu collocata; e da allora se ne persero per sempre le tracce. Ancora oggi studiosi di tutto il mondo si affannano nel cercare questa preziosissima reliquia. Sono anche molti i personaggi nella storia che si son messi sulle sue tracce senza mai ad arrivare ad alcuna conclusione, come anche i Romani.

    Probabilmente furono i Cavalieri Templari a trovarla e nasconderla chissà dove per evitare che finisse in mani sbagliate. Ma questa è solo un'ipotesi. Esistono diverse teorie sui possibili nascondigli dell'Arca: secondo il rabbino israeliano Shlomo Goren, questa sarebbe ancora nascosta nel Tempio di Gerusalemme nel Sancta Sanctorum.
    Il rabbino afferma che se si scavasse nell'antica collocazione si potrebbe arrivare al nascondiglio, su cui oggi sorge la moschea della Cupola della Roccia. Ma le autorità preferiscono lasciar stare per evitare il rischio di incidenti diplomatici con i musulmani.

    Secondo un'altra teoria l'Arca sarebbe stata riportata in Egitto durante il saccheggio dell'armata di Soshenk I e nascosta nei pressi dell'antica capitale egizia di Tanis. Altri affermano che fu trasportata in Mesopotamia dalle armate di Nabucodonosor nel 587 A.C. Ancora si dice che potrebbe trovarsi in Svizzera nascosta in una banca. Secondo una teoria etiope invece, l'Arca si troverebbe ad Axum, in Etiopia, portata lì segretamente nel X Secolo A.C. dal re Menelik, figlio di re Salomone e della regina di Saba. Si racconta che con i poteri di levitazione dell'Arca gli Etiopi avrebbero sollevato i ciclopici obelischi di Axum!

    Anche secondo lo scrittore Graham Hancock l'Arca si troverebbe in Etiopia, ma custodita nella chiesa di Santa Maria di Sion ad Axum. Il ricercatore inglese, nel suo libro "Il Mistero del Sacro Graal" sostiene infatti che secondo il Kebra Nagast, il libro sacro ai Falasha (gli ebrei etiopi) l'Arca sarebbe tuttora gelosamente custodita sotto la diretta custodia di un Nebura-ed, il capo dei sacerdoti, l'unico autorizzato e soprattutto in grado di avvicinare l'Arca senza subire danni fisici anche mortali.
    Ben protetta all'interno della chiesa (dotata di torri e di merlature) denominata Santa Maria di Sion, essa ne uscirebbe soltanto in occasione della sacra festa popolare di Timkat il 18 gennaio d'ogni anno. Taluni sostengono che in processione non sarebbe portato l'originale dell'Arca, ma una specie di riproduzione delle Tavole della Legge, di cui esistono esemplari in tutte le chiese etiopiche.

    Un'altra teoria vuole che la reliquia sia nascosta nella cattedrale di Chartres, probabilmente sotto la cripta. La leggenda narra che quando questa verrà ritrovata, l'intera cattedrale crollerà come un castello di carte. Infatti su una delle colonne della cattedrale è scolpita una raffigurazione dell'Arca durante l'esodo.

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    (A sinistra) La chiesa di Santa Maria di Sion ad Axum, in Etiopia, dove si dice sia custodita l'Arca dell'Alleanza. (A destra) L'attuale Nebura-ed di Axum, vescovo copto custode della reliquia.

    Secondo noi c'è una probabilità che un altro possibile nascondiglio sia la chiesetta pirenaica di Rennes-le-Château: qui l'avrebbe poi trovata l'abate Berenger Sauniere alla fine del XIX Secolo. Il prete francese, sulla cui leggenda sono stati scritti migliaia di libri, diventò ricco proprio perché trovò nella cripta della cappella una reliquia preziosissima, che poi venne nuovamente murata.
    Secondo una nostra personale teoria probabilmente l'Arca fu smembrata in più parti, nascoste poi in vari luoghi. E forse non l'intera Arca, ma un pezzo di essa fu trovata nella chiesetta dall'abate francese, e fu donata poi all'architetto catalano Antoni Gaudì alcuni anni prima della morte dell'abate, avvenuta nel 1917. Forse era questo pezzo dell'Arca la reliquia di Sauniere che fu posta in una piccola scatola segreta e sepolta da Gaudì nella cripta della Sagrada Familia di Barcellona? Il legame tra Sauniere e Gaudì è accertato dalla comune frequentazione della cantante lirica Emma Calvé, appassionata di esoterismo.

    Infine, nel 1990, tre italiani, studiosi del Cnr e universitari, si trovarono a stretto contatto con il tabernacolo etiope. Invitati dal governo locale a una festa religiosa, videro per caso all'interno della chiesa di Santa Maria di Sion l'Arca di Axum: una cassa di legno scuro lunga 1,6 m senza più lamine d'oro e con il coperchio a doppio spiovente. Quando i religiosi si accorsero della profanazione, rimproverarono il guardiano per aver lasciato incustodita la reliquia. Non sappiamo se questa fosse veramente l'Arca dell'Alleanza, ma se fosse così, sicuramente si tratterebbe solo dell'involucro esterno, anche perché sembra ormai priva di energia e che non emetta più bagliori o strane scrariche elettriche. Probabilmente come gia abbiamo affermato, tutti gli altri pezzi che la componevano incluse le parti attive che dovevano trovarsi al suo interno non esistono più. E chissà se un giorno riapparirà tutta intera, come scritto nell'Apocalisse. Per adesso possiamo solo immaginare dove si possa nascondere o dove possano nascondersi le parti che la componevano.

    Antonella Verdolino

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    (A sinistra) L'Arca dell'Alleanza raffigurata su una colonna della Cattedrale di Chartres, in Francia. Si dice che la cattedrale custodisca nelle sue viscere la reliquia, portata lì dai Cavalieri Templari (a destra).

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    (A sinistra) Ramses II fece uso probabilmente di un'arma simile all'Arca durante la Battaglia di Qadesh contro gli Ittiti. (A destra) La Dea Iside, alata, raffigurata in un portacandele moderno. Questa posa ricorda in tutto e per tutto quella dei due cherubini posti sul coperchio dell'Arca: la nostra tesi è che le due figure fossero appunto Iside e la dea gemella Nefti.


    FONTE (stralcio): satorws.com



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    Battaglia tra Ufo nei cieli di Zaostrovka (Siberia)

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    Migliaia di abitanti di una cittadina della Siberia videro durante un black-out sette Ufo duellare tra loro: un autentico episodio di Guerre Stellari tra alieni?

    Sono passati 18 anni da uno degli avvenimenti più oscuri della sessantennale storia degli avvistamenti di oggetti volanti non identificati. Un episodio veramente strano avvenne infatti nel 1989 in Russia, nei pressi della città di Zaostrovka, nella zona della penisola del Taymyr, a ridosso del circolo polare artico: sette oggetti metallici infatti si misero a duellare tra loro davanti agli occhi di migliaia di testimoni. Un episodio che nemmeno la Glasnost del presidente Gorbaciov riuscì a rivelare e che solo da pochi anni, grazie al grande lavoro di ricerca svolto dall'ufologo russo Nikolaj Subbotin, già noto in Occidente per altri casi, sta ottenendo contorni chiari.

    Il testimone chiave della vicenda è un ex comandante dell'aviazione russa, il maresciallo Sitchenko, che alcuni anni fa, in un memoriale inviato al periodico Semipalatinsk, volle spiegare quel che accadde quel giorno fatidico. Il 16 settembre 1989, verso sera inoltrata, qualcosa di anomalo accadde alla centrale elettrica di Zaostrovka.
    Un black out improvviso fece piombare la città nella paralisi: la mancanza di luce costrinse le persone ad andare a letto presto. O forse no: nel cielo i bagliori evidentissimi di sette oggetti volanti attirarono l'attenzione di tutti.

    Centinaia, migliaia di persone uscirono di casa per osservare quella che a tutti gli effetti sembrava una danza celeste: sei oggetti ovali, luminosi, di un color argenteo iridescente, si muovevano attorno un oggetto di forma analoga ma più grande, di colore dorato. I mezzi non identificati stavano effettuando un dog-fight, in gergo aeronautico un combattimento manovrato a bassa quota. L'altezza stimata era di 5mila piedi, circa 1500 metri: risultavano così estremamente visibili, come pure erano visibili delle strane scie di energia che uscivano da tutti e sette i velivoli. In pratica, si trattava di scariche di energia, in teoria plasma energizzato, utilizzate come armi: come in Guerre Stellari o in Star Trek. I Phaser del capitano Kirk in effetti non sono semplici laser ma armi più complesse, come apparivano, alla voce dei testimoni, quei fasci emessi dagli Ufo.

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    (A sinistra) Una bella ricostruzione tratta dal sito Ufocasebook relativa allo scambio di raggi di energia tra i sette oggetti coinvolti nella battaglia.(A destra) La cartina mostra la posizione della cittadina testimone dell'avvenimento, situata nei pressi della regione di Taymyr in Siberia.

    Il problema era che nel 1989 nessuno in quella che ai tempi era l'Unione Sovietica aveva potuto vedere né Star Trek né Guerre Stellari: gli abitanti di Zaostrovka assistevano a una battaglia reale! Tra manovre incredibili e impensabili per caccia convenzionali, i sei velivoli argentei, in netta superiorità, dopo un certo numero di minuti ebbero la meglio sull'Ufo dorato, che in qualche modo parve precipitare senza controllo. Cadde per ironia della sorte nel perimetro di una delle tante basi militari sovietiche della zona, un poligono situato a una ventina di km dalla città. L'oggetto volante si schiantò in una palude, ma l'esplosione non fu indolore e si ebbero svariati feriti tra il personale della base, come è ancor oggi possibile riscontrare dai referti medici dell'ospedale della città.

    Con l'Ufo dorato abbattuto, i sei argentei sparirono in direzione dello spazio. Immediatamente il comando aero russo inviò nella zona un aereo da ricognizione, un velocissimo Mig-25 Foxbat capace di andare a Mach 3, ma il velivolo terrestre fu vittima di una serie di malfunzionamenti e fu costretto a rientrare alla base in avaria. Comunque da terra altre truppe circondarono l'area e l'Ufo dorato, o quello che ne restava, fu immediatamente recuperato. Il testimone Sitchenko era comandante appunto di uno degli elicotteri addetti al recupero del mezzo. Ma chi fossero gli occupanti, da dove venissero e perché abbiano combattuto con gli altri velivoli argentei, non è dato sapere.

    Un anno dopo gli avvenimenti, nel 1990, il bravo Subbotin con altri ricercatori fu portato sul posto dello schianto ma non vide nulla di anomalo... Qualcosa di simile accadde anche a Roswell nel 1947: in quell'occasione i soldati americani furono chiamati a perlustrare ogni centimetro quadrato di terreno, recuperando manualmente ogni frammento metallico dell'Ufo precipitato. Lo stesso potrebbe essere accaduto a Zaostrovka, ma se nel caso di Roswell le stranezze furono tante e tali che moltissime notizie trapelarono, tra cui quella quasi certa della presenza in vita di un alieno sopravvissuto allo schianto, qui l'intelligence russa non ha fatto filtrare assolutamente nulla. E quindi, se vi fossero stati superstiti che ancor oggi sono tenuti prigionieri?

    Lorena Bianchi

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    Un Mi-8 dell'esercito sovietico atterra nella regione siberiana di Shaitan Mazar nel 1991, quando un Ufo sigariforme lungo 1,5 km precipitò al suolo spezzandosi in due tronconi. Lo stesso tipo di elicottero, adatto al trasporto di carici pesanti, fu utilizzato nel recupero dell'Ufo precipitato a Zaostrovka nel 1989. Da questi episodi, che possono contare su un discreto numero di prove e indizi, possiamo capire come il fenomeno della presenza di tecnologie aliene non sia confinato solo negli Stati Uniti

    FONTE: satorws.com


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  8. ROS533
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    C’è qualcosa di magico tra gli antichi sassi di Nan Madol?

    I segreti della Citta' di pietra


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    Il Sole del pomeriggio batte sulla lucida fusoliera del volo 956 della Continental Micronesia mentre comincia a scendere verso Pohnpei, un’isola vulcanica nelle acque turchesi del Pacifico, 640 chilometri a nord dell’equatore e a mezza strada tra Hawaii e Filippine. Incuriosito, torco il collo nella speranza di dare la prima occhiata a una delle maggiori meraviglie archeologiche del mondo: l'enigmatica città di pietra di Nan Madol.

    Pochi istanti dopo l'aereo atterra sobbalzando sulla pista. I turisti che vengono qui sono pochi, sbarco in fretta; esco nell'umida aria tropicale, stordito dal rigoglioso paesaggio illuminato dal sole. Sopra di me incombe uno degli spettacoli naturali più caratteristici di Pohnpei, la rupe di Sokehs, una delle possibili fonti del basalto col quale sono stati costruiti i 92 isolotti artificiali di Nan Madol. La sua parete frastagliata, vagamente simile a una sfinge, mi spinge a chiedermi se conosca i segreti di Nan Madol. Sempre più incuriosito, arrivo a Kolonia, un insediamento di frontiera che somiglia al set di un film di John Wayne, con furgoncini al posto dei cavalli. L’unica città dell'isola, dato che quasi tutti i 33.700 abitanti di Pohnpei vivono in villaggi lungo la costa. I taxi qui costano solo un dollaro, ovunque si vada. Il mio autista, Celestin Isaac, un allegro indigeno con un sorriso che andrebbe brevettato, mi chiede cosa mi porti all'isola. Mentre superiamo file disordinate di bambini nudi e bellezze dalla carnagione dorata che sembrano uscite dai dipinti di Gauguin, gli parlo del mio interesse per Nan Madol. Lui alza gli occhi al cielo e racconta che ogni volta che ha visitato Nan Madol ha sentito la presenza “degli antichi spiriti che abitano le rovine". E ne era spaventato.

    Da ciò che ho letto so che i costruttori di Nan Madol sono riusciti in qualche modo a spostare massicci macigni di basalto dall'interno dell'isola, e poi a trasferirli via acqua fino alla scogliera costiera. Celestin ha una sua teoria su come abbiano fatto: "Magia", dice, abbassando la voce. "Hanno detto parole speciali e le pietre si sono alzate in volo nell'aria e si sono impilate a Nan Madol".

    Mi aspetta un viaggio in mare sino all'altro capo dell'isola, a circa cinquanta chilometri da qui. Presto vedrò coi miei occhi quelle antiche rovine.

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    Lo sputacchiare ritmico di un motore fuoribordo spezza il silenzio afoso dei canali che circondano gli isolotti di Nan Madol, acque basse intasate di sedimenti. Mi trovo su una barca in fibra di vetro con Emensio Eperiam, il funzionario addetto alla conservazione dei reperti storici di Pohnpei. Sono stati questi canali a dare il nome alla città mi dice. Nella lingua del luogo, significa "i luoghi che stanno in mezzo". La barca scivola sul canale di acqua tiepida e io fisso nervoso le zone buie sotto la volta di mangrovie che si protende dalla riva. Comincio a capire perché questa città dagli interrogativi irrisolti possa spaventare gli indigeni come Celestin. Un isolotto ci appare davanti. E’ Nan Douwas, dice Eperiam, imponente fortezza e luogo di sepoltura regale, con una cripta che ospitava i resti dei capotribù di Nan Madol. Sbarchiamo in un silenzio inquietante. Una grande cinta muraria, doppia, incombe su noi; le mura perimetrali di 8 metri sfolgorano nella luce del sole riflessa dal cristalli del basalto antico di cinque milioni d'anni. Sulle pietre scure si arrampicano licheni, e un mostruoso albero dei pane minaccia di squarciare un muro. Guardo gli angoli della fortezza, che sporgono aggraziati, quasi come il tetto di una pagoda: per questo qualcuno pensa che gli architetti venissero dall'Asia, non da Pohnpei.

    La cripta si rivela una camera di un metro quadrato circa rivestita di lastre di basalto. Zanzare ronzano tra i raggi di luce e il pavimento corallino, un tempo liscio, è un caos di pietre. I gioielli e gli altri manufatti seppelliti qui coi capitribù sono stati rubati da tempo dai saccheggiatosi, dice Eperiam. Gli archeologi hanno sempre trovato miseri bottini a Nan Madol, e anche quando sono stati fortunati hanno dovuto affrontare i rischi di una maledizione simile a quella di Tutankhamen che si dice gravi su chiunque osi violare questo sepolcro: nel 1874, un naufragio nei pressi delle isole Marshall seppellì sul fondo dell'oceano un centinaio di casse di reperti raccolti dall'antropologo polacco Jan Kubary, e con essi una porzione significativa della storia della città.

    Sorte anche peggiore toccò nel 1907 al governatore tedesco Victor Berg, che stava eseguendo scavi in una tomba reale sull'isolotto di Peinkitel. Quella notte, dicono gli indigeni, Nan Madol vibrava dell'attività degli spiriti: gli osservatori hanno visto luci in movimento e udito il suono di remi di canoe che affondavano nell'acqua mentre il governatore, in preda al delirio, sentì l'arcana tromba di una conchiglia che annunciava la sua fine. Berg spirò il giorno dopo. La causa ufficiale della morte fu un'insolazione; gli indigeni sono di diversa opinione.

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    Continuiamo a esplorare, minuscoli insetti che sfidano la complessa struttura delle mura esterne lunghe quasi 70 metri. Eperiam si ferma davanti a un gigantesco masso da 50 tonnellate che costituisce una delle pietre angolari e sorride. "La hanno messa qui sapendo che saremmo arrivati noi ottocento anni più tardi a chiederci come diavolo ci siano riusciti". Le teorie su zattere di bambù, corde in fibra di ibisco e piani inclinati, oltre ai fantastici sforzi di una mano d'opera fanatica, appaiono ridicole di fronte a questo colosso.

    Nonostante considerevoli ricerche archeologiche, l'identità dei costruttori di Nan Madol resta oggetto di congetture. In base alle prove più accreditate si ritiene che la costruzione sia stata iniziata da due fratelli e poi ampliata dai Sandaleur, una dinastia feudale fiorita all'incirca all'epoca del Medio Evo europeo. Felicia Beardsley, archeologa dell'Università della California di Riverside che ha studiato un sito megalitico simile sull'isola di Kosrae, 540 chilometri a est, ritiene che i centri fossero le capitali amministrative di due stati insulari alleati. Per cinque secoli, dice, hanno ospitato un'attivissima civiltà paragonabile a quella degli Incas nell’America dei Sud.

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    Tenendo a mente il tragico destino del governatore Berg, opto per un comodo letto nel vicino Hotel Village. Lì incontro Bob e Patti Arthur, una coppia americana che è arrivata a Pohnpei trent'anni fa e ha dormito su una piattaforma nella giungla mentre i quattro figli costruivano l'hotel.

    "Nan Madol è un posto che mette paura, su questo non c'è dubbio", dice Patti mentre guardiamo una laguna, fermi sotto la più grande struttura col tetto di paglia dell'intera Micronesia. Mi mostra un gonfio album di ritagli su Nan Madol che ha raccolto nel corso degli anni. Scopro che la città di pietra è stata immortalata nella narrativa dallo scrittore di libri e racconti "horror" H.P. Lovecraft come sede della città sommersa di R'Iyeh, e che il suo contemporaneo Abraham Merritt ha usato Nan Madol come località centrale del suo romanzo fantastico The Moon Pool (Il pozzo della luna), dove ha scritto che le sue rovine sono talmente antiche da "fare avvizzire gli occhi di chi le scruta."

    Il mattino dopo, rischiando l'avvizzimento degli occhi, mi avventuro tra le rovine con la bassa marea, mi arrampico su isolotti dai quali lo strato superficiale del suolo è scomparso da molto tempo. Ho saputo che ognuno di questi isolotti aveva un suo specifico scopo: dai luoghi di sepoltura come Nan Madol alla costruzione di canoe alla lavorazione delle noci di cocco.

    Sull'isolotto di Pahn Kadira, un'area delle dimensioni di tre campi da football, c'era la residenza reale alla quale i ponhpeiani portavano regolarmente i tributi imposti dai signori Sandaleur.

    E in una piscina sacra del vicino Idehd i sacerdoti sacrificavano tartarughe alla murena che chiamavano Nan Samwohl. Lì mi fermo un po'; immagino la murena che adoravano mentre balza fuori dall'acqua a prendere le offerte dalle mani tese. Si dice che i sacerdoti divinassero il futuro in base all'entusiasmo col quale la divinità afferrava le offerte. La piscina c'è ancora, ma non c'è traccia di Nan Samwohl nei pochi centimetri di acqua fangosa sul fondo.

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    Ho trascorso le mie ultime ore a Nan Madol con l'archeologo Rufino Mauricio. Ha guidato gli scavi del gruppo archeologico dell'Università dell'Oregon che ha condotto la maggior parte delle ricerche sul sito. Ci aggiriamo tra le rovine, e Mauricio, un nativo di Pohnpei che ha studiato negli Stati Uniti, riporta vividamente in luce quella civiltà. "Probabilmente avevano grandi alberi che fornivano ombra e acquedotti di bambù che portavano acqua fresca dalla terraferma" dice. Evoca un ampio panorama di tetti di paglia e imponenti palme, canali affollati di canoe e indigeni tatuati.

    "La maggioranza dei ponhpeiani ritiene che con la magia si possa fare quasi tutto", dice. La tradizione, tramandata per via orale, descrive una figura simile a quella di Merlino, un uomo che cavalcava le lastre di basalto e le portava lì. Molti pohnpeiani credono ancora nell'ahmara, il potere magico di rendere leggeri gli oggetti pesanti, e parlano delle lastre di basalto che si trovano nella valle di Awak: secondo loro, sono cadute dal cielo mentre qualcuno le faceva volare verso Nan Madol.

    Mauricio ha punti di vista più pratici, ma prova comunque un forte senso di meraviglia per quelle imprese d'ingegneria. "Sull'isolotto di Pahnwi ci sono tre massi accumulati l'uno sull'altro fino a un'altezza di diciotto metri circa", dice. "Tutte le volte che li guardo, mi chiedo: Ma quella era davvero una popolazione di giganti? Che tipo di tecnologia possedeva per arrivare a quei risultati?”

    Al momento non sono in corso ricerche a Nan Madol, e il tempo continua a produrre i suoi lenti danni sul sito. Comunque oggi è legalmente protetto, e si trova sul Registro Nazionale Americano dei Luoghi Storici. Sta anche per entrare nella lista dell'UNESCO dei luoghi mondiali di importanza storica, e Mauricio spera in nuovi scavi archeologico. "Sulla città ignoriamo ancora un numero incredibile di cose", dice. Nel salutarlo e ringraziarlo, mi trovo a sperare che la città conservi per sempre i propri misteri.

    Che la magia circondi per l'eternità le pietre di Nan Madol.

    John Oliphant (SELEZIONE del Reader’s Digest)

    FONTE: laportadeltempo.com


    BY ROS & POLICE




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  9. nadiabh
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    Stocks fell 138 points yesterday. I think by next week it will fall another 500! That blows.. I am already on my way to getting divorced.. anyone know a good place where I should move my money?
     
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    perchè.... dove l'hai spostato? :o:
     
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